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La seconda bozza ed il Codice Civile “nazionalista” del

La Repubblica nazionalista cinese, ancora chiaramente intenzionata a portare a termine una codificazione del diritto civile (comprensivo altresì della branca del diritto commerciale, secondo una scelta anti- dualista che rigettava l’idea che il diritto civile potesse essere separato dal diritto commerciale), diede vita ad una nuova commissione per la preparazione del Codice. I giuristi che ne facevano parte erano quasi tutti cinesi, professionisti educati all’estero, per lo più bilingui, e animati dal desiderio di innalzare il diritto cinese al livello di quello dei Paesi occidentali. Di essa fecero altresì parte giuristi stranieri, principalmente francesi nonché alcuni giapponesi. Il metodo del diritto comparato fu

43 Pazzaglini “La recezione del diritto civile nella Cina del nostro secolo”, cit., pag.

50-51 ; J. Ajani, B. Pasa, “Diritto comparato: casi e materiali”, Torino, 2013, pag. 580-585 ; Schipani, “Diritto Romano in Cina”, cit., pag. 530-531.

ampiamente utilizzato, riprendendo la struttura, la tassonomia ed i contenuti dei Codici stranieri44.

I modelli passati in rassegna erano quelli che il Presidente della commissione nonché i suoi esponenti ritenevano essere i più avanzati e completi per l’epoca: il Zivilgesetzbuch (“ZGB”) svizzero del 1907, il Codice civile brasiliano del 1916, il Codice di famiglia russo (del 1918, rivisto nei suoi contenuti nel 1922) ed il Codice civile russo del 1922, il Codice napoleonico francese e, infine, il Codice civile tedesco (“BGB”). Ovviamente, si tenne in grande considerazione la prima bozza di Codice civile, mai entrata in vigore, del 1911, così come alcune leggi del periodo di governo della dinastia Qing ed alcune sentenze di corti cinesi. Il secondo progetto di Codice veniva così ad implementare e a superare ampiamente i contenuti della prima bozza, con l’introduzione di oltre 100 articoli in materia di diritto di famiglia e diritto delle successioni, lasciando invece in gran parte inalterata la parte relativa alle obbligazioni ed al diritto di proprietà.

Il primo avvio dei lavori si ebbe nel 1916, la commissione venne ad essere integrata di nuovi componenti nel 1921, arrivando a produrre però solo limitati risultati agli inizi del 1925. La commissione venne quindi sciolta (lasciandoci, ancora una volta, con una seconda bozza, oltretutto incompleta, di Codice civile) e sostituita da una nuova nel 1928, integrata con nuovi membri nel 1930, fino all’emanazione del Codice nel 193145. Il Codice, il primo ad essere mai messo in atto nella

44 Per citare le parole di Wu Binchang, il Presidente della nuova commissione del

1928, il Codice si configurava come: <<Un adattamento ai bisogni del rinnovamento cinese del miglior prodotto della scienza occidentale>>. (Ajani, Pasa, “Diritto comparato: casi e materiali”, cit., pag. 585).

45 Il testo del Codice non fu promulgato una volta portato a termine, ma si preferì

promulgarlo nelle sue varie parti man mano che la commissione lo completava. Si cominciò con i “Principi Generali” nel maggio del 1929, seguirono le parti dedicate alle persone (settembre 1929), alle obbligazioni (novembre 1929), ai diritti reali (novembre 1929) ed infine quelle su famiglia e successioni (dicembre

storia giuridica cinese, presentava tutta una serie di caratteristiche particolari: veniva ad introdurre un sistema basato su diritti piuttosto che su divieti e punizioni, veniva a sostituire ai principi dell’economia contadina quelli di un’economia capitalista, introduceva l’uguaglianza fra i sessi, terminando così il sistema tradizionale di stampo patriarcale46.

L’ingerenza del partito nazionalista sul processo legislativo fu ben evidente, condizionando l’intero iter a partire dall’istituzione della commissione fino ad arrivare alla approvazione del testo (che prima di essere sottoposto all’avallo e promulgazione ad opera del Governo nazionale, fu esaminato dal Comitato centrale esecutivo del Guo Min Dang). Nonostante questo, il Codice civile (e tutti gli altri testi di legge facenti parte del cosiddetto pacchetto normativo dei “sei codici”47)

voleva confutare l’idea del diritto come strumento al servizio della politica, cercando di provare di non essere stato concepito solo come mezzo di consolidamento del potere del Partito nazionalista. Indubbiamente però il Codice risulta imbevuto del pensiero e della ideologia del Guo Min Dang e del suo fondatore, Sun Yat-sen, ribaditi pragmaticamente in ogni testo legislativo adottato. Vengono quindi

1930), riunificate solo in seguito (1931) nel “Zhōngguó Mínguó Mínfǎ” (中国名国 民法: Codice Civile della repubblica cinese). (Pazzaglini, “La recezione del diritto

civile nella Cina del nostro secolo”, cit., pag. 51-55 ; M. Timoteo, “Il contratto in Cina ed in Giappone nello specchio dei diritti reali”, Milano, 2004, pag. 236 ; X.

Jun, “La polemica sulla codificazione del diritto cinese” in “Forum del diritto

Romano”, consultabile al sito: http://www.romanlaw.cn/sub2-35.htm).

46 P. C. Huang, “Code, custom and legal practice in China: the Qing and the

Republic compared”, Stanford, 2002, pag. 208-215.

47 Si fa riferimento ad un ampio pacchetto normativo, adottato

comprensivamente fra il 1927 ed il 1935, al fine di venire a coprire ogni aspetto del diritto cinese. I testi legislativi emanati in questo arco temporale furono: la Costituzione (1927), il Codice Civile (1929-1931), il Codice di Procedura civile (1929-1930), il Codice Penale (1935), il Codice di Procedura penale (1935) ed infine leggi in materia di diritto commerciale.

recepiti i tre “min” della dottrina politica di Sun, chiamata appunto col nome di “triplice demismo”48:

- Minzu (民族 Mínzú): nazionalismo (la Cina doveva tornare ad essere uno Stato unitario, in grado di riaffermarsi sul panorama internazionale e di trattare, in condizioni di parità, con le potenze occidentali);

- Minquan (民權 Mínquán): democrazia (le istituzioni cinesi dovevano essere rinnovate ed integrate alla luce delle dottrine democratiche occidentali);

- Minsheng (民生 Mínshēng): benessere del popolo (si doveva mirare ad un miglioramento delle condizioni di vita dell’intera società, tramite l’introduzione di forme di previdenza sociale, ridistribuzione della proprietà fondiaria e controllo sui capitali).

In molte delle sue opere a carattere filosofico e politico, Sun Yat-sen aveva a più riprese ribadito come il concetto stesso di legge, immanente nella cultura cinese, fosse ben più moderno e lungimirante di quello occidentale. Mentre infatti il diritto occidentale era un diritto essenzialmente individualista, creato al fine di proteggere i diritti del singolo e garantire lo sviluppo della persona umana, per converso, il diritto cinese è un diritto “familiare”, che viene a subordinare gli interessi del singolo individuo a quelli della sua famiglia. Il nuovo

48 I tre “min” del pensiero del Dott. Sun Yat-sen sono in genere assimilati alle

parole pronunciate dal presidente Abraham Lincoln durante il discorso di inaugurazione del cimitero militare di Gettysburgh (19 novembre 1863), in occasione della guerra di secessione americana: “<< The government of people, for the people and by the people, shall never perish from earth>>” (“del popolo, dal popolo, per il popolo”), divenuto una pietra miliare nella cultura americana. (Ajani, Pasa, “Diritto Comparato: casi e materiali”, cit., pag. 586 ; S. Lyon, “Sun

Yat-sen: his life and its meaning, a critical biography”, Stanford, 1968, pag. 94,

processo legislativo cinese doveva quindi fare propri i principi espressi nella dottrina dei tre “min”, realizzando un ulteriore passo in avanti ed affermando il proprio carattere marcatamente sociale. Sun prevedeva quindi che il futuro della società risiedesse nell’unione di due diverse tendenze: la tendenza del singolo all’espansione e all’affermazione e la tendenza della società alla coesione. L’ideologia nazionalista considerava i singoli non nella loro individualità, ma in relazione alla comunità che andavano a formare, assegnando loro compiti ed obblighi che potessero garantire lo sviluppo pacifico ed ordinato della società stessa.

Il lavoro49 fatto dalla seconda commissione non fu di semplice revisione e riproposizione della bozza del 1925: fu infatti mantenuta la struttura generale in cinque libri, ma l’articolazione interna delle disposizioni fu ampiamente rivista: molte norme furono eliminate, rimaneggiate od aggiunte, così che, a lavoro compiuto, un nuovo spirito e una nuova ideologia animavano il Codice. Un’ulteriore apprezzabile differenza rispetto al progetto del 1925 riguarda il linguaggio impiegato: mentre infatti la bozza del ’25 faceva ricorso a moltissimi neologismi importati dalla scienza giuridica giapponese, così come di una struttura sintattica aulica e che dava un senso quasi di anacronismo, per converso il nuovo Codice faceva ricorso ad un linguaggio molto più semplice, provvisto di punteggiatura, cercando di garantire una possibile fruizione anche a chi, come il grosso della popolazione cinese dell’epoca, avesse un grado di cultura inferiore e non avesse avuto la fortuna di formarsi sui manuali giuridici occidentali o giapponesi.

49 Foo, Chao, Sze, Lin, Soumi, “The Civil code of the Republic of China”, Shanghai,

1930, Introduction, pag. IX-XXII ; Pazzaglini, “La recezione del diritto civile nella

Purtroppo, nel continente, il Codice ebbe vita breve50: infatti, le tensioni politiche interne e l’occupazione giapponese ne compromisero sin dai suoi primi anni l’attuazione. La sua applicazione fu limitata solo nelle città maggiori del Paese, mentre nelle province, e specie nelle campagne, si continuò a fare uso del diritto di stampo consuetudinario e del diritto giurisprudenziale, che, data la sua maggiore flessibilità, permetteva di adattarsi meglio ai precetti della tradizione. Si tornò quindi ad una situazione di bipartizione, con, da un lato, il “fa” legislativo, basato sui nuovi Codici e la Costituzione, e, dall’altro, i “li”, supportati dal diritto delle corti. Il Codice nazionalista, promulgato formalmente nel 1931, riuscirà a rimanere in vigore fino al 1949, esercitando però un condizionamento pressoché nullo sulla vita dei cittadini cinesi.

1.7. La guerra civile e la fondazione della Repubblica

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