• Non ci sono risultati.

La coerenza delle norme assume rilievo anche sul versante internazionale. Ciò è ancora più vero di fronte ad eventi di crisi, come quelli più recenti che mettono in luce la necessità di azioni di intervento pronte e condivise. Negli ultimi anni la discussione sulla corporate governance si è ampliata e ha migrato la propria prospettiva di analisi a profili diversi rispetto a quelli tradizionalmente indagati dalla letteratura di law and economics. In particolare, si deve ora riflettere in maniera più compiuta su due diversi ordini di fattori: 1) l’esistenza di regole condivise e metodologie di intervento che non paralizzino l’operatività degli intermediari e favoriscano al contempo la ripresa; 2) la relazione esistente fra la corporate governance degli enti creditizi e le regole prudenziali definite per gli stessi

(128) Così, CAPRIGLIONE, Eurosclerosi e globalizzazione, in Rivista Trimestrale di diritto dell’economia, n. 1/2010, p. 10, reperibile all’indirizzo http://www.fondazionecapriglione.luiss.it/2010_01_RTDE.pdf.

(129) Così DRAGHI, Giornata mondiale del risparmio. Roma, 29 ottobre 2009. Sul sito www.bancaditalia.it.

(130). Queste ultime, negli anni recenti si sono rivestite di una ulteriore valenza, in ragione del necessario riferimento al concetto di sistematicità delle imprese finanziarie, che ben si compendia con le riflessioni – che si è avuto modo di esporre nel capitolo precedente – sulla globalizzazione e il sempre crescente processo di integrazione delle economie mondiali.

In ambito internazionale, nel 2010 l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (OCSE) ha definito una serie di good practices per far fronte alle problematiche riscontrate nel corso della crisi (131). Queste rappresentano una sorta di guida per la corretta applicazione dei Principi di governo societario emanati nel 2004, che definivano “norme e buone pratiche” in tema di remunerazioni, nonché gli orientamenti ritenuti più corretti per la loro effettiva attuazione (132).

I principi OCSE, ovviamente non vincolanti, si ponevano come obiettivo primario quello di delineare modelli ottimali per la gestione dei “problemi di governance che deriva(va)no in primo luogo dalla separazione tra proprietà e controllo del capitale” (133). Declinazione del principio generale secondo cui

(130) La notevole rilevanza delle banche per il sistema finanziario nazionale, europeo e internazionale e «giustifica l’elaborazione di direttive prudenziali mirate», volte a disciplinare ciascuna aspetto ad esse inerenti; Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, Rafforzamento del governo societario nelle organizzazioni bancarie, Febbraio 2006, par. 1.

(131) Corporate governance and the financial crisis. Conclusions and emerging good practices to enhance implementation of the Principles, febbraio 2010.

(132) Come sottolineato nella premessa ai principi, questi “sono volti a sostenere i governi dei Paesi membri e non membri dell’OCSE nei loro sforzi di valutazione e di miglioramento dell’assetto giuridico, istituzionale e regolamentare per il governo societario nei propri paesi e a offrire un orientamento e dei suggerimenti per le borse, gli investitori, le società e altri parti che svolgono un ruolo nel processo di sviluppo del buon governo societario. I Principi si rivolgono in modo particolare alle società, finanziarie e non finanziarie, che raccolgono capitali presso il pubblico. Tuttavia, nella misura in cui tali principi sono applicabili, essi possono essere uno strumento utile per migliorare il governo societario anche nelle società non quotate, per esempio nelle società a base azionaria ristretta e in quelle di proprietà dello Stato”.

(133) Questi sono da intendersi non solo come i problemi connessi al rapporto intercorrente fra dirigenti e azionisti, ma anche a quello che lega gli azionisti di maggioranza e di minoranza e, ancor più in generale, tutti gli attori coinvolti nel governo societario di un’impresa, estremamente variegati nei diversi Paesi membri dell’Organizzazione.

“gli azionisti dovrebbero essere in grado di partecipare in modo effettivo e di votare nelle assemblee generali degli azionisti e dovrebbero essere informati del regolamento di tali assemblee, comprese le procedure di voto” è quello in forza del quale gli shareholders avrebbero dovuto avere la possibilità di esprimere la loro opinione sulla politica di remunerazione dei membri del consiglio di amministrazione e dei principali dirigenti ed approvare la componente azionaria dei sistemi di compenso (134).

Questo tipo di intervento conferma le riflessioni circa il duplice portato della normativa, che si differenzia in ragione delle motivazioni dalle quali scaturisce, vale a dire dal fenomeno macrosistemico che ne è alla base: nel 2004 l’OCSE si era speso in una disciplina di carattere strutturale, che trova la sua principale ragione nella spinta globalizzatrice che attrae le diverse prassi osservabili nei diversi paesi verso un punto di convergenza. Nel 2010, essa è intervenuta a rivedere i principi già esistenti in risposta della crisi finanziaria, che richiedeva il ripensamento di alcune regole basilari (come ad esempio quelle sulle remunerazioni, sul ruolo più pervasivo dell’assemblea, etc.). Si ritiene che questi cambiamenti, provenienti da una situazione contingente, si tramuteranno anch’essi in strutturali, proprio in forza di quella considerazione, già espressa, secondo cui tutti gli interventi afferenti il campo della corporate governance sia destinati ad essere tali (135). Anche per questo è importante ribadire che, a distanza di qualche anno, i principi emanati dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico rappresentano tuttora uno strumento ottimale per valutare l’esistenza di best practices fra i diversi paesi aderenti, ovviamente con riferimento al periodo storico in cui le valutazioni su cui essi si basano sono state effettuate.

Il Comitato di Basilea ha rivisto i principi in materia di corporate governance delle banche (136). Questi, da un lato, riconoscono la

(134) Gli azionisti devono inoltre essere portati a conoscenza “dello specifico rapporto fra remunerazioni e risultati dell’impresa”.

(135) Cfr. Cap. II, in particolare par. 5.

fondamentale importanza che ottimali meccanismi di governo societario rivestono non soltanto per la singola organizzazione bancaria, ma anche e soprattutto per il sistema finanziario considerato nel suo complesso; dall’altro, enfatizzano la necessità che la corporate governance delle banche e dei gruppi bancari sia oggetto di una regolare e approfondita attività di supervisione da parte delle Autorità di vigilanza nazionali. Anche la Commissione europea, con il Libro verde dell’aprile 2011 in materia di governo societario delle imprese ha ribadito la necessità di mantenere alta l’attenzione su questa materia, ritenuta un “elemento chiave” per stimolare la fiducia dei cittadini nei confronti del mercato unico, favorire la competitività delle imprese europee e, più in generale, perseguire gli ambiziosi obiettivi di crescita stabiliti per gli anni a venire (137). Da ultimo, la nuova proposta di direttiva per l’aggiornamento della CRD (cd. CRD IV) propone una serie di misure che impattano notevolmente sulla corporate governance degli enti creditizi (138). Tali misure vanno lette contestualmente alle rinnovate modalità di emanazione di regole comuni a livello europeo (dir. 2010/78), cui si accompagna un “ridimensionamento” dei poteri attribuiti ai singoli Stati membri in favore di un più pervasivo ruolo delle autorità europee (in particolare dell’EBA, ex CEBS).

(137) Comunicazione della Commissione europea COM(2010) 2020, Europe 2020. A strategy for smart, sustainable and inclusive growth, marzo 2010.

(138) Oltre a quelli citati, si ricordano anche la riforma del sistema finanziario statunitense del luglio 2010 (che ha riguardato anche gli aspetti organizzativi delle banche e ha incorporato alcuni degli standard definiti in ambito internazionale, come ad esempio quelli dell’FSB in materia di remunerazioni), nonché le direttive comunitarie che impattano sul governo societario degli intermediari, quali ad esempio la 2007/44 sulla disciplina degli assetti proprietari e la 2010/76 in materia di politiche e prassi di remunerazione e incentivazione; entrambe sono accompagnate dalle linee guida dei Comitati di 3° livello (per quel che riguarda assetti proprietari, Guidelines for the prudential assessment of acquisitions and increases in holdings in the financial sector required by Directive 2007/44/EC, dicembre 2008) e del CEBS (per quel che riguarda le remunerazioni, Guidelines on remuneration polices and practices, dicembre 2010), che assicurano una maggiore uniformità nell’applicazione delle norme da parte degli Stati membri.

CAPITOLO IV

IL CAMMINO DELLE REGOLE:PATH DEPENDENCE O GLOBAL CONVERGENCE

SOMMARIO: 1. Il contesto statunitense –– 2. La disciplina degli assetti organizzativi: la corporate governance delle imprese statunitensi – 3. Le politiche di remunerazione nell’impianto disciplinare statunitense – 4. Le nuove regole contenute nel Dodd-Frank Act – 5. Il dibattito sull’efficacia delle nuove norme – 6. Regole di mercato e prospettive future: verso una possibile convergenza?