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La soggezione del giudice nazionale al diritto vivente Cedu

Con riferimento al vincolo per il giudice nazionale di seguire l’esegesi delle disposizioni convenzionali compiuta dalla Corte Edu, occorre rilevare che la

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rigidità di tale condizionamento ermeneutico rappresenta il risultato di un iter le cui tappe fondamentali si rinvengono nelle sentenze 348 e 349 del 2007, 39/2008, 311 e 317 del 2009 e 187 e 196 del 2010.

Nelle sentenze nn. 348 e 349 emergeva una “funzione interpretativa eminente” da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, che si sostanzia anche nel fatto che “le norme della CEDU vivono nell’interpretazione che viene data loro dalla

Corte europea”. La consacrazione del ruolo della giurisprudenza avviene, quindi,

per via giurisprudenziale: è una Corte a legittimare un'altra Corte. Al riconoscimento della funzione interpretativa eminente della Corte EDU segue un passaggio in cui si afferma che “[s]i deve [...] escludere che le pronunce della

Corte di Strasburgo siano incondizionatamente vincolanti ai fini del controllo di costituzionalità delle leggi nazionali”, dovendosi “[t]ale controllo [...] sempre ispirar[e] al ragionevole bilanciamento tra il vincolo derivante dagli obblighi internazionali, quale imposto dall'art. 117, comma 1, Cost., e la tutela degli interessi costituzionalmente protetti contenuta in altri articoli della Costituzione”. Si poteva, quindi, ancora legittimamente dubitare della sussistenza

di un monopolio esclusivo, in capo alla Corte europea dei diritti dell’uomo, circa il significato da attribuire alla Cedu senza possibilità alcuna, da parte di giudici comuni e specialmente da parte della Corte costituzionale, di integrare quel significato. Qualche tempo dopo i dubbi sul punto si sono dissolti quasi del tutto. Il Giudice delle leggi, infatti, nella decisione 39/2008, facendo dire, attraverso la nota tecnica di citazione manipolativa del precedente, quanto in realtà non si diceva nelle decisioni del 2007, ha sottolineato che tali decisioni avevano precisato che la peculiarità delle norme della Cedu nell’ambito della categoria delle norme interposte risiede “nella soggezione all’interpretazione della Corte

di Strasburgo, alla quale gli Stati contraenti, salvo l’eventuale scrutinio di costituzionalità, sono vincolati ad uniformarsi”.Un vincolo interpretativo,

dunque, assoluto e incondizionato alla giurisprudenza della Corte europea in capo ai giudici comuni ed alla Corte costituzionale per quanto riguarda l’inquadramento dell’esatta portata della norma convenzionale. Vincolo che non emergeva, invece, dalle decisioni del 2007 e che viene invece ora confermato dalle decisioni 311 e 317/2009, dove espressamente si dice che alla Corte

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costituzionale, salvo ovviamente la possibilità che una norma Cedu sia in contrasto con la Costituzione, “è precluso di sindacare l’interpretazione della

Convenzione europea fornita dalla Corte di Strasburgo, cui tale funzione è stata attribuita dal nostro Paese senza apporre riserve” (sent. 311/2009). Alla

valorizzazione del vincolo interpretativo nei confronti della giurisprudenza della Corte europea si accompagna, tuttavia, il riconoscimento della possibilità che, in determinati casi, la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo attribuisca agli Stati membri la facoltà di discostarsi da quanto previsto dagli orientamenti di Strasburgo. Ciò può avvenire, come specifica la decisione n. 311/2009, in relazione, ad esempio, alla possibilità che per “motivi imperativi di interesse

generale, il legislatore si possa sottrarre al divieto, ai sensi dell’art. 6 CEDU, di interferire nell’amministrazione della giustizia”. Resta, altresì, fermo il

riconoscimento alla Corte di un “margine di apprezzamento e di adeguamento”, che – nel rispetto della “sostanza” della giurisprudenza di Strasburgo– le consenta comunque di tenere conto delle peculiarità dell’ordinamento in cui l’interpretazione della Corte europea è destinata ad inserirsi (sentt. 311/2009, 303, 236/2011). In definitiva, se, come più volte affermato dalla Corte (sentt. 348, 349/2007, 39/2008, 239, 311/2009, 93/2010, 1, 113, 236/2011, 264/2012), il Giudice delle leggi non può sostituire la propria interpretazione di una disposizione della Cedu a quella data dalla Corte di Strasburgo, esso però è tenuto a valutare come ed in quale misura l’applicazione della Convenzione da parte della Corte europea si inserisca nell’ordinamento. In proposito, alcuni Autori sottolineano che di fatto la stessa Corte costituzionale ha ridimensionato la portata del vincolo interpretativo. Le tecniche del “margine di apprezzamento”, del bilanciamento tra il vincolo internazionale e i principi costituzionali, della valutazione di “motivi imperativi d’interesse generale” rappresentano modalità per reintrodurre un’autonomia apparentemente esclusa e per consentire una diversa efficacia delle decisioni nei distinti ordinamenti. Per quanto le sentenze citate escludano la possibilità per il Giudice delle leggi di esprimere un’interpretazione “di secondo grado” rispetto a quella già resa dalla Corte europea, in realtà, poiché nel nostro sistema il potere di rimuovere le norme primarie difformi dalla Cedu rimane riservato al legislatore e alla Corte

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costituzionale, la sottoposizione di una questione di costituzionalità sembra introdurre una vera e propria interpretazione “di secondo grado” della Corte costituzionale riguardo agli stessi principi affermati dalla Cedu e dalla giurisprudenza della sua Corte. Si tratta, tuttavia, di comprendere se tale interpretazione possa spingersi fino al punto di consentire deroghe rispetto alla lettura del giudice internazionale, invocando il soddisfacimento di interessi pubblici che risultano preminenti per l’ordinamento nazionale95

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4.5.1. Segue. Posizioni critiche.

Alcuni commenti critici evidenziano l’inopportunità della soggezione del giudice nazionale all’interpretazione della Corte di Strasburgo, pur con i temperamenti introdotti dalla giurisprudenza costituzionale.

Viene in rilievo la tesi della sussistenza di una “limitazione di sovranità” di fatto derivante dall’adesione alla Convenzione, avvalorata dalla previsione di un procedimento di infrazione contro lo Stato inadempiente rispetto all’obbligo di conformarsi alle sentenze della Corte Edu96. A ciò si aggiunge la riflessione secondo cui l’efficacia erga omnes delle pronunce della Corte europea, sostenuta dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa e declinata nella nozione di cosa giudicata interpretata, provoca una progressiva erosione della sovranità statale, non controllabile da parte dei governi degli Stati membri del Consiglio d’Europa97

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Si sostiene, poi, l’inopportunità di tale vincolo interpretativo, che conduce a considerare la Convenzione sia come oggetto della tutela costituzionale stabilita dall’art. 117, comma 1 Cost., sia come parametro interpretativo delle norme costituzionali materiali. In forza di questo duplice vincolo, il bilanciamento fra

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FOÀ S., Leggi di interpretazione autentica e conformità alla Cedu: il parametro di legittimità “conteso” tra Corte costituzionale e Corte europea dei diritti dell’uomo, in Foro amm. (CdS), 2011, 7-8, p. 2260.

96 G

RECO R., Dialogo tra Corti ed effetti nell’ordinamento interno. Le implicazioni della sentenza della Corte costituzionale del 7 aprile 2011, n. 113, in www.giurcost.org, p. 15 e ss.

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ESPOSITO V., La libertà degli Stati nella scelta dei mezzi attuativi delle sentenze della Corte europea dei diritti umani, in La Corte europea dei diritti umani e l’esecuzione delle sue sentenze. SIOI, Palazzetto Venezia, Roma, 6-7 giugno 2002, Editoriale Scientifica, Napoli, 2003, p. 71 e 119.

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valori convenzionali, operato dalla Corte europea, diventerebbe vincolante nel giudizio di costituzionalità delle leggi, determinandone così completamente l’esito, e lo stesso sindacato di legittimità costituzionale finirebbe per essere, rispetto alle norme a tutela di diritti individuali, uno strumento per estendere

erga omnes gli effetti delle sentenze della Corte Edu98.

E’ stato, inoltre, rilevato che una delle prerogative tipiche della sovranità è che lo Stato affida l’interpretazione delle proprie leggi ai propri giudici; il riconoscimento del monopolio interpretativo sulla Convenzione europea alla Corte di Strasburgo costituirebbe pertanto una rinuncia, non coerente con il quadro costituzionale, ad una quota di sovranità ed una deroga al fondamentale principio del libero convincimento del giudice99. Inoltre, essendo il catalogo costituzionale dei diritti molto diverso e assai più ricco di quello convenzionale, deve essere evitato un riferimento acritico e non sorvegliato alla Convenzione e alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo100

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Piuttosto che di vincolo interpretativo, dovrebbe parlarsi di necessaria presa in considerazione della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, con il solo avvertimento che, in una prospettiva di dialogo, l’attività interpretativa della giurisprudenza Cedu da parte delle autorità nazionali è sottoposta al controllo della stessa Corte Edu101.