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Grandi opere e politica: origini e caratteri del Progetto Mose

di Gianni Belloni e Antonio Vesco

1. Grandi opere e politica: origini e caratteri del Progetto Mose

Il CVN deve la sua posizione di monopolio a una legge votata dal par-

lamento. La seconda Legge speciale per la Salvaguardia di Venezia e della sua Laguna (1984) disponeva l’affidamento a un gruppo di imprese (quelle afferenti al CVN) della concessione esclusiva per gli studi, la sperimenta- zione, la progettazione e l’esecuzione delle opere necessarie per la salva- guardia della Laguna. L’indirizzo politico venne assegnato a un nuovo or- gano, ribattezzato Comitatone, che riuniva le diverse rappresentanze istitu- zionali – i ministeri competenti, il presidente della Giunta Regionale del Veneto, i sindaci dei comuni di Venezia e Chioggia – ed era presieduto dal Presidente del Consiglio. Malgrado le numerose critiche esercitate in punta di diritto, anche da organi dello Stato, la legge speciale bis ha attraversato

2 Nell’analizzare le informazioni contenute nell’ordinanza di custodia cautelare e nei

verbali di interrogatorio degli imputati abbiamo tenuto conto delle possibili insidie insite in questo genere di fonti. Basti ricordare che le testimonianze rese dagli imputati ai magistrati inquirenti possono essere influenzate, tra l’altro, dalle diverse strategie difensive e che la ricostruzione dei magistrati obbedisce alle logiche proprie della costruzione giudiziaria dei fenomeni. Bisogna poi tenere conto del fatto che, nonostante i numerosi patteggiamenti, per molti degli imputati il processo è ancora in corso e non disponiamo di una sentenza definitiva.

praticamente indenne trent’anni di storia italiana, caratterizzandosi come un particolare stato di eccezione – «anche in deroga alle disposizioni vigenti», recita la legge. La norma è stata piegata a usi particolari e non è mai stata destituita. La legittimazione del monopolio e dell’affidamento unico è stato terreno di contesa tra differenti forze, come risulta lampante nel caso della legge 206 del 1995 che stabiliva, tra le altre cose, il superamento del con- cessionario unico, ma che vide il suo impatto vanificarsi l’anno successivo in seguito a un decreto del governo Dini che blindò gli accordi in essere. In definitiva, le leggi hanno contornato – e non contrastato – le strategie, lega- li e illegali, del Consorzio.

La seconda legge speciale del 1984 può dunque essere considerata il principale elemento all’origine del carattere illegale della gestione dei lavo- ri da parte del CVN, per almeno tre ragioni.

Innanzitutto per l’estrema ampiezza e la nebulosità del contratto che as-

segnava in regime di monopolio al soggetto privato la sperimentazione, la

progettazione e l’esecuzione delle opere necessarie per la salvaguardia del- la Laguna3. L’incertezza contrattuale è uno dei fattori che facilitano lo svi-

luppo di pratiche corruttive, poiché i margini di ambiguità possono essere utilizzati dal soggetto privato a proprio vantaggio (Belligni, 1999, p. 16). Potremmo dire che il CVN ha ricevuto in concessione più che l’esecuzione di un’opera, la guida di un processo, e di un processo ontologicamente non predeterminabile a priori.

In secondo luogo, un ruolo determinante è stato giocato dall’«asimmetria informativa» tra il concessionario e il soggetto conceden- te. Parliamo di una procedura – assimilabile ad altri casi analoghi – per cui il CVN ha accumulato una mole di informazioni che gli hanno consentito di controllare il processo in modo esclusivo, godendo di un vantaggio infor- mativo sistematico, che può riguardare ancora una volta sia le procedure che il prodotto dell’azione amministrativa (ivi, p. 17). Nel caso del CVN, l’asimmetria informativa è risultata particolarmente evidente sia per l’inadeguatezza ab origine del Magistrato alle Acque nel controllare il pro- cesso, sia per l’affidamento allo stesso concessionario delle ricerche e delle

3 Per comprendere la vastità delle funzioni del CVN si pensi che ad esso competono, tra

l’altro: la pianificazione tecnica e finanziaria degli interventi contemplati dalle convenzioni firmate con il Magistrato alle Acque; la preparazione delle specifiche tecniche di progetta- zione, degli studi e delle attività sperimentali per l’approvazione da parte dell’Amministrazione concedente; l’esecuzione delle procedure di assegnazione per gli studi e le attività sperimentali; l’esecuzione di lavori di progettazione, di studio e le attività speri- mentali; la presentazione di progetti per l’approvazione da parte dell’Amministrazione con- cedente; l’assegnazione dei lavori alle imprese; la supervisione e il controllo tecnico di avanzamento dei lavori; il controllo finanziario di avanzamento dei lavori; la preparazione di relazioni e lo sviluppo delle attività del Servizio Informazioni, incaricata di raccogliere e organizzare tutte le informazioni sull’ecosistema, con in vista della futura fase di gestione degli interventi.

sperimentazioni le cui risultanze servivano per l’implementazione stessa del progetto. Infine, la normativa non si è limitata a sancire il monopolio, ma si è prodigata nel sostenere la rendita. Le imprese riunite nel CVN po- tevano contare su canali di approvvigionamento legali come: gli oneri di concessione, fissati al 12% su ogni lavoro da «redistribuire» secondo le proprie necessità in piena autonomia (circa 700 milioni di euro); gli interes- si bancari sui prestiti, che il Consorzio stabiliva autonomamente ma erano pagati dallo Stato; il mancato ribasso sugli appalti assegnati dal Consorzio e invece assegnati a prezzo pieno.

Come ha autorevolmente argomentato uno dei padri politici dell’operazione CVN, Gianni De Michelis: «all’inizio degli anni ‘80 il con- cessionario unico si giustificava per la necessità di compiere un’operazione rapida e in qualche modo coordinata». D’altronde già agli inizi degli anni ‘80 «il consiglio comunale di Venezia invitò il governo a usare una proce- dura amministrativa agile, in modo da non rendere necessarie particolari e faticose gare d’appalto» (Mencini, 1996, p. 41). Di fatto, la concessione esclusiva della salvaguardia di Venezia e della laguna al pool di imprese riunite nel CVN è il frutto di un processo insieme locale e nazionale (e glo- bale, visto l’interesse dell’opinione pubblica mondiale per le sorti della cit- tà lagunare).

L’istituto della concessione conobbe in quegli anni, in Italia, uno straor- dinario successo. Tra gli anni ‘70 e ‘80, finito il ciclo di espansione edilizia, le maggiori imprese nazionali – private e pubbliche – concentrarono i loro interessi nelle infrastrutture urbane. L’istituto della concessione venne ap- plicato in modo generalizzato in favore di consorzi di imprese analoghi (tra i quali il CVN) che nel frattempo erano formati a livello nazionale e locale. «La concessione è diventata lo strumento per la delega alle aziende private a capitale privato, cooperativo e pubblico (la presenza delle tre componenti è stata sempre considerata necessaria per ottenere una copertura politica completa) della progettazione e realizzazione di grandi progetti di trasfor- mazione territoriale» (Della Seta, Salzano, 1992, p. 68). Pochi anni dopo la concessione al CVN, il 17 febbraio 1987 venne varata la legge 80, che con- tiene «forme straordinarie per l’accelerazione dell’esecuzione di opere pubbliche». In qualche modo la seconda legge speciale per Venezia ha fatto da apripista a una generale de-regolamentazione nel settore delle grandi opere.

Ma la storia veneziana custodisce alcune importanti peculiarità, che ri- guardano innanzitutto la morfologia della città. Uno snodo fondamentale nella storia della salvaguardia è rappresentato dalla devastante “acqua granda” del 1966, che mise a nudo le fragilità della città e del suo equilibrio con l’ecosistema lagunare. Da allora il dibattito e gli interventi per la salva- guardia di Venezia entrano di diritto nell’agenda politica nazionale. In estrema sintesi, il dibattito ha visto il formarsi di due tendenze contrappo-

ste: una ingegneristica e meccanica che guarda essenzialmente allo scambio idraulico alle bocche di porto («i rubinetti per regolare l’afflusso di acqua nel bacino»), e l’altra che vede la Laguna come un ecosistema complesso caratterizzato da un equilibrio dinamico – da preservare con interventi dif- fusi – che ha fatto sì che questo luogo non fosse terra e nemmeno mare, ma zona di transizione (Salzano, 2011, p. 6). La legge speciale del 1984 ha rappresentato un compromesso tra queste due visioni, determinando l’affastellarsi della grande opera di intervento ingegneristico alle bocche di porto (il Mose) e delle opere diffuse di manutenzione e ripristino dell’equilibrio lagunare. Ma il Mose ha assorbito la gran parte delle risorse (che con la legge obiettivo divennero la totalità delle risorse) e degli inter- venti diffusi da diversi anni non vi è quasi più traccia.

L’abdicazione dell’autorità pubblica nel campo dei lavori pubblici rive- ste a Venezia un carattere particolare. Gli interventi – e ancor prima la de- finizione del problema – non erano predeterminabili, ma necessitavano di un processo di conoscenza, dibattito e persuasione largo e approfondito. Sul terreno delle conoscenze dell’ecosistema lagunare, il CVN ha giocato una partita decisiva per assicurare la sua legittimità. La necessità di approfon- dimenti scientifici che mettessero a fuoco i problemi della convivenza tra la città storica, le attività umane e l’ambiente lagunare venne avvertita in par- ticolare dalla nuova generazione intellettuale che si affacciò alla vita pub- blica intorno alla fine degli anni ‘60. Emerse allora la consapevolezza che bisognasse fermare ogni nuova sottrazione di superficie lagunare e che bi- sognasse ripristinare l’antica estensione. È in questi anni che vengono rea- lizzati il primo modello di previsione delle maree, la descrizione della sub- sidenza, la mappatura morfologica della laguna.

Ma il controllo dei risultati degli studi, l’interlocuzione diretta con i di- partimenti di ricerca, la disponibilità e l’autonomia nel finanziare ricerche hanno permesso negli anni al Consorzio di condizionare il dibattito scienti- fico, indirizzandolo verso le soluzioni più gradite: «Nel ‘90 denunciammo il pericolo che l’egemonia sulla base del monopolio della conoscenza dei dati impedisse un vero confronto. Una egemonia di fatto, al di là degli ar- gomenti» (Intervista politico a). Al sostanziale monopolio delle ricerche, fa da contrappunto un declino delle ricerche indipendenti e/o pubbliche (Cac- ciari, 1995, p. 65). Quando il Consorzio completerà nel 1989 il “Progetto Preliminare di massima delle opere”, da realizzare alle bocche di porto per la regolazione dei flussi di marea della laguna (Progetto REA), si assisterà a un progressivo slittamento: da una visione per cui l’opera alle bocche di porto non rappresentava che una delle tessere del mosaico degli interventi – posizione sostenuta con convinzione anche dal primo presidente del CVN, Luigi Zanda – si passerà alla concezione stabilita dal Comitatone il 3 aprile 2003, che vide la subordinazione di qualsiasi intervento alla costruzione del Mose.