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I Cartolari, primi editori perugini (1499-1559)

Baldassarre di Francesco cartolaio a Perugia

Quando, nel 1471, veniva costituita la prima compagnia di stampa, i soci fissavano la sede dell’officina in una delle case di Baldo di Matteo Baldeschi «posta nela piaza maiure a lato Baldassarre de Francesco»1. Originario di Papiano, paesino del contado meridionale di Perugia, Baldassarre di France- sco s’era trasferito in città intorno al 1442: nel 1467, infatti, nel chiedere la cittadinanza perugina, egli sosteneva d’avere vissuto e lavorato a Perugia per tutti i venticinque anni previsti dagli Statuti. Quanto al lavoro, disse di aver quasi sempre esercitato, e ancora esercitava, l’«arte de fare carte et coiame», il mestiere di fare pergamena e cuoio. Fu solo con l’acquisizione dello status di cittadino, però, che egli poté aspirare ad entrare nella relativa corpora- zione, cosa che gli costò ancora quattro anni. La sua iscrizione all’Arte dei Cartolari è datata 14712. Una gavetta lunghissima, quella di Baldassarre, fatta per dissodare un terreno che avrebbe poi dato buoni frutti ad almeno due generazioni. Quando fosse riuscito ad aggiudicarsi l’affitto di una bottega tra quelle di proprietà della Camera Apostolica non si sa con certezza. Sicura- mente egli l’occupava nel 1480, quando una «Camera sita sub scalis palatii domini gubernatoris» risultava allocata a Baldassarre di Francesco e a un suo socio, per quattro anni, a cominciare dal 1 gennaio 1480.

L’affitto di uno stabile gestito dalla Tesoreria era una condizione di fa- vore, per il prezzo dell’affitto, e per tutta una serie di condizioni che emer- gono da un’attenta lettura dei registri della Camera Apostolica. Il costo dell’affitto era fissato in 4 fiorini annui; quello imposto alla prima società di stampa, nelle case poste proprio accanto alla bottega di Baldassarre di Fran- cesco ammontava a 24 fiorini, sei volte tanto. Non solo: il fiorino usato per

1 ASPg, Notarile, Protocolli, 203, c. 154r. 2 Statuti dell'Arte dei Cartolari 1987, p. 65.

definire i prezzi era in realtà una valore nominale, da tradurre sempre in mo- neta circolante, i bolognini, il cui cambio usuale era di 40 bolognini per cia- scun fiorino. Nella gestione dei suoi immobili, però, la Tesoreria Apostolica sembrava applicare altre condizioni, evidentemente di favore se paragonate a quelle di mercato, fissando il cambio a 36 bolognini. E ancora, sempre scorrendo le registrazioni lasciate dagli ufficiali della Tesoreria, si scopre che, di quando in quando, al locatario era concesso di onorare i suoi impegni con modalità diverse dal versamento di denaro contante. In alcuni casi gli venivano riconosciute spese effettuate per riparazioni dello stabile; naturale certo, ma a quali condizioni!

Nel 1487 risultò che Baldassarre avesse speso per sistemare la stanza 25 fiorini e 68 soldi, al cambio di 40 bolognini a fiorino; questi però venivano registrati secondo il cambio di 36 bolognini a fiorino, sicché la somma che egli risultava avere versato era di fatto di 28 fiorini e 48 soldi3. Infine, il trattamento di maggiore favore, la possibilità di pagare l’affitto in fornitura di beni evitando quindi di attingere alla cassa: fogli di pergamena, registri, libri economici, materiali di cui gli uffici della Tesoreria apostolica avevano necessità per la tenuta dei conti, per la cancelleria. Al cartolaio si dava così la possibilità di tenere per sé il contante, bene sempre rarissimo, e contem- poraneamente di allocare le proprie mercanzie. Nel darne conto, l’ufficiale della Tesoreria Apostolica si trovava così a descrivere, nei registri econo- mici, quei registri stessi che il cartolaio gli aveva fatto avere come pagamento dell’affitto4.

Baldassarre ebbe tre figli: Pietro Paolo, Gaspare e Francesco. Molto poco si sa del primo, ma Gaspare entrò nell’ordine domenicano mentre Francesco affiancò il padre nella gestione della bottega. Nei registri della Camera il suo nome cominciò a comparire accanto a quello di Baldassarre nel 1487. La separazione di ruoli tra i due fratelli non significò una separazione nella fa- miglia, anzi. Nel 1491 la donazione di un terreno fatta a favore di Francesco da parte dello zio Giovanni di Cola, si accompagnava all’obbligo di versare un vitalizio al fratello Gaspare, all’epoca già frate5. Questi, a sua volta, 3 «Constat dictum Baldassarrem convertisse et expendidisse in aconcime et reparatione

dicte camere de anno 1487 florenos vigintiquinque et soldos sexagintaotto ad rationem XL

bolonenorum pro quolibet floreno qui sunt ad rationem XXXVI bolonenorum pro quolibet floreno floreni XXVIII et sol. XLVIII ideo mandato domini thesaurari die III iulii 1488 ex

computum in dicta pensione dictam summam fl. XXVIII sol. XLVIII» (ASPg, ASCPg, Camera Apostolica, reg. 16, c. 99r).

4 «Constat dictum Baldassarem solvisse die XXIII maii 1492 in scomputum duorum

librorum datorum ser Tancio Nicolai notarii Camere anno 1490 et 91 soldos 94 fl. sol.

LXXXIIII» (ASPg, ASCPg, Camera Apostolica, reg. 16, c. 99r).

avrebbe in più occasioni trovato modo di intervenire in favore dei familiari, sia del fratello che poi, più avanti, dei nipoti.

Francesco di Baldassarre, bibliopola ed editore

Cresciuto nella bottega paterna, Francesco era un giovane uomo quando lì accanto veniva allestita la prima stamperia6. Non sappiamo se fossero loro a fornire la carta ai tipografi; certo dovettero notare l’incremento nell’uso di quella materia prima. Sappiamo invece che Francesco seppe inserirsi assai bene nel solco tracciato dal padre, di cui continuò l’attività, per poi, via via, ampliarla. Prima allargò i commerci, da pergamena e carta ai libri per poi reinventarsi e produrre libri lui stesso. Fece tutto andando per gradi, senza scossoni, soprattutto costruendo o rafforzando condizioni favorevoli di par- tenza.

La prima di queste condizioni era l’affitto della bottega «cum duobus ho- stiis» (a due porte) sita sotto le scale del palazzo del Governatore, affitto che egli rinnovava, oramai da solo, nel 1494, e che continuò a rinnovare regolar- mente, per periodi quinquennali, per l’intera sua vita. Seguendo le orme del padre, Francesco si iscrisse all’Arte dei Cartolari, prendendo parte attiva- mente alla vita associativa che gli consentì di assumere incarichi sia nella corporazione che nel governo cittadino: nel 1493 era priore per il rione di porta santa Susanna, dove era iscritto7.

nel convento di san Marco di Firenze, dopo una prima formazione avvenuta forse nel convento Perugia, quando doveva avere 20 anni, avendo 66 anni nel 1530 quando sicuramente morì. Una scheda biografica, basata sulle cronache dei conventi (Firenze, Bibl. Laurenziana, S. Marco, 370, c. 171r e Perugia, Bibl. Augusta, ms 1141, c. 70rv) è approntata da Emilio Panella OP (http://www.e-theca.net/emiliopanella/). Sembra chiaro che frate Gaspare aiutò, o magari spinse, suo fratello ad espandere l’attività in direzione della stampa, anzitutto con consistenti anticipi di denaro, anche nella forma di posticipi della riscossione. Ne sono testimonianza due quietanze che Gaspare rilasciò al fratello tra 1501 e 1502, la prima relativa a 18 ducati, 14 dei quali liquidati con libri (ASPg, Notarile, Protocolli, 396, cc. 301v-302r). La seconda chiudeva un primo importante bilancio, essendo relativa a 60 ducati dovuti anche per la porzione dell’eredità paterna, disponibile presumibilmente già da un decennio (ASPg, Notarile,

Protocolli, 397, cc. 5rv).

6 Una prima versione della storia di Francesco Cartolari che qui si racconta è uscita in

inglese: Panzanelli Fratoni 2018. La più aggiornata delle voci biografiche compare in DETLI, a firma di Rosa Marisa Borraccini e Alessia Perotto.

7 Marinelli Marcacci et al., a cura di 1987, p. 17. I priori delle arti, la massima magistratura

cittadina, erano 10, due per ognuno dei cinque rioni identificati con i nomi delle porte, secondo un sistema stabilito all’epoca del comune di popolo (seconda metà del Duecento), la classe produttiva organizzata nel sistema delle arti. L’appartenenza alla corporazione era quindi

A Venezia con Benali, l’inizio dell’attività di stampa

L’ampliamento dell’attività in direzione del commercio librario è testi- moniato da vari contratti, stipulati sia per la vendita di singoli volumi che per interi magazzini. Ma soprattutto Francesco allargò il proprio raggio d’azione recandosi egli stesso a Venezia, da dove aveva visto arrivare, già dai primi anni ’80, importanti forniture distribuite a Perugia nella bottega gestita da Lorenzo Berot e forse anche in altre. A Venezia è attestato la prima volta nel 1499 come bibliopola, però nel colophon di un volume, quello con cui dava avvio alla sua attività editoriale8. Non lo faceva da solo, ma appoggiandosi a uno stampatore/editore che aveva maturato una lunga esperienza, il berga- masco Bernardino Benali.

Il testo era quello di un’opera rimasta fino ad allora inedita, il commento al Sesto delle Decretali del perugino Filippo Franchi, canonista di fama che – si ricorderà – aveva affiancato i due principi del diritto (Bartolo e Baldo) nella triade con cui si apriva la stagione della stampa a Perugia. Perugino di nascita, Franchi aveva insegnato a Pavia e Ferrara, prima di tornare nella città in cui era nato e dove morì. La sua lettura alle Decretali attendeva ancora di essere pubblicata e ne esisteva un eccellente manoscritto, corretto dall’autore stesso come si legge nella dedica indirizzata da Eugenio Crispolti a Baglione Montevibiani, avvocato concistoriale e alta personalità di curia9.

I concetti di autografia e originalità erano sottolineati anche nella pagina del titolo, stampata tutta in rosso10; sul verso, in calce alla dedica era invece menzionato il privilegio decennale ottenuto dal Senato Veneto. L’Eugenio Crispolti che firmava la dedica era quasi sicuramente un discendente dell’au-

da Bartoli Langeli in: L’invenzione della biblioteca, p. 34.

8 «Explicit aureum et perutile opus super Sexto Iuris vtriusque monarce domini Philippi

Franche [sic] de Perusia. Impressum Venetiis, mira impensa Francisci Bibliopole de Perusia necnon Bernardini Benalij Cura tamen et eximia diligentia ipsius Bernardini benali. Cum priuilegio ne quis audeat imprimere per decennium sub pena in eo contenta. Anno Domini. M.ccccxcix.» (ISTC if00280600).

9 «Magnifico ac preclaro utriusque iuris doctori domino Balliono Vibiano patricio

Perusino sacri apostolici Consistorii advocato dignissimo, Eugenius Crispoltus Perusinus optat felicitatem. Daturus in lucem tantopere affectatos clarissimi utriusque iurisconsulti Philippi Franchi Perusini in Sextum Decretalium volumen commentarios [...] Accipies igitur tot lucubrationes, tot luculentas interpretationes […] non ab audacibus ac falsis correctoribus emendata. Sed auctoris propria manu correcta, et severiori calamo castigata. [...] Hanc igitur editionem tue celsitudini dicamus. [...]» (a1v).

10 «Prima lectura Iuris Utriusque monarce domini Philippi Franchi super sexto libro

Decretalium manu propria ipsius doctoris scripta atque castigata nouiter impressa cum priuilegio.» (a1r)

tore, essendo questi sposato con una Antonia Crispolti e il manoscritto emen- dato dall’autore medesimo era stato recuperato probabilmente nell’archivio di famiglia e aspettava solo di essere mandato alle stampe. Può ben essere quindi che si fossero rivolti a Francesco di Baldassarre per un consiglio e che questi cogliesse l’occasione per prendere parte all’iniziativa, oltre a proporla a Benali. L’investimento era meritevole: per l’originalità del testo; per un pubblico potenziale diffuso in almeno tre città (quelle in cui il Franchi aveva insegnato); per l’appoggio di personalità rappresentative dell’aristocrazia lo- cale, come erano Crispolti e Montevibiani, a garanzia dell’investimento; non da ultimo per il privilegio ottenuto dal Senato Veneto.

Francesco di Baldassare e Bernardino Benali lo avevano chiesto per tre testi complessivamente, tutti ancora inediti: (1) la Lectura di Franchi; (2) il trattato De regulis iuris in Sexto, dello stesso autore; (3) le opere inedite di Pier Filippo Della Cornia, in particolare i suoi Consilia11. A Venezia furono stampate soltanto le prime due opere, la seconda delle quali recava una de- dica a Marin Sanudo a firma del solo Bernardino Benali il cui ruolo, se ne deduce, superava quello della stampa12. Molto poco si sa, in effetti, degli accordi tra lui e il bibliopola perugino, ogni informazione è tratta dai parate- sti delle due edizioni che realizzarono insieme, dove si chiarisce che France- sco di Baldassarre aveva sostenuto tutte le spese mentre il Benali aveva stam- pato i volumi. Non si sa come avevano pensato di dividere i risultati del lavoro né si conoscono le ragioni della rottura dei rapporti, resa manifesta dalla mancata realizzazione del programma presentato al Senato Veneto. Una spiegazione la offre forse la comparsa sul mercato dell’edizione di un 11 «Serenissimo Principe et Ex.mo Dominio. Supplicano humelmente [...] Francesco di

Baldassari da Perosa, et Bernardin di Benali da Bergamo, stampadori in Venetia, li qual, havendo cum grandissimo studio et spesa, trovate alcune opere nove in jure, mai più impresse, videlicet le opere de messer Philippo Franco da Perosa super sexto Decretalium, et quel Tractato De regulis juris in sexto et tute le opere de messer Pietro Philippo di Corgni, overo Corgna da Perosa in jure, zoè quelle che non sono mai impresse, et maxime li suoi Consegli [...] Ideo se supplica de singular gratia ala Subl.tà vostra li concedi che niun altro, cha li ditti Francesco et Bernardin, possa quelle stampar, né far stampar [...] et si in altri luogi fusseno stampate non se possino vender, né portar, in algun luogo de vostra Subl.tà per fino a ditti anni diece, sotto pena de perder le opere et ducati do [...]», privilegio concesso in data 30 luglio 1499. Reso noto in Fulin 1899, il testo è ora interamente consultabile nella base dati

Early Modern Book Privileges, sviluppata nell’ambito del progetto ERC EMoBooktrade

diretto da Angela Nuovo (http://emobooktrade.unimi.it/). Frutto del lavoro sui privilegi librari è anche il recente volume a cura di Erika Squassina e Andrea Ottone ().

12 «Bernardinus Benalius Bergomensis, magnifico et generoso viro domino Marcho

Sanuto. Illu. d. senatori, advocatori dignissimo, Salutem. Cogitanti mihi sepenumero, animoque revolventi vir consummatissime cui potissimum dicarem aureum hoc opusculum domini Philippi Franche de Perusia superutillimo, ut ipse nosti et contingibili titulo de reg. iur. in. VI. [...]» (ISTC if00280650, A2r).

altro testo di Filippo Franchi, un breve trattato sui testamenti, stampato senza altra indicazione che l’autografia del manoscritto: «Explicit solemnis Trac- tatu Eximii I.V. Doctoris domini Philippi franchi de Perusia: super Rubrica de Testamentis in vi. Nuper excerptus ex ipso originali manu ipsius doctoris scripto et emendato»; in realtà, come messo in chiaro nei repertori, non era altro che un estratto della Lectura in Sexto, ristampato come operetta a sé stante13.

L’edizione, anonima, è unanimemente attribuita a Benali e si può pensare che egli volesse mettere a frutto parte dell’investimento distribuendo auto- nomamente quell’estratto, di fatto infrangendo gli accordi con il perugino. Si tratta solo di un’ipotesi, non ancora supportata da evidenze. Quel che è certo, tuttavia, è che la terza opera pianificata (la più consistente, trattandosi di tutta l’opera inedita del Della Cornia) non venne realizzata a Venezia dalla joint- venture, bensì a Perugia dal solo Francesco di Baldassarre. A quell’impegna- tiva impresa egli si preparò, mettendo a segno in poco tempo un numero di risultati. Ancora a Venezia si associava ad un altro bergamasco, Antonio Zanchi, per la stampa di un breviario, ad uso francescano; un’edizione in rosso e nero di oltre 500 carte, che i due firmavano insieme14.

Francesco di Baldassarre riporta la stampa a Perugia

La società con Zanchi sembra essersi consumata con quell’unica edizione di un testo che non rientrava, comunque, nei piani del librario/editore peru- gino, il quale aveva già mostrato quale fosse il suo programma: la trattatistica giuridica, cifra distintiva della città da cui veniva e nella quale egli sapeva di trovare materiale inedito che valeva gli investimenti necessari. Avendo lavo- rato per oltre venti anni nella bottega paterna, infatti, egli conosceva bene una clientela nella quale vi erano anche potenziali autori, come i docenti dello Studio.

Molto utili potevano rivelarsi altresì gli studenti e gli uomini di governo, gli uni come editors e correttori di bozze, gli altri come finanziatori e patroni. A Perugia la scuola giuridica resa famosa dai grandi del Trecento era ancora viva nelle discendenze intellettuali e di sangue. Uno sguardo al panorama dell’editoria giuridica del ’400 chiarisce bene la fortuna della produzione dei

13 Lo denuncia anche la segnatura dei fascicoli: G4 H-I8 K10, dove solo il primo fascicolo

era stato ricomposto (cfr. GW 10253, ISTC ih00281600).

14 «Iussu et impensis Antonij Bergomensis de Zanchis et Francisci de Balthasar de Perusia

perugini, in cui spiccano certamente Bartolo e Baldo (il primo uno degli au- tori più stampati in assoluto, con circa 200 edizioni; l’altro in buona posi- zione con 75 edizioni), ma in cui sono anche i fratelli e i nipoti di Baldo (Angelo, Pietro, Niccolò), Filippo Franchi, Angelo Perigli, Pier Filippo Della Cornia e altri, le cui opere sono pubblicate, oltreché a Perugia (e non tutte a Perugia), a Milano, Pavia, Siena e, naturalmente, Venezia.

In circa trent’anni di attività molto dunque era stato messo in circolazione, e di cosa fosse disponibile sul mercato il libraio/editore Francesco di Baldas- sarre aveva buona contezza. È probabile che conoscesse personalmente gli autori o familiari ed eredi e aveva occasione di cercare eventuali manoscritti inediti, come sembrava essere accaduto con le letture di Filippo Franchi. Una circostanza simile si verificò con gli scritti di un altro giurista, Angelo Peri- gli. Morto ancora giovane, nel 1447, a causa di una grave obesità, Perigli aveva insegnato diritto civile a Padova15. Baldo e Periglio, rispettivamente figlio e nipote del giurista, ritrovati in casa manoscritti delle sue opere pen- sarono bene di farne l’edizione accordandosi con Francesco di Baldassarre.

I testi, ancora inediti, erano un commento alla seconda parte del Digesto Inforziato, e due repetitiones, frutto delle lezioni padovane tenute in concor- renza con il celebre Paolo di Castro, e che venivano ora pubblicate nell’am- bito dell’accademia perugina; tutto dichiarato nel titolo16. Un lungo colophon serviva a dichiarare le responsabilità della realizzazione materiale del vo- lume; sappiamo così della collaborazione con Damiano Gorgonzola, fratello del più noto Niccolò, cui era stata affidata la stampa del volume. Nel colo- phon si annunciava il piano di pubblicare anche i commentari dello stesso autore alle altre parti del Digesto17.

15 Voce in DBI e DBGI di F. Treggiari e M.A. Panzanelli Fratoni;

16 «Aurea lectura acutissimi ac celeberrimi I.U. monarce domini Angeli Periglis Perusini

sup. II. infortiati. Collecta in almo Gimnasio Patauino. In eisdem iurium lectionibus cum domino Paulo de Castro concurrentis nuperrime edita. ac pro communi omnium utililitate in alma Perusina Academia condita. De legatis. i. secundo et tertio cum duabus eiusdem repetitionibus. videlicet Repetitio lege Cum filio Repetitio Lege Nemo potest De legatis primo» (a1r).

17 «Explicit lectura excellentissimi U.I. monarce domini Angeli de Periglis de Perusio,

super Secunda Inforziati Impressa Perusii per Damianum Mediolanensem de Gorgonzola. Industria tamen sumptibus et expensis Francisci Baldasaris bibliopole de Perusio, qui cum presenti anno. Comuniter per studia Ytalie legatur ordinarie in Secunda parte Inforziati. Ideo curavit ut presens opus primo imprimeretur et Deo favente intendit annis sequentibus curam et diligentiam adhibere, ut scripta eiusdem excellentissimi doctoris super prima et ii. Digesti Novi ac etiam super Prima Inforziati secundum occurrentiam ordinariorum imprimantur ut hoc novum ac per utile opus iuris professoribus pandatur. M.cccc. die ultima septembris» (m8r).

In calce, per la prima volta, faceva la sua comparsa la marca editoriale che Francesco di Baldassarre aveva elaborato per sé stesso: una grande ini- ziale F posta sotto una croce latina ancorata e accerchiellata (ovvero con le aste terminanti a ricciolo), con quattro punti all’incrocio delle aste. Tutto bianco su fondo nero e in cornice18.

L’intera operazione nasceva inoltre nell’ambito di relazioni commerciali consolidate che i Perigli avevano avviato con i fratelli Battista e Silvestro Torti «mercatoribus librorum in stampis in civitate Venetiarum». I Torti erano anche tra i principali (se non i principali) produttori e distributori di quelle edizioni giuridiche che trovavano un pubblico scelto tra i membri dell’accademia perugina19. I rapporti sono testimoniati dal 1489 quando Baldo Perigli affittava a Paulo Catanio da Novara, che agiva anche per conto dei fratelli Torti, una bottega posta nella piazza maggiore per 10 ducati d’oro veneziani all’anno20.

Anni dopo Francesco di Baldassarre, nel tentativo di rafforzare la propria posizione allargandosi a controllare anche i punti vendita dei principali di- stributori, acquistava in blocco il magazzino dei Torti; lo faceva durante uno