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I “generi” dei nativi digitali: Vlogs e confessioni.

Nel documento Gli UGC : soggetto, attrazioni, pratiche (pagine 44-48)

1. I social network di Internet

2.3. I “generi” dei nativi digitali: Vlogs e confessioni.

Nel mare sterminato dei materiali presenti su YouTube, accanto ai numerosi video di gatti domestici, o a quelli che ritraggono le bravate di

66 http://www.youtube.com/watch?v=kHmvkRoEowc 67 http://www.youtube.com/user/itschriscrocker. 68

Sul rapporto tra cinema delle origini e vaudeville si vedano Elsaesser T., Barker A. (ed.), Early

Cinema – Space, Frame, Narrative, BFI Publishing, London, 1990; Gaudreault A., Cinéma et attraction. Pour une nouvelle histoire du cinématographe, CNRS, Paris, 2008.

qualche adolescente spericolato in motorino meritano particolare attenzione alcune particolari categorie di contenuti, interessanti poiché testimoniano, nell’ambito degli UGC, la vitalità della produzione amatoriale, il valore di questa nell’autorappresentazione di molti giovani e le potenzialità creative degli utenti.

I vlog, crasi di video blog, sono la versione audiovisiva dei blog. In questi video-diari, che rappresentano una percentuale consistente dei contenuti caricati sul sito, sono principalmente, anche se non esclusivamente, gli adolescenti a confessarsi attraverso una webcam, raccontando la propria quotidianità, regalando consigli di bellezza o recensioni di libri dalla propria camera da letto: la scenografia è pressoché sempre la stessa, in Giappone come in Spagna, con l’inquadratura che taglia una porzione del letto, un armadio, la parete sulla quale spesso è appeso il poster di qualche star del cinema o della musica. I vlogger, ripresi sempre dalla stessa angolazione imposta dalla posizione della webcam, affrontano temi che vanno dai problemi tipici dell’adolescenza al resoconto dell’ultimo pomeriggio di shopping, alle recensioni dei prodotti di bellezza preferiti.

Alcuni tra gli esempi più interessanti si trovano indubbiamente in ambito femminile, dove le dinamiche di scambio fra gli utenti e l’attivazione di processi di risposta ed emulazione hanno dato vita a veri e propri generi con regole ben precise, arrivando perfino a generare un vero e proprio star system tutto interno a YouTube, con al centro le ragazze dai canali più seguiti.

Categoria regina è certamente quella del tutorial, dove le ragazze si esibiscono in lezioni di trucco, della durata di dieci minuti circa, rivolte alle loro coetanee: ci sono i suggerimenti per serate speciali, per occasioni come Halloween o Capodanno, le risposte a richieste specifiche fatte dagli iscritti al proprio canale, divenute oramai una prassi molto popolare. L’elemento più interessante è il fatto che la competenza in materia non deve essere necessariamente dimostrata: molte di queste adolescenti anzi dichiarano in anticipo il carattere amatoriale della loro lezione, definendo in modo esplicito

la natura peer-to-peer di queste pratiche, che sono valide di per sé, in quanto generate all’interno di una comunità di interesse.

Si tratta, insomma, di una versione su scala globale di uno scambio di conoscenze che potrebbe avvenire in qualsiasi stanza tra un gruppo ristretto di amiche, esattamente come accade per un altro genere popolarissimo, quello noto come What’s in my purse, “cosa c’è nella mia borsa”: in questo caso la “trama”, sempre uguale, consiste nell’aprire la propria borsa a favore della webcam e tirare fuori, uno per uno, gli oggetti che vi sono contenuti. Le fidelity card, la marca del portafogli, la lettera del fidanzato, il portachiavi personalizzato, l’ultimo modello di smartphone o di fotocamera diventano l’ossatura di un racconto di sé stessi della durata di pochi minuti: la storia dietro all’acquisto di un accessorio, il campione di un profumo, una foto trovata per caso sono gli elementi di una piccola biografia parziale, un identikit della vita quotidiana da condividere con chi ci segue.

E così per gli Haul69, dove lo scopo è mostrare ciò che si è acquistato in

una giornata di shopping, o i Giveaway, veri e propri concorsi che mettono in palio un prodotto di bellezza: vince chi, tra gli iscritti, carica il miglior video di trucco su un tema assegnato. Giudice insindacabile, il titolare del canale.

Questi sono solo pochi esempi di un universo dove la presenza sul social network è declinata secondo le regole, condivise pressoché globalmente, di una

bedroom culture, di un’estetica della confessione che certamente non nasce con

YouTube, ma che in esso trova la sua piattaforma di elezione.

In fondo è una storia che viene da lontano, affonda le radici nel genere della candid camera, passando per i primi tentativi di reality show (An

American Family, PBS, 1973) per approdare al web 1.0 con il caso Jennicam, il

sito di una studentessa americana che nel 1996 mostrava la vita della giovane ventiquattr’ore ore su ventiquattro70.

Questo e numerosi casi simili hanno informato tutta la reality television che dalla fine degli anni Novanta ha dominato i palinsesti della tv generalista, e

69

Dall’inglese raccolto, bottino, pesca.

non è un caso che uno dei primi vlog di grande successo su YouTube, quello di

Lonelygirl15, si sia rivelato in realtà un falso creato da un gruppo di autori

televisivi per esplorare le potenzialità narrative (e commerciali) del web.

Nel web 2.0 i canali di trasmissione delle storie personali sono però esplosi, i buchi della serratura moltiplicati, non senza ricadute interessanti sul mercato: è evidente che il pubblico delle adolescenti più seguite risulti appetibile a molte grandi case, che spesso scelgono di sponsorizzare i canali delle vlogger, intuendone il grande potenziale di visibilità e l’innovativa modalità di promozione dei prodotti, attraverso un marketing virale fatto di recensioni apparentemente neutrali, sincere, perché da pari a pari.

Una strategia credibile perché parte di un ecosistema che parla una propria lingua, spesso diversa da quella delle campagne pubblicitarie tradizionali. È così che Michellephan,71 utente americana che in quattro anni ha raggiunto 268 milioni di visite può diventare testimonial Lancôme, vedendo il suo canale YouTube sponsorizzato, ma anche, guardando all’Italia, il caso di

Cliomakeup72, ventisettenne bellunese che in pochi anni ha raggiunto 78.000 iscritti e più di 39 milioni di visite, giunta a realizzare tutorial in esclusiva per Pupa e a vedere pubblicato un suo libro di lezioni di trucco.

Unico rischio in questi casi: uscire dalla cerchia linguistica e generazionale, tradire il carattere amicale dei vlog e le regole del social networking, come a volte viene rimproverato alle ragazze di maggior successo: “non voglio attaccarti, mi sei molto simpatica, ma è fastidioso vedere video tutti uguali. Era bello vedere i video in cui mostravate i vostri acquisti consigliando questo o quel prodotto… adesso su Youtube c'è solo pubblicità, è diventato esattamente come la tv…” scrive un utente commentando un video di pandaplastique73, alias Alessandra Nido, vlogger torinese di 21 anni.

I vlog, con la loro immediatezza basata sulla conversazione e sull’interpellazione diretta dello spettatore sanno attivare meglio di altri tipi di contenuti le caratteristiche partecipative di un social network come YouTube, e

71 http://www.youtube.com/user/MichellePhan 72 http://www.youtube.com/user/ClioMakeUp 73 http://www.youtube.com/user/PandaPlastique

ne definiscono lo scarto con il linguaggio televisivo, percepito come imposto dall’alto, quindi non affidabile.

Quello dei vlogger è un esempio significativo di come l’utente nel web 2.0 possa essere contemporaneamente spettatore, produttore e distributore di contenuti, dimostrando una competenza nell’uso della grammatica delle immagini impensabile fino a pochi anni fa, consentito dalla già citata accessibilità degli strumenti di editing, che permettono anche e soprattutto ai più giovani di sperimentare giocando con le immagini, realizzando prodotti che vanno da semplici montaggi di foto delle vacanze accompagnate dai brani di successo del momento a operazioni ben più complesse.

Nel documento Gli UGC : soggetto, attrazioni, pratiche (pagine 44-48)