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La guerra civile e la fondazione della Repubblica Popolare

Il governo del Guo Min Dang finì ben presto col perdere - o forse non lo conseguì veramente mai- il controllo dell’immenso territorio della Cina, che di fatto versava in una situazione di anarchia, alla mercé di autocrati locali, chiamati col nome di “Signori della guerra”51. In questa

50 Mentre in Cina il Codice venne ad essere abrogato con l’avvento della

Repubblica popolare cinese (RPC), per converso continuò e continua tutt’ora ad essere applicato nella Repubblica di Cina (anche nota più semplicemente come Taiwan), dove i leader nazionalisti si rifugiarono dopo la sconfitta nella lunga guerra civile contro le forze maoiste. Nonostante da un punto di vista del diritto internazionale quello di Taiwan sia un governo illegale, non riconosciuto dalla Repubblica Popolare Cinese né dal più dei Paesi facenti parte delle Nazioni Unite, tuttavia da un punto di vista giuridico le dottrine civilistiche sviluppatesi sull’isola hanno esercitato nei decenni un importante condizionamento ed influenza sulle dottrine civilistiche della Cina continentale.

51 L’espressione “Signore della guerra” è un termine coniato per indicare la

situazione di caos ed anarchia che si venne a creare in Cina, nel periodo compreso fra il 1916 (anno della morte di Yuan Shikai, leader della Repubblica cinese sin dalla sua fondazione) ed il 1927 (anno della spedizione delle truppe nazionaliste

fase di crisi ed instabilità, in una Cina minacciata sia sul fronte interno che su quello esterno dall’imperialismo occidentale e giapponese, fu fondato a Shanghai, ad opera di Chen Duxiu (陈独秀 Chén Dúxiù ; 1879 – 1942), il Partito Comunista Cinese (1° luglio 1921). Il partito nasceva con l’intento di sbarazzarsi della piccola nobiltà che aveva preso il potere grazie all’appoggio del Partito Nazionalista, da attuarsi per il tramite di una rivoluzione comunista, preceduta da una ribellione democratico-borghese che avrebbe spazzato via ogni lascito di feudalesimo ancora rimasto, gettando così le basi di una nuova società. La diversità di vedute e di attuazione del proprio programma politico comportò in un primo momento la ricerca di un compromesso con il Partito Nazionalista di Sun Yat-sen, compromesso che fu raggiunto e mantenuto per tutta la durata della vita di Sun. Le cose cambiarono drasticamente però con l’ascesa alla guida del Guo Min Dang di Jiang Jieshi (蔣介石 Jiǎng Jièshí, noto in Occidente con il nome di Chiang Kai-shek ; 1887 – 1975), che attuò un brutale massacro di comunisti e di militanti della sinistra del suo stesso partito (siamo nel 1927), costringendo gli stessi a fuggire, ritirandosi nel sud del Paese. Ebbe così inizio la guerra civile, destinata a durare, tra fasi alterne, fino al 1950, anno che vide l’affermazione al potere del partito comunista di Mao52.

Nel 1934 Mao inizia la sua “lunga marcia” volta a guadagnare alla causa rivoluzionaria il supporto del popolo cinese, partendo proprio dalle campagne, ossia dal luogo in cui l’influsso e la presenza del partito

appoggiate dalle forze comuniste verso le province del nord, spedizione che sancì la riunificazione del Paese). I signori della guerra erano militari, governatori delle province e gli eredi indiscussi di Yuan Shikai, al quale avevano garantito il loro assoluto appoggio sin dai tempi della caduta dell’Impero (Per un approfondimento storico si veda: V. Moccia, “La Cina di Ciano”, Milano, 2014, pag. 23-24).

52 Mao ZeDong (o Mao Tse-tung 毛澤東 Máo Zédōng ; 1893 – 1976) è stato il portavoce del Partito Comunista Cinese dal 1943, nonché Presidente della Repubblica Popolare Cinese dalla sua fondazione nel 1949 sino alla sua morte.

nemico era ridotta al minimo. La guerra civile verrà intervallata da pause solo in rare occasioni, una di queste rappresentata dall’alleanza “forzosa” fra lo schieramento nazionalista e quello comunista contro l’invasione giapponese, allo scopo di far fronte comune contro l’avanza delle truppe nipponiche (sebbene né Mao né Chiang Kai-shek si fidassero l’uno dell’altro). Tale scelta politica si rivelò vincente, permettendo al partito comunista di sfuggire all’accerchiamento delle truppe nazionaliste, lasciando le province del sud in cui si era ritirato e iniziando a stabilizzarsi in tutte le zone del Paese, guadagnando sempre più consensi che gli avrebbero permesso di affermarsi come partito di massa (si conta che, conclusa l’invasione giapponese, il Partito Comunista Cinese potesse vantare oltre un milione di iscritti).

Quando, nel 1946, il conflitto civile tornò a riaprirsi, il Partito Comunista godeva ormai del supporto della maggioranza della popolazione cinese, così che la sconfitta dei nazionalisti fu solo una questione di tempo. Il 1° ottobre 1949, la Conferenza Consultiva del Popolo Cinese, nella sua prima sessione, proclamò la nascita della Repubblica Popolare Cinese. Solo un mese prima, all’inizio dei lavori, la Conferenza aveva approvato il “Programma Comune”, un documento di rango costituzionale (benché non avesse però l’equivalente valore formale di una vera Costituzione) che voleva operare non come semplice carta fondamentale, ma come vera e propria “agenda” per lo sviluppo ed il futuro della Cina. Il testo conteneva i principi fondanti e la filosofia della nuova realtà politica, offrendosi però come una soluzione di compromesso fra i valori propri del PCC (Partito Comunista Cinese) e degli altri partiti politici ed organizzazioni sociali, che avevano contribuito alla caduta del regime del Guo Min Dang e alla istituzione della stessa Conferenza Consultiva. Questa collaborazione però venne ben presto ad incrinarsi: quelli che erano stati fino al giorno prima “alleati” si trasformarono in “nemici”. Tale cambiamento

repentino, vissuto già all’indomani della formazione del nuovo governo, viene ad essere imputato in gran parte all’adozione delle teorie ortodosse marxiste, in cui la borghesia era vista come un nemico del “popolo”53 e consequenzialmente doveva essere eliminata. Composto da sette capitoli, per un totale di sessanta articoli ed un preambolo introduttivo, il Programma provvedeva altresì ad eleggere i componenti del Governo, la cui guida fu assunta, in qualità di Presidente, da Mao. Lo scopo principale era quello di fissare i nuovi ambiziosi obiettivi del Governo nazionale, alla luce dell’ideologia maoista della “nuova democrazia”. La Cina veniva definita come Paese “guidato dalla classe operaia” e si poneva altresì estrema enfasi sull’istituzione di “elezioni democratiche, diritti dei cittadini e libertà politiche”. Il Programma manifestava però anche la chiara intenzione di creare una struttura statale forte, con un controllo diretto dell’economia e pervasivo di ciascuno dei suoi settori. Durante i primi cinque anni dalla fondazione della Repubblica Popolare, il Programma Comune operò come “Costituzione ad interim” fino alla sua sostituzione ad opera di una nuova Costituzione formale nel 1954.

1.8. L’avvento del socialismo e la prima codificazione

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