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Capitolo II: L’uscita dal Gold Standard e il Quantitative Easing ante litteram

II.1 Il Gold Standard

Il sistema monetario è definito da un insieme di regole che disciplinano gli aspetti monetari del funzionamento di un singolo sistema economico e/o delle relazioni con altri sistemi economici.

Il sistema contiene norme che stabiliscono l’unità monetaria utilizzata (che ha potere liberatorio legale ed è unità di conto), regolano l’emissione della moneta e definiscono i rapporti con le monete estere in termini di valore, convertibilità e circolazione.

Nel caso del Gold Standard, il valore delle singole valute era determinato in funzione delle quantità di riserve di oro disponibili nei singoli stati sovrani (la convertibilità imponeva alle banche emittenti la disponibilità di riserve metalliche); le monete d’oro venivano usate come mezzo di scambio, unità di conto e riserva di valore23. A differenza di quanto avvenne nel Gold Coin Standard, nel Gold Standard classico (1880-1914), soprattutto alla fine, circolavano già le banconote.

L’Inghilterra fu il primo paese ad adottare ufficialmente tale sistema monetario, nel 181924 e le condizioni tassative previste dal sistema inglese comportavano che la Zecca reale comprasse e vendesse quantità illimitate di oro a prezzo fisso, che la Banca di Inghilterra convertisse su richiesta le sue passività in oro, che non ci fosse alcuna restrizione sull’importazione ed esportazione dell’oro. All’Inghilterra seguì il nuovo Impero Tedesco (1871), l’Italia (1873), il Giappone (1897) e da ultimi gli Stati Uniti, dove il sistema aureo fu adottato ufficialmente dal Congresso nel 1900 ma dove già nel 1879 i “biglietti verdi” emessi durante la Guerra civile avevano un corrispondente valore fissato in oro.

23

P. Krugman, M. Obstfeld, Economia Internazionale Vol.2, Pearson Italia s.p.a, Milano, 2007, p.293

24 Prima vigeva uno standard bimetallico oro/argento Già dal 1815 le monete d’oro rimpiazzarono le monete

d’argento nell’uso Durante le guerre napoleoniche, la Banca d'Inghilterra, con l'autorizzazione del governo, sospese il pagamento rifiutandosi di pagare oro e argento in cambio delle proprie banconote. Il Paese allora disponeva di una cartamoneta inconvertibile, ovvero un corso forzoso

Nel Gold Standard classico il principale compito delle banche (centrali, quando cominciarono ad esistere25) era quello di garantire la convertibilità alla parità ufficiale tra la propria moneta e l’oro. Le banche centrali erano disposte a cambiare banconote e monete con oro, secondo la parità fissa dichiarata, e la quantità di oro contenuta nelle singole valute determinava la circolazione monetaria interna e i cambi esteri. Nei primi anni del Novecento, ad esempio, 1 sterlina conteneva 113,0016 grani di oro e 1 dollaro 23,22; la sterlina britannica era convertibile sulla base della parità 480grani/111,0016grani=4,2477 sterline, mentre, nel mercato internazionale 1 sterlina si scambiava con 4.86,6 dollari (tasso di cambio sterlina/dollaro). I cambi fra le valute risultavano quindi pre-determinati sulla base dei rapporti di cambio fissati dalle banche centrali.

Per quanto riguarda l’equilibrio esterno, le banche centrali cercavano di evitare squilibri eccessivi nella bilancia dei pagamenti (la somma del saldo del conto corrente), nel conto capitale (la somma delle partite correnti e di capitale) di modo che non vi fossero fluttuazioni eccessive, in particolare cali eccessivi, nelle riserve metalliche interne e nelle voci del conto finanziario non rappresentate da riserve.

Attraverso il meccanismo price-specie-flow (meccanismo di flusso prezzi-oro) i prezzi si aggiustavano quando l’oro (specie) entrava o usciva da un paese, causando un aggiustamento nel flusso dei beni; tipicamente: un flusso d’oro in entrata (uscita) tendeva a gonfiare (ridurre) i prezzi. Le autorità monetarie alzavano o abbassavano i loro tassi di sconto per velocizzare il meccanismo di aggiustamento, pilotavano le politiche interne al fine di mantenere la convertibilità esterna e dovevano seguire le cosiddette “regole del gioco” che prevedevano:

- regime di cambi fissi. Il cambio sterlina/dollaro ad esempio poteva oscillare tra 4.84 e 4.90 dollari per sterlina. Un debitore non avrebbe mai pagato più di 4.90 dollari per sterlina come un creditore non avrebbe mai ricevuto meno di 4.84 dollari per sterlina; - offerta di moneta proporzionale alla riserva aurea. Per conservare un regime di cambi

fissi, le banche centrali variavano l’offerta di moneta in base ai flussi d’oro: nel caso di deflusso, e cioè di un disavanzo commerciale, contraevano l’offerta di moneta con un rialzo del tasso di sconto, in caso di afflusso (avanzo commerciale) espandevano l’offerta di moneta con un ribasso del tasso di sconto;

- prezzi interni flessibili. La manovra dello sconto può essere efficace per ristabilire l’equilibrio della bilancia dei pagamenti, bloccare i flussi oro e preservare un regime di cambi fissi soltanto se i prezzi interni sono flessibili.

Nell’adempiere alla prima regola (fondamentale), le altre due vengono di conseguenza: se i flussi d’oro fossero neutralizzati da manovre monetarie compensatorie o i prezzi interni fossero rigidi, verrebbe favorito un duplice equilibrio, sia interno che esterno, che avrebbe conseguenze sulla stabilità dei cambi26.

Gli shock nella bilancia dei pagamenti venivano aggiustati attraverso l’oro: se il paese considerato aveva un surplus di conto corrente e di conto capitale maggiore del disavanzo del conto finanziario non rappresentato da riserve, l’oro guadagnato con le esportazioni entrava nel paese, riducendo automaticamente l’offerta di moneta estera e gonfiando quella interna, facendo così aumentare i prezzi in quel paese e ridurre quelli dei paesi stranieri. La crescita dei prezzi interni e la riduzione dei prezzi esteri-apprezzamento della valuta in termini reali, dati i cambi fissi–riduceva la domanda estera di beni e servizi del paese considerato e aumentava la domanda interna di beni e servizi esteri. Questa riduzione della domanda interna determinava una riduzione dell’avanzo di parte corrente e del disavanzo estero: alla fine, secondo il meccanismo di aggiustamento, i movimenti si fermano e si giunge ad una condizione di equilibrio esterno (e nella bilancia dei pagamenti) per tutti i paesi. Il meccanismo del price-specie-flow potrebbe operare automaticamente, tuttavia i paesi che perdevano oro rischiavano di non poter più far fronte alla convertibilità della carta-moneta in oro. Le banche centrali erano spinte a gestire operazioni di acquisto e vendita di attività domestiche a fronte dell’entrata (come reddito da esportazione) o uscita (per pagare le importazioni) di oro dal paese.

L’acquisto (vendita) di attività interne, quando l’oro entrava (usciva) nel (dal) paese, determinava l’aumento (diminuzione) dell’offerta di moneta e la diminuzione (incremento) del tasso di interesse e, contestualmente, la diminuzione (attrazione) del flusso di capitali finanziari per compensare il saldo (deficit) in conto corrente con la conseguenza di ridurre i flussi d’oro in entrata (uscita).

Le banche con riserve in oro decrescenti (crescenti) avevano un forte (debole) incentivo a praticare le regole del gioco: non potevano convertire la valuta senza una sufficiente quantità di oro (nel caso opposto l’oro non fruttava interesse, ma le attività domestiche sì: raramente

26 L’impossibilità per un paese di perseguire e raggiungere più di due dei seguenti obiettivi contemporaneamente

- stabilità del tasso di cambio, politica monetaria orientata agli obiettivi interni, libertà del movimento internazionale del capitale – è indicata come “Trilemma” dell’economia aperta.

seguivano le regole). Le banche centrali inoltre, spesso sterilizzavano i flussi di oro, al fine di evitare ogni effetto sull’offerta di moneta e sui prezzi.