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Heritage marketing: analisi della letteratura e proposta di un framework interpretativo

e ‘sensemaking’ nel museo Salvatore Ferragamo

IMPRESA MUSEO VISITATOR

2. Heritage marketing: analisi della letteratura e proposta di un framework interpretativo

Negli ultimi decenni la longevità dell’impresa è stata oggetto di un vivace dibattito accademico, come dimostrano i numerosi contributi volti a identificare le fonti del successo aziendale duraturo (de Geus, 1997; Collis e Porras, 2004; Stadler, 2007; Corbetta e Salvato, 2012; Napolitano et al., 2015; Riviezzo et al., 2015). Decisamente meno ricca è la produzione scientifica diretta ad analizzare modalità e strumenti di valorizzazione della longevità, intesa quale potenziale fonte di vantaggio competitivo per le imprese capaci di interpretare in chiave strategica l’eredità di un passato lungo e glorioso. Solo recentemente, infatti, il termine heritage ha fatto il suo ingresso nella letteratura di management, abbinato con qualche iniziale ritrosia al marketing per delineare i tratti di un nuovo modo di comunicare al cliente l’unicità dell’impresa: un modo fondato, appunto, sul patrimonio storico dell’impresa stessa e sull’identità in esso racchiusa (Montemaggi e Severino, 2007).

In uno dei primi tentativi di sistematizzare i principi del marketing applicato all’heritage, Misiura (2006) pone in evidenza il ruolo centrale della “celebrazione del passato” nella costruzione di un rapporto di fiducia e di empatia con il cliente, il cui coinvolgimento emotivo rappresenta uno dei principali obiettivi della valorizzazione strategica del patrimonio storico aziendale. La letteratura più recente ha spostato il focus sul ruolo fondamentale di tale patrimonio nel processo di costruzione dell’identità aziendale, ponendo le basi per un promettente filone di studi incentrato sulla corporate heritage identity (Balmer, 2013). La forza identitaria racchiusa nel passato delle imprese storiche emerge in tutta evidenza nei contributi, sempre più numerosi, volti a indagare il concetto di corporate brand heritage, ovvero quella dimensione dell’identità del brand fondata sulla longevità e sulla storia dell’impresa (Urde et al., 2007). In tale prospettiva, l’eredità di un brand diventa un mezzo straordinariamente potente per differenziarsi dalla concorrenza, instaurando con il cliente un dialogo privilegiato, fondato sul potere evocativo della storia e sul fascino di tradizioni ed esperienze che si perdono nei secoli. Diverse sono le chiavi proposte dagli studiosi per interpretare l’eredità storica di un brand al fine di arricchire il sistema valoriale ad esso associato e consolidarne il rapporto con il mercato. L’effetto “nostalgia”, perseguito attraverso la ricerca di associazioni positive con una specifica epoca, è il punto focale della strategia di retro-branding, finalizzata a rilanciare e far rivivere un marchio storico, adeguandolo ai gusti dei consumatori contemporanei (Brown et al., 2003). Urde et al. (2007), basandosi su venti casi studio relativi a marchi aziendali consolidati sui mercati globali, identificano cinque elementi cardine attraverso cui misurare il quoziente di heritage brand: performance realizzate dall’impresa nel tempo e riconosciute dalle diverse categorie di stakeholder; longevità; valori guida; uso strategico della storia per la costruzione dell’identità aziendale; simbolismo. Come evidenziato dagli autori, ogni brand ha una storia, più o meno recente, ma non necessariamente essa concorre a definirne l’identità e solo in alcuni casi l’eredità storica del brand diventa fonte di vantaggio competitivo. In tal senso, viene evidenziato come «longevity alone does not necessarily result in a brand heritage, but it can be a

key element» (Urde et al., 2007, pag. 10). Analogamente, lo studio di Burghausen e Balmer (2014),

fondato sull’analisi in profondità della più antica birreria britannica, pone in evidenza la necessità di gestire e implementare le attività connesse alla valorizzazione della corporate heritage identity, al fine di connettere strategicamente passato, presente e futuro, non necessariamente in chiave nostalgica.

Affinché il patrimonio storico ereditato dall’impresa diventi garanzia di solidità e credibilità per i diversi pubblici di riferimento emerge, dunque, la necessità di approntare una serie di strumenti volti a comunicare efficacemente il passato, rivestendolo al contempo di un alone di fascino e suggestione capace di attirare clienti sempre più interessati alla dimensione edonistica ed emozionale del consumo (Fabris, 2003). A tal fine, con crescente frequenza le imprese avviano

percorsi di valorizzazione del proprio patrimonio storico, partendo dalle numerose possibilità connesse alla narrativizzazione dello stesso (Burghausen e Balmer, 2014). In questa prospettiva, la longevità aziendale non è più semplicemente la testimonianza della capacità di perdurare sul mercato, ovvero la dimostrazione di un sapere non scalfito dal tempo, ma diventa anche la chiave strategica per raccontare l’identità e la cultura dell’impresa, nonché per ripercorrere, attraverso il potere della narrazione, il cammino e le esperienze che hanno reso unici e distintivi i prodotti aziendali. E’ in questo contesto che matura l’interesse di studiosi e professionisti d’impresa verso lo storytelling, quale tecnica di comunicazione in grado di generare un forte coinvolgimento degli interlocutori aziendali (Salmon, 2008; Fontana, 2013; Riviezzo et al., 2014). Diversi sono i filoni di studio cui è possibile ricondurre il tema della narrazione in ambito aziendale e molteplici sono gli approcci utilizzabili dalle imprese per sfruttare al meglio le potenzialità dello storytelling (Fona, 2011). Attraverso l’analisi di numerosi casi d’imprese appartenenti ai principali settori del Made in Italy, Lucci e Sacchi (2014), ad esempio, enfatizzano la rilevanza della dimensione simbolica del passato che riemerge attraverso il racconto della storia dell’impresa. Al riguardo, la monografia istituzionale d’impresa si configura come un mezzo particolarmente efficace per raccontare e divulgare l’identità dell’impresa e i valori che ne guidano l’agire (Magagnino e Foroni, 2010), ripercorrendo tra le pagine di un volume che è molto più di un mero strumento di comunicazione le tappe fondamentali del cammino di un’impresa storica e celebrando le persone che ne hanno segnato indelebilmente il destino.

La capacità dell’impresa di trasmettere emozioni e ricordi legati alla propria storia attraverso la narrazione, amplificata dallo sviluppo delle nuove tecnologie digitali, assume dunque un ruolo di tutto rilievo nella strategia di heritage marketing, la cui implementazione richiede, tuttavia, l’integrazione di molteplici strumenti tesi a valorizzare la natura multidimensionale dell’identità racchiusa nel patrimonio storico dell’impresa (Burghausen e Balmer, 2014). Come evidenziato da Montemaggi e Severino (2007), d’altronde, la storia dell’impresa è un “contenuto” che va condiviso con i diversi pubblici di riferimento e che diventa fonte di vantaggio competitivo solo se valorizzato attraverso la tradizione e la cultura dell’impresa stessa. A tale scopo sono deputati i diversi strumenti di heritage marketing che, in assenza di teorizzazioni esaustive, i due autori rintracciano nei musei e negli archivi d’impresa, affiancati da ulteriori opportunità di comunicazione e marketing strettamente connesse al patrimonio storico aziendale, ossia gli eventi, la riproduzione dei prodotti e il merchandising. Dall’analisi in profondità di sette aziende italiane, capaci di valorizzare al meglio le proprie radici storiche, emerge il ruolo principe assunto dal museo d’impresa non solo come potente strumento di comunicazione della storia e dei valori aziendali, ma anche come strumento operativo di più ampia portata, in grado di dialogare con tutte le funzioni aziendali e di rappresentare l’impresa in diversi ambiti istituzionali e territoriali. Al museo, caricato anche d’importanti funzioni sociali, artistiche e culturali, sono dedicati numerosi contributi accademici, la maggior parte dei quali si sofferma però solo in misura limitata sul suo ruolo nell’ambito delle strategie aziendali e, nello specifico, di quelle di marketing (Gilodi, 2002). Diverse sono le categorizzazioni e le tassonomie proposte dalla letteratura sul tema, che rimandano alla natura dei beni conservati ed esposti (Amari, 1997), nonché all’istituzione che ne promuove la raccolta e la gestione. In tale direzione, Gilodi (2002) distingue i musei d’impresa dai musei industriali, sorti con l’obiettivo di testimoniare l’evoluzione di specifici settori, e dai musei distrettuali, cui è affidato il compito di raccontare il percorso storico compiuto da una data realtà produttiva territoriale e non dalla singola impresa. Per Brunning et al. (2009), i musei d’impresa rappresentano una specifica forma di utilizzo della storia in grado di contribuire, a diversi livelli, alla creazione dell’identità narrativa dell’organizzazione. Secondo gli autori, tre sono gli elementi essenziali per un uso efficace del museo da parte dell’impresa: la creazione di storie narrate nel museo, l’orchestrazione dello spazio fisico e l’integrazione tra museo e organizzazione. Montella (2010) sviscera caratteristiche, modalità di gestione e performance del museo di una storica azienda dolciaria italiana, fornendo ulteriore riscontro empirico sul potere che il museo aziendale riveste quale strumento di corporate communication dotato di elevato prestigio simbolico e capace di contribuire al rafforzamento dell’immagine aziendale presso i diversi stakeholder di riferimento. In

un successivo contributo, Montella (2012) si sofferma sul ruolo che il museo d’impresa può assumere nella valorizzazione del patrimonio culturale del territorio di appartenenza, che può essere comunicato e trasmesso anche attraverso le risorse place specific immesse nei prodotti dell’impresa e raccontate attraverso i luoghi della memoria aziendale.

Le sinergie derivanti dalla fusione tra museo e impresa, due istituti mossi da finalità sostanzialmente diverse e apparentemente inconciliabili, rappresentano il tratto distintivo dei musei d’impresa rispetto ad altri strumenti di heritage marketing. Tra questi, come si accennava in precedenza, figurano anche le collezioni e gli archivi d’impresa, le prime di solito non fruibili al pubblico, i secondi generalmente aperti a studiosi ed esperti di settore (Gilodi, 2002). Se la sfera esperienziale sembra dominare nei musei d’impresa, dove il valore dei beni custoditi è “manipolato” al fine di stimolare nel visitatore/cliente molteplici connessioni (Montemaggi e Severino, 2007), l’archivio è lo strumento attraverso cui raccogliere in maniera sistematica e oggettiva tutto ciò che documenta l’evoluzione storica di un’impresa. In altri termini, l’archivio consente a un’impresa di ricostruire, attraverso fonti documentarie di varia natura, il cammino compiuto nel corso del tempo, garantendole non solo di utilizzare la memoria storica con finalità strategiche e operative, ma anche di conservarla a vantaggio delle future generazioni (Niebuhr Eulenberg, 1984). Tra i “luoghi” utilizzati dalle imprese per rafforzare il proprio capitale relazionale e reputazionale e trasmetterlo alle nuove generazioni, la letteratura pone una certa attenzione anche alle fondazioni, adoperate soprattutto dalle imprese familiari quale prezioso strumento per la sostenibilità e la partecipazione sociale (Schillaci e Romano, 2012).

Alla luce del quadro fin qui illustrato, emerge in tutta evidenza come l’heritage marketing rappresenti un campo di applicazione di strumenti sviluppati quasi esclusivamente attraverso tentativi empirici, non ancora sistematizzati e razionalizzati in una letteratura esaustiva (Montemaggi e Severino, 2007). Una parte rilevante degli studi realizzati sul tema si focalizza sui singoli strumenti, di cui peraltro vengono spesso trascurate le implicazioni strategiche e manageriali, rendendo la letteratura piuttosto frammentata e frastagliata. La natura qualitativa, inoltre, emerge quale elemento metodologico che accomuna gli studi condotti sul campo, basati pressoché esclusivamente sull’analisi di pochi casi. Non esistono, in base alla ricognizione dei contributi sul tema realizzata in questa sede, indagini di scenario in grado di rilevare la reale caratterizzazione delle strategie di valorizzazione dell’heritage da parte delle imprese. In particolare, non esistono indagini ad ampio raggio sulle iniziative intraprese dalle imprese longeve, che sono quelle potenzialmente più interessate a valorizzare in chiave strategica la propria memoria storica. Il principale contributo atteso della presente ricerca è proprio quello di aiutare a comprendere se e in che misura si possa realmente parlare di heritage marketing per le imprese storiche italiane.

A tal fine, si è innanzitutto proceduto a sistematizzare la letteratura esistente, partendo dai numerosi contributi finora discussi per pervenire ad una categorizzazione dei principali strumenti utilizzabili per la valorizzazione del patrimonio storico e culturale delle imprese longeve. Nello specifico, il complesso ed eterogeneo kit di strumenti che la teoria e la prassi sembrano ricondurre all’alveo dell’heritage marketing è stato “scomposto” in quattro categorie principali (Figura 1). Tali categorie - che accorpano strumenti contraddistinti da una certa similitudine tra approcci, modalità di gestione, necessità di risorse e destinatari - sono:

Storytelling: include tutti gli strumenti e le strategie in cui si esplica il potere della narrazione,

mirati a coinvolgere diverse categorie di stakeholder, interni ed esterni, attraverso il racconto della storia dell’impresa. Le tappe fondamentali di questa storia possono essere ripercorse nei modi e con i mezzi più disparati: dal racconto attraverso il sito web aziendale alle notizie e informazioni postate sui social media; dai video-corporate e dagli spot diffusi attraverso diversi media alle più tradizionali monografie d’impresa.

Branding: a tale categoria possono essere ricondotte tutte le attività di marketing poste in essere

dall’impresa per posizionare e comunicare il brand attraverso la propria storia, facendo leva sugli elementi simbolici ed emozionali ad essa connessi e in grado di rafforzare la brand identity, in modo da incidere positivamente sia sul grado di conoscenza che sulla fedeltà alla

marca. Rientrano in questa categoria l’utilizzo di simbolismi ed elementi storici nel marchio e le attività di retro-branding, finalizzate a far rivivere vecchi prodotti dal forte potere evocativo.

Organization Units: rientrano in questa categoria tutti i “luoghi” e le strutture in cui è possibile

conservare, valorizzare e trasmettere la memoria storica aziendale, quali i musei d’impresa, gli archivi e le fondazioni. Si tratta di strumenti di particolare rilevanza strategica per l’impresa, la cui corretta gestione presenta però anche significativi risvolti culturali e sociali per le comunità e i territori d’appartenenza.

Public Relations: sono riconducibili a questa categoria gli eventi, i prodotti e il merchandising

finalizzati a celebrare le tappe e i personaggi più significativi della storia aziendale, ma anche la partecipazione attiva ad associazioni nate con l’obiettivo di mettere in rete le imprese storiche a livello nazionale e internazionale.

Fig. 1: Proposta di un framework interpretativo dei principali strumenti di heritage marketing

Fonte: ns. elaborazione

Il framework interpretativo proposto - lungi dal voler rappresentare un quadro esaustivo per un campo di studi ancora in divenire - ha consentito di tracciare il perimetro delle attività di heritage marketing a disposizione delle imprese storiche per la valorizzazione delle proprie radici più profonde, nonché di identificare le coordinate che hanno guidato l’analisi empirica presentata nei paragrafi che seguono.

3. Metodologia

Al fine di comprendere se e in che modo le imprese longeve riescono a valorizzare in chiave strategica il proprio vissuto storico, è stata realizzata una desk research per raccogliere informazioni dettagliate e puntuali su ciascuna delle categorie di strumenti e attività di heritage marketing innanzi identificate. In particolare, l’analisi ha riguardato 238 imprese iscritte al Registro nazionale delle imprese storiche. Come noto, possono essere iscritte in tale Registro - istituito da Unioncamere nel 2011 - tutte le imprese di qualsiasi forma giuridica operanti in qualsiasi settore economico, attive, con esercizio ininterrotto nell’ambito del medesimo settore merceologico, per un periodo non inferiore a 100 anni. • Eventi • Merchandising • Associazionismo • Museo • Archivio • Fondazione • Identità visiva • Retrobranding • Sito web • Social network • Video corporate • Monografia Storytelling Branding Public Relations Organization Units

Alla data d’inizio delle attività di ricerca risultavano iscritte al Registro 2.459 imprese. Poiché l’obiettivo era di rilevare le azioni di valorizzazione del patrimonio storico aziendale che rispondessero a una precisa strategia - e non fossero quindi soltanto sporadiche - si è deciso di focalizzare l’attenzione sulle sole società di capitali che risultassero attive. Si è, infatti, ritenuto che per questa tipologia di imprese l’azione di heritage marketing potesse risultare più strutturata e coerente. Inoltre, è stato valutato più semplice, per queste imprese, il reperimento da fonti secondarie delle informazioni necessarie. Considerando, dunque, le sole imprese costituite nella forma di società di capitali, quelle che risultavano presenti nel Registro nazionale delle imprese storiche erano 1.316.

In una prima fase della ricerca si è deciso di restringere ulteriormente la popolazione di riferimento. In particolare, ci si è focalizzati soltanto sulle società di capitali che presentassero dimensioni medio-grandi. Utilizzando i parametri dell’Unione Europea, sono state considerate medio-grandi le imprese che avessero: un fatturato annuo superiore ai 10 milioni di Euro e un numero di dipendenti superiore a 50. Utilizzando questa ulteriore restrizione, sono state, alla fine, identificate 238 imprese. Tutti i risultati che si discutono nel presente lavoro si riferiscono pertanto al campione rappresentato dalle imprese costituite nella forma di società di capitali, iscritte al Registro nazionale delle imprese storiche, aventi dimensioni medio-grandi - che risultano appunto essere 238. Occorre tuttavia enfatizzare che, come già innanzi notato, l’attività di rilevazione delle informazioni sta proseguendo anche sulle imprese non rientranti nel campione utilizzato per il presente studio - ovvero le 1.078 imprese costituite nella forma di società di capitali, iscritte al Registro nazionale delle imprese storiche, aventi piccola dimensione.

Le imprese storiche indagate sono attive soprattutto nell’industria (70%) e nel commercio (13%), con una parte residuale impegnata nelle altre attività di servizio (12%) e nell’agricoltura (5%). Si tratta perlopiù di imprese medie: sono infatti 158 (66%) quelle che presentano un fatturato compreso tra 10 e 50 milioni di Euro e un numero di dipendenti compreso tra 51 e 249; sono invece 80 (34%) quelle grandi, con più di 50 milioni di Euro di fatturato e più di 250 dipendenti. Guardando all’anno di fondazione, emerge che la grande maggioranza (75%) può vantare una storia compresa tra i 100 e i 150 anni; il 20% ha una storia compresa tra i 150 e i 200 anni; solo il 5% ha oltre 200 anni alle proprie spalle. Infine, considerando la distribuzione territoriale delle imprese indagate, emerge che esse sono concentrate soprattutto al Nord (85%) e al Centro (12%), con una parte residuale al Sud (3%). In particolare, è la Lombardia la regione con la più alta concentrazione di imprese centenarie indagate (32% del totale), seguita dal Piemonte (15%) e dall’Emilia Romagna (13%).

Per ciascuna delle 238 imprese storiche identificate è stato seguito un protocollo di ricerca standard che ha consentito di reperire da fonti secondarie le informazioni necessarie a valutare le diverse attività di heritage marketing realizzate. In particolare, si è proceduto a consultare, come primo step, il sito web istituzionale di ciascuna impresa. Successivamente sono state consultate le pagine istituzionali eventualmente create sui principali social network e gli altri siti web eventualmente dedicati dall’impresa alle attività di heritage marketing (ad esempio, il sito web del museo aziendale, della fondazione e così via). A partire dalle informazioni rinvenute sul sito web (in particolare nella sezione delle “news” e della “press release”), sono state consultate ulteriori fonti secondarie per approfondire specifiche attività e iniziative. Molto utilizzati, ad esempio, gli articoli sulla stampa dedicati alle azioni di valorizzazione del patrimonio storico delle imprese (ad esempio, eventi, presentazioni, premiazioni e così via). Infine, con riferimento a specifiche attività, sono state utilizzate fonti specializzate a conforto o integrazione delle informazioni rinvenute sul sito web aziendale. Ad esempio, per verificare l’eventuale presenza di un museo si è cercato riscontro anche nella banca dati creata da Museimpresa, l’associazione italiana degli archivi e dei musei d’impresa; per verificare l’eventuale creazione da parte dell’impresa di un archivio è stato considerato anche l’elenco degli archivi d’impresa nel Sistema Archivistico Nazionale (SAN); per verificare l’esistenza di una monografia è stato regolarmente consultato il data-base dell’Osservatorio monografie d’impresa (OMI); e così via.

Tale attività di rilevazione delle informazioni - sia da fonti interne all’impresa che da fonti esterne e “autorevoli”, secondo un approccio di triangolazione dei dati - si è rivelata particolarmente dispendiosa in termini di tempo. Le rilevazioni sono state, infatti, avviate a Novembre 2014 e si sono chiuse ad Aprile 2015. Tuttavia, l’approccio utilizzato ci ha consentito di avere una discreta certezza della qualità e della puntualità dei dati raccolti. Nei prossimi paragrafi vengono presentati e discussi i principali risultati dell’indagine.

4. Risultati

In questa sezione vengono presentati i principali risultati ottenuti. Si tratta, come già scritto, solo di risultati preliminari, in quanto la rilevazione delle informazioni sulle imprese iscritte al Registro delle imprese storiche è un’attività tuttora in corso. In questa sede, ci si soffermerà, in particolare, sulle attività di heritage marketing realizzate dalle sole imprese medio-grandi inserite nel Registro.

4.1 Storytelling

La narrazione della propria storia attraverso parole e immagini è il primo - se si vuole “igienico” - elemento che è stato valutato. In particolare, nel tentativo di monitorare le diverse modalità di narrazione, sono stati verificati i seguenti elementi: la presenza della storia sul sito web istituzionale delle imprese; la pubblicazione di post inerenti la storia dell’impresa sui social network; l’utilizzo di video corporate sulle vicende dell’impresa; la pubblicazione di monografie dedicate alla storia aziendale.

La storia sul sito web

Non sorprendentemente è stato riscontrato un generalizzato utilizzo del sito web per narrare la storia aziendale: sono, infatti, 206 le imprese (l’87% di quelle indagate) che ricostruiscono sulle pagine del proprio sito le principali vicende che hanno segnato l’evoluzione del business. Da segnalare, comunque, che 10 imprese non hanno un sito e ben 21 imprese, pur avendo il sito, non hanno dedicato neppure un rigo alla propria storia. Questi ultimi risultati sono alquanto inaspettati