• Non ci sono risultati.

RISPETTO , IL RICONOSCIMENTO E AUTODETERMINAZIONE : IL PUNTO DI VISTA DEI BENEFICIAR

6.2. Gli agenti di inclusione sociale visti dai beneficiar

L’Agente di inclusione sociale, come accennato, nel Progetto svolge il ruolo di collegamento tra la rete dei servizi ed i cittadini beneficiari, così da agevolare i percorsi di inclusione sociale e lavorativa. La titolarità del caso rimane all’assistente sociale di riferimento e l’Agente non vi si sostituisce. Quasi tutti i soggetti presi in carico, tranne due casi in due territori diversi, hanno valutato positivamente questa figura, anche se in una circostanza c’è stata qualche difficoltà nell’identificazione del ruolo e della funzione:

“D: Si è creato un rapporto privilegiato con qualche operatore? R:Sì, con Clara, positivo D: Lei è stato seguito da un Agente di Inclusione sociale? Cosa le sembra del lavoro che ha svolto con lei? R:Ah ma Clara è un agente di inclusione sociale? Pensavo fosse uno di quelli che trovano lavoro” (IT4F22)

Nella realtà territoriale di riferimento questa “confusione” è forse stata causata dal fatto che l’ufficio degli Agenti è stato collocato presso quello delle borse lavoro, già sede del referente del Nucleo territoriale che era anche il responsabile di quel servizio. Il confronto più frequente, come già visto nel paragrafo precedente, è quello con l’assistente sociale:

“R: :.. io faccio riferimento molto a Roberto (Ais), per me Roberto è tutto sinceramente perché l’assistente sociale, ti ripeto…con me…quello che si sta muovendo è lui, se ho bisogno di qualcosa chiamo lui, non chiamo lei. Io faccio tutto riferimento a lui e lui cerca di aiutarmi, magari se ho un po’ di nervoso e piango chiamo lui, insomma è sempre più vicino lui a

abilitante, ottimista) tra operatore e utente in termini di adattamento creativo alla rigidità dell’istituzione, secondo una dinamica creativa non solo di percorsi personali e di senso, ma anche di cambiamento a livello di politiche sociali. Pensiamo per esempio al disagio degli individui dai deboli legami col proprio sistema di appartenenze collettive, a rischio di anomia: il fatto di sentirsi sradicati dal gruppo e frustrati rispetto alle proprie aspirazioni sociali può trovare “non risposte”, non solo nei mondi vitali, ma anche nelle istituzioni del servizio sociale, tutte proiettate verso soluzioni specialistiche che non rispecchiano l’interezza della dimensione umana nel momento in cui la persona comunica un bisogno acuto o diffuso. Anche istituzioni efficienti sulla carta (si pensi all’aziendalizzazione dei settori come la sanità e l’istruzione) possono presentarsi come “non- risponde” di politica sociale se si limitano all’erogazione di risorse, più che elaborare alcune sensibilità da parte dei suoi attori, che sintetizziamo con l’espressione cultura dei servizi”. M. L. Piga,

me e infatti mi dispiacerà quando poi…mi ci trovo benissimo, mi sono trovata proprio bene. E’ lui quello che mi ha aiutato tanto, quello che si è mosso tanto è lui e quello che ha spinto un po’ l’assistente sociale, devo essere sincera è lui, secondo me perché io a e lei ti ho detto, non ci parlavo mai…lui la cercava e non la trovava, sicché faceva tutto per conto suo e mi ha portato a scuola guida, ha parlato con…mi è stato vicino sinceramente.” (IT2F27)

La percezione della ragazza intervistata è che l’Agente di inclusione si sia sostituito alla propria assistente sociale. Questo non è stato in effetti così. Gli Agenti hanno avuto uno scambio interattivo con gli assistenti sociali garantendo un monitoraggio costante dei casi in carico. Essi, dotati di un telefono mobile, sono risultati più reperibili. I loro rapporti regolari, come da obiettivi del progetto, con gli altri operatori, sia dei servizi che dei centri per l’impiego, sono stati interpretati come stimolo per gli stessi professionisti del sociale, sia in termini di attenzione che di tempo.. L’handicap degli assistenti sociali è proprio lo scarso tempo a disposizione per riflettere e seguire i singoli casi. Molti beneficiari, come evidenziato nel paragrafo precedente, sono consapevoli che tale carenza è dovuta a problemi indipendenti dalla professionalità degli assistenti sociali ma legati alle condizione organizzative in cui gli assistenti sociali stessi si trovano ad operare. Questo incide inevitabilmente anche sulla qualità della relazione di aiuto. Poter dedicare tempo adeguato consente un rapporto di ascolto e comprensione basato sul rispetto dell’altro, il che fa del singolo un oggetto di attenzione e quindi soggetto attivo, motivato, nel processo di aiuto.

“… (parlando dell’AIS) è una persona con cui è possibile ragionare bene, è una persona che ti dà tante possibilità, una persona che ti coinvolge anche a farsi aiutare. Per quello mi sono trovata bene.” (IT4F41)

Grande valore è dato dai beneficiari alla capacità e disponibilità intesa come attitudine a capire da parte dell’operatore in modo corretto il significato che riveste per la persona il proprio vissuto. Se ci si focalizza sui bisogni portati, e sulle risorse disponibili e sulle aspettative, possono essere evitate incomprensioni che incidono negativamente sulla costruzione condivisa del processo di aiuto374.

374

Grigoletti P., voce “Ascolto”, in M. Dal Pra Ponticelli (a cura di), Dizionario di servizio sociale, op. cit., p.45.

“C: … per essere un bravo agente se ho capito bene bisogna essere un’assistente sociale necessariamente o no? Tutti: No C: Cioè a livello professionale 9: Necessariamente bisognerebbe che fosse disponibile ad ascoltare” (FGBenT3)

Sentirsi oggetto di “cura” e percepire che viene conferito valore al proprio punto di vista garantisce anche il sentore di un rispetto nutrito nei propri confronti:

“ io l’unica cosa positiva che ritengo è la Teresa (AIS), si perché forse, perché tutti i colloqui si son fatti insieme, insomma ci siamo conosciute con il tempo, con la Teresa. D: si è creato quindi con lei un rapporto che potremmo definire privilegiato. R: si privilegiato, c’è sempre del rispetto e tutto. Si ride e si scherza a volte quando ci si vede, però nel modo più tranquillo e rispettoso possibile. (…) mi trovo bene perché è una persona che super giù potrebbe essere la mia sorella. Mi trovo bene perché si è sempre posta in modo regolare, in modo insomma, anche quando ha visto che mi hanno fatto delle angherie, insomma è sempre stata molto vicina, ha sempre cercato di far mantenere la calma a me perché insomma a me poi a un certo punto quando, come tutti penso, è sempre una persona calma e tranquilla. Io ho fatto una intervista con lei, mi sono trovata in certi discorsi sul mio babbo, a toccare tasti un po’ dolenti, insomma ha saputo benissimo gestire la cosa. (IT3F31)

La sensazione di essere stata ascoltata e compresa nelle proprie aspettative, di essere insomma considerata nel proprio punto di vista, al fine di una condivisione del progetto di reinserimento, modifica le modalità di rapporto del beneficiario con gli altri:

“Ora riesco a contare anche sino a dieci prima di aprire la bocca. Perché io sono molto istintiva di carattere. Invece con un progetto in cui le persone ti fanno capire le cose, parlandone… io ho avuto un periodo della mia vita molto violento.. si parlava solo con le mani e a un certo punto della vita ti rendi conto che tutto questo mi è stato utile proprio nel senso ce ti rendi conto che puoi parlare con le persone, che puoi essere ascoltata e non devi stare sempre tu ad ascoltare gli altri. E ti forma anche quando esci fuori di qui, con i familiari, con gli amici, prima se mi veniva detta una cosa storta con tutto quello che ho passato la prima cosa che mi veniva da dire era “Fatti avanti” , poi due schiaffi. Reazione molto fisica, istintiva e aggressiva. Perché purtroppo era l’unica arma di difesa che potevo avere. D: immagino che in questo cambiamento abbia contato il consiglio e il lavoro delle assistenti sociali? Si della Claudia (Ais)” (IT3F39)

parte della persona in carico, nel rispetto del rituale dell’interazione375. E’ come se

attraverso l’esperienza la persona si fosse riappropriata, o avesse appresso delle regole che disciplinano le consuetudini quotidiane, e fosse così ora nuovamente in grado di decodificare il mondo sociale in cui è inserita.

L’Agente di inclusione ha svolto anche un ruolo di supporto nello svolgimento di alcune azioni, ad esempio il rinnovo del permesso di soggiorno, potenzialmente non facile. Come afferma l’ultima intervistata citata, si (ri)apprende a relazionarsi e si riacquisiscono competenze da utilizzare in futuro in maniera autonoma.

“Il progetto perla a parte di tutto per prima cosa ha avuto come operatore Daniela. che è una ragazza che mi ha accompagnata in questo lungo periodo a guidarmi un po’ in tanti…. Che è stata dietro di me a seguirmi, in tutti i colloqui, anche per il rinnovo del permesso di soggiorno anche … lei è stata proprio una guida per me una guida …” (IT2Fst37)