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Steffen Arndes, 1481-82 Da Amburgo a Lubecca passando per Perugia

Stephanus Aquilanus de Saxonia: le prime tracce di Arndes a Perugia Fu probabilmente a Perugia che l’amburghese Steffen Arndes, in seguito il maggiore editore di Lubecca, fu avviato al lavoro di stampatore, facendo, come si dice, la gavetta presso la bottega di un tipografo pure proveniente d’oltralpe: Johannes Krag «de Alamania alta». Mentre però quest’ultimo non sembra aver lasciato molte tracce della sua attività, per lo meno a Perugia, Arndes in pochi anni fece una vera e propria scalata che da garzone lo tra- sformava in editore.

Lo vediamo comparire la prima volta in un atto di cessione di diritti che Krag aveva maturato nei suoi confronti; li donava a un personaggio che pure abbiamo già incontrato, Giovanni Ferranti di Rocca Antica e nell’atto com- pariva anche Vydenast in qualità di fideiussore1. Arndes vi era citato come «Stephanus Aquilanus de Saxonia», appellativo che si giustifica per la vici- nanza del cognome con la parola comune che in antico sassone significa ap- punto aquila2. Era il 19 aprile 1477, meno di un anno dopo Arndes si metteva

1 «Magister Johannes Kereg de Alamanea alta, impressor librorum, in civitate Perusii [...]

donavit domino Johanne Julii de Ferrandis de Rocha antiqua habitanti Perusii [...] omnia et singula iura et actiones […] quas dictus magister Johannes habet [...] contra et adversus Stefa- num Aquilanum de Saxonia. Qui iam se pepigit pro garsone cum dicto magistro Johanne [...] et contra ser Johannem Henrici olim de Alamanea nunc civem Perusinum ipsius Stefani fi- deiussorem [...]» (ASPg, Notarile, Protocolli, 209, 138r). La vicenda sembrava protrarsi fino al 1481 quando troviamo Petrus de Colonia agire come procuratore di Krag (qui ulteriormente variato in Brag) per la questione con Stefano impressor librorum. Nell’atto compariva anche un Bernardo de Guttemberg clericus bambergensis (ASPg, Notarile, Bastardelli, 825, 173v).

2 In antico sassone arns (forma che si trova in alcuni colophon) sta per il tedesco adler,

cioè aquila. Lo suggeriva Lange 1907, al quale si deve anche la proposta di identificare Steffen Arndes con Stefano da Magonza, già collaboratore di Numeister, che Lange disse formato nientedimeno che alla scuola di Gutenberg. La sua identificazione si basava sulla lettura dei documenti resi noti qualche decennio prima in Rossi 1868, ma che Lange conosceva per una

in società Johannes Johannis de Augusta, con il preciso ruolo di incisore (scultor). È possibile che si fosse specializzato nella produzione di caratteri, e la società con Johannes nasceva con i migliori auspici: sei anni di fattiva collaborazione nella produzione di caratteri e nella stampa. Le cose andarono in modo diverso, come abbiamo visto, anche se una collaborazione tra i due senz’altro ci fu, lo dimostrano i documenti sulla stampa dei breviari, ed è probabile che nell’ambito di quella nascesse il set di caratteri gotici con cui Arndes stampò le sue edizioni perugine3. Va subito detto, infatti, che delle dieci edizioni che vengono oggi ricondotte a lui, la metà reca chiaro il suo nome, l’altra metà è invece priva di riferimenti e tra le ragioni di questo può anche esserci il fatto che quelle edizioni venivano stampate con il carattere realizzato da lui, non anche necessariamente da lui.

Incontri fortunati, collaborazioni felici e un ragionato catalogo

Indipendentemente dall’evoluzione dei rapporti con Johannes, Arndes sviluppò presto, e con maggiore oculatezza, una sua rete di relazioni. Il primo e più importante contatto lo strinse con due studenti, ancora una volta resi- denti nel collegio della Sapienza Vecchia: Levo Leve e Theodericus (ovvero Dietrich) Tzenen. Erano entrambi sassoni come lui che, diranno poi i colo- phon, veniva da Amburgo. Il rapporto con loro, che avrebbe avuto conse- guenze sul resto della sua carriera, è testimoniato in un solo contratto, venne stipulato il 3 ottobre 1480 per sancire la costituzione di una società di stampa, con decorrenza dal primo dello stesso mese e durata illimitata, dato di per sé meritevole di attenzione. Più rilevanti ancora i termini del rapporto: i due studenti, infatti, si impegnavano a finanziare tutte le operazioni di stampa che via via sarebbero sorte secondo un programma la cui conduzione era

mediazione (Marzi 1900, pp. 407-453). L’accostamento con Gutenberg serviva a ammantare di prestigio la produzione di Arndes e la ricostruzione proposta da Lange fu suggellata da BMC: «If we are justified, as doubtless we are, in assuming that the ‘Stephanus de Moguntia’, ‘Stephanus Aquilanus de Saxonia’ and ‘Stephanus da Alamagna’ figuring in various records are all identical to one another and with Stephanus Arndes [...]. Having learned his craft at Mainz, he subsequently found employment with Neumeister at his office in Foligno at the beginning of the 1470’s.» (vol. VI, p. xlvii). Le ricerche successive (Ricciarelli 1970, Veneziani 2007) hanno definitivamente distinto i due personaggi e questa versione si legge nelle ricostruzioni più recenti, come Fabbri 2013 (ricca e utile, soprattutto per la seconda fase della carriera dello stampatore; per gli anni perugini Fabbri si appoggia alle ricerche documentarie di Ricciarelli ripetendone le segnature d’archivio, nel frattempo aggiornate). Alla bibliografia storica lì riportata si devono aggiungere Lohmeier 2002 e Warburg 1999 (1908).

interamente affidata ad Arndes. Questi si vedeva così riconosciuto il ruolo di responsabile unico della tipografia, la totale emancipazione dal controllo di altri operatori del settore come pure da notabili o mercanti del posto che, l’esperienza di Johannes insegnava, potevano risolversi in pericolosi condi- zionamenti4.

Al contrario quel primo rapporto avrebbe significato l’instaurarsi di un legame, con Levo Leve in particolare, che riportò Arndes in Sassonia, prima a Schleswig poi a Lubecca, a impiantarvi la più importante officina tipogra- fica attiva tra Quattro e Cinquecento. Vedremo; notiamo intanto l’accortezza di Arndes che nella società non s’impegnava a rifondere gli investitori, ma solo a lavorare bene e utilizzando mezzi propri; i guadagni sarebbero stati poi divisi a metà, tra lui e i due studenti5. In poche parole riusciva a farsi riconoscere l’impegno professionale, il suo e dei lavoranti, valutato al pari degli investimenti.

Nell’anno che seguì e in quello successivo, Arndes mise a segno cinque edizioni (più forse altre cinque in cui il suo nome non compare); in nessuna si legge il nome dei due studenti sassoni, il cui intervento, evidentemente, non veniva percepito come causa necessaria di un riconoscimento esplicito. In compenso Arndes assicurava piena visibilità a sé stesso e ad altri due com- pagni, Gherardus Thome de Buren e Paulus Mechter, con i quali sottoscrisse due delle edizioni più importanti tra quelle realizzate a Perugia: le costitu- zioni della Marca Anconetana (2 nov. 1481) e il Libro delle sorti di Lorenzo Spirito Gualtieri (1482).

Quest’ultima edizione segnò l’acme della produzione perugina di Arndes, con la realizzazione di uno splendido libro illustrato, in cui immagini e testo insieme formano l’opera, un gioco di società sulla fortuna e ciò che essa ri- serva. Una sintesi della cultura rinascimentale, col suo portato di sincretismo simbolico, tra figure bibliche e zodiacali, che Lorenzo Spirito confezionò in 4 «Die iii octobris [1480]. Actum Perusii in audientia Artis Taberne sita in capite platee

magne Perusine, iuxta ecclesiam Sancti Laurentii […] Dominus Levo Leve de Alamania videlicet de Saxonia studens Perusii in iure pontificio et dominus Theodoricus Tze[nen] de Saxonia studens Perusii in iure predicto et magister Stefanus Iannis de Aquila de Saxonia provincie Alamanie, habitator Perusii magister imprimendi libros […] contraxerunt […] societatem ad imprimendum libros pro tempore quod placuit dictis contrahentibus» (ASPg, Notarile, Bastardelli, 691, c. 313r).

5 «Et hoc fecerunt prefati domini Levo et Theodoricus quia prefatus magister Stefanus [...]

promisit [...] exercere se in dicta arte imprimendi libros bene diligenter et bona fide et sollicite die noctuque [...] et in dicta societate retinere omnia et singula instrumenta [...] ad dictam artem que sunt dicti magistri Stefani et garzoni qui sunt necessarie [...] et omnia et singula lucra [...] debeant in dictas partes equales [...] dicti magistri Stefani et alia medietas sit et esse debeat dictorum dominorum Levonis et Theodorici [...]» (Ibidem).

terzine dantesche completando la redazione del testo il 10 gennaio 1482, come si legge nell’autografo, il quale però fu completato con le immagini solo una ventina di anni più tardi, da artisti della cerchia del Perugino6. In quello stesso 1482, invece, il libro veniva messo alle stampe, e le immagini (che costituiscono la metà del libro) realizzate con ricche xilografie e quindi stampate contemporaneamente al testo. L’insieme di queste circostanze spinge a credere che nella stampa l’autore collaborasse direttamente con lo stampatore, e mettendo a frutto la sua personale competenza, essendo lo Spi- rito anche copista, miniatore, buon conoscitore del mercato del libro mano- scritto7. Da notare che per stampare questo volume Arndes realizzò apposi- tamente un set di caratteri romani che non avrebbe più utilizzato e che erano certamente più adatti del suo gotico a replicare la grafia umanistica che l’au- tore aveva utilizzato per il manoscritto.

Una stretta collaborazione con Lorenzo Spirito aiuta a spiegare la costru- zione di un catalogo del tutto eccentrico rispetto al resto della produzione perugina di quegli anni. In esso si trovano infatti soprattutto testi letterari, sia in latino che in volgare, nella scelta dei quali Arndes non poté che essere guidato dai soggetti con i quali si trovò a collaborare. Oltre Lorenzo Spirito Gualtieri, il massimo rappresentante dell’Umanesimo umbro in lingua vol- gare, Arndes si confrontò anche con il maggiore dei classicisti perugini, Francesco Maturanzio, di cui pubblicò la prima edizione del De componedis versibus exametro et pentametro. Il trattato usciva il 16 giugno 1481, con dedica «ad Petrum Paulum Cornelium», ovvero Pietro Paolo (o Pier Paolo) Della Cornia, figlio del celebre giurista Pier Filippo8.

Il trattatello usciva con una serie di lacune, per le parti del testo che pre- vedevano parole in greco che avrebbero dovuto essere completate a mano; in compenso si apriva con un’aggraziata iniziale xilografica. Lo stile (lettera bianca su fondo nero decorato a bianchi girari e fiori simili a margherite) è lo stesso della grande L che apre il Quadriregio del decorso della vita umana, lungo poema in terzine dantesche composto da Federico Frezzi (m. 1416), già ampiamente diffuso da un consistente gruppo di manoscritti e di cui Arn- des stampò la princeps nel 1481: «Et impresso a Peruscia per Maestro Stef- fano arns almano nel M.cccc.lxxxi.».

6 Il manoscritto si trova oggi a Venezia, nella Biblioteca Nazionale Marciana (It. IX,

87=6226).

7 Sull’autore si veda la voce di Guido Arbizzoni in DBI, vol. 60 (2003).

8 Anni dopo Maturanzio produsse una prima biografia del giurista Pier Filippo, perché

fosse inserita in apertura all’edizione dei Consilia, stampati da Francesco Cartolari tra 1501 e 1502, su commissione dei figli Pier Paolo e Giulio Cesare.

La stampa del Quadriregio era chiaramente il frutto di un’operazione cul- turale precisa, una iniziativa che è difficile ricondurre al solo stampatore. Non ci sono documenti che informano sulla committenza e il testo fu man- dato alle stampe senza dediche né prefazioni; fu però privato significativa- mente della dedica dell’opera che l’autore aveva indirizzato a Ugolino Trinci signore di Foligno all’epoca della composizione. Chi consigliò o chiese ad Arndes di stampare il Quadriregio conosceva bene l’opera e probabilmente aveva visto più d’uno dei manoscritti che l’avevano veicolata per oltre mezzo secolo.

L’edizione a stampa si presenta infatti con caratteristiche che la fanno sembrare il frutto di uno studio comparato di diversi testimoni9. In assenza di precise attestazioni di responsabilità, è lecito supporre che la princeps del Quadriregio sia frutto dell’inventiva di un letterato colto, ma anche attento al mercato editoriale e non troppo distante dall’ambiente dell’artigianato cul- turale, quale era la stampa ma anche la produzione del libro manoscritto. Qualcuno quindi come Lorenzo Spirito Gualtieri la cui collaborazione con Arndes nasceva forse proprio con l’edizione del poema frezziano; nel corso dei lavori sul il poeta perugino (che era anche copista e miniatore) poteva avere saggiato le competenze dell’amburghese e dei suoi collaboratori e quindi elaborare insieme a loro la stampa del Libro delle sorti.

Nell’edizione del Quadriregio, oltre alla qualità della composizione si ha un assaggio dell’inventiva di Arndes proprio nella L iniziale, arricchita con uno scudo vuoto a testa di cavallo per ospitare le armi del primo possessore, proponendosi così in alternativa allo stemma in ghirlanda tradizionalmente posto nel bas-de-page. La proposta fu accolta solo da alcuni tra i primi pos- sessori ma piacque ai professionisti: la riproponeva, ridisegnata ma identica nell’idea, Antonio Zarotto nella seconda edizione (Milano 1488). Stampato senza precisare il giorno, il Quadriregio potrebbe anche essere la prima edi- zione perugina di Arndes, che nel corso del 1481, oltre a quelle già citate stampava anche: i Fioretti di san Francesco (2 luglio) e le Costituzioni della Marca Anconetana (21 novembre), ovvero Liber Constitutionum Sanctae Matris Ecclesiae editarum per dominum Aegidium episcopum Sabinensem, di fatto il testo delle leggi allora vigenti, costruite sul nucleo di quelle ema- nate dal cardinale Albornoz alla metà del secolo precedente. Entrambi i testi erano già stati pubblicati: i Fioretti già cinque volte, la princeps risalendo al 9 Il centenario della morte di Federico Frezzi ha offerto l’occasione per un’ampia serie di

studi sul Quadriregio e relativa tradizione, manoscritta e a stampa, ora raccolti in Laureti- Piccini, a cura di, 2020. Occupandomi della fortuna nelle antiche edizioni, ne ho prodotto un’analisi comparata dei testi e degli esemplari, della princeps esaminando tutti quelli noti (pp. 207-245, illustrazioni pp. 426-431).

1476. La princeps delle Costituzioni invece era stata pubblicata a Iesi nel 1473; quella di Perugia, tuttavia, presentava tutte le addictiones pubblicate dopo quell’anno, presentandosi così come la princeps per la parte relativa agli aggiornamenti. Questo di fatto è l’unico volume per il quale i due soci di Arndes, Leve e Tzenen, potevano avere competenza, essendo studenti di diritto canonico e per estensione interessati alle leggi vigenti nello stato del papa. C’è anche da dire che esse avevano un ragion d’essere fortemente pra- tica, e sarebbero state utili a tutti gli ufficiali in carica nei territori diretta- mente controllati dalla Chiesa, governatori, tesorieri ufficiali minori. Per mo- tivi molto diversi sia le Costituzioni che i Fioretti di san Francesco si presentavano così come due testi interessanti per un pubblico potenzialmente ampio, e comunque diverso da quello proprio dell’accademia, cui si indiriz- zava il prodotto di tutti gli altri stampatori attivi in quel momento.

Questa è la cifra che massimamente distingue Steffen Arndes dagli altri stampatori attivi a Perugia in quegli anni: l’originalità e l’autonomia di giu- dizio che egli manifestò, se non direttamente nell’individuare i testi da man- dare in stampa, nel trovare gli interlocutori giusti che lo aiutarono nella rea- lizzazione di un catalogo fatto quasi esclusivamente di edizioni principes o prime. Certo esso è assai ridotto, ma ciò si deve alla brevissima durata della sua esperienza perugina, risolta sostanzialmente nel biennio 1481-82 e la qualità complessiva della produzione di Arndes, sia dal punto di vista grafico che della scelta dei testi, fu presto confermata nel resto delle edizioni, che lui stampò a Schleswig e poi soprattutto a Lubecca, dove fu attivo negli utlimi anni del Quattrocento (per oltre 80 edizioni).

Una nota meritano infine i colofoni con cui lo stampatore venuto dal nord sottoscrisse le cinque edizioni impresse a Perugia, assicurandosi sempre piena visibilità, con attenzione a presentare il suo nome in accordo alla lingua del testo (latino o italiano); in un paio di casi facendosi accompagnare, come si diceva, dai nomi di Gerhard von Buren e Paulus Mechter, la prima volta in calce alle Costituzioni della Marca e poi nel Libro delle Sorti. In quest’ul- timo caso con enfasi accresciuta dalla posizione: i nomi dei tre soci, infatti, non si trovano al colophon, ma sulla prima pagina, che Arndes costruì come un complesso frontespizio, imitando, altresì arricchendola, la proposta lan- ciata sei anni prima da Erhard Ratdolt10.

Come nell’edizione veneziana, il titolo e i riferimenti all’autore si trovano in un componimento poetico, inclusivo di una giustificazione dell’opera che 10 A lui, com’è noto, si deve la stampa del primo frontespizio, che compare delle due

edizioni, in latino e italiano, del Calendario di Johannes Koenigsberg (Regiomontanus) stampate nel 1476 (ISTC ir00093000 e ir00103000).

era già nel manoscritto11. Qui però i riferimenti alle responsabilità editoriali sono complete di luogo e data di stampa12, e arricchite da un emblema, il grifo rampante simbolo della città di Perugia, apposto nel luogo che sarà poi della marca editoriale13.

Edizioni sine notis e nota finale

Oltre quelle qui citate i cataloghi attribuiscono ad Arndes altre cinque edizioni, prive tutte dell’indicazione del tipografo, e tutte, salvo una, anche delle date di stampa. L’attribuzione ad Arndes si basa sul carattere di stampa e la datazione proposta (sempre 1481) è proposta per analogia con le altre sue edizioni perugine. Ora è del tutto evidente che le due serie di informa- zioni, quelle certe e quelle ipotetiche, vanno tenute distinte e nell’ipotesi che le altre cinque edizioni siano da ricondurre ad Arndes si dovrà credere che esse venissero stampate non proprio nello stesso anno, a meno di voler pen- sare che in un solo anno egli fosse in grado di mandare in stampa dieci testi differenti. Io farei comunque una ipotesi ancora diversa: che quei testi venis- sero impressi con il carattere prodotto da Arndes – che come si ricorderà aveva iniziato la sua carriera come sculptor, incisore – non necessariamente dallo stesso Arndes. Naturalmente la mente corre anche a Johannes Johannis col quale aveva stretto un legame della cui rottura non si ha notizia.

Ad ogni modo, di queste cinque edizioni una si segnala per la particolare data di stampa: «Perusii feliciter impressum Apud sanctam Mariam de Mar- cato. M.cccc.lxxxi. Laus deo.», il riferimento è alla chiesa di Santa Maria del Mercato, che oggi esiste più ma era all’epoca luogo ritrovo naturale dei mem- bri della comunità accademica, trovandosi nella via che separa la piazza grande dalla piccola, ovvero dal Sopramuro su cui s’affacciava lo Studio. 11 Una premura dell’autore per ricordare che quello era soltanto un gioco da non prendere

sul serio, essendo il futuro conoscibile solo a Dio: «Per dare spasso ala fannata mente | E per volere laltrui otio schifare | E alquanto il mio adfanno aleuiare | Che per troppo disio lanima sente || Fuoro facte queste: non perche la gente | Debbia credere in tucto alloro parlare | Pigliatene piacere quanto vi pare | Credendo solo in dio omnipotente || Chi auesse disio volere sintire | Chi fu di queste sorte lo inuentore | Lorenzo spirito fu senza fallire || Adonqua non viuete in tanto errore | Che troppa fede vi facesse osscire | Del camino dricto delo eterno amore» (ISTC is00685500, a1r).

12 «Sorte composite per lo nobile ingegno de Lorenzo spirito perugino. Et impresse nella

Augusta citta de Perugia: Per opera et ingegno de maestro Stephano are[n]des de Hamborch: et de Paulo mechter || et Gherardo thome de Alamania compagni. Nelli anni del signore. M. CCCC. LXXXII. foeliciter. AVGVSTA PERVSIA.».

13 L’omaggio alla città era completato da due versi in latino solo in parte di chiaro

Significativamente ad essere stampata in quel luogo era un’edizione delle regole di grammatica di Guarino da Verona. Vicine per contenuto due edi- zioni datate semplicemente «Perusie»: le Elegantiolae di Agostino Dati, e il De raptu Proserpinae del poeta Claudiano, due testi utili allo studio del la- tino. Gli altri due testi ipoteticamente attribuiti ad Arndes sono in volgare e di carattere devozionale: una Storia del giudizio universale in quattro carte stampate con il suo usuale carattere gotico (ISTC ig00306800), mentre è di- battuta l’attribuzione di una Confessione generale, impressa con un gotico di corpo maggiore e conservata in un solo che GW attribuisce a Bartolomeo de’ Libri e data 1495 (ISTC ic00823200).

Per concludere: che fossero impresse da Arndes, o usando il suo carattere, le edizioni a lui ricondotte si caratterizzano per la scelta dei testi, quasi tutti di carattere letterario e con importanti presenze di opere in volgare e di prime edizioni. Se a questo si aggiunge che quasi tutte le edizioni si presentano