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Un futuro incerto

1. I nuovi strumenti europe

Nonostante quanto è stato appena detto è tuttavia utile sottolineare come l'Europa si sia dotata in un periodo recente di strumenti di intervento contro l'attuale crisi e le eventuali crisi future. Già nel maggio del 2010 il Consiglio dell'Unione europea istituisce un nuovo strumento di stabilizzazione finanziario chiamato European Financial Stabilization

Mechanism (EFSM)518. Tale meccanismo, diventato operativo grazie al regolamento del Consiglio dell'11 maggio 2010 (n. 407/2010), fissa le condizioni affinchè uno Stato membro possa accedere agli aiuti finanziari. Il metodo su cui si basa è quello intergovernativo tra gli Stati dell'eurozona e sull'articolo 122 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) che cita che in casi di difficoltà eccezionali “il Consiglio, suproposta della Commissione, può concedere a determinate condizioni un'assistenza finanziaria dell'Unione allo Stato membro interessato”. La decisione viene presa mediante la delibera del Consiglio a maggioranza qualificata su proposta della Commissione previa assicurazione da parte dello Stato in questione di rispettare gli impegni contenuti nell'apposito “programma di aggiustamento”.

Allo stesso tempo il Consiglio ha adottato una decisione che prevede che gli Stati europei rendano disponibili ulteriori fondi da impiegare verso i paesi in difficoltà mediante una società intermediaria garantita dagli Stati stessi che devono mettere a disposizione una quota di massimo 440 miliardi di euro in un triennio. Tale struttura, chiamata European Financial

517 Si veda a tal proposito la sentenza 220 del 2013.

518 Cfr. G. Pitruzzella, Chi governa la finanza pubblica in Europa? In Quaderni costituzionali / a. XXXII, n. 1, marzo 2012, p. 24.

Stability Facility (EFSF) e successivamente sostituita dal MES, opera attraverso l'emissione

di obbligazioni per reperire i fondi necessari da concedere poi agli Stati che ne abbiano fatta espressa richiesta. Solo successivamente a queste prima fase inizia il processo vero e proprio che prevede la negoziazione congiunta tra lo Stato, il Fondo Monetario Internazionale e la Commissione che preclude al soccorso vero e proprio.

Successivamente, attraverso l'invito del Consiglio dei Capi di Stato e di governo del marzo 2011, i ministri delle Finanze elaborano il già citato Meccanismo europeo di stabilità (MES), conosciuto più comunemente con il nome di Fondo salva-Stati, creato attraverso la modifica dell'articolo 136 del Trattato di Lisbona. Tale fondo prende gradualmente il posto dei due meccanismi sopra esposti e possiede una capacità di prestito di circa 500 miliardi di euro519. Anche in questo caso è necessaria la esplicita richiesta dello Stato per innescare il processo di assistenza finanziaria che si basa su un voto espresso all'unanimità da parte degli Stati che partecipano al voto stesso (escludendo quindi dal computo gli Stati che si astengono). La decisione tiene conto della sostenibilità del debito dello Stato secondo una analisi effettuata congiuntamente dalla Commissione, dal Fondo Monetario Internazionale e dalla BCE. L'aiuto finanziario è inoltre soggetto ad un rigoroso programma delle politiche economiche e di bilancio. Il Consiglio Europeo del marzo 2011 ha approvato formalmente questo piano, precisando che il fondo verrà istituito come organizzazione intergovernativa con sede in Lussemburgo. L'entrata in vigore del Trattato è collegata alla previa ratifica dello stesso da parte degli Stati che rappresentano il 90% del capitale impegnato e ciò è avvenuto ovunque entro il termine massimo stabilito per il luglio del 2012. Successivamente, nel Vertice Euro del dicembre 2011, si stabilisce di includere una procedura di voto aggravata. La regola del voto all'unanimità viene infatti sostituito da quello a maggioranza qualificata dell'85% nei casi in cui la Commissione e la BCE decretino di comune accordo decisioni in materia di aiuto finanziario nei casi di minaccia economico-finanziaria dell'eurozona.

Nel luglio 2011 il Consiglio europeo decide di aumentare la flessibilità del FESF e del MES consentendo ai due istituti di agire seguendo un programma condizionale. Allo stesso tempo essi sono ora possibilitati a finanziare gli istituti finanziari attraverso prestiti erogati ai governi anche di paesi che non partecipano direttamente al programma, oltre al fatto di

poter entrare nei mercati secondari al fine di evitare il contagio nei casi in cui la BCE individui l'esistenza di circostanze eccezionali. IL Vertice Euro dell'ottobre 2011 ha poi migliorato ulteriormente le capacità del FESF attraverso l'adozione di due distinte opzioni: la prima permette di fornire credito al nuovo debito pubblico degli Stati, consentendo così contenere i costi del suo finanziamento; il secondo permette invece di aumentare il finanziamento del FESF tramite l'unione di risorse provenienti sia da istituti finanziari che da isituti privati e pubblici.

Proprio in base a questo organigramma sono stati possibili interventi di sostegno finanziario a paesi come l'Irlanda, il Portogallo e la Grecia, la quale ha anche iniziato un processo di ristrutturazione generale del suo debito. La modifica dell'articolo 136 del TFUE è stata necessaria per chiarire che l'aiuto finanziario è possibile solo quando sia in pericolo la stabilità dell'intera zona euro. Il nuovo articolo modificato infatti dice che “gli Stati membri la cui moneta è l'euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme”.

Oltre al Fondo salva-Stati è stato introdotto anche un nuovo meccanismo di politica economica. Nel marzo del 2010 infatti il Consiglio europeo ha istituito una commissione presieduta dal suo presidente Herman van Rompuy e formata dai 27 ministri delle Finanze, dall'allora presidente della BCE Jean-Claude Trichet, dal presidente dell'Eurogruppo Jean- Claude Junker e dal Commissario europeo per gli Affari economici Olli Rehn. Tale gruppo aveva il compito di presentare entro la fine dell'anno una serie di progetti per il rafforzamento della politica di bilancio comunitaria e il risultato è stata l'adozione, nel settembre del 2010, di un pacchetto di sei proposte (formate da cinque regolamenti e una direttiva). Il six pack prevede la creazione di una sorveglianza a livello macroeconomico, l'applicazione più rigorosa del Patto di stabilità e crescita, i requisiti per il bilancio degli Stati, attraverso la formazione di standard che gli Stati membri devono seguire per giungere a una maggiore efficacia delle politiche di bilancio e delle politiche fiscali. Esso è stato approvato dal Consiglio nell'ottobre del 2011 ed è entrato in vigore alla fine dello stesso anno e si compone di diversi atti. Il primo è il regolamento n. 1173/2011 e riguarda l'effettiva esecuzione della sorveglianza sui bilanci degli Stati; il secondo è il regolamento n. 1174/2011 e riguarda l'esecuzione delle misure per la correzione delle sperequazioni a livello macroeconomico a livello comunitario; il terzo è il regolamento n. 1175/2011 e

riguarda la sorveglianza del bilancio e il coordinamento delle politiche economiche. Il quarto regolamento è il n. 1176/2011 ed è rivolto alla prevenzione e eventuale correzione degli squilibri macroeconomici; il quinto è il n. 1177/2011 per l'attuazione della procedura sulla correzione dei disavanzi eccessivi, mentre il sesto è la direttiva 2011/85/UE realativa ai quadri del bilancio degli Stati membri.

Il sistema che ne scaturisce prevede che la Commissione valuti il bilancio di ogni Stato membro avvalendosi di indicatori macroeconomici. Tali indicatori (come il saldo corrente, la competitività di costo, il debito esterno) vengono tenuti sotto controllo seguendo le soglie di allerta che riguardano sia i valori alti che quelli bassi e su questa base la Commissione redige una lista di Stati che sono potenzialmente a rischio di superare gli indicatori (detti

scoreboards). L'analisi può avere tre differenti sbocchi; nel caso in cui non esistano

problemi reali la procedura viene chiusa; nel caso in cui invece la Commissione ritenga che vi sia un rischio effettivo emette una raccomandazione nei confronti dello Stato in questione affinchè corregga tali squilibri. In questa raccomandazione la Commissione può richiedere cambiamenti puntuali che riguardano anche settori come quello del mercato del lavoro e quello dei saldi di bilancio. Essa decide com un voto a maggioranza qualificata e invia al paese in questione una raccomandazione, secondo quanto contenuto nell'articolo 122 del TFUE. Nel caso in cui il rischio macroeconomico sia eccessivo e possa trasferirsi agli altri Stati membri la Commissione può aprire la “procedura per squilibri eccessivi” secondo i sensi dell'articolo 121 del TFUE. Lo Stato oggetto della raccomandazione deve quindi sottoporre al Consiglio un Piano di azione correttiva e aspettare il termine per l'adozione di tali misure, fissato dallo stesso Consiglio.

In conseguenza se il Consiglio decide che lo Stato abbia adottato le misure correttive la procedura viene sospesa, altrimenti deve essere redatto un nuovo piano di intervento. Eventuali sanzioni sono adottate qualora lo Stato ometta ripetutamente di mettere in pratica le raccomandazioni e sono quantificabili in un massimo dello 0,1% del Prodotto Interno Lordo che dovrà essere pagato fino al termine deliberato dal Consiglio.

Per quanto riguarda invece le modifiche apportate al Patto di stabilità e crescita si mira a legare il controllo sulle finanze pubbliche con la “politica di bilancio prudente”. Questo dovrebbe agevolare la convergenza verso i bilancio strutturale, attraverso una riduzione annua dello 0,5% del saldo strutturale. Tale politica, il cui obiettivo primario è quello di

contrastare la tendenza all'adozione di politiche pro cicliche, si basa sulla revisione della spesa. Il Tasso prudente di crescita a medio termine viene valutato in base a proiezioni decennali intermezzate da aggionamenti a intervalli regolari. Il mancato rispetto del limite dell'evoluzione della spesa comporta un avvertimento da parte della Commissione che può implicare il coinvolgimento del Consiglio europeo nel caso in cui vi siano discostamenti persistenti. La Commissione nel caso della mancata adozione delle misure può inoltre richiedere un deposito dello 0,2% del Prodotto Interno Lordo se il Consiglio non rifiuta tale proposta con il voto a maggioranza qualificata (processo di reverse majority).

I meccanismi appena esposti trovano un miglior funzionamento grazie al semestre europeo. Esso viene istituito tramite il regolamento 1175/2011 del 16 novembre 2011 in conseguenza della riunione del Consiglio europeo del settembre del 2010 e si configura come un ciclo di procedure scandite temporalmente con l'obiettivo di assicurare il coordinamento anteriore e una sorveglianza più attenta da parte dello stesso Consiglio su iniziativa della Commissione. Nel primo semestre dell'anno inizia una procedura con l'apporto del Consiglio e della Commissione in cui si definiscono le politiche degli Stati nel campo del bilancio, degli interventi strutturali e delle riforme. Gli Stati sono vincolati al rispetto degli indirizzi predisposti dai Programmi di stabilità e convergenza e devono inoltre predisporre dei “Programmi di riforma nazionali” nell'ambito della Commissione “Europa 2020. Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile, inclusiva”.

Il programma del semestre europeo segue una linea precisa e si struttura in sette distinte fasi; la prima si svolge nel mese di gennaio e riguarda la presentazione dell'indagine annuale sulla crescita da parte della Commissione; la seconda, attuata nei mesi di febbraio e marzo, si incentra sull'elaborazione del Consiglio europeo delle linee guida di politica economica e di bilancio a livello europeo e a livello statale; la terza, che inizia a metà aprile, si incentra sulla presentazione dei Piani nazionali di riforma (PNR) da parte degli Stati membri, prestando attenzione alle linee dettate dal Consiglio europeo nella loro formulazione; la quarta fase inizia a giugno e riguarda le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati dalla Commissione europea; la quinta si sviluppa nel mese di giugno e si struttura sull'approvazione delle raccomandazioni della Commissione europea da parte del Consiglio ECOFIN e del Consiglio occupazione e affari sociali; la sesta inizia nella seconda parte dell'anno e riguarda l'approvazione delle leggi di bilancio da parte degli Stati, previo

rispetto delle raccomandazioni appena citate; l'ultima fase si incentra sull'analisi annuale riguardo la prospettiva di crescita per l'anno successivo, in cui la Commissione elenca i progressi conseguiti dai paesi membri nell'anno corrente. Se un paese membro non esegue le raccomandazioni emanate dal Consiglio incorre in ulteriori raccomandazioni riguardo a misure specifiche, un avvertimento della Commissione ai sensi dell'articolo 121 del TFUE e misure preventive e corrrettive dei disavanzi secondo quanto contenuto nel six pack.

La novità rappresentata dal semestre europeo comporta cambiamenti soprattutto per quanto riguarda il ciclo delle decisioni nazionali nell'ambito della tempistica e dei contenuti concreti. La legge n. 39 del 7 aprile 2011 che modifica le procedure di bilancio è infatti dovuta principalmente ai cambiamenti apportati dall'introduzione del semestre europeo. Più recentemente sono stati introdotti anche ulteriori meccanismi, come l'European

Market Infrastrtructure Regulation (EMIR), nato nell'agosto del 2012520, con l'obiettivo di migliorare il funzionamento del mercato finanziario dei derivati attraverso una regolazione più stringente. In particolar modo l'EMIR si rivolge ai derivati over-the-counter (OTC), ovvero quei derivati che si sviluppano totalmente al di fuori delle borse ufficiali. I soggetti che rientrano all'interno di questo sistema sono sia le imprese finanziarie (come le banche e le assicurazioni) sia quelle non finanziarie (ovvero tutte quelle controparti che vengono enumerate esplicitamete dall'EMIR come non finanziarie). Le società che rientrano in questi parametri sono tenute a sviluppare un sistema centralizzato onde evitare il rischio del credito tra tutte le controparti e garantire in ogni caso un obbligo di compensazione. Tale obbligo sarà deciso e supervisionato dall'European Securities and Markets Authority (ESMA), l'aurorità europea preposta alla trasparenza e alla stabilità del sistema finanziario continentale.

Nonostante tali misure siano ancora lungi dall'essere totalmente definite e applicate possiamo prevedere che esse portino a due effetti distinti e tra loro in controtendenza; se da una parte infatti i mercati risulteranno sicuramente più salvaguardati e più solidi, dall'altra verranno ad aumentare inevitabilmente i costi di transazione che gli operatori si troveranno a dover pagare in conseguenza dell'irrigidimento generale dei settori finanziari.

Come visto quindi l'Europa non è totalmente sprovvista di meccanismi di reazione ma appare allo stesso tempo chiara la debolezza dell'Unione nel suo complesso e degli Stati al

suo interno nel cercare di analizzare con lenti diverse le sfide nuove poste dalla cittadinanza e individuare in modo rapido e deciso le soluzioni che stanno alla base dell'attuale disaffezione di buona parte dell'opinione pubblica verso le istituzioni comunitarie ma allo stesso tempo anche verso quelle della democrazia liberale.

A proposito delle democrazie è utile capire il motivo della loro attuale crisi, considerando che sono il frutto che più di ogni altro è uscito vincitore dal XX secolo521. Secondo Freedom

House infatti, rispetto agli anni '70 del secolo scorso, oggi i paesi che si possono definire

compiutamente democratici sono aumentati a dismisura. Certamente ciò è dovuto in gran parte alla caduta del blocco sovietico, ma non solo. La democrazia infatti si è espansa anche in continenti e Stati prima mai toccati, come l'America latina e parte dell'Asia. Detto questo c'è anche da sottolineare come in altrettanti paesi le istituzioni di democrazia liberale vivano una profonda crisi dovuta in particolar modo al loro lento metodo di reazione nei confronti dei cambiamenti soprattutto economici. Inoltre se da una parte la fine della guerra fredda ha portato a un incremento numerico dei regimi democratici, dall'altro il ritorno a un sistema policentrico ha reso il concetto della democrazia più fragile, minacciato da nuove potenze che esportano prima di tutto il proprio modello di sviluppo, come abbiamo visto per quanto riguarda la Cina.

Per questo motivo il compito dei nostri governanti è oggi più difficile che in passato, dato che devono agire per ricreare una nuova integrazione con gli strumenti in loro possesso che non sempre sono i più consoni per tale scopo. Se l'Unione Europea riuscirà ad agire nell'arco di poco tempo rivedendo in profondità i propri istituti e le proprie leggi, aumentando la propria democraticità interna e allo stesso tempo la propria efficacia decisionale, allora potrà acquisire un ruolo di primo piano sia nei confronti dei propri cittadini sia soprattutto verso il mondo sempre più eterogeneo che la circonda.