• Non ci sono risultati.

CAPITOLO III. L’INTERPRETAZIONE CONVENZIONALMENTE

7. Le ipotesi di contrasto tra interpretazione convenzionalmente e

7.1. Gli interventi legislativi con effetti retroattivi

Un recente caso di mancato allineamento tra Corte costituzionale e Corte Edu si è manifestato in tema di leggi retroattive. Si tratta essenzialmente di casi in cui pronunce della Corte costituzionale sono intervenute a valutare leggi di interpretazione autentica escludendo il contrasto con l’art. 6 Cedu, contrasto, per converso, ravvisato dalla Corte Edu.

226 V

ILLANI U., Sul valore della Convenzione europea dei diritti dell’uomo nell’ordinamento italiano, in Studi. integr. eur., 2008, 1, p. 14 ss.

120

In quest’ambito, vengono in rilievo alcuni recenti casi che hanno riguardato l’Italia (sentenze Agrati c. italia, Maggio c. Italia, Arras v. Italia).

Prima di esaminare i termini del mancato dialogo, occorre dar conto dell’orientamento della Corte Edu in tema di interventi legislativi con effetto retroattivo.

In generale, la Corte Edu ha riconosciuto che le leggi aventi effetto retroattivo, giudicate un’ingerenza legislativa, devono essere valutate sotto un duplice profilo, relativo da un lato alla compatibilità con l’art. 1 Protocollo 1, che consente l’ingerenza nel bene protetto se prevista dalla legge e proporzionata, dall’altro lato in relazione all’art. 6 della Convenzione, sotto il versante della garanzia del giusto processo.

Mentre il riconoscimento della violazione dell’art. 1 del Protocollo 1 comporta la

restitutio nell’attribuzione patrimoniale e nella titolarità del relativo diritto, la

violazione dell’art. 6 consente solo un indennizzo alla parte per il pregiudizio subito.

Con riferimento alla violazione dell’art. 6 della Convenzione, nella giurisprudenza Cedu l’affermazione dell’esistenza di limiti per i legislatori nazionali in ordine all’introduzione ingiustificata di disposizioni retroattive si è avuta in numerose sentenze relative alla materia della espropriazione227, dei sussidi e dei benefici fiscali228, del risarcimento del danno e della politica sociale.

Esaminando brevemente alcuni casi, in tema di risarcimento del danno229 la Corte ha ritenuto che viola l’art. 1 del Protocollo n. 1 l’applicazione retroattiva della legge che abbia l’effetto di privare i soggetti titolari del diritto al risarcimento di una parte sostanziale dei crediti cui avrebbero avuto diritto sulla base della previgente disciplina.

227 CtEDU, sentenze 19 gennaio 2010, Zuccalà c. Italia; 6 ottobre 2009, Perinati c. Italia; 30

giugno 2009, Mandola c. Italia; 8 dicembre 2009, Vacca c. Italia; 8 dicembre 2009, Gennari c. Italia; 18 marzo 2008, Velocci c. Italia; 11 gennaio 2007, Quattrone c. Italia; 25 gennaio 2007, Morea c. Italia; 29 marzo 2006, Scordino c. Italia.

228 CtEDU, sentenze 18 maggio 2010, Plalam c. Italia; 23 luglio 2009, Joubert c. Francia; 14

febbraio 2006, Lecarpentier c. Francia.

121

In materia pensionistica230, pur riconoscendo che i legislatori possono disporre retroattivamente, ha affermato tuttavia che un tale intervento doveva essere giustificato da motivi imperativi di interesse generale, come richiede in particolare il principio di “preminenza del diritto” (prééminence du droit). In sede di applicazione dell’art. 6 Cedu231

, la Corte europea ha ribadito che, in linea di principio, al legislatore non è precluso intervenire in materia civile, con nuove disposizioni retroattive, su diritti sorti in base alle leggi vigenti. Tuttavia, il principio dello Stato di diritto e la nozione di equo processo sancito dall’articolo 6 Cedu vietano al legislatore di interferire nell’amministrazione della giustizia attraverso interventi in grado di influenzare l’esito della controversia, salvo che tale interventi trovino giustificazione in motivi imperativi di interesse generale. Tale orientamento, che trova i suoi precedenti nei casi

Raffineries Grecques Stran e Stratis Andreadis c. Grecia del 9 dicembre 1994, e Zielinski e altri c. Francia, del 28 ottobre 1999, censura la prassi di interventi

legislativi sopravvenuti, che modifichino retroattivamente in senso sfavorevole per gli interessati le disposizioni di legge attributive di diritti, la cui lesione abbia dato luogo ad azioni giudiziarie ancora pendenti all’epoca della modifica. Questa prassi può essere suscettibile di comportare una violazione dell’art. 6 Cedu, risolvendosi in un’indebita ingerenza del potere legislativo sull’amministrazione della giustizia.

Ciò posto, è possibile esaminare la questione che ha dato luogo ad un episodio di mancata convergenza tra Corte costituzionale e Corte di Strasburgo.

La norma oggetto del sindacato delle Corti è l’ art. 1, comma 218 della legge finanziaria 2006, nella parte in cui stabilisce che l’art. 8, comma 2, l. 124/1999 si interpreta nel senso che il personale trasferito nei ruoli ATA è inquadrato sulla base del trattamento economico complessivo in godimento all’atto del trasferimento, specificando che ai fini del primo inquadramento deve considerarsi il principio del maturato economico (meno favorevole al lavoratore) in luogo di quello della complessiva anzianità conseguita. Con la sentenza 311/2009, la Corte costituzionale ha affermato che il collegamento a ragioni di interesse pubblico consentiva di giustificare tale intervento legislativo deteriore

230 CtEDU, sentenza 19/6/2008, Ichtigiaroglou c. Grecia.

122

e, conseguentemente, consentiva anche di negare che la norma censurata violasse le regole del giusto processo di cui all’art. 6 Cedu, come interpretato nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Non ha negato, in particolare, il fatto che la giurisprudenza di Strasburgo vieta in linea di principio l’interferenza del legislatore sull’esito di controversie in atto (come indubbiamente è avvenuto nel caso del trasferimento dei dipendenti scolastici dagli enti locali allo Stato), ma ha, nel contempo, osservato che la stessa giurisprudenza, ad attenuazione di quel divieto, ammette interventi retroattivi dei legislatori nazionali quando lo impongano “imperative ragioni di interesse pubblico”.

Tuttavia, nella sentenza Agrati e altri c. Italia232, la Corte di Strasburgo ha dissentito da tale impostazione ed ha negato che l’intervento operato con il richiamato art. 1, comma 218 della legge finanziaria del 2006 fosse giustificato da ragioni di interesse pubblico. Ha ritenuto, in particolare, che la norma interpretativa, in quanto si limita a regolamentare in via definitiva le controversie dei dipendenti degli enti locali, determina un’ingerenza sproporzionata – e perciò illegittima – sul diritto di proprietà dei ricorrenti. Ha concluso, perciò, nel senso che detta norma rompe “il giusto equilibrio tra le esigenze di interesse pubblico

e la tutela dei diritti fondamentali individuali”. Rispondendo ad un’eccezione

sollevata dal Governo, ha osservato che la decisione resa dalla Corte costituzionale non è sufficiente a stabilire la conformità a Convenzione della legge nazionale, rivendicando in tal modo l’ultima parola al riguardo.

Nel caso Arras c. Italia233, la differente impostazione delle due Corti si è nuovamente manifestata. La norma sindacata è la l. 243/2004 nella parte in cui incide sul meccanismo di perequazione automatica applicabile alla quota integrativa di pensione spettante ai dipendenti pubblici degli enti creditizi. Tale norma era sfuggita alla censura di incostituzionalità, avendo la Corte costituzionale dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale234. La Corte Edu, invece, ha dichiarato la violazione dell’art. 6 della Convenzione ritenendo che l’intervento legislativo, giunto a dodici anni dall’emanazione della legge di cui forniva l’interpretazione autentica, trovasse la sua ragion d’essere

232 CtEDU, sentenza 7 giugno 2011. 233 CtEDU, sentenza 14 febbraio 2012. 234 Corte cost., sentenza 362/2008.

123

nell’intento di contrastare il consolidato orientamento giurisprudenziale dei giudici italiani. La legge d’interpretazione autentica, con la sua entrata in vigore, aveva determinato la sostanza delle controversie, interferendo in modo illegittimo sui contenziosi pendenti.

Si possono, tuttavia, registrare alcune reciproche timide aperture. Da un lato, la Corte costituzionale, con la sentenza 15/2012, afferma che le ragioni imperative di interesse generale devono essere espressione di “fini e beni costituzionalmente

protetti”, prospettando la possibilità di esercitare in futuro un sindacato più

stringente sulle leggi retroattive; dall’altro la Corte di Strasburgo nella sentenza Arras ha ravvisato la violazione del solo art. 6 Cedu, e non dell’art. 1 Protocollo 1, con ciò censurando solo l’intromissione del legislatore in violazione del principio della parità delle armi e non il complessivo equilibrio tra le risorse pubbliche a disposizione dello Stato e i diritti economici dei privati235

235 C

APPUCCIO L., Differenti orientamenti giurisprudenziali tra Corte Edu e Corte costituzionale nella tutela dei diritti, in in DECARO C.,LUPO N.,RIVOSECCHI G. (a cura di), La “manutenzione” della giustizia costituzionale. Il giudizio sulle leggi in Italia, Spagna e Francia. Atti del Seminario svoltosi a Roma, alla Luiss Guido Carli, il 18 novembre 2011, Giappichelli, Torino, 2012, p. 83.

124