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Gli interventi ad interim e gli altri riferimenti in materia di PMA

2. LA PROCREAZIONE ASSISTITA IN ITALIA PRIMA DELLA DISCIPLINA LEGISLATIVA

2.2. Gli interventi ad interim e gli altri riferimenti in materia di PMA

Nonostante l’attenzione riservata al tema della procreazione medicalmente assistita e dei problemi ad essa connessi a livello internazionale e comunitario49, nel nostro paese non si era avuta alcuna disciplina normativa prima dell’approvazione dell’attuale legge n. 40 del 2004.

In assenza di una legge, il principale riferimento per una regolamentazione dei rapporti sociali e per un orientamento della giurisprudenza era rappresentato dalle circolari ministeriali50. Nel 1985 si ha la circolare, emanata dal ministro della sanità Degan, dal titolo “Limiti

49 A livello comunitario, si può far riferimento a varie provvedimenti relativi al tema della

procreazione assistita. Tra questi, si può ricordare la Convenzione di Oviedo del 1997, le Raccomandazioni del Consiglio d’Europa n. 1046 del 1986 e n. 1100 del 1989, che riguardano l’utilizzazione e la ricerca scientifica su embrioni e feti umani, la Risoluzione del Parlamento europeo sulla fecondazione artificiale in vivo e in vitro del 1989 e infine il documento pubblicato dal Consiglio d’Europa del 1989, contenente i “Principi sulle tecniche di procreazione

artificiale umana”.

50 Si fa riferimento a una comunicazione scritta, sorta di lettera diffusa nell’ambito di una

pubblica amministrazione per assicurare l’omogenea applicazione di alcune disposizioni. Normalmente le circolari appartengono alla categoria degli atti interni, anche se, per la loro importanza, talvolta il legislatore ha previsto la loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

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e condizioni di legittimità dei servizi per l’inseminazione artificiale nell’ambito del Servizio Sanitario nazionale”, che, pur avendo il merito di

aver evidenziato la natura di disagio psico-fisico dell’infertilità di coppia, aveva introdotto dei requisiti opinabili per poter accedere alle tecniche di procreazione assistita, tra cui quello di essere una coppia coniugata; inoltre, si sanciva l’inammissibilità di metodi che utilizzassero gameti estranei alla coppia e non riconosceva espressamente la natura di libertà costituzionale del diritto alla procreazione. I principi di questa circolare sono stati recepiti in molte leggi del Parlamento in materia sanitaria e hanno influenzato l’organizzazione del sistema sanitario relativamente ai problemi di infertilità: infatti le strutture pubbliche non hanno mai attivato la raccolta e la conservazione dei gameti, a differenza delle strutture private, non sottoposte a questi limiti e quindi libere di predisporre ogni tipo di tecnica di fecondazione assistita, sia omologa che eterologa. Questa ha anche contribuito a introdurre una concezione negativa della PMA di tipo eterologo. L’altra ordinanza da considerare è quella del ministro della sanità Donat-Cattin del 1987, intitolata “Misure di

trasmissione del virus HIV e di altri agenti patogeni attraverso il seme umano impiegato per la fecondazione artificiale”. Questa è il primo

documento a stabilire criteri igenico-sanitari precisi, relativi alla raccolta, conservazione e documentazione del seme nella fecondazione artificiale, che saranno poi confermati dalla circolare del 1992, avente lo stesso oggetto. Tale circolare prevedeva l’anonimato del donatore e l’utilizzo del seme raccolto all’interno della stessa struttura per evitarne la commercializzazione. A queste circolari, seguirono altri interventi ad

interim; particolare rilievo ebbe l’ordinanza ministeriale del 5 marzo

1997, dal titolo “Divieto di commercializzazione e di pubblicità dei gameti

ed embrioni umani”, che rispose al problema del proliferare incontrollato

dei centri nei quali era praticata la procreazione assistita, prevedendo un

obbligo di comunicazione dei dati di queste strutture al Ministero della Sanità; questa inoltre, a fronte di comportamenti che incitavano la donazione di gameti a scopo di lucro, vietava qualsiasi forma di remunerazione per la cessione di gameti, embrioni o altro materiale genetico e ogni forma di pubblicità relativa alla loro domanda o offerta. L’efficacia di questo provvedimento fu prorogata con una serie di ordinanze successive, fino all’approvazione della legge n. 40 del 2004. Il problema della procreazione medicalmente assistita è stato affrontato, oltre che a livello amministrativo, anche dal Comitato Nazionale di Bioetica, istituito nel 1990 e composto da esperti di tutte le tendenze, che aveva il compito di formulare pareri e indicare soluzioni sui problemi di natura etica e giuridica51. Nello stesso anno, venne introdotto anche il Registro italiano per la riproduzione assistita presso l’Istituto nazionale della Sanità. Questo aveva il compito di verificare gli aspetti clinici, ma anche sociologici e psicologici della procreazione assistita. Era nato soprattutto come strumento di studio per fornire indicazioni e anche per orientare il Parlamento nell’ipotesi di redazione di una legge in materia di fecondazione assistita.

Un altro riferimento in questo ambito è rappresentato dal Codice di deontologia medica52. L’articolo 41 del vecchio Codice del 1995, infatti, disciplinava la fecondazione assistita e tale contenuto fu oggetto di dibattito in merito all’opportunità che questa materia facesse parte di un codice deontologico. La PMA era considerata come un rimedio specifico per una patologia, rappresentata dalla sterilità, e non come un modo alternativo di procreare. Si parlava di procreazione come fine legittimo da

51 In materia di fecondazione assistita, si può far riferimento ai Pareri del 1994 sulle Tecniche di

procreazione assistita o a quelli del 1995 sulla Fecondazione assistita: Documenti del Comitato nazionale per la Bioetica. A questi, si possono aggiungere i Pareri relativi all’identità e all’uso

dell’embrione umano.

52 Il Codice di deontologia medica è approvata dalla Federazione nazionale degli ordini dei

medici e riguarda tutti gli iscritti.

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intendersi nell’accezione di naturale e inoltre si dava preminenza alla tutela del nascituro, prevedendo una serie di divieti e arrivando a definire quasi un modello di procreazione assistita ammesso. Secondo il testo del Codice, non era deontologica la maternità surrogata, la fecondazione artificiale fuori da coppie eterosessuali stabili, la procreazione nelle donne in menopausa, la fecondazione dopo la morte del partner e tutte le forme di commercializzazione di gameti, embrioni e tessuti embrionali e inoltre si precludeva la pratica della fecondazione assistita negli studi privi di idonei requisiti53. L’articolo 41 è stato sostituito dall’articolo 42 con la modifica del Codice del 1998, in cui è venuto meno il riferimento al fine legittimo della procreazione e quindi si limita a dire che le tecniche di procreazione assistita hanno il fine di ovviare alla sterilità e inoltre è scomparso, nella previsione delle tecniche vietate, il riferimento esclusivo al bene del nascituro, che è soltanto uno dei fattori da considerare.54 Questo Codice è importante per l’influenza esercitata sul contenuto della legge, che successivamente ha disciplinato la materia della PMA.

Sulla base di questi interventi, si può capire come la regolamentazione della procreazione medicalmente assistita, nel periodo di vuoto normativo, fosse assolutamente insufficiente a garantire un’uniformità di trattamento.

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Questa disciplina, contenuta nel Codice deontologico medico, è stata oggetto di forti critiche da parte di alcuni autori, che vedevano in ciò uno “sconfinamento” da parte di un ordine professionale, che andava a dettare una disciplina in un materia, che è di stretta competenza parlamentare e legislativa.

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Articolo 42: “1. Le tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo scopo di ovviare alla sterilità. 2. È fatto divieto al medico, anche nell’interesse e nel bene del nascituro, di attuare: a) forme di maternità surrogata; b) forme di fecondazione assistita al di fuori di coppie eterosessuali stabili; c) pratiche di fecondazione assistita in donne in menopausa non precoce; d) forme di fecondazione assistita dopo la morte. 3. È prescritta ogni pratica di fecondazione assistita ispirata a pregiudizi razziali; non è consentita alcuna selezione dei gameti è bandito ogni sfruttamento commerciale, pubblicitario, industriale di gameti, embrioni e tessuti embrionali o fetali, nonché la produzione di embrioni a soli di ricerca. 4. Sono vietate pratiche di fecondazione assistita in studi, ambulatori e strutture sanitarie privi di idonei requisiti.

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