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Mercato monetario, crisi di liquidità e Quantitative Easing

Capitolo III: Il Quantitative Easing di Bernanke

III.1 Mercato monetario, crisi di liquidità e Quantitative Easing

La crisi finanziaria globale del 2007, in particolar modo la crisi di liquidità, ha evidenziato l’importanza del mercato monetario nell’influenzare l’intera economia.

Il mercato monetario, in tempi normali, gestisce l’importante funzione di redistribuire gli shocks di liquidità locali; durante una crisi finanziaria tuttavia, può diventare un canale di propagazione amplificandone gli effetti e l’impatto sull’economia.

Il difficile reperimento di risorse liquide può costringere gli intermediari a cedere attività scarsamente liquide (titoli, bonds, prestiti alle imprese) avviando un processo di deleveraging che determina gravi perdite, eventualmente l’insolvenza degli intermediari e che si riflette sull’offerta di credito ai debitori finali, imprese e famiglie, restringendola e determinando effetti sull’economia reale.

La recente crisi finanziaria del 2007-2009 ha sfidato i monetary policy makers di tutto il mondo come non succedeva dagli anni ’30 (Anderson, 2010); per fronteggiarla e per arginare le innumerevoli ripercussioni sull’economia reale, le banche centrali di tutto il mondo hanno avviato interventi emergenziali per salvare le istituzioni finanziarie prima, e poi misure che secondo i canoni della politica monetaria, vengono considerate non convenzionali. Tra queste siamo interessati a trattarne una in particolare, il Quantitative Easing.

Il Quantitative Easing o allentamento monetario, è una misura espansiva correntemente chiamata non convenzionale, ma in realtà non priva di precedenti significativi, di cui si sono servite (e si servono) alcune banche centrali per stimolare le economie nazionali a fronte della recente crisi finanziaria globale. Anche se alcuni analisti ritengono che a volte il confine tra le misure convenzionali e quelli non convenzionali sia molto sottile (Borio e Disyatat, 2010)58, è tendenza comune indicare sotto la classificazione di non convenzionali tutte quelle misure che riguardano la regolazione-normalizzazione del meccanismo di trasmissione monetaria o che vogliono dare stimolo e impulso all’economia in particolari situazioni economiche che vedremo ampiamente in seguito.

Il quantitative easing rappresenta una possibile linea d’azione in casi in cui la banca centrale ha pochi margini di manovra sui principali strumenti convenzionali di politica monetaria

(tassi di interesse ufficiali): nonostante la soglia zero del tasso nominale, la banca centrale può aumentare la sua offerta di liquidità aumentando così la base monetaria59 con lo scopo di stimolare la domanda aggregata e dar impulso all’economia. Il focus della banca centrale non è più dunque il tasso nominale, strumento principe della politica monetaria convenzionale, ma l’ammontare delle riserve detenute dal sistema finanziario presso la banca centrale stessa. Il nuovo denaro, non necessariamente stampato, “entra” nel sistema finanziario ed economico attraverso operazioni di mercato aperto, tipicamente l’acquisto per una determinata e annunciata quantità di denaro di azioni, obbligazioni o titoli di stato a lungo termine (piuttosto che a breve termine come nelle operazioni usuali, Blinder 2010) detenuti da banche commerciali, assicurazioni, società finanziarie o privati, aumentando così la massa monetaria di base. Gli asset acquistati, molto spesso tossici60, rischiosi o meno liquidi, vengono paganti dalla banca centrale o con la vendita di alcuni buoni del tesoro dal suo portafoglio (ciò che modifica la composizione del suo bilancio) o creando nuova base monetaria (ciò che modifica-aumenta la dimensione del bilancio61). Si può dire che entrambe le varianti costituiscano QE e la loro efficacia dipende dal grado di sostituibilità degli asset che vengono commerciati o diversamente, dipende dall’esistenza di frizioni sul mercato del credito piuttosto che dalla imperfetta sostituibilità (Curdia e Woodford, 201062, Bernanke e Reinhart, 200463). Ad ogni modo, il target sulle riserve, l’acquisto di titoli di stato e la comunicazione da parte della banca centrale sono i tre elementi fondamentali del quantitative easing (Borio e Disyatat, 2010) e al di là delle concezioni differenti degli analisti, è chiaro per tutti i monetary policymakers che il cuore dell’azione è appunto la creazione di nuova moneta.

Si può considerare come grande precedente storico del quantitative easing, l’acquisto sul mercato aperto che fu condotto nel 1932 (e che continuò, per certi versi dal ’33 al ‘36) durante la Grande Depressione, di cui si è trattato nel capitolo II.

59 Ovvero circolante più le riserve bancarie formate a loro volta da circolante delle banche e depositi presso la

banca centrale

60 Con il termine “titoli tossici” si identificano i bond la cui struttura complessa e carente di informazioni

pubbliche ne rende la valutazione difficile ed incerta. Per la maggior parte, ma non esclusivamente, sono rappresentativi di operazioni di cartolarizzazione. Poiché facili alla svalutazione dovuta all’insolvenza degli emittenti, sono difficilmente rivendibili e minacciano di intaccare i bilanci delle banche che li hanno in portafoglio. l’effetto del loro acquisto da parte della banca centrale, sarà quello di “ripulire” i bilanci degli istituti che disponevano di tali titoli e di rimettere le banche commerciali in condizione di concedere credito rendendo liquido quello che la crisi ha reso illiquido, cioè il loro attivo, e di abbassare i tassi di interesse sui titoli del debito che il mercato tende a respingere.

61 una terza via, se autorizzata dall’autorità legislativa, è quella di garantire parzialmente o totalmente alcuni

degli asset rischiosi o emettere crediti ai privati che accettano di comprare tali asset

62 V.Curdia, M.Woodford, The Central-Bank balance sheet as an instrument of Monetary Policy, presentato alla

Carnegie-Rochester conference on public policy, 2010, p.

63 B. Bernanke, V. Reinhart, B. Sack, Monetary policy alternatives at Zero Bound: an empirical assessment,

Negli ultimi anni, diversi paesi hanno fatto ricorso a tale misura non convenzionale; prima tra tutte, la adottò la BOJ (Bank of Japan) ancora nel 2001, seguirono la ECB (European Central Bank) e la BOE (Bank of England), durante la crisi economica64. Uno dei più clamorosi e ingenti ricorsi al programma di acquisti di asset su ampia scala (Large Scale Asset Purchase o LSAP) è però senza dubbio quello avviato nel 2009 dalla Federal Reserve (sotto la “direzione” del chairman Bernanke) e ancora in atto65

. Dopo le operazioni straordinarie di salvataggio del 2008 (che non hanno nulla a che vedere con il QE vero e proprio), vi furono tre round di acquisti di asset denominati rispettivamente QE1 (novembre 2008), QE2 (novembre 2010, cui seguì la cosiddetta Operation Twist del settembre 2011) e QE3 (agosto 2012). Attualmente è ancora in corso il terzo round ma si prospetta la fine del programma di acquisti per l’inizio del 201466

.

Nel capitolo si analizzerà il programma di acquisti della FED, seguiranno considerazioni sull’exit strategy della FED e sulle possibili implicazioni della misura.