2. Studi Empirici sulla Metafora
2.2 Glucksberg e la Dual Reference
Sam Glucksberg pubblica dagli anni ’80 lavori sulla metafora:
comprensione, interpretazione, e rapporto col linguaggio letterale
12
, cercando di
11 Si confronti con la Relevance Theory (traducibile come “Teoria della pertinenza”) di
Sperber e Wilson (1986/1995), che non approfondiremo in questa sede. Essa propone una
visione sostanzialmente derivante dalla pragmatica di Paul Grice, che prevede un approccio
deflazionistico alla metafora, questa cioè non è di importanza centrale nella teoria, ma derivata
dal contesto (context driven).
12 Si vedano in particolare Glucksberg & Keysar (1990, 1993), Glucksberg (2001) e
decostruire il modello pragmatico standard, in voga da Aristotele in poi.
Secondo tale modello, per l’interpretazione della metafora è necessario un
processo discreto a tre livelli. Per una metafora nominale come “neuroimaging is
a goldmine”
13
(Glucksberg, 2003: 92), il primo passo consiste nel derivare il
significato letterale della stringa, che porta ad una frase senza senso. Il secondo
passo valuta la plausibilità dell’interpretazione nel contesto in questione; dato
che la frase non è sensata nel contesto, bisogna arrivare al terzo punto e cercare
un significato non letterale che abbia un senso.
Sempre nell’ottica di questa visione, le frasi letterali vengono considerate
difettive quando violano una regola di conversazione (Grice, 1975). Ad esempio
risultano difettive se non sono vere, e appunto le espressioni metaforiche non
possono risultare letteralmente vere. È dunque necessario convertire
un’asserzione letteralmente falsa in una vera, quindi, nel caso di metafora
nominale, in una similitudine (es.: “John è uno squalo” “John è come uno
squalo”). Frasi di questo tipo possono dirsi letteralmente vere, e in effetti ogni
affermazione comparativa lo è, in quanto ogni coppia di elementi sarà simile in
molti modi (Goodman, 1972).
Il modello in questione pone due problemi di natura psicolinguistica. Il
primo deriva dall’assunzione che il significato letterale ha priorità
incondizionata. Se ciò fosse esatto, il linguaggio squisitamente letterale
dovrebbe essere compreso più facilmente di quello metaforico, che dovrebbe a
sua volta essere opzionale. La seconda questione riguarda il problema
comparativo; se, come detto, due entità qualsiasi possono essere simili in
innumerevoli aspetti, in che modo possiamo identificare precisamente quali
aspetti sono da considerare in ogni dato contesto? Vediamo punto per punto a
quali conclusioni giunge Glucksberg.
L’elaborazione del linguaggio letterale è ritenuta automatica, mentre
l’interpretazione del linguaggio figurativo è presumibilmente innescata
dall’impossibilità di leggere come sensata un’interpretazione letterale. Ciò
implicherebbe che un’interpretazione figurativa necessiti più tempo di una
letterale. La logica e la ricerca in campo psicolinguistico ci dicono che così non
è. Se pensiamo ad esempio alle espressioni idiomatiche, come “tirare le cuoia”
14
,
risulta chiaro che il significato letterale non viene praticamente mai attivato, ma
che anzi la prima interpretazione che ci viene in mente è quella idiomatica.
15
La familiarità è un fattore da tenere in considerazione per la comprensione
delle espressioni idiomatiche e metaforiche, ma tuttavia non è sufficiente a
spiegare la facilità di interpretazione del linguaggio non letterale.
16
Un
esperimento di Blasko e Connine (1993) fornisce una dimostrazione della
possibilità di comprendere nuove metafore alla stessa velocità di espressioni
letterali ad esse comparabili. I risultati ottenuti da Blasko e Connine sono
coerenti con altri studi nello stesso ambito che non hanno trovato differenze nel
tempo impiegato a comprendere espressioni letterali e metaforiche (McElree e
Nordlie, 1999; Pynte et al., 1996; Giora, 1999; Tartter et al., 2002; Harris, 1976).
Glucksberg affronta anche una seconda implicazione della visione per cui
il significato letterale avrebbe priorità incondizionata. I parlanti fluenti di una
lingua non possono scegliere di non capire. Un input linguistico, una volta
percepito, sarà elaborato. Quindi i significati letterali non sono opzionali,
saranno sempre generati, indipendentemente dalle intenzioni della persona.
Anche i significati metaforici sono generati automaticamente, o la
comprensione metaforica è forse opzionale, dipendente dal contesto?
Contrariamente a quanto affermato dal modello a tre livelli, la comprensione
delle espressioni metaforiche non dipende da un fallimento nel trovare un
significato letterale appropriato al contesto, nemmeno la comprensione della
metafora è opzionale, ma obbligatoria e automatica.
Le metafore non si possono ignorare, Glucksberg e altri autori (Gildea e
Glucksberg 1983; Glucksberg et al., 1982; Keysar, 1989) traggono questa
conclusione da una serie di esperimenti modellati sulla classica dimostrazione
14 Glucksberg utilizza come esempio l’espressione inglese “kick the bucket” (letteralmente
“calciare il secchio”), che significa comunque “morire” (Glucksberg, 2003: 93).
15 Bisogna però sottolineare la differenza tra espressioni idiomatiche e metaforiche, che
Glucksberg sembra tralasciare, almeno in questo caso.
16 Per quanto riguarda la comprensione degli idioms rimandiamo a McGlone et al. (1994),
di Stroop del fatto che le persone non possono ignorare i significati letterali
(Stroop, 1935). Nel suo famoso test, Stroop presenta parole stampate in vari
colori, chiedendo ai soggetti di nominare il colore dell’inchiostro senza leggere
le parole. Quando le parole riportano nomi di colori diversi dal colore in cui
sono stampate, le persone hanno difficoltà a dire il colore dell’inchiostro,
indicando una competizione con la parola scritta. Questo effetto di interferenza
parola/colore sembra significare che non è possibile inibire la lettura delle
parole, anche se ciò potrebbe migliorare la performance nel compito.
Tale logica viene applicata da Glucksberg e colleghi a frasi letteralmente
false ma metaforicamente vere come “some roads are snakes” (alcune strade sono
serpenti); i partecipanti all’esperimento vedono sullo schermo una frase alla
volta e sono chiamati a giudicare se le frasi sono letteralmente vere o false. Le
frasi utilizzate sono di quattro tipi: letteralmente vere, letteralmente false,
metafore e metafore scombinate (scrambled metaphors). I risultati indicano
chiaramente che i soggetti hanno difficoltà nello scartare le metafore in quanto
frasi letteralmente false. Per gli autori questa interferenza è da interpretare in
modo simile a quella analizzata da Stroop: i soggetti non possono inibire la loro
comprensione dei significati metaforici, anche quando nel contesto
sperimentale i significati letterali sono accettabili.
Fino a questo punto abbiamo accettato la premessa che le frasi metaforiche
come “my lawyer is a shark” (il mio avvocato è uno squalo) siano letteralmente
false, mentre le loro versioni in forma di similitudine come “my lawyer is like a
shark” (il mio avvocato è come uno squalo) letteralmente vere. Glucksberg
riconsidera anche questa assunzione. L’asserzione è infatti letteralmente falsa
solo se consideriamo che la parola “shark” (squalo) è considerata riferirsi alla
creatura marina. Ma la parola “shark” può essere compresa a un livello più alto
di astrazione, così da riferirsi alla categoria generale delle creature predatorie
(Gernsbacher et al., 2001; Glucksberg e Keysar, 1990; Glucksberg et al., 2001).
Quindi i veicoli metaforici come “shark” hanno una dual reference (riferimento
doppio). Possono cioè riferirsi a due diversi livelli di astrazione, uno
subordinato e uno superordinato. Nella maggioranza delle metafore, questa
funzione di dual reference è implicita. In altri casi, essa è esplicita, come nella
frase “Cambodia was Vietnam’s Vietnam” (La Cambogia è stato il Vietnam del
Vietnam); la prima menzione di “Vietnam” si riferisce alla nazione asiatica, la
seconda alla categoria superordinata degli interventi militari disastrosi che la
guerra tra America e Vietnam ha finito per esemplificare. Più in generale,
quando una certa categoria non ha un proprio nome, nomi dei membri
prototipici di tale categoria possono essere utilizzati per nominarla (ad es. in
italiano “scottecs” per i rotoli da cucina, o in inglese “kleenex” per i fazzolettini).
Esiste un’ampia evidenza che le metafore ben formate, seppur nuove,
sono comprese così prontamente come quelle convenzionali e familiari
(McElree e Nordlie, 1999; Glucksberg, 2001; Giora,1997), anche se possono
essere elaborate diversamente.
Per Gentner e Bowdle (2001), metafore nuove e metafore convenzionali
sono elaborate in modo differente. Le nuove metafore sono comprese tramite
allineamento strutturale seguito da una comparazione tra proprietà del topic e
del vehicle; in una seconda fase, sono inferite le attribuzioni di proprietà.
Se allineamento strutturale e processi di comparazione siano o meno
utilizzati per comprendere metafore nuove o convenzionali rimane controverso.
Nell’ipotesi più estrema, tali processi potrebbero non essere necessari per
nessuno dei due tipi di metafora accennati, ma potrebbero essere richiesti nella
comprensione di metafore oscure, per cui non è disponibile un’interpretazione
immediata.
Per Glucksberg quindi, le metafore sono asserzioni attributive e non mere
comparazioni (Glucksberg et al., 1997). Sono comprese più velocemente nella
loro forma paradigmatica di inclusione in una classe (Johnson,1996) che in
forma di similitudine, e hanno più forza delle similitudini. Ciò accade perché le
metafore sono interpretate in maniera diversa rispetto alle similitudini.
Le metafore predicative funzionano in modo simile (Torreano, 1997). Il
verbo “to fly” (volare) è un membro prototipico della categoria dei viaggi veloci
e la frase “he hopped on his bike and flew home” viene interpretata in questo senso.
La strategia comunicativa della dual reference fornisce una spiegazione
naturale per la gran parte dei fenomeni legati alla metafora. Dato che le
metafore sono asserzioni categorizzanti, a differenza dei paragoni sono
irreversibili. L’unica circostanza in cui una metafora può essere invertita è un
cambio di sfondo. Ad esempio, possiamo dire: “my surgeon was a butcher” (il mio
chirurgo era un macellaio), che è un commento con polarità negativa, ed è
possibile utilizzare anche la frase invertita: “my butcher is a surgeon”, che è un
giudizio a polarità positiva, ma si tratta di contesti d’uso differenti (McGlone e
Manfredi, 2001).
La dual reference rende anche conto della possibilità di parafrasare le
metafore come similitudini e viceversa. In “my lawyer was like a shark” (il mio
avvocato era come uno squalo), la parola “shark” si riferisce al pesce letterale.
Nella corrispondente forma metaforica, la stessa parola si riferisce alla categoria
superordinata delle creature predatorie esemplificata dallo squalo. I paragoni
letterali non possono essere parafrasati allo stesso modo; ad esempio “il caffè è
come il tè”, diventa falso nella forma categorizzante “il caffè è tè”.
Poiché i vehicle metaforici si riferiscono a categorie astratte superordinate,
richiamare l’attenzione sul significato letterale di una metafora dovrebbe
rendere la comprensione più difficoltosa. Questa ipotesi viene testata (McGlone
e Manfredi, 2001) con dei prime applicati alle metafore, contenenti una proprietà
letterale irrilevante del topic oppure una proprietà letterale irrilevante del
vehicle. Ad alcuni studenti è richiesto di leggere metafore come “il mio avvocato
era uno squalo”, precedute da (a) frasi neutre di controllo, come “alcuni tavoli
sono fatti di legno”, (b) frasi con proprietà irrilevanti del topic, come “alcuni
avvocati sono sposati”, e (c) frasi contenenti proprietà irrilevanti del vehicle,
come “gli squali sanno nuotare”. I risultati mostrano che ci vuole più tempo per
comprendere la metafora quando è preceduta da una frase con una proprietà
del vehicle rispetto a quando la metafora è preceduta da un controllo neutro o
da una frase con proprietà irrilevanti del topic.
Le conclusioni di Glucksberg si possono riassumere in due punti
principali. Il primo è che non esiste una priorità del letterale: apprendiamo i
significati metaforici altrettanto velocemente e automaticamente. Il secondo
punto afferma che comprendiamo le metafore esattamente come sono intese:
come asserzioni categorizzanti. Con l’uso continuato, metafore che erano nuove
possono diventare convenzionali e i loro sensi entrare nel vocabolario.
Ciò che a noi interessa maggiormente è l’interessante teoria della dual
reference e l’implicazione che essa può avere nella costruzione, elaborazione e
comprensione di metafore nuove e convenzionali.