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COME IL GOVERNO ITALIANO SI STA DISFANDO DEI PARCHI NAZIONALI E LI STA DISFACENDO

Francesco Framarin

Già Direttore (1970-1980) e già Consigliere (2011-2016) del Parco Nazionale Gran Paradiso Vice-Presidente dell'Associazione Amici Parco Nazionale Gran Paradiso

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Dal secondo dopoguerra il governo italiano cerca di passare la gestione dei parchi nazionali alle amministrazioni locali e ai loro interessi, disattendendo gli obblighi costituzionali e quelli contratti con l’ONU e con l'IUCN

Dagli anni ’70 - gli anni in cui nacquero le Regioni - lo Stato italiano, disattendendo gli obblighi costituzionali e quelli contratti con l’ONU e la IUCN - ha sempre cercato di passare ad esse la gestione dei parchi nazionali, ed esse a loro volta ai Comuni e agli interessi locali. La vicenda dettagliata del Parco Nazionale Gran Paradiso illustra il lungo e ostinato comportamento dello Stato italiano, dovuto a una consistente parte della sua classe politica, nello scarso interesse dei suoi intellettuali.

La seconda delle tre direttive dell'IUCN (International Union for the Conservation of Nature and Natural Ressources) sui parchi nazionali (vedasi UN List of National Parks &

Protected Areas, 1969-73) prescrive per la loro gestione l’intervento della “più alta autorità competente del Paese” (the highest competent authority of the Country). Invece il governo italiano, già nel 1974, propose di regionalizzarli, cominciando con la tripartizione del Parco Nazionale Stelvio e nel 1976 con la bipartizione del Parco Nazionale Gran Paradiso (PNGP). Le ragioni sono evidenti e non sono qui descritte.

Vi furono subito molte reazioni contrarie, soprattutto in Piemonte (vedasi Voci per il parco, 1978), che ritardarono fino al 2016 il successo della prima proposta, mentre la seconda è ancora sospesa. Fra gli oppositori vi fu il grande naturalista Bernhard Grzimeck (in scienza e in pratica: si ricordi la sua opera nei Parchi Nazionali del Corno d’Africa, il suo libro Serengeti non può morire, la sua Enciclopedia degli Animali, ecc.). Egli scrisse nel 1978 proprio in difesa del PNGP: “E’ un fatto internazionalmente ormai accertato che i parchi nazionali siano realizzati e retti da leggi del Paese e non da quelle di singole regioni o di ministeri. Se l’Italia sottoponesse oggi i suoi parchi agli statuti regionali, farebbe un vero e proprio passo indietro. Noi tedeschi abbiamo già fatto un’esperienza analoga, ma è stata completamente negativa.”

Trentaquattro anni dopo quella iniziativa governativa, il Ministro dell’Ambiente, con un decreto del 2010, nominò commissario straordinario all’Ente PNGP il sindaco di un piccolo comune valdostano (Brissogne) e nel 2011 lo nominò presidente. (Il governo era il IV di Berlusconi, formato da Popolo delle Libertà, Lega Nord e Movimento delle Autonomie, e durò dal 2008 al 2011; Ministro dell’Ambiente era Stefania Prestigiacomo.) Contemporaneamente nominò il nuovo consiglio direttivo, in carica fino al giugno 2016, al quale lo scrivente ha preso parte. Quel decreto produsse un cambiamento negativo nell’Ente PNGP. Eccetto 4 membri designati da enti scientifici e naturalistici, il Ministro scelse gli altri 9 esclusivamente fra amministratori ed esponenti politici dei comuni del parco. Persino i membri designati dai Ministeri dell’Ambiente e dell’Agricoltura, che negli anni ’70 e ’80 erano funzionari ministeriali e venivano da Roma alle sedute del consiglio del parco a Torino, furono scelti fra i politici locali dei partiti al governo, pur non avendo competenze né legami con i relativi ministeri. Essi occuparono subito tutti gli organi dell’Ente:

presidente, vice-Presidente, giunta esecutiva, commissioni varie. Quanto agli

amministratori, il PNGP venne dunque trasformato, di fatto, da parco nazionale, neppure in parco (bi-)regionale, ma in parco pluri- comunale.

Il fatto scorretto fu anzitutto la scelta palese di persone dei partiti al governo (è noto che i sempre deboli governi italiani hanno costantemente cercato il sostegno dei pur pochissimi parlamentari delle regioni autonome, fra cui quelle dei parchi nazionali alpini).

In secondo luogo la scelta accentuò lo squilibrio, già forte nella legge-quadro 394/1991, fra persone legate a interessi locali non certo naturalistici e persone ad essi estranee. Infine, le prime erano quasi tutte non competenti in conservazione della natura, quindi prive dei requisiti di legge (art. 9: i consiglieri vanno scelti fra persone particolarmente qualificate per le attività in materia di conservazione della natura). Non fu quindi un caso che fra le prime iniziative di quel Consiglio vi fosse il tentativo di cercare di spostare la sede del parco da Torino a un villaggio nel parco (vicenda lunga e cavillosa, ma assai significativa, qui non trattata, che si può vedere nel sito della citata associazione AmiciPNGP).

Poco dopo, con una leggina infilata di soppiatto nella finanziaria 2015, il consiglio del PNGP venne ancora peggiorato mediante la riduzione a 9 persone, di cui una sola designata dalle associazioni naturalistiche e un’altra dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).

Dopo più di un anno dalla cessazione del consiglio 2011-16, e dopo la riconferma immediata (giugno 2016) del presidente, il ministro del governo successivo ritardò ben oltre un anno la nomina del consiglio 2017-2022, quello attuale. Il ritardo si spiega con l’inutile attesa da parte del ministro della nuova legge-quadro in discussione, che poco dopo decadde con il governo. Dei consiglieri attuali, almeno 5 o 6 sono illegittimi, per la stessa ragione.

L'associazione AmiciPNGP, pur legalmente costituita, non poté ricorrere in via amministrativa, perché non inserita nella lista delle associazioni riconosciute dal ministero.

A questo punto è utile un confronto con il Parco Nazionale Svizzero dell'Engadina, che - come è noto - confina con quello dello Stelvio.

La Commissione federale del parco (CFPN) è composta da 9 membri e tutela per conto dello Stato tutti i diritti e i doveri del contratto con i comuni del parco. Essa elegge i membri della direzione e richiede i mezzi necessari per rendere possibile l’esercizio del parco. I 9 membri della CFPN vengono eletti dal Consiglio federale svizzero e rappresentano le seguenti organizzazioni:

- Pro Natura Helvetica: 3 - Confederazione Svizzera: 2

- Accademia Svizzera di Scienze Naturali: 2 - Cantone Grigioni: 1

- Comuni del Parco: 1

Questa è la ragione per la quale il Parco Nazionale Svizzero funziona meglio, non solo del Parco Nazionale dello Stelvio e del Parco Nazionale Gran Paradiso, ma anche di molti parchi nazionali del mondo! E’ per questa ragione che esso, nonostante la relativa modestia dell’area, è oggetto di ammirazione e di indagini dai naturalisti di tutto il mondo.

Bisogna però tener presente che Pro Natura Helvetica ha acquistato, un po’ alla volta, tutti i terreni del parco. Questo fondamentale argomento non viene qui trattato, ma si deve notare che è stato sempre trascurato dalle associazioni naturalistiche italiane (eccetto l'Associazione Italiana per la Wilderness) e il WWF-Italia (che acquistò una zona di grande importanza naturalistica, la Valtrigona in Trentino).

Che cosa rimane da fare alle associazioni ambientalistiche italiane, in una società come la nostra, la cui coscienza naturalistica rimane singolarmente bassa rispetto a quella delle altre nazioni d’Europa e del Nord America? Almeno tre cose:

1) ricorrere per la prima volta e tutte insieme, contro la prima nomina ministeriale del consigliere di un qualsiasi parco nazionale italiano, che disattenda gli obblighi di legge sulla competenza dei consiglieri;

2) proporre al Governo un piano a lungo termine per l’acquisto graduale, con l’aiuto dei fondi europei – che sicuramente non saranno negati - dei terreni dei parchi nazionali italiani;

3) riaprire con la diplomatica IUCN la questione Parco Nazionale dello Stelvio, che ha gravato e grava pesantemente tuttora sul cattivo andamento di tutti gli altri parchi nazionali italiani. E insieme aprire una questione sul Parco Nazionale Gran Paradiso, che la IUCN sta attualmente trattando come fece per il Parco Nazionale Stelvio, in inattesa e deplorevole combutta con il Governo italiano e con le due regioni relative.