CAPITOLO 6 – DAVID CAGE E IL CASO DI HEAVY RAIN
6.3 Heavy Rain: fin dove sei disposto a spingerti per salvare qualcuno che ami?
6.3 Heavy Rain: fin dove sei disposto a spingerti per salvare qualcuno che ami?
Heavy Rain viene pubblicato il 18 febbraio 2010 come esclusiva Sony sulla Playstation 3. Sei mesi
dopo, nel corso della GDC Europe 2010 di Colonia, Cage tiene un lungo discorso in cui si sofferma su molteplici aspetti di questo titolo dal gigantismo produttivo evidente: oltre alla presenza di circa duemila pagine di sceneggiatura, e al coinvolgimento di ottanta attori chiamati a recitare usando un avanzato motion capture301 per quasi sei mesi di riprese, il designer francese infatti sottolinea che
Heavy Rain nasce dall’idea di sperimentare le potenzialità ludonarrative del medium con l’obiettivo
di creare un titolo diverso da ogni altro in commercio302. Più specificatamente, Heavy Rain non vuole presentare all’utente delle sfide da superare tramite la sua abilità o la sua deduzione, ma dei viaggi interiori da compiere con i protagonisti coinvolti in varie vicende basate su temi assai controversi e delicati. In Heavy Rain è infatti possibile annotare scene riguardanti il rapimento dei bambini, il suicidio, la dipendenza da sostanze stupefacenti, l’auto-mutilamento e l’abuso sessuale. Cage, non a caso, evidenzia anche il grande rischio legato a un progetto di questa portata, che però registra e continua a registrare dei sorprendenti dati di ricezione da parte di pubblico e critica: seicentomila copie vendute nelle prime due settimane, salite fino a circa 5,3 milioni all’inizio del 2018303, un plauso totalizzante da parte della critica specializzata304 e la ricezione di tre premi BAFTA per la miglior innovazione tecnica, miglior colonna sonora originale e miglior trama. Per inquadrare al meglio il titolo nell’analisi che mi accingo ad affrontare, è adesso necessario svolgere una sintesi della trama, rammentando che, vista la presenza di una storia curvata, l’imminente descrizione si limiterà a enunciare gli aspetti narrativi immutabili sui quali ogni giocatore può compiere costantemente delle scelte in grado di modificare a fondo il proseguimento del racconto ludico, fino a convogliare in uno dei ventitré finali presenti.
301 Sofisticata tecnica di registrazione digitale dei movimenti di persone reali mediante l’applicazione di numerosi ricettori sul corpo, che vengono successivamente trasferite nel videogioco garantendo una gran verosimiglianza tra la riproduzione virtuale e quella originaria.
302 Spesso la critica ha classificato con eccessiva semplificazione questo titolo come un “film interattivo”: tale considerazione però si rivela fuorviante perché Heavy Rain vuole essere principalmente un videogioco che, avvalendosi di metodologie produttive, citazioni e convenzioni formali mutuate da altri media (tra i quali rientra anche il cinema), contestualizza tutto all’interno della matrice ludonarrativa in grado di enfatizzare la caratterizzante interattività esplicita del medium videoludico.
303 Matteo Zibbo, “Heavy Rain: vendute più di 5,3 milioni di copie. Ecco i dati relativi al titolo di Quantic Dream.”,
Eurogamer.it,
https://www.eurogamer.it/articles/2018-01-17-news-videogiochi-heavy-rain-vendute-piu-di-5-3-milioni-di-copie (ultima visita: 22/12/2018).
304 Per una panoramica delle recensioni di Heavy Rain, consultare l’aggregatore metacritic al seguente link: http://www.metacritic.com/game/playstation-3/heavy-rain (ultima visita: 22/12/2018).
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Ethan è un tranquillo padre di famiglia che trascorre una vita felice insieme a sua moglie Grace e isuoi due figli di nove anni, Jason e Shawn. Un giorno, i quattro si recano in un centro commerciale, ma nella folla Ethan perde di vista Jason che si allontana per recuperare un palloncino: il bambino non si rende conto di essere vicino alla strada, e viene investito da un’auto morendo sul colpo. Distrutto dai sensi di colpa e depresso, Ethan si separa da Grace e va a vivere in uno spoglio appartamento portandosi con sé il piccolo Shawn, anche lui sconvolto per la perdita del fratello. Nel tentativo di recuperare la serenità col figlio rimasto, Ethan lo porta in un parco giochi, ma viene colto da uno strano mancamento e una volta ripresosi capisce che Shawn è sparito. Poco tempo dopo, Ethan riceve una scatola dall’assassino dell’origami, un omicida seriale ricercato per aver rapito e fatto annegare nell’acqua piovana ben otto bambini negli anni precedenti, lasciando degli origami di carta e delle orchidee sui loro cadaveri. Il killer dimostra con un video di aver rapito Shawn, e chiede a Ethan di superare cinque prove per dimostrare l’amore verso il figlio, prima che la pioggia riempia il pozzo in cui Shawn è tenuto prigioniero. Ogni prova superata fornirà alcune lettere dell’indirizzo in cui si trova il bambino. Le sfide si rivelano sempre più ardue per il coraggio e la moralità di Ethan: guidare in contromano su un’autostrada; percorrere a gattoni un cunicolo pieno di pezzi di vetro per arrivare ad attraversare un reticolo di cavi elettrici; tagliarsi un dito della mano; uccidere a sangue freddo uno spacciatore; bere un veleno. Nella vicenda è presente anche il detective privato Scott, un signore colto da frequenti attacchi d’asma che si mette alla ricerca di indizi insieme a Lauren, una delle madri delle vittime. La ricerca dell’assassino dell’origami è lo stesso obiettivo di Norman, un agente speciale dell’FBI, abituato a svolgere le sue indagini utilizzando dei sofisticati occhiali per la realtà virtuale, che però gli provocano delle allucinazioni e la dipendenza da una particolare cocaina. Inoltre, a un certo punto interviene anche Madison, una giornalista che soffre di incubi notturni e prende a cuore la situazione di Ethan, tentando così di aiutarlo nascondendolo alla Polizia, visto che l’uomo viene presto considerato il principale indiziato per il rapimento di Shawn.
L’utente prende il controllo alternativamente di Ethan, Madison, Norman e Scott, arrivando al disvelamento della verità tramite un quadruplice punto di vista su una trama che, come già anticipato, si basa su uno storytelling interattivo capace di portare a piena maturazione la nozione coniata qualche anno prima dallo stesso Cage di storia curvata. Quest’ultima rappresenta la base su cui ogni giocatore intraprende il suo personale viaggio insieme ai quattro protagonisti, tenendo sempre in mano lo sviluppo della narrazione veicolata tramite azioni e scelte durante un continuativo piano ludonarrativo. Come evidenzia infatti anche Charles Coutier, uno dei produttori del titolo intervenuto alla GDC di Colonia nel 2010, Heavy Rain vuole appunto superare vari concetti generalmente attribuiti al medium videoludico (uno in particolare, l’eliminazione del game over, su cui tornerò in seguito), e per perseguire questo obiettivo si avvale primariamente della sua struttura ludonarrativa,
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capace di modellarsi in base all’interattività esplicita di ogni singolo utente305. Già nel 2009, e quindiprima dell’uscita del titolo, Cage infatti afferma in un’intervista che “Heavy Rain significa giocare con una storia quasi in senso fisico, cambiandola, distorcendola, scoprendola, facendola unica […] il giocatore è in controllo ogni secondo […] racconta la sua storia attraverso le sue azioni”306.
La continuativa interattività esplicita rappresenta infatti una linea guida fondamentale per il gameplay di Heavy Rain, titolo che del resto non vuole proporre delle tradizionali cut-scenes che conducono l’utente a una tipologia d’interattività cognitiva/interpretativa: nel corso della progressione, il giocatore infatti muove i protagonisti camminando nei vari ambienti, facendoli interagire fisicamente con certi oggetti così come dialogicamente con altri personaggi, e ogni istante può richiedere all’improvviso la pressione di un determinato tasto o una sequenza di essi tramite dei QTE nei momenti più concitati. A seconda dei modi con cui l’utente interagisce col sistema e compie determinate scelte, ogni scena può avere moltissime diramazioni differenti, proprio come dimostra Cage prendendo come esempio una situazione in cui il detective Scott si ritrova in un negozio durante una rapina307. Osservando la struttura ramificata di questa scena, è possibile notare che ogni possibile diramazione si basa comunque sull’introduzione, ovvero il costante punto fisso da cui ogni giocatore, per mezzo delle sue scelte, può intraprendere un percorso narrativo variabile in grado di convogliare in uno dei quattro finali (Figura 15).
Figura 15. La ramificata struttura alla base del piano ludonarrativo in una scena di Heavy Rain, che Cage mostra durante la sua presentazione alla GDC 2011.
305 Charles Coutier, “Heavy Rain: A Challenging Production”, Game Developers Conference Europe 2010, https://www.gdcvault.com/play/1013674/A-Challenging-Production-Heavy, min. 04:33-06:28 (ultima visita: 22/12/2018).
306 Nick Chester, “Cage: Heavy Rain 'not a videogame anymore in my mind'”, Destructoid.com, https://www.destructoid.com/cage-heavy-rain-not-a-videogame-anymore-in-my-mind--158115.phtml (traduzione mia, ultima visita: 22/12/2018).
307 D. Cage, “Creating An Emotional Rollercoaster in Heavy Rain”, Game Developers Conference 2011, https://www.gdcvault.com/play/1014674/Creating-an-Emotional-Rollercoaster-in, min. 0:43:00-0:51:00 (ultima visita: 22/12/2018).
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Le scelte compiute durante tutto l’arco di Heavy Rain possono poi portare il titolo a incanalarsi versouno dei ventitré differenti epiloghi. Ogni scena segue infatti il principio della storia curvata, presentando appunto una variabilità di svolgimenti e conclusioni sulla base di uno o più punti costanti, che si legano organicamente alle strutture delle scene successive fino a sancire l’esistenza di un racconto ludico altamente personalizzabile in base alle scelte e alle azioni durante l’intero titolo. Certe scelte effettuate in una scena, infatti, non hanno soltanto conseguenze all’interno di essa, ma anche nelle successive.
Come evidenzia l’autore in un recente video in cui parla di narrazione videoludica insieme a Yu Suzuki, all’interno di Heavy Rain tutte le scene sono state progettate per avere una propria autonomia pur essendo parte di un contesto più grande, e inoltre ognuna di esse, a prescindere dal percorso narrativo intrapreso dall’utente, evidenzia un cliffhanger in ogni possibile finale308. In tal modo, grazie al totalizzante piano ludonarrativo predisposto, Cage sottolinea di voler sia stimolare ogni utente a proseguire la sua attività, così come quella di stimolare un veloce ritorno nel caso in cui un utente decida di interrompere per poi continuare a giocare in seguito. Si tratta, a conti fatti, di una scrittura serializzata implicita che incoraggia la prosecuzione o comunque la ripresa dell’attività sulla base dei cardini della prassi videoludica teorizzati da Grodal ed esposti nel primo capitolo. Tra questi, come evidenziato in precedenza, c’è anche una caratteristica fondante della serialità narrativa, la ripetizione, incentivata dalla storia curvata di Heavy Rain a causa della variabilità della costanza ludonarrativa permeante l’intera produzione, a cui, logicamente, può correlarsi una dilatazione dell’esperienza offerta alla ricerca di tutte le possibili diramazioni e finali esperibili. Pochi giorni prima del lancio sul mercato di Heavy Rain, Cage afferma testualmente che:
“ci sono 23 diversi epiloghi nel gioco, ma ciò non significa che siano sempre fissi, perché si può arrivare ai finali tramite percorsi diversi, e ci sono combinazioni di percorsi e conseguenze che offrono ulteriori scelte da effettuare, che a loro volta portano a nuove conseguenze”309.
Secondo una stima svolta dall’autore francese qualche mese dopo, il 72% degli acquirenti ha portato a termine almeno una volta Heavy Rain, di cui un 30/40% ha ripetuto l’avventura varie volte fino a vederne tutti i possibili finali310. Del resto, come sostiene anche Ince, la creazione di una efficace narrazione ramificata nei videogiochi stimola una naturale curiosità negli utenti di ripetere intere
308 Game Informer, “David Cage Talks Storytelling with Ryan Payton and Yu Suzuki”, Youtube.com, https://www.youtube.com/watch?v=y8gxwGIDPFs (ultima visita: 22/12/2018).
309 M. Accordi Rickards, G. De Gregori, M. Romanini, op. cit., p. 40.
310 Antonio Carnevale, “Tecno12 intervista David Cage”, Youtube.com, https://www.youtube.com/watch?v=xrtjuBjyj00 (ultima visita: 22/12/2018).
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scene per vederne tutti i possibili sviluppi, causando di conseguenza un innalzamento globale dellalongevità311.
Il variabile e continuativo percorso ludonarrativo passa, come già detto, attraverso le vicende interconnesse di quattro protagonisti, i cui tratti identitari e caratteriali, come affermato da Cage, si basano inizialmente su determinati archetipi per poi essere approfonditi e in parte stravolti grazie a vari momenti che si incentrano sulla loro vita privata e sui loro pensieri312. Nel corso di un’analisi sulle narrazioni ramificate, Lebowitz e Klug sottolineano infatti che i videogiochi basati su simili strutture non dovrebbero presentare soltanto momenti in cui le scelte degli utenti hanno una fondamentale importanza per il prosieguo del racconto ludico, ma anche altre circostanze in cui le scelte si limitano a delle modifiche minime o quasi intangibili nell’organigramma ludonarrativo totalizzante. I due studiosi infatti suddividono le possibili ramificazioni tra minime, moderate o maggiori a seconda della portata di cambiamento che ogni scelta può avere sulla prosecuzione del racconto ludico, sottolineando che un videogioco basato su una simile struttura debba cercare di alternare tutte e tre le tipologie, visto che anche le ramificazioni minime, per quanto possano apparire come scelte di futile importanza, in realtà possono rappresentare delle importanti opportunità per conoscere meglio i personaggi313.
In Heavy Rain è possibile annotare vari momenti in cui i quattro personaggi sono chiamati a svolgere azioni riconducibili alla vita tradizionale, accanto ad altri momenti che sottolineano le loro debolezze. Nella prima scena in cui l’utente prende il controllo di Ethan, per esempio, deve premere dei tasti con il giusto tempismo per lavarsi i denti, radersi, e poi apparecchiare la tavola in vista del compleanno di Jason, mentre in altre circostanze deve tenerlo sotto controllo durante delle allucinazioni. Tramite Norman, l’utente si ritrova a giocare con una pallina virtuale in attesa di un colloquio, e in altri casi deve gestire con attenzione la sua dipendenza dalla droga. Controllando Scott, c’è una scena in cui è necessario preparare delle uova al tegamino per Lauren, mentre in un’altra circostanza è necessario aiutarlo con i suoi attacchi d’asma. Nella prima scena in cui l’utente controlla Madison, è chiamato a farla spogliare per una doccia calda, ascoltare dei messaggi vocali e andare a dormire, per poi affrontare le sue paure durante i suoi incubi notturni. Fallire in queste circostanze non cambia la vita ai protagonisti, ma si tratta comunque di inserti che approfondiscono i loro tratti caratteriali e le loro paure interiori, enfatizzando quindi il loro realismo emotivo, altro tratto rilevante anche della serialità narrativa come visto nel primo capitolo di questo elaborato, incentivato in Heavy Rain dalla possibilità costante di sentire i pensieri dei protagonisti mediante la pressione di un tasto.
311 S. Ince, op. cit., p. 20.
312 D. Cage, “How Far Are You Prepared To Go To Make Heavy Rain?”, Game Developers Conference Europe 2010, https://www.gdcvault.com/play/1013660/Heavy-Rain-How-Far-Are, min. 0:16:20-0:18:40 (ultima visita: 22/12/2018). 313 C. Klug, J. Lebowitz, op. cit., pp. 185-187 (versione elettronica).
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Cage afferma infatti che chiedere all’utente di compiere gesti comuni insieme ai personaggicontrollati rafforza il loro reciproco legame empatico, in tal caso fortificato anche dalla possibilità di entrare in contatto mentale con loro, che serve all’utente per conoscerli ancora meglio e avere, eventualmente, delle suggestioni su come affrontare determinate situazioni sulla base delle loro considerazioni314. Il rapporto tra i protagonisti e l’utente è consolidato anche da un punto di vista fisico grazie a un’interfaccia contestuale che vuole superare il tradizionale concetto di meccanica videoludica. Infatti, a differenza di ciò che accade nella quasi totalità dei videogiochi, in Heavy Rain ogni tasto ha una funzione diversa sulla base della situazione ambientale ed emotiva che sta vivendo il personaggio controllato, e quei frangenti più provanti da affrontare per i protagonisti richiedono un pedissequo sforzo maggiore da parte dell’utente nella pressione di determinati tasti. Ne è un esempio emblematico un momento in cui Norman, quando sta per arrestare un malvivente, ha una crisi di astinenza dalla sua droga, e la sua situazione psicofisica diventa subito critica. Norman deve fare un grande sforzo per recuperare la droga dalle tasche e rimanere concentrato sul malvivente, e questa difficoltà è percepita anche dall’utente, che per recuperare la droga e reggere la pistola alzata deve premere e mantenere in successione molti tasti contemporaneamente con una inevitabile grande difficoltà (Figura 16).
Figura 16. Il momento in cui Norman ha una crisi di astinenza dalla sua cocaina preferita durante l’arresto di un malvivente: la difficoltà mentale ed emotiva del personaggio è coadiuvata dall’offuscamento dell’immagine e da una
complessa serie di tasti da mantenere premuti per vari secondi.
Più è scomoda e difficile la situazione psicofisica di un personaggio, più è complessa la successione di tasti da premere per l’utente. L’interfaccia viene dunque costantemente veicolata sulla base
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dell’ambiente e della condizione interiore del protagonista controllato, sottolineato da una maggioresemplicità o complessità nello svolgere determinati QTE a seconda del suo stato d’animo. Infatti, se i personaggi si ritrovano in situazioni calme, i tasti restano ben visibili a schermo e non hanno limiti temporali con cui essere premuti; viceversa, se invece si ritrovano in situazioni concitate, anche la sequenza di QTE viene visualizzata più velocemente a schermo, e ogni tasto dev’essere premuto nel giro di pochi secondi; in altri casi, per esempio in situazioni tese, i tasti segnati a schermo hanno un forte sfarfallio, rendendone difficile la visione e cercando così di indurre una certa tensione anche nell’utente (Figura 17).
Figura 17. L’agitazione di Ethan durante la prima prova a cui l’assassino dell’origami lo sottopone è coadiuvata dalla presenza di vari tasti che, se premuti, porteranno l’utente a sentire i pensieri del personaggio su ogni possibile
alternativa.
Come sottoscrivono accuratamente Bizzocchi e Michael Nixon in un saggio dedicato al ruolo dell’interfaccia in Heavy Rain, questa particolare integrazione contestuale del sistema di controllo, seguendo l’andamento narrativo, veicolato a sua volta dalle azioni dei personaggi per mezzo delle interazioni dell’utente, diventa uno strumento importante per enfatizzare il legame identificativo tra l’utente e ogni personaggio315. Grazie a questa particolare interfaccia, un singolo input può donare come risultante molteplici output sulla base di ogni specifica circostanza, quindi la variabilità della costanza trova un corrispettivo anche nel sistema di controllo, poiché, come scritto poco sopra, ogni tasto non ha una funzione costante per tutto l’arco ludonarrativo, bensì una funzione variabile in base alla situazione ambientale ed emozionale che si trova ad affrontare ciascun protagonista.
315 J. Bizzocchi, M. Nixon, “Press X for Meaning: Interaction. Leads to Identification in Heavy Rain Digra 1”, in
Proceedings of DiGRA 2013: DeFragging Game Studies,
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Ethan, Madison, Norman e Scott possono essere dunque considerati come protesi digitali personaggiodal carattere tri-dimensionale, visto che l’utente ha la concreta possibilità di conoscere e percepire tutte le loro emozioni, pensieri compresi. Del resto, lo stesso Cage sostiene di avere poca simpatia per quelle considerabili come protesi maschera, visto che a suo giudizio la caratterizzazione a monte di un personaggio resta un elemento imprescindibile per causare un incisivo legame empatico col giocatore316. Non è infatti un caso se nelle prime fasi di Heavy Rain è possibile rintracciare quelle che Lebowitz e Klug etichetterebbero come delle minori ramificazioni con degli effetti solo sul prosieguo della scena in cui avvengono, mentre nel corso della progressione è possibile rintracciare un ammontare di ramificazioni sempre più importanti, in cui ogni scelta spesso coincide con un dilemma che può avere delle conseguenze non soltanto all’interno della scena in cui avviene, ma anche a lungo termine. La caratteristica seriale della dilatazione quindi non riguarda solo la potenziale longevità del titolo, rafforzata come già scritto da una storia curvata che per essere conosciuta a 360 gradi necessita molte ripetizioni, ma anche dalla distanza temporale che divide certe scelte importanti e le loro conseguenze: quest’ultime non sempre sono visibili nell’immediato, bensì sono dilatate sia nel corso dell’event time sia nel corso del play time. Il rapporto tra scelte e conseguenze rappresenta infatti un’altra direttiva fondamentale per la realizzazione di Heavy Rain che Cage enfatizza alla GDC del 2011, sottolineando che a suo giudizio è necessario superare la classica dicotomia tra bene e male nei videogiochi, mettendo in risalto il tono chiaroscurale della vita di ogni personaggio mediante situazioni delicate in cui l’utente deve compiere decisioni complesse, senza essere premiato o