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Historia magistra vitae est: l’Accordo di Londra del 1953

All’indomani del secondo conflitto globale, la Germania si trovò nella necessità di rifondare tanto il proprio ordinamento politico quanto quello economico. Il Paese, com’è noto, affrontò la sua ricostituzione sotto il giogo dell’occupazione alleata. Il protettorato incise su di ogni matrice della nuova Germania (costituzionale, istituzionale, economico-sociale)65. Ciononostante, dopo

le prime difficoltà iniziali, e non senza una certa dose di contraddizioni66, la

Repubblica Federale s’incamminò verso gli anni del c.d. miracolo economico (Wirtschaftswunder)67. Tale periodo coincise con la lunga fase governativa a guida

cristianodemocratica: e dunque, lungo l’intera “era Adenauer”, cancelliere ininterrottamente dal 1949 al fino al 196368.

Quello che appare indiscutibile è che un’espansione così progressiva non sarebbe mai avvenuta, o quantomeno non nei termini in cui accadde, senza che la neonata Repubblica non avesse dapprima risolto il problema del suo consistente debito estero.

E, infatti, nel 1951, l’allora primo ministro Adenauer, in una missiva rivolta agli Alleati, pur riconoscendo la legittimità dell’esposizione debitoria pregressa, fece presente la necessità di addivenire a un accordo che tenesse nel giusto conto le precarie condizioni dell’economia tedesca69. Nel maggio del 1951, dando così

seguito alla richiesta germanica, Francia, Regno Unito e Stati Uniti costituirono un

65 Cfr. A. Somma, La dittatura dello spread: Germania, Europa e crisi del debito, Roma, 2014,

in particolare pp. 24 e ss.

66 Ivi, pp. 39-48.

67 Cfr. P. Sylos Labini, Osservazioni intorno al «miracolo» dell'economia tedesca, in Rivista

delle società, 1959, pp. 610-616; si veda pure W. Abelshauser, Wirtschaftsgeschichte der

Bundesrepublik Deutschland (1945-1980), Frankfurt am Main, 1983.

68 La guida cristianodemocratica proseguì fino al 1966 con il governo di Ludwig Erhard, già

Ministro dell’Economia negli esecutivi precedenti.

69 Cfr. R. A. Morales, The German Debt Settlement of 1953: Some Guidelines for the Current Debt Crisis, in D. Carreau, M. N. Shaw (a cura di), La dette extérieure, 1995, Dordrecht etc., pp. 79 e

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comitato tripartito cui affidare i negoziati. Verosimilmente, la componente alleata acconsentì all’apertura delle trattative nella convinzione che la Germania Federale avrebbe rappresentato l’avamposto principale (ideologico e fisico) contro la minaccia del “pericolo russo”70.

La composizione del debito estero tedesco si presentava alquanto stratificata. Procedendo per sintesi, una parte era dovuta in forza dei programmi di sostegno post-bellici di cui la ricostruzione tedesca si era avvalsa: così ad esempio per i finanziamenti legati al c.d. Piano Marshall. Una seconda voce riguardava i risarcimenti cui la Germania era tenuta in relazione alla prima e alla seconda guerra mondiale. Una terza posta di passivo era rappresentata dai prestiti contratti dalla Repubblica di Weimar (piano Dawes e piano Young) per ridurre l’ammontare degli indennizzi imposti dal Trattato di Versailles.

A complicare le cose, contribuiva poi l’eterogenea composizione dei creditori, tra i quali non mancavano investitori privati stranieri (europei e statunitensi); lo stesso dicasi per l’altrettanto variegata composizione delle valute di prestito71.

Dopo che le forze alleate decisero congiuntamente per una rinuncia parziale dei loro crediti, il 28 febbraio 1952, a Londra, si aprì la Conferenza di

ristrutturazione72. A una prima tornata relativa alle sole obbligazioni inter-statali,

fece poi seguito un secondo momento riservato alle istanze dei privati; questi ultimi rappresentati per il tramite di vere e proprie organizzazioni collettive.

Si decise pertanto di dar luogo a quattro differenti sotto-gruppi di negoziazione: i) debiti di guerra; ii) debiti di altra natura, purché a medio-lungo

70 «At the end of the year 1950 a new phase was about to open in the relations between the three Western Occupying Powers and the Federal Republic of Germany […] At the opening of this new phase it was natural that attention should be turned to the question of Germany’s foreign debts»; così

J. L. Simpson, The Agreement on German External Debts, in The International and Comparative Law

Quarterly, 1957, pp. 472-486, cit. a p. 472.

71 Un’attenta ricognizione dell’entità oggettiva e soggettiva del debito è rinvenibile in R. M.

Buxbaum, The London Debt Agreement of 1953 and Its Consequences, in H. E. Rasmussen-Bonne et al. (a cura di), Balancing of Interests, Liber Amicorum Peter Hay zum 70 Geburtstag, Frankfurt am Main, 2005, pp. 55-72.

72 Cfr. U. Rombeck-Jaschinski, Das Londoner Schuldenabkommen. Die Regelung der deutschen Auslandsschulden nach dem Zweiten Weltkrieg, Munchen, 2005, in particolare pp. 159 e

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termine; iii) debiti a breve termine; iv) debiti commerciali, e ogni altro debito non appartenente a nessuno dei primi tre insiemi73.

Nonostante si fosse optato per ricomprendere la stragrande maggioranza delle situazioni passive pendenti, rimasero invece esclusi – non senza polemiche – i crediti risarcitori reclamabili da quei Paesi, e dai loro cittadini, in guerra od occupati dal Reich nazionalsocialista (art. 5 dell’Accordo)74.

A conclusione delle trattative, si raggiunse un accordo che si può dire abbondantemente vantaggioso per il debitore sovrano. A tal riguardo, riassumendo i termini del trattato, fu stabilito che75: i) per il primo quinquennio

fosse dovuto il solo pagamento degli interessi; ii) quanto ai piani Dawes e Young, da un lato il tasso d’interesse fu ridotto, dall’altro si posticipò il pagamento degli interessi arretrati; iii) laddove l’economia fosse incorsa in serie difficoltà, la Germania avrebbe potuto richiedere delle consultazioni per un’eventuale rinegoziazione; iv) una parte dei pagamenti fu poi condizionata alla futura riunificazione delle due Germanie, dilatando così, di fatto, l’esigibilità dei crediti; v) in presenza di prestiti con c.d. clausole oro, si sostituirono tali disposizioni con le clausole dollaro76.

73 R. M. Buxbaum, op. cit., p. 64, in particolare n. 34.

74 Cfr. a tal proposito J. L. Simpson, op. cit., pp. 474 e ss. Invero, l’esclusione continua a

produrre, ancora oggi, discussioni e contenziosi. Nel contesto italiano la questione si è riaperta dopo la storica pronuncia della Corte Costituzionale n. 238 del 2014. Con quest’ultima, il Giudice delle leggi ha preso posizione sulla possibile immunità statale – negandola – a fronte delle azioni civili esperite dagli eredi di lavoratori coatti e/o deportati dal regime nazista. Peraltro, così statuendo la Corte ha innescato una sorta di conflitto con il giudice internazionale (CIG) che in passato aveva deciso, a favore della Germania, per un’immunità piena e assoluta. Pescando nel profluvio di commenti pubblicati dopo la decisione, si può rinviare, per tutti, a P. Pustorino, La

sentenza n. 238 del 2014 della Corte costituzionale: limiti e prospettive nell'ottica della giurisprudenza italiana, in Diritti umani e diritto internazionale, 2015, pp. 51–59; cfr. pure la

memoria depositata presso la Consulta dalla difesa civile, consultabile al link [http://www.forumcostituzionale.it/wordpress/wp-

content/uploads/2014/09/lau_bergamini.pdf]. Per un’analisi più composita ed esaustivadell’intera “vicenda” cfr. invece P. Veronesi, Colpe di stato. I crimini di guerra e contro l'umanità davanti alla

Corte costituzionale, Milano, 2017, in particolare, per ciò che qui interessa, pp. 91-140.

75 Il testo integrale dell’accordo è consultabile al link

[https://www.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/269824/Germ an_Ext_Debts_Pt_1.pdf]

76 Le clausole oro imponevano che il rimborso del credito (in valuta) fosse pari al valore in

oro della moneta al momento storico dell’emissione del debito; sostituendo il benchmark con il dollaro, nel frattempo in parte svalutato, si ottenne un consistente risparmio. Alla fine secondo le stime, la riduzione totale fu di circa la metà rispetto all’ammontare originario: a questo proposito, cfr. T. W. Guinnane, Financial Vergangenheitsbewältigung: the 1953 London Debt Agreement,

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I plenipotenziari tedeschi originariamente proposero una clausola di sospensione e salvaguardia ben più dettagliata. In particolare, si richiese di collegare l’andamento dei pagamenti ai valori della bilancia commerciale: laddove, lungo gli anni, la Repubblica avesse sofferto un serio disavanzo, le restituzioni si sarebbero sospese o addirittura ridotte in misura proporzionale. Alla fine, le controparti decisero per un vincolo meno stringente (art. 34 dell’Accordo)77.

Naturalmente, anche gli stessi creditori acquisirono a vario titolo una serie di benefici, non ultima la stessa applicazione, in luogo delle originarie circostanze di cambio, della “clausola dollaro”78.

Le condizioni di prestito, il più delle volte, furono veicolate da titoli proposti in contraccambio di quelli preesistenti (art. 15); l’operazione avrebbe comportato la novazione totale delle obbligazioni precedenti, tale per cui, a partire dall’accettazione dei creditori, si sarebbero generati rapporti del tutto nuovi di debito-credito (art. 16).

Ma il vero pilastro della transazione fu incarnato dal principio di c.d.

capacità di pagamento del debitore: sull’intera gestione s’impose quindi un

atteggiamento di evidente Realpolitik, specie da parte creditoria, abbandonando ogni velleitaria istanza di rimborso secondo le clausole originarie. Nel report che fece da canovaccio all’intera Conferenza si può leggere che l’accordo avrebbe dovuto «take in account the general economic position of the Federal Republic and

the effects of the limitations on its territorial jurisdiction; it should neither dislocate the Germany economic through undesirable effects on the internal financial situation»79. Dunque, principio di capacità di pagamento che, da una parte, ha

permesso alla Germania Federale di poter accedere a riformate e favorevoli condizioni di prestito, dall’altra ha irrobustito la solvibilità del debitore sovrano a tutto vantaggio della probabilità di soddisfacimento dei creditori.

Economic Growth Center Discussion Paper, n. 880, 2004, pp. 1-47, consultabile al link

[http://citeseerx.ist.psu.edu/viewdoc/download?doi=10.1.1.409.4733&rep=rep1&type=pdf].

77 Cfr., ad esempio, J. Kaiser, One Made it Out of the Debt Trap. Lessons from the London Debt Agreement of 1953 for Current Debt Crises, FES Paper, 2013, in particolare pp. 12-16; il paper è

consultabile al link [http://library.fes.de/pdf-files/iez/10137.pdf].

78 Molte delle valute di emissione erano gravemente svalutate: la sostituzione permise ai

creditori un certo margine di recupero per via dell’apprezzamento monetario.

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In merito allo scopo di negoziati e trattato, Il Tribunale Arbitrale, costituito dallo stesso Accordo per ogni eventuale contenzioso scaturito dal trattato, così si espresse: «The purpose of the Agreement was an attempt to achieve a compromise,

in the interests of all concerned, between the liabilities of The Federal Republic of Germany, wich, according to its own understanding, felt itself bound to settle the whole of German debt, and its actual economy capacity. A prerequisite of the fullfest possible settlement with its creditor was the recovery of the Germany econonomy»80.

L’esperienza degli accordi di Londra, tanto per l’equilibrata composizione cui si pervenne, quanto per gli sviluppi lineari e pacifici che ne seguirono81, è

diffusamente giudicata, anche nelle riflessioni più recenti, con favore pressoché unanime82. Da taluno, per la sua importanza, viene addirittura ricordata come: «the largest and most comprehensive multilateral debt restructuring conference in financial history83».

Al di là dei toni enfatici, a distanza di anni, una valutazione certamente si impone nei termini che seguono. In primo luogo, il modello londinese charisce quale sia l’effettiva posta in gioco allorquando si discorra di crisi debitorie sovrane, specie se di spessore internazionale. Tali fenomeni vanno ben oltre le “semplici” questioni di contabilità e bilancio: «this crisis involves a complex web of relationship

between debt, development, democracy»84. E il tutto si complica esponenzialmente

in un contesto globale indissolubilmente interconnesso; come del resto ampiamente dimostrato dall’intera storia delle crisi sovrane, e soprattutto dalla odierna contingenza europea.

Le evidenze del 1953 comprovano che la buona riuscita di ogni meccanismo di ristrutturazione passa inevitabilmente attraverso l’equilibrata ponderazione di tutti gli interessi (pubblici e privati) coinvolti85; diversamente, la scelta di

privilegiare esclusivamente uno solo dei soggetti del rapporto debitorio rischia di

80 Ivi, p. 94.

81 Il contenzioso, con oggetto i nuovi contratti di prestito, fu quasi del tutto assente: per una

ricostruzione sull’unica contesa di cui si abbia notizia, cfr. M. Waibel, Sovereign Defaults before

International Courts and Tribunals, Cambridge, 2011, pp. 75 e ss.

82 Cfr., ad esempio, A. Viterbo, I meccanismi per la risoluzione delle crisi del debito sovrano: alla ricerca di un difficile bilanciamento tra interessi pubblici e privati, in Diritti umani e diritto internazionale, 2014, pp. 351-370.

83 M. Waibel, op. cit., 2011, p. 147. 84 R. A. Morales, op. cit., p. 106.

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tramutarsi in un gioco a somma zero. Da questo punto di vista il parametro della capacità di pagamento si rivela un canone irrinunciabile86.

Ma se le cose stanno in questi termini, per conseguenza ulteriore, qualsiasi approccio che non si risolva in una gestione multilaterale è destinato inesorabilmente a fallire87: «in the context of global interdipendence, it is high time that we give preference anew to a multilateral approach to the debt problema as was done in the case of Germany»88.

In secondo luogo, cercando di meglio circoscrivere la “lezione” che si può trarre dagli accordi sul debito tedesco, alcuni insegnamenti appaiono più significati di altri. Le forze alleate confluirono unanimemente su di un obiettivo comune, rispetto al quale fu subordinata ogni altra decisione: ovverosia, l’intenzione di assumere un accordo che funzionasse da traino per la restaurazione economica tedesca. Tale obiettivo impregnò l’intero meccanismo: preparazione della Conferenza, organizzazione delle discussioni in seno alla stessa, ordini di priorità nella riduzione dei debiti, caratteristiche delle nuove clausole, e, da ultimo, il trattamento dei creditori privati.

Inoltre, prima dell’inizio dei negoziati, si portò a termine un’esaustiva ricognizione di ciascun rapporto obbligatorio a quella data pendente: ogni questione fu esaurita all’interno della procedura. Da quel momento in avanti, le relazioni tra la Germania (occidentale) e i suoi creditori “storici” sarebbero state regolate dal solo accordo finale. In sostanza, ci si mosse in modo analogo a quanto accade nelle fasi preliminari di una procedura concorsuale. E ancora: la scelta di precostituire un organismo arbitrale contribuì a disincentivare, in fase di esecuzione e da entrambe le parti, ogni inadempimento illegittimo, così come pure ogni successiva doglianza pretestuosa.

L’insieme delle “ricette” sperimentate nel 1953 da più parti viene invocato come una sorta di matrice capace di coniare un (primo) meccanismo di ristrutturazione – universale, o solo anche regionale – che possa definitivamente

86 Ibidem; cfr. pure A. Morales, op. cit., pp.95-96.

87 Cfr., in tal senso, M. Goldmann, S. Steininger, A Discourse Theoretical Approach to Sovereign Debt Restructuring: Towards a Democratic Financial Order, Max Planck Institute for Comparative Public Law and International Law, Working Paper, 2015, consultabile al link

[https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2683283].

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sottrarre debito e insolvenza statale dallo stato di natura nel quale sono immersi. Purtroppo, nulla di tutto questo è finora accaduto; semmai, come verificatosi per la crisi in area euro, si è preferito reiterare i vizi e le contraddizioni del passato89.

Indubbiamente, la preziosa lezione della Storia è rimasta inascoltata.