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I progetti di legge e il dibattito dottrinale

2. LA PROCREAZIONE ASSISTITA IN ITALIA PRIMA DELLA DISCIPLINA LEGISLATIVA

2.3. I progetti di legge e il dibattito dottrinale

La tematica della fecondazione assistita non era estranea agli interessi del legislatore nazionale e un ampio dibattito si era sviluppato intorno ad una sua possibile regolamentazione. Le prime proposte legislative risalgono addirittura agli anni ’50 e ’60, ma il fine del legislatore sembrava quello di introdurre un divieto di accesso a queste tecniche piuttosto che disciplinarle. Tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ’80 si ha un’inversione di tendenza, legata al progresso scientifico e al mutato atteggiamento sociale nei confronti di queste tecniche e si ha un proliferare di proposte legislative, che prevedono l’ammissibilità e la regolamentazione di questo fenomeno; in questo contesto si assiste anche alla costituzione di commissioni di studio, volte ad elaborare progetti di legge55. Nonostante fosse avvertita l’esigenza di una disciplina normativa, l’approvazione di una legge era resa complicata da una serie di ragioni, come la complessità tecnica della materia, a cui si affiancava anche una conflittualità tra le forze politiche in relazione alle regole da adottare. Il dibattito parlamentare in materia di PMA divenne più intenso solo tra il 1996 e 1997, quando si arrivò all’elaborazione di un disegno di legge “Disposizioni in materia di procreazione assistita” nell’ambito della Commissioni Affari Sociali della Camera, che raccoglieva le indicazioni di 17 proposte di legge sulle tecniche di procreazione medicalmente assistita ed era noto come “testo Bolognesi”. Le tecniche di PMA erano ammesse solo per le coppie di sesso diverso, coniugate o conviventi in modo stabile, di età non superiore a 52 anni; era consentita la

55 Le commissioni cui si fa riferimento sono principalmente la commissione, istituita nel 1984 e

presieduta dal professore Santosuosso, che ha presentato due proposte di legge, una relativa alla sola fecondazione omologa e l’altra riguardante anche la fecondazione eterologa, e la commissione Busnelli, istituita nel 1995 dal ministro di Grazia e Giustizia. In questo periodo si assiste, a livello europeo, allo sviluppo della fecondazione artificiale extracorporea in vitro e l’evento scatenante di questo processo legislativo si può trovare nella nascita di Luoise Brown in Gran Bretagna nel 1978, primo caso di essere umano concepito in provetta, a cui seguiranno casi analoghi negli altri paesi europei.

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fecondazione eterologa con donazione di gameti volontaria e gratuita, ma erano previsti una serie di divieti, come quelli relativi alla sperimentazione sugli embrioni umani o alla maternità surrogata. Questo testo è stato oggetto di modifiche alla Camera, in quanto furono introdotti il divieto di congelamento, distruzione e selezione degli embrioni e quello di fecondazione eterologa; inoltre si arrivò a definire il concepito come soggetto e si posero limiti nell’impianto degli embrioni. Al Senato questa proposta subì altre modificazioni, che lo riavvicinarono al contenuto iniziale. La fine della legislatura determinò la decadenza della proposta legislativa ma, dopo la tornata elettorale, la discussione parlamentare riprese dal testo approvato precedentemente alla Camera, che fu preso come testo base. Partendo da questo progetto, che subirà alcune modifiche, si arriverà all’approvazione di una legge in materia di procreazione medicalmente assistita.

In questo contesto è interessante analizzare il dibattito dottrinale, sviluppatosi intorno al tema della procreazione assistita e che riguardava principalmente la necessità o meno di una regolamentazione normativa della materia e nel caso, quale dovesse essere il contenuto della legge. Per quanto riguarda il primo problema oggetto del dibattito dottrinale, si deve fare riferimento in primis alla cosiddetta teoria “astensionistica”, per la quale determinate scelte devono essere oggetto solo di decisioni etiche e quindi sulle stesse i pubblici poteri devono astenersi dall’intervenire. Questa posizione è stata oggetto di critiche in quanto si era sottolineato che, lasciare la tutela di beni giuridici rilevanti, come quelli che possono essere coinvolti nella procreazione medicalmente assistita, solo alla coscienza del singolo sarebbe stato rischioso, in quanto queste scelte

potevano porsi in contrasto con i principi costituzionali56. Altri autori sostenevano invece che la regolamentazione di questa materia dovesse avvenire per mezzo di codici deontologici, ma anche tale posizione era stata ritenuta incongrua in quanto istanze corporative potrebbero prevalere sulla necessità di tutela di diritti costituzionalmente garantiti. Secondo altra parte della dottrina invece la staticità del diritto, a fronte di una continua evoluzione e sviluppo della procreazione medicalmente assistita, avrebbe reso preferibile rimettere alla giurisprudenza la soluzione delle questioni, sollevate in questo ambito57. La dottrina maggioritaria era invece a favore dell’introduzione di una disciplina legislativa nonostante le difficoltà e i rischi connessi a tale intervento, che avrebbe però garantito parametri certi all’attività amministrativa e giurisprudenziale. In questo senso, alcuni autori avevano rilevato addirittura che anche una cattiva legge fosse migliore del vuoto normativo.

La seconda questione, oggetto del dibattito dottrinale, era quindi rappresentata dalla natura e dal contenuto che doveva avere la legge in materia di procreazione medicalmente assistita. Alcuni autori ritenevano che la possibilità di accedere alla fecondazione artificiale fosse espressione della libertà di autodeterminazione dei soggetti e quindi auspicavano un intervento fortemente limitativo del legislatore58. Egli

56 La teoria astensionistica è sostenuta, tra gli altri, da Dameno, Quali regole per la bioetica?

Scelte legislative e diritti fondamentali, Guerini, Milano, 2002; Lecaldano, La bioetica e i limiti del diritto, in Democrazia e diritto, 1998, n. 4/5, p. 33. Posizione contraria era sostenuta tra gli

altri da Ferrando, Libertà della persona, autonomia della famiglia e intervento pubblico nella

disciplina della procreazione artificiale, in Procreazione artificiale e interventi nella genetica umana, Atti del convegno di Verona, 2, 3, 4 e 25 ottobre, Cedam, Padova, 1987.

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Posizione questa sostenuta, tra gli altri, da Alpa, Metodo di analisi e modelli giuridici del

controllo delle tecniche di procreazione artificiale, in Ferrando, La fecondazione artificiale tra etica e diritto, Cedam, Padova, 1989, p. 16

58 Posizioni questa sostenuta principalmente da Rodotà, Diritti della persona, strumenti di

controllo sociale e nuove tecnologie riproduttive, in Ferrando, La procreazione artificiale tra etica e diritto, Cedam, Padova, 1989, p. 135, che ritiene sia necessaria una disciplina normativa

“leggera” in materia di PMA; Rimoli, Appunti per uno studio sulla procreazione assistita, in

Studi in onore di M. Mazziotti di Celso, Cedam, Padova, 1995, che richiede un intervento

minimale del legislatore, p. 521.

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avrebbe dovuto fornire le garanzie essenziali a coloro che avessero scelto di ricorrere alle tecnologie riproduttive, relativamente, per esempio, all’idoneità e alla serietà degli operatori sanitari, e a disciplinare le conseguenze, derivanti dal ricorso a queste tecniche, senza introdurre limiti in relazione alla possibilità di accedere alla procreazione assistita o alla tipologia di tecniche ammesse. In questo ambito si assiste quindi a un’estensione della libertà e responsabilità dei soggetti coinvolti e al legislatore si chiede solo di intervenire per garantire i diritti di coloro che scelgono di sottoporsi alla procreazione assistita e di regolare fenomeni, che possono essere conseguenza dell’accesso alla PMA per evitare problemi di ordine pubblico. Altri autori ritenevano che la miglior tecnica per disciplinare questa materia fosse rappresentata dall’introduzione di una legge per principi, che si occupasse solo degli aspetti tecnici della materia, non essendo necessaria una disciplina dei singoli momenti; l’idea di una legge per principi aveva suscitato anche delle preoccupazioni in quanto si riteneva che l’introduzione di principi generali potessero determinare dei limiti a principi già presenti nell’ordinamento59. Altri autori sostenevano che la necessità di garantire la tutela del figlio e il suo interesse a vivere in un ambiente idoneo dovesse prevalere sull’aspirazione della coppia alla fecondità e al superamento della patologia della sterilità, che quindi poteva subire qualche limitazione.60 In ambito dottrinale possiamo identificare una diversa concezione della riproduzione artificiale, che può essere intesa come espansione della capacità generativa del soggetto e quindi come una forma di riproduzione ad integrazione di quella naturale oppure come un rimedio eccezionale cui

59 Favorevole all’introduzione di una legge per principi sono tra gli altri, Rescigno, I criteri

generali ispiratori delle proposte di legge, in Ferrando, Procreazione artificiale e interventi sulla genetica umana, Cedam, Padova, 1987, p. 50.

60 Posizione questa sostenuta tra glia altri, da Buscuglia, I diritti del minore e la procreazione

assistita, in Ferrando, La procreazione artificiale tra etica e diritto, Cedam, Bologna, 1989, p.

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ricorrere in caso di impossibilità di procreare naturalmente. La risposta a questo quesito incide sul ruolo e sull’ambito nei quali possono trovare applicazione le tecniche di procreazione medicalmente assistita.

3. LA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA NELLA