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1.5 Limiti della politica riformistica chruscioviana

1.5.1 I “balzi in avanti”

Il progetto politico di Chruščëv, così peculiarmente basato su metodi volontaristici di mobilitazione e sulla “volontà di ottenere ai costi più bassi e il più rapidamente possibile risultati spettacolari”45, cominciò presto a

mostrare i suoi limiti. La politica del “balzo in avanti” diede inizialmente qualche risultato, certo: le condizioni di vita della popolazione (specialmente quella urbana) erano migliorate, il terrore staliniano era finito, e l'economia aveva fatto qualche progresso. Ma per la sua stessa natura, un approccio di questo tipo non poteva che portare ad iniziative sempre più avventurose e a riforme sempre più azzardate, fino a sfociare in un'inevitabile crisi finale. Ed è proprio quel che accadde al settore a cui Chruščëv aveva dedicato più attenzioni, l'agricoltura, la cui parabola incarna in maniera esemplare il fallimento del percorso politico di Chruščëv.

Dopo gli inizi incerti, la campagna delle Terre Vergini cominciò a dare i suoi frutti: il raccolto del 1956 fu un successo sbalorditivo, e anche quello del

1958 si mantenne su ottimi livelli, ma con una migliore prestazione delle aree agricole già coltivate. Tutto questo portò alla convinzione che l'economia fosse sul punto di un grosso balzo e si cominciò quindi a riorganizzare più in profondità il settore agricolo, dando per scontato che tutti i problemi fossero ormai superati.

La prima riforma a cui si pose mano fu quella delle stazioni di macchine e trattori (SMT), in coerente prosecuzione con la politica di rafforzamento dei

kolchoz.46 Le SMT erano uno dei pilastri del sistema agricolo sovietico, ed

erano state create dallo Stato per mettere a disposizione dei kolchoz macchinari e operatori per lavorare la terra. Si era osservato che l'organizzazione del lavoro migliorava con l'assorbimento delle SMT da parte dei grandi kolchoz; con la riforma, portata a termine e resa operativa già nel 1958, si avviò quindi la liquidazione delle SMT e il trasferimento di tutti i macchinari ai kolchoz. Se la riforma poteva funzionare per i kolchoz più grandi, le cose cambiavano nettamente per quelli più piccoli. Si raccomandò quindi di applicare la riforma a questi ultimi due o tre anni più tardi, ma in pratica tutti i kolchoz vennero obbligati ad assorbire le SMT ed entro un anno acquistare ciò che lo Stato aveva accumulato in decine di anni, facendo credito ai kolchoz più poveri. L'agricoltura sovietica non era pronta per un cambiamento così radicale: oltre ad acquistare i macchinari, i kolchoziani si videro costretti a costruire nuovi capannoni ed officine e a pagare i tecnici dei macchinari (prima salariati dallo Stato), esaurendo i fondi preposti alle spese produttive e di rinnovamento. Molti lavoratori delle SMT non passarono a lavorare nei kolchoz ma fuggirono in città in quanto avrebbero perso i loro privilegi di dipendenti statali (passaporto interno, e

46 Per un'analisi dettagliata della riforma delle SMT, cfr. Roy e Žores Medvedev, op. cit., pagg. 103-112.

quindi libertà di movimento, pensione, vacanze pagate, nonché un certo dislivello di salario). Deprivati di gran parte dei tecnici (soprattutto quelli più qualificati), i kolchoz non furono in grado di far fronte alla conservazione o riparazione delle macchine e per comprarne di nuove dovettero indebitarsi con la Banca di Stato47, ritardando ulteriormente i

lavori agricoli e spesso riducendosi sul lastrico. Senza contare infine la gravissima crisi che la riforma provocò all'industria delle macchine agricole, a cui non era bastato il reindirizzamento della produzione verso le Terre Vergini e l'esportazione.48

Anche la riorganizzazione delle colture e dei terreni agricoli cominciò presto a mostrare i suoi limiti. Il buon esito del raccolto del 1958 pareva confermare la bontà del progetto economico di Chruščëv; il nuovo Piano Settennale, avviato nel 1959, puntò quindi ad un incremento della produzione agricola senza precedenti, in cui il ruolo chiave sarebbe stato giocato dalle Terre Vergini.

Chruščëv era conscio che quella delle Terre Vergini non poteva che essere una soluzione temporanea; nelle sue intenzioni, le nuove terre dovevano essere riservate alla produzione di grano, lasciando alle tradizionali regioni dell'Ucraina e del Caucaso settentrionale la possibilità di essere modernizzate e convertite alla produzione di mais (fondamentale per l'aumento dell'allevamento e della produzione di carne). Nella realtà dei fatti, le Terre Vergini ebbero sempre la priorità (e d'altronde, i risultati giustificavano questo sforzo: per quasi tutto il periodo i raccolti delle nuove

47 A questa situazione si tentò di porre rimedio con la creazione, nel 1961, dei Sel'choztechnika (centri di servizio di assistenza tecnica), dove confluì gran parte dei tecnici che nel '58 avevano abbandonato le campagne in cerca di migliori opportunità. Tuttavia, ancora nel 1964 non erano in grado di affrontare la metà delle riparazioni. Cfr.

ibid., pag. 112.

terre rappresentarono più del 40% della produzione agricola sovietica49),

assorbendo il grosso dell'impegno e delle risorse riservate allo sviluppo dell'agricoltura, tanto che di fatto costituirono un ostacolo allo sviluppo e alla modernizzazione delle regioni centrali. Chruščëv provò ad ottenere maggiori investimenti per la modernizzazione dei macchinari e dell'industria chimica dei concimi nell'ambito del Piano Settennale, ma dovette fare i conti con gli interessi dell'industria pesante e degli armamenti; di fatto, gli investimenti diminuirono portando ad una grave carenza di macchinari, ulteriormente aggravata dall'abolizione delle SMT.

Anche la campagna del mais, che nel programma di Chruščëv doveva rivestire un ruolo fondamentale nell'incremento del bestiame, cominciò a rivelarsi controproducente. Il mais difatti richiedeva molto lavoro (la manodopera necessaria era tre volte quella che sarebbe servita per la coltivazione del frumento, tanto che spesso vennero mandati a lavorare operai ed impiegati) e terreni e condizioni climatiche ben specifiche, non presenti ad esempio in Siberia o nelle regioni settentrionali – senza contare la totale inadeguatezza degli strumenti agronomici e dei concimi. Ciononostante, le pressioni per estendere la coltura del mais si intensificarono (soprattutto dopo le promesse di Chruščëv di triplicare gli ammassi di carne): nel giro di pochi anni le superfici coltivate a granturco raddoppiarono50, ma dato che i terreni erano spesso inadatti il rendimento fu

scarso ed antieconomico. La nuova coltura fu introdotta in maniera indiscriminata e disordinata, andando spesso a rimpiazzare coltivazioni tradizionali e di miglior resa; gli appezzamenti lasciati a riposo e la coltivazione di erba per il fieno vennero ridotti drasticamente, provocando

49 Donald Filtzer, The Khrushchev Era: De-Stalinisation and the Limits of Reform in the

USSR: 1953-1954, cit., pag. 45.

di fatto l'abbandono di oltre un terzo delle superfici prative e la cancellazione un'enorme quantità di terreno dall'impiego agricolo.51

L'incremento di foraggio per gli allevamenti sotto forma di mais fu controbilanciato in negativo dalla forte riduzione degli ammassi di fieno, portando sempre più lontano la meta di aumentare la produzione di carne. Dopo anni di propaganda incessante ed estensione forzata della coltura del mais, non solo non si erano raggiunti risultati apprezzabili nell'aumento delle forniture di carne, ma la maggior parte dei kolchoz e dei sovchoz erano in perdita, tanto che lo stesso Chruščëv nel '61 ammise che non in tutte le zone il granturco rappresentava una cultura vantaggiosa. La “rivoluzione del mais” si stava rivelando un sonoro fiasco, e un grave danno per l'agricoltura sovietica nel suo insieme.