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Campania 79 Pisciottana, Carpellese, Ogliarola, Ravece

3.4. Aspetti macroeconomic

3.4.3. I comparti DOP e IGP

Il marchio DOP si applica a produzioni dove l’intero ciclo produttivo, dalla materia prima al prodotto finito, viene svolto all'interno di un'area geografica ben delimitata, e quindi, non è riproducibile al di fuori della stessa. Di assoluta importante è l'ambiente geografico di produzione che deve comprendere sia fattori naturali che umani (come tecniche di produzione e trasformazione), con i quali si ottiene un prodotto unico e inimitabile. Le due condizioni irrinunciabili con cui è possibile ricevere il marchio DOP, specificate dall'articolo 2 del regolamento CEE 2081/92, sono che le particolari qualità e caratteristiche del prodotto siano dovute, esclusivamente o essenzialmente, all'ambiente geografico del luogo d'origine, e che la produzione delle materie prime e la loro trasformazione fino al prodotto finito siano effettuate nella regione delimitata, di cui il prodotto porta il nome. In altre parole: un olio di oliva DOP deve essere fatto con olive prodotte e trasformate nella zona riconosciuta DOP.

L’Indicazione Geografica Protetta (IGP) è, invece, quel marchio di qualità che viene assegnato ai prodotti agricoli o alimentari dove una sola fase del processo produttivo ha un legame con la zona geografica di riferimento.

La sostanziale differenza tra Dop e Igp é che solo una fase del processo di produzione è necessaria per ottenere la denominazione IGP, mentre per la DOP sia il territorio che tutto il processo produttivo sono legati e condizioni irrinunciabili. Come per il marchio Dop, anche i produttori IGP devono attenersi alle rigide regole il cui rispetto è garantito da un organismo indipendente di controllo.

Degli oli di qualità riconosciuti quasi il 40% è rappresentato da marchi italiani, pari a 43 di cui solo uno è IGP, mentre più distanziati figurano altri Paesi come la Grecia (27) e la Spagna (26). La suddivisione regionale del numero di denominazioni continua a rispecchiare la specializzazione produttiva dell’olio in generale: la regione nella quale si registra il maggior numero di riconoscimenti è la Sicilia con sei denominazioni, seguita dalla Puglia, dalla Campania e dalla Toscana con cinque e da Abruzzo, Calabria e Lazio con quattro. Il comparto degli oli DOP e IGP presenta un numero di riconoscimenti piuttosto elevato, ma che non corrisponde ad un adeguato livello di produzione certificata e di fatturato.

3.5. La filiera dell’olio di oliva

L’olio d’oliva è il risultato di un lungo percorso che passa gradualmente da numerosi soggetti (olivicoltore, frantoi, punti vendita...) che caratterizzano la filiera dell’olio di oliva.

La filiera agroalimentare viene definita come “la somma di tutte le operazioni inerenti la produzione delle aziende agricole, l’immagazzinamento, la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti dell’agricoltura e dei beni di derivazione agricola”.

La filiera produttiva dell’olio d’oliva può essere segmentata, in base all’omogeneità delle attività, in quattro fasi:

• produzione agricola;

• industria di prima trasformazione; • industria di seconda trasformazione; • distribuzione dell’olio.

La fase di produzione agricola è legata alla coltivazione degli olivi e richiede vari interventi

essenziali che includono la lavorazione del terreno, la potatura, la concimazione, l'irrigazione, la difesa fitosanitaria e la raccolta delle olive. Parte delle olive prodotte è destinata all’autoconsumo, mentre una parte rilevante è ceduta ai frantoi per la trasformazione.

L’industria di prima trasformazione è rappresentata dai frantoi che producono le diverse

tipologie di olio secondo tecnologie più o meno tradizionali (pressione, centrifugazione, percolamento). L’industria molitoria procede alla molitura delle olive e alla selezione del prodotto ottenuto secondo criteri che definiscono diverse tipologie merceologiche di differente livello qualitativo. Si hanno prodotti primari (oli vergini) e oli secondari, detti anche “di risulta” (olio lampante e sanse vergini). Gli oli vergini sono quelli di più elevata qualità, mentre gli altri sono veri e propri sottoprodotti che necessitano di ulteriori fasi di lavorazione per essere venduti e consumati. Le operazioni di rettifica degli oli “di risulta” sono effettuate da raffinerie che stanno operando una fase di prima integrazione con i frantoi. Alcune imprese molitorie effettuano anche l’imbottigliamento e possono effettuare anche una vendita diretta a marchio proprio, tuttavia la maggior parte dell’olio prodotto, sfuso o imbottigliato, è destinata alla seconda fase di industrializzazione.

L’industria di seconda trasformazione è rappresentata da quella categoria d’imprese che

confezionano e vendono l’olio con il proprio marchio. L’olio può essere di produzione propria o meno; nel caso delle grandi imprese, quelle che superano in fatturato i 50 milioni di euro annui, l’olio è per lo più acquistato sul mercato, sfuso o imbottigliato. Le attività caratteristiche di queste imprese sono la selezione e l’analisi della materia prima; la formazione di blend, ovvero gusti caratteristici dell’olio attraverso la miscelazione di qualità diverse; il confezionamento e la vendita dell’olio. Per confezionamento s’intende l’applicazione di etichetta e marchio e l’implementazione di strategie di marketing e di comunicazione rivolte sia alla Distribuzione che al consumatore finale.

La fase di distribuzione dell’olio è caratterizzata da dinamiche distributive che, nel caso

dell’olio, sono assai diverse, considerando che permangono in Italia categorie molto diverse d’imprese. Al Sud, è ancora molto diffuso l’approvvigionamento diretto da parte dei privati presso il produttore. La Grande Distribuzione assorbe circa il 70% del canale domestico, mentre il dettaglio tradizionale ha una quota pari al 15%.

produzione e la commercializzazione dell’olio di oliva, attraverso un’analisi dettagliata delle attività principali, che iniziano con la messa a dimora delle piantine di olivo fino alla fase di commercializzazione, e che di seguito vengono descritte.

Coltivazione

L’impianto di un oliveto è un’operazione importante, in quanto è il momento in cui si prendono una serie di scelte, molte delle quali non potranno più essere modificate durante la vita dell’impianto.

La prima scelta riguarda il luogo dove un oliveto può sorgere. La sua determinazione dipende da molti parametri: il terreno, la giacitura, l’altitudine, la piovosità e l’insolazione.

Le distanze che devono essere rispettate per l’impianto sono determinate dalle condizioni ambientali, dalla meccanizzazione e dalle forme di allevamento. Una volta individuato il terreno e progettato l’impianto si procede alla sistemazione dei paletti per identificare i punti dove verranno inserite le giovani piante. Le piante che si acquistano per l’impianto devono essere in grado di garantire una rapida ripresa e crescere rapidamente per ridurre il periodo di non produttività.

Esigenze nutrizionali e fertilizzazione dell’oliveto

Lo scopo della fertilizzazione è quello di realizzare un adeguato equilibrio tra la crescita vegetativa e una produzione negli anni sempre elevata e costante. È evidente che fornire dei dati precisi sulle quantità di elementi nutritivi asportati dall’olivo è piuttosto difficile. Infatti, bisogna considerare le asportazioni della pianta per le formazioni vegetative e produttive annuali alle quali vanno aggiunte le quote di fertilizzanti trattenute dal terreno e allontanate dalle acque piovane.

In generale, le esigenze delle piante sono determinate dalla conoscenza di tre principali parametri: la capacità nutrizionale del suolo, le relazione terreno–pianta e le concentrazioni ideali dei diversi elementi.

Per stabilire la quantità di fertilizzanti da impiegare è necessario conoscere la produzione che l’impianto può annualmente fornire, il fabbisogno fisiologico della coltura, la disponibilità nutritiva del terreno e l’efficienza dei concimi impiegati. La concimazione dell’oliveto può essere divisa in tre epoche diverse di vita della pianta: Prima della messa a dimora degli olivi (concimazione di fondo); Durante il periodo di crescita (concimazione di allevamento); Impianto in fase di “regime” (concimazione di produzione).

La potatura dell’olivo

La coltivazione dell’oliveto ha lo scopo di adottare le piante alle esigenze dell’operatore e quindi aumentare e migliorare la capacità produttiva, adottare la forma delle piante alla

tecnologia operativa applicata e facilitare le operazioni colturali. La potatura è uno strumento essenziale per controllare la vegetazione e fruttificazione degli alberi. Anche se in genere si intende per potatura una serie di tagli periodici dei rami, il controllo della pianta si può realizzare anche attraverso delle curvature e piegature, trattamenti chimici ed altri interventi.

La realizzazione della tecnica della potatura ha delle origini antichissime ed il suo ricorso era basato sul massimo sfruttamento delle potenzialità produttive (foglie, legno e olive) della pianta, in un contesto sociale totalmente differente rispetto alle esigenze di oggi giorno. Quindi, partendo dal presupposto che la potatura deve essere eseguita per soddisfare le esigenze produttive e operative, ad oggi l’olivo deve essere realizzato per soddisfare le produzioni.

La difesa fitosanitaria dell’olivo

Le particolari condizioni geografiche che caratterizzano la nostra Penisola determinano differenti condizioni climatiche nei diversi areali di coltivazione dove viene coltivato l’olivo. Per mantenere elevati livelli di qualità della produzione di olio è opportuno un continuo aggiornamento sugli aspetti colturali ed in particolare della protezione fitosanitaria. Le diverse condizioni climatiche e colturali delle regioni italiane, creano nell’oliveto la formazione di un agro‐ecosistema dove gli equilibri fra le specie fitofaghe e i loro antagonisti naturali si mantengono a livelli soddisfacenti. È per questo motivo che nell’oliveto, in genere, non si interviene con massicce dosi di principi attivi per gli interventi di controllo, ma con interventi razionali che mirano al mantenimento di questa condizione favorevole. È importante, perciò, evitare il ricorso ad inutili interventi di difesa che, oltre a costituire un grave pericolo per l’operatore agricolo e per il consumatore, rappresentano una grave minaccia per la salvaguardia degli equilibri naturali presenti nell’oliveto.

Epoca di raccolta delle olive

L’epoca e i sistemi di raccolta influenzano notevolmente la qualità dell’olio (Marone, 2004). Infatti, obiettivo prioritario per gli olivicoltori deve essere la qualità dell’olio, che permette di essere maggiormente competitivi sul mercato e conquistare nuovi consumatori.

L’epoca della raccolta dipende da molti fattori, quali cultivar, ambiente, condizioni meteorologiche, gusti del consumatore e fattori pedologici. Per la determinazione dell’epoca di raccolta si può fare riferimento a diversi parametri: colore dell’epidermide; grado di molizione; ammorbidimento della polpa; resistenza al distacco della drupa.

Molti studi hanno dimostrato che il periodo ottimale è quello dell’invaiatura della drupa (passaggio di colore dell’epidermide dal verde intenso al bruno). Ritardando l’epoca di raccolta l’acidità libera tende ad aumentare. La tendenza di anticipare la raccolta delle olive è dovuta al fatto che l’olio migliore si ottiene dalle olive raccolte in una fase non avanzata della loro maturazione. Infatti, raccogliendo nel mese di novembre è stato riscontrato un miglior contenuto di acidi grassi insaturi, di sostanze antiossidanti e caratteristiche organolettiche migliori (gusto,

aroma, sapore...).

Sistemi di raccolta delle olive

La raccolta delle olive può essere effettuata attraverso vari metodi: Raccolta a terra; Brucatura; Bacchiatura; Pettinatura; Scuotitori meccanici.

La raccolta a terra è effettuata a mano o tramite delle macchine aspiranti sulle olive cadute spontaneamente in seguito al processo di maturazione. Di solito si utilizzano dei teli o delle reti sotto la pianta di olivo per impedire il contatto diretto delle olive con il terreno e il conseguente imbrattamento.

La brucatura è il metodo di raccolta migliore delle olive, ma anche il più oneroso. La tecnica consiste nella raccolta manuale delle olive, che hanno raggiunto il giusto grado di maturazione, dalla pianta.

La bacchiatura è un sistema di raccolta delle olive che consiste nel percuotere i rami degli olivi con delle pertiche.

La pettinatura è un sistema di raccolta che deriva dalla brucatura. Le olive vengono staccate dalla pianta attraverso l’uso di particolari strumenti (pettini). Le drupe vengono fatte cadere su delle “tese” distese sotto gli alberi e successivamente immesse negli appositi contenitori.

La raccolta meccanica è un sistema di raccolta che è molto diffuso, a causa degli elevati costi della raccolta manuale e della carenza di manodopera. L’esecuzione della tecnica richiede la realizzazione di forme di allevamento e sesti d’impianto che permettano la massima funzionalità delle macchine operatrici. È consigliabile il ricorso a cultivars che presentano la maturazione uniforme. Il distacco delle olive dalla pianta è dovuto a particolari scuotitori che sottopongono il tronco e le branche all’azione dello scuotitore. Le olive distaccate cadono su reti che ne consentono il raggruppamento.

Trasporto e conservazione delle olive

Le olive raccolte vengono messe in delle cassette di plastica forate per consentire l’arieggiamento del contenitore. Sono da escludere contenitori in legno o sacchi per la possibilità di attacco e sviluppo di muffe. Subito dopo la raccolta si consiglia di procedere alla molitura per ottenere un olio di buona qualità, al massimo la lavorazione può essere ritardata di 24‐48 ore dopo la raccolta. Ritardando eccessivamente la molitura si manifestano fenomeni di fermentazione.

Mondatura e lavaggio

La mondatura e il lavaggio delle olive sono operazioni fondamentali per ottenere oli di qualità. La lavorazione delle olive inizia con una prima mondatura, che consiste

nell’eliminazione grossolana dell’eccesso di foglie, rami e corpi estranei (la presenza di qualche foglia non pregiudica la qualità del prodotto e ne conferisce un sapore fresco, piccante e molto apprezzato dai consumatori). In caso delle presenza di grandi quantità di frutti non idonei e di “impurezze” può essere necessario effettuare una cernita molto più accurata. Le olive vengono sempre sottoposte all’operazione di lavaggio per allontanare foglie e terriccio attaccati alle drupe e che potrebbero danneggiare i macchinari.

Macinazione

La macinazione viene effettuata con lo scopo di rompere il maggior numero di cellule oleifere e quindi per facilitare la fuoriuscita dell’olio. La pasta che si forma per effetto della macinazione contiene il “mosto” oleoso, cioè un composto formato da un’emulsione olio/acqua. È necessario, durante questa fase, porre particolare attenzione ad alcuni accorgimenti: la polpa deve essere ben triturata, per consentire la fuoriuscita delle goccioline di olio dalle cellule oleifere; il nocciolo non deve essere triturato eccessivamente, in quanto i suoi frammenti legnosi dispersi nella pasta facilitano l’uscita del mosto oleoso dalla massa solida.

I frantoi a molazze vengono impiegati in quegli oleifici operanti con il sistema della pressione

e rappresentano il sistema di molitura più antico. Nonostante si presenta come una macchina ingombrante, costosa e con una velocità di lavorazione piuttosto lenta e discontinua, al frantoio a molazze viene riconosciuto il merito di ridurre i pericoli derivanti da inquinanti metallici, di realizzare una rottura delle cellule molto spinta e di favorire la formazione di gocce di olio di dimensioni maggiori rispetto ad altri metodi di frangitura.

I frantoi a martelli, sia fissi sia flottanti, hanno la caratteristica di operare una frangitura

rapida, ma tendono a vaporizzare una frazione della pasta rendendo necessaria la presenza di aspiratori per l’allontanamento dei fumi.

Ai fini di una buona riuscita dell’operazione è importante la presenza di frazioni di nocciolo che favoriscono, attraverso il drenaggio, la “spiaggiatura”, ossia la separazione tramite la centrifuga della parte liquida dalla parte solida.

Gramolatura

La pasta ottenuta attraverso la frangitura delle olive deve essere sottoposta all’operazione di gramolatura. Tranne per i frantoi a molazze, che di fatto sono macchine “frangi-gramolatrici”, tutti gli altri sistemi di frangitura richiedono questa operazione.

La gramolatura ha lo scopo di “aggregare” l’olio presente nella pasta al fine di ottenere delle gocce di volume più grande e che sono più facili da separare durante l’operazione di estrazione.

Per ottenere dei buoni risultati, occorre realizzare dei movimenti lenti della pasta in modo da far affiorare naturalmente l’olio ad una temperatura che comunque non superi i 28 °C. I tempi necessari per portare a termine la gramolatura possono variare in rapporto alle cultivars, al grado

di maturazione, alla pezzatura della pasta di olive, in genere 30 minuti sono un tempo medio. La gramolatrice è in assoluto la macchina dove più a lungo sosta la pasta delle olive, perciò è fondamentale la continua pulizia della macchina.

Estrazione

L’estrazione dell’olio dalla pasta delle olive viene eseguita con i seguenti procedimenti: Estrazione per pressione; Sistema SINOLEA; Estrazione per centrifugazione.

Nel sistema tradizionale, la pasta delle olive viene posta su uno strato di dischi filtranti, fatto

di fibre vegetali o sintetiche ad alta resistenza. Questi dischi sono impilati e intervallati con dischi di metallo si di una piattaforma con al centro un tubo forato. La pasta deve essere disposta in maniera uniforme. Bisogna porre particolare attenzione alla qualità di dischi che devono essere permeabili, resistenti e consentire il distacco della pasta dopo l’estrazione. Bisogna controllare lo stato di conservazione, con attenzione ai processi di deterioramento, marcescenza e irrancidimento che comprometterebbero la qualità dell’olio. Una volta completato il “castello” (fiscoli + pasta) si sistema sotto la pressa idraulica ad una pressione di 400 atmosfere. Dalla pasta fluisce dall’esterno e dall’interno il mosto oleoso che viene raccolto in apposite vasche. L’operazione ha in genere una durata di 30 – 35 minuti.

Il procedimento SINOLEA si fonda sul principio di adesione dell’olio rispetto all’acqua di

vegetazione. Nell’estrarre le lamelle di acciaio inox penetrano con movimento lento e continuo nella pasta delle olive e fuoriescono trascinando per adesione l’olio all’esterno della vasca dove il recupero avviene sia per naturale sgocciolamento che per rasatura con opportuni pettini. Grazie a questo primo intervento si riesce ad estrarre circa il 70% - 90% del totale estraibile, l’olio residuo si può estrarre pressando le paste parzialmente disoleate.

L’estrazione con il sistema di centrifugazione è di recente introduzione (anni ’50). Il principio

di funzionamento si basa sulla stratificazione di un composto da più elementi a diverso peso specifico. L’elemento più pesante rimane confinato all’esterno, mentre all’interno si stratificano gli elementi più leggeri. Oltre la forza centrifuga, che rimane la forza più importante per il processo, ci sono altre forze che entrano in gioco e che sembrano essere responsabili della non netta distinzione tra le fasi.

Separazione

Questa operazione viene effettuata attraverso l’impiego di centrifughe verticali (detti separatori) che consentono l’ottenimento di ottimi risultati sia per la velocità di esecuzione sia per l’elevata affidabilità del macchinario. Il principio del loro funzionamento è lo stesso delle centrifughe descritte in precedenza. Infatti, l’olio che è la sostanza più leggera nei costituenti del mosto oleoso viene separato dagli altri costituenti e inviato nei recipienti di raccolta. È preferibile che qualche goccia di olio esca con l’acqua piuttosto che la situazione opposta.

Conservazione

Fin dai tempi più antichi l’olio è stato conservato in recipienti di argilla che successivamente sono stati modificati con l’aggiunta di idonee vernici alimentari. Oggi, questi contenitori sono stati progressivamente sostituiti da appositi recipienti di acciaio inox. Indipendentemente dal contenitore utilizzato per la conservazione dell’olio si devono rispettare dei principali requisiti. Il contenitore deve essere facilmente pulibile con acqua calda o idonei sgrassatori, non deve conservare odore sgradevole, non deve essere trasparente alla luce e possedere un coperchio che limiti il contatto con l’aria esterna. La pulizia è un requisito di estrema importanza. L’olio ha la capacità di assorbire gli odori dall’ambiente, perciò bisogna prestare attenzione agli odori di muffa, rancido, combustibili che ne comprometterebbero la qualità del prodotto. Anche la luce e il colore sono delle fonti temibili per la conservazione dell’olio, infatti la clorofilla contenuta ha la proprietà di essere un ottimo conservante in condizioni di buio e un temibile ossidante in presenza di luce.

Filtrazione

L’olio, ottenuto con i diversi sistemi di estrazione, deve essere filtrato per eliminare le sostanze che si trovano ancora sospese. I filtri impiegati per questa operazione sono filtri a pressa o a placche continue, che hanno un’efficienza di 10 quintali ora circa. È conveniente effettuare la filtrazione all’atto dell’imbottigliamento o subito prima della commercializzazione, comunque mai prima della conservazione. In realtà, molte grandi industrie olearie preferiscono conservare l’olio già filtrato (limpido) per evitare i costi di travaso.

Analisi

Le analisi chimiche e l’assaggio organolettico (panel test) sugli oli prodotti in azienda, vengono effettuati per garantire al consumatore la qualità merceologica del prodotto e per comprendere se si sono verificati degli errori tecnici nel percorso di filiera che, conseguentemente, hanno alterato alcuni parametri previsti dalla normativa di riferimento. La maggioranza delle analisi sono state previste dal legislatore per controllare e prevenire l’eventuale presenza di frodi commerciali legate principalmente ai tagli di oli di diversa natura o