A partire dagli inizi degli anni Novanta, comincia quella che Fulco definisce la “fase tridimensionale” della storia videoludica158, basata su degli ambienti sviluppati ed esplorabili in altezza, larghezza e soprattutto profondità, aprendo così nuove frontiere prospettiche grazie a una terza dimensionalità ludica che permette di sancire potenzialmente una gamma di azioni più variegate all’interno degli spazi rappresentati. Come osservano Dominic Arsenault e Pierre-Marc Còté, resta comunque importante sottolineare che le ripercussioni relative al passaggio dalla bidimensionalità alla tridimensionalità non conducono il medium videoludico a cambiamenti soltanto tecnici, ma anche a nuove potenzialità espressive159. La portata di questa innovazione negli anni Novanta è infatti rivoluzionaria, visto che proprio in virtù dell’implementazione di una terza dimensione si assiste alla creazione di nuovi generi e al consolidamento di altri già esistenti160. In ambo i casi, vengono rilasciati una vasta gamma di titoli dalle caratteristiche ludiche e narrative tendenzialmente più articolate rispetto a quanto accaduto in precedenza. Inizia ufficialmente un’altra epoca, come affermano Pellitteri e Salvador161, riferendosi in particolar modo alla Playstation, la console casalinga immessa sul mercato a metà degli anni Novanta che segna l’entrata in scena di Sony nell’industria videoludica e nuovi confini prima inesplorabili grazie all’utilizzo dei CD-ROM, capaci di memorizzare nettamente più dati rispetto a quanto avveniva con le piattaforme di gioco precedenti, basate sull’utilizzo delle cartucce. Più specificatamente, PlayStation è la console che più di ogni altra precedentemente uscita segna un passaggio di consegne nel medium videoludico, ovvero lo spostamento radicale dall’intrattenimento collettivo delle sale giochi fino a quello domestico, il quale diventa sempre più centrale nel corso del decennio, visto che le caratteristiche hardware della prima
console di Sony (così come di altre concorrenti) sono più prestanti rispetto a quelle consentite dai
cabinati, donando come risultante dei titoli più elaborati da un punto di vista ludico e narrativo.
158 I. Fulco, op. cit. 2005, p. 108.
159 Dominc Arsenault, Pierre-Marc Còté, “Reverse-engineering graphical innovation: an introduction to graphic regimes”, in GAME. The Italian Journal of Game Studies, n. 2, (2013), https://www.gamejournal.it/reverse-engineering-graphical-innovation-an-introduction-to-graphical-regimes/ (ultima visita: 22/12/2018).
160 È giusto sottolineare che sebbene la terza dimensione venga utilizzata in larga scala a partire dagli anni Novanta, era stata comunque oggetto di sperimentazioni isolate anche negli anni Ottanta, in cui non era però possibile ottenere gli stessi risultati a causa di supporti hardware non adeguati a gestire dinamicamente una nuova dimensione prospettica all’interno del gameplay.
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Un primo cambiamento negli schemi distributivi nel settore videoludico in merito all’introduzionedei dischi ottici è l’avvento delle Demo, ovvero versioni dimostrative di titoli dall’uscita imminente o appena avvenuta, che hanno il compito di proporre agli utenti una minima parte di un videogioco per mostrarne le maggiori peculiarità, con lo scopo di invogliare gli utenti a procedere con l’acquisto. Contenenti fino a una dozzina di versioni dimostrative, negli anni Novanta i dischi Demo vengono spesso allegati a riviste di settore, in modo tale da consentire agli utenti di provare una larga schiera di titoli facendo una spesa esigua, visto che una qualsiasi versione dimostrativa non è vendibile singolarmente162. Osservando disparati dischi Demo dell’epoca, appare evidente che, specialmente per i titoli con una narrazione incorporata, l’interruzione della versione dimostrativa avviene spesso in dei momenti particolarmente intensi sul piano ludico e/o narrativo. Le Demo fanno spesso leva su una tecnica accostabile a quella del cliffhanger tipica delle narrazioni seriali, con l’obiettivo di creare suspense e curiosità nell’utente, spinto all’acquisto definitivo per saturare i dubbi sul prosieguo del racconto e affinare le caratteristiche ludiche provate. Nel caso di titoli che non contemplano piani narrativi incorporati, come per esempio nelle simulazioni sportive, non è raro vedere alla fine della versione di prova alcune schermate che riassumono i tratti più peculiari del videogioco presentato, promettendone altri scopribili solo con la versione completa163. In tutti i casi, vale ancora la frase citata di Papale in chiusura del primo capitolo, ovvero che sia nella narrativa seriale e sia nei videogiochi, Demo comprese aggiungo in questa istanza, è necessario un cauto dosaggio delle gratificazioni, esperibili lungo tempistiche procrastinate.
Va comunque sottolineato che la versione Demo non sempre rappresenta una porzione definita del futuro videogioco completo: in gergo produttivo, infatti, lo stato di Demo rappresenta una fase avanzata ma non ancora definita in tutti i suoi dettagli, una tappa di un work in progress a tutti gli effetti, ragion per cui può capitare che nel titolo completo, quando si incontra il frammento visto in una eventuale versione dimostrativa precedente, possono esserci alcune modifiche apportate successivamente dagli sviluppatori164. Il rilascio delle Demo antecedenti ai titoli completi a cui si riferiscono è un fenomeno ancora oggi in voga, seppur con alcuni cambiamenti distributivi rispetto alla decade sotto esame165. A livello produttivo, invece, l’avvento dei CD-ROM nell’industria videoludica negli anni Novanta consente la creazione di titoli in grado di affiancare, oltre alle nuove
162 Un’altra via distributiva per le Demo negli anni Novanta era quella della loro inclusione all’interno della confezione di determinati titoli completi: in questi casi, l’azienda sviluppatrice aveva quindi la possibilità di vendere il suo intero prodotto unito alle versioni dimostrative di altri progetti sviluppati in passato o in corso di sviluppo.
163 Nelle versioni dimostrative dei videogiochi calcistici, per esempio, spesso vengono messe a disposizione soltanto un numero limitato di squadre, promettendone moltissime altre nella versione completa.
164 Per approfondimenti sulle tappe della comune filiera produttiva di un videogioco, consultare: M. Accordi Rickards, Francesca Vannucchi, Il videogioco. Mercato, giochi e giocatori, Mondadori, Milano 2013, pp. 25-56.
165 Oggi, anche se persistono i supporti ottici allegati alle riviste contenenti versioni dimostrative, la via principale con cui le Demo vengono pubblicate è quella online tramite alcuni mercati digitali come Steam, PSN o Xbox Live, sui quali entrerò maggiormente in dettaglio nel capitolo successivo.
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prospettive ludiche esperibili durante l’atto di gioco, anche delle narrazioni più elaborate,indipendentemente dal tasso di interattività con esse, vista la possibilità di implementare cut-scenes girate con attori reali oppure in CGI, capaci di mostrare visivamente animazioni più complesse a supporto di eventuali narrazioni dal tono più adulto rispetto a quanto avveniva in passato.
Temi, tra gli altri, come lo schiavismo, l’eco atroce della guerra sulle vite umane, la potenziale pericolosità della sperimentazione scientifica e tecnologica, diventano le basi a cui ruotano i piani narrativi di vari famosi titoli che vedono luce proprio negli anni Novanta, arrivando così a stabilire un passo in avanti nell’età media del pubblico ideale di riferimento. Sostiene a tal proposito Adriano D’Addessi:
“fino ai primi anni ’90, i core gamers tradizionali per le console sono sempre stati i ragazzi fino a 15 anni e quindi i giochi per queste macchine erano appositamente studiati e realizzati per un pubblico molto giovane […] La vera svolta, tuttavia, si è registrata con l’ingresso sul mercato del colosso Sony e il lancio della console Playstation. Il target diventa ora quello dei giovani tra i 18 e i 35 anni, e il successo è tale che […] questa fascia di età diventa la fonte della maggioranza assoluta dei ricavi del settore”166.
Un’indagine di mercato non è la prerogativa di questo elaborato, ma è comunque necessario sottolineare che la maturazione del pubblico di riferimento rappresenta un tassello importante per comprendere il motivo che spinge sempre più sviluppatori a immaginare trame dal registro più adulto. Negli anni Novanta infatti provengono da un lato gli utenti cresciuti nella decade precedente, ormai abituati a determinati standard narrativi, che logicamente hanno bisogno di qualcosa di diverso per mantenere interesse verso un medium che ha nell’innovazione continua uno dei suoi tratti caratteristici; dall’altro lato invece ci sono nuovi utenti, come il sottoscritto, nati proprio a ridosso di quella decade, che si avvicinano al medium con una possibile duplice scelta: abbracciare orizzonti ludici e narrativi più tradizionali oppure immettersi subito nel mezzo della rivoluzione con i titoli tridimensionali dalle narrazioni generalmente più articolate, pensate per un pubblico più maturo167. Tutto ciò non deve far pensare che la tridimensionalità ludica conduca forzatamente a una maggiore difficoltà, anzi: seguendo il ragionamento di Fulco, “la maggiore complessità strutturale, da ricondurre soprattutto all’estensione delle possibilità di azione/interazione, è di fatto bilanciata da un processo parallelo di riduzione del livello di difficoltà”168. Questo significa che parlare di maggiore
166 Adriano D’Addessi, “IL BUSINESS DEI VIDEOGIOCHI. Analisi economica e strategica del mercato videoludico mondiale”, in A. Cavaleri (a cura di), op. cit., p. 33.
167 Generalmente, il target delle compagnie rivali negli Anni Ottanta e all’inizio degli anni Novanta, ovvero Nintendo e Sega, è sempre stato quello di un pubblico giovanissimo, come sottolineano i colori sgargianti e gli immaginari legati ai due personaggi iconici di ognuna delle due, l’idraulico Mario da un lato e il velocissimo porcospino blu Sonic dall’altro. La generazione Playstation, invece, segnerà l’arrivo di eroi dai tratti più realistici all’interno di cornici narrative dai toni più cupi.
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complessità negli anni Novanta, onde evitare fraintendimenti, si riferisce alle interazioni esplicite conuno spazio di possibilità numericamente più ampio, e a delle narrazioni che, oltre a toccare temi particolari, vedono un costante affinamento delle possibilità di intervento del giocatore nella loro prosecuzione. La sempre più presente interattività esplicita sulle narrazioni rende più articolati rispetto al passato i piani ludonarrativi, proprio come avrò modo di illustrare citando appositi esempi in seguito che riguarderanno nuovi generi così come altri già consolidati.