La principale caratteristica storica del popolo armeno è la costante ripetizione di periodi di dominazione e di autonomia, elemento che porta a continue migrazioni del popolo al di fuori del proprio territorio, spiegando così il motivo per cui la diaspora armena sia definita, secondo la classificazione diasporica di Robin Cohen, classica o antica. Nonostante sia difficile ricostruire con esattezza le origini del popolo armeno,93 risalente a tempi molto antichi, secondo Zekiyan le origini del popolo armeno potrebbero essere datate al II millennio, epoca che fa riferimento al regno Hayasa (il suffisso –(a)sa significa paese), costruito dalle popolazioni “hurrite” abitanti le regioni circostanti il lago di Van, e al fatto che gli armeni si designavano con la parola “hay”. Tralasciando i secoli iniziali, caratterizzati dalle dominazioni da parte di achemenidi, macedoni, seleucidi, romani, parti e sasanidi e con le autonomie politiche sotto le dinastie di orontidi, artassidi e arsacidi,94 si arriva al IX secolo con la dominazione dei bagratidi, successiva al periodo della dominazione araba, che portò l’Armenia ad un periodo di notevole sviluppo economico,sociale e culturale. La testimonianza di tale fioritura si può vedere nella capitale Ani, considerata ancora nel XX secolo una delle città medievali più suggestive (Jacques de Morgan, 1919). Fu proprio la caduta di Ani in mani bizantine nel 1045, infatti, che portò la vitalità armena ad un nuovo periodo di stasi. Fortunatamente non passò molto tempo che l’espansione bizantina di Basilio II promosse la formazione di un nuovo Stato armeno, sebbene spostato a sud-ovest rispetto l’Armenia storica, ovvero il Regno di Cilicia.95 Nemmeno la dominazione bizantina, però, durò a lungo, in quanto venne sostituita da quella dei Turchi selgiuchidi: da questo momento il popolo armeno non ebbe più un proprio stato indipendente, né nella madrepatria né al di fuori, fino al 1918,96 anno in cui venne creata la Repubblica armena, con capitale Erevan, la
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Sebbene venga indicato il VI secolo come nascita del popolo armeno, nell’opera di Manenti L.G., Da Costantinopoli a Trieste: Vita di Gregorio Ananian, medico e benefattore armeno, Biblion Edizioni, Milano, Novembre 2015, cit., p. 15 si può leggere come la data non sia accettata in maniera unanime, in quanto molti autori ne retrodatano le origini.
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Per un approfondimento di questi periodi si legga Zekiyan B.L., L’Armenia e gli armeni- polis
lacerata e patria spirituale: la sfida di una nuova sopravvivenza, p. 17-22
95 Ibidem, cit., p. 22-28 96
Cfr. Ferrari A., Dimensioni diasporiche della cultura armena, in Questione armena e cultura
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quale però entrò a far parte dell’Unione Sovietica pochi anni dopo.97
Tornando a parlare dello sviluppo della diaspora armena, si arriva finalmente a delineare i momenti salienti che portarono ad un notevole sviluppo della stessa, ovvero la caduta del Regno di Cilicia nel 1375 e dei vari regni nazionali interni all’Armenia storica. Fu proprio dalla dissoluzione del Regno che si assiste al cambiamento del sistema tribale-feudale del popolo armeno, il quale passò da una organizzazione a “maglie strette”, in cui i membri della nazione vivevano in un territorio ben definito e circoscritto, ad una a “maglie larghe”, caratterizzata da vasti intervalli spaziali tra le comunità armene, separate tra loro da popolazioni etnicamente e culturalmente differenti.98 Sebbene si consideri questo periodo come l’epoca in cui il movimento migratorio armeno riceve una spinta notevole, si deve affermare come, in generale, il periodo che va dal XIV al XVI secolo rappresenta un’epoca di impoverimento e decadenza per il popolo armeno e che, nonostante una propensione all’emigrazione, la maggior parte della popolazione rimase sotto una dominazione islamica. Sebbene fu la conquista bizantina a favorire un iniziale movimento diasporico, furono soprattutto i turchi selgiuchidi a determinare una corrente migratoria molto più drammatica. A partire dall’XI secolo, ad esempio, le colonie armene di Bulgaria, Tracia e Macedonia, in Europa Orientale, vennero rafforzate dall’arrivo di nuovi membri diasporici ed ebbero ramificazioni fino in Serbia; la Crimea aveva una tale popolazione armena da ricevere il nome di “Armenia marittima”; si riscontrarono presenze armene anche nell’Impero russo, in cui si trovarono sia tombe armene sul Volga, risalenti però al XIII-XV secolo, sia varie testimonianze in Ucraina nel XII-XIII secolo. Per quanto riguarda l’Europa Occidentale, invece, in questo periodo si fa riferimento soprattutto alla Cilicia armena, ma si può notare come anche in Italia e in Francia si potessero trovare tracce della presenza armena, ad esempio chiese , monasteri e ospizi risalenti al XIII-XIV secolo nel primo caso e varie indicazioni toponimiche nel secondo, come ad esempio il villaggio “Désarméniens”. Un’altra meta di
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Per un approfondimento del periodo sovietico armeno si può consultare l’opera di Ter Minassian A., Histoires croisées: diaspora arménie transcaucasie 1890-1990, Edition Parentheses, 1997, p. 79-114
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Cfr. Ferrari A., Gli armeni: dinamiche interculturali e identità polivalente, in F. Monceri, G. Gili, Comprendersi o no. Significati e pratiche della comunicazione interculturale, Aracne Editrice, Roma 2009, cit., p. 1
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migrazione armena successiva alla dominazione selgiuchide è la Persia, questa volta come conseguenza del desiderio dei dominatori di popolare le zone deserte del paese. Infine, per dimostrare la vastità della diaspora armena nel mondo, si possono citare come colonie armene anche quella fondata in Cina sotto la dinastia Yuan, e quella successiva all’arrivo in Egitto dei sultani mamelucchi, che provocarono uno spostamento degli armeni verso l’Etiopia cristiana.99
Con questa prima descrizione si può già notare come il popolo armeno sia in grado di adattarsi con una certa facilità a qualsiasi contesto sociale e politico, pur mantenendo una propria identità etnica e culturale.100 Da un punto di vista più teorico, considerando questo aspetto del popolo armeno, si può capire come esso utilizzi un modello di “integrazione differenziata” nel momento in cui entra in contatto con un nuovo territorio e con la società che lo compone. Il modello di “integrazione differenziata”, a differenza del modello assimilativo di cui si è parlato nel primo capitolo, indica il mantenimento dei caratteri fondamentali della propria identità in un contesto di inserimento nella società circostante, della quale si assorbono inevitabilmente alcuni degli elementi salienti. In altre parole, con il modello di “integrazione differenziata” si assiste ad una situazione in cui entrambi i sistemi mantengono la propria individualità ma, contemporaneamente, si influenzano l’un l’altro, creando una situazione di armonia e reciprocità.101