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I reati in tema di omesso versamento

Nel documento LUISS GUIDO CARLI L (pagine 141-146)

In tale categoria di delitti sono annoverate le fattispecie di cui agli artt. 10-bis e 10-ter del D.lgs. n. 74/2000.

      

Si tratta di norme che esulavano dagli intenti del legislatore originario, che si era ripromesso di concentrare la sanzione penale sulle condotte connotate da fraudolenza, in ossequio ai principi di offensività e di extrema ratio dello strumento penale, e che sono quindi state introdotte successivamente (rispettivamente, con l’art. 1 co. 414, L. 30 dicembre 2004 n. 311 e con l’art. 35, co. 7, D.L. 4 luglio 2006 n. 223) per far fronte agli allarmanti fenomeni di evasione, così supportando la ragione di Stato alla riscossione dei tributi. La natura stessa di tali illeciti si contrappone drasticamente all’animus ispiratore della riforma del 2000: si tratta di reati istantanei di mera omissione che si configurano in presenza della sola coscienza e volontà dell’omissione, non essendo richiesto nemmeno il dolo di evasione.

L’unico strumento utilizzato dal legislatore per bilanciare – se così si può dire – l’introduzione nel sistema di tali illeciti privi di qualsivoglia connotazione decettiva rispetto all’Amministrazione finanziaria è quello delle soglie di punibilità, profilo fortemente rimaneggiato nel corso degli anni – anche in forza delle pronunce della Corte Costituzionale – e da ultimo rivisto anche dal D.Lgs. n. 158/00.

L’art. 10-bis28 puniva, nella sua formulazione originaria, chiunque non versasse entro il termine previsto per la

      

28 Per un approfondimento sul tema, si vedano in dottrina PIGNATONE,

Sostituzione tributaria e prelievo alla fonte, Padova, 1993; PARLATO, Il responsabile ed il sostituto di imposta, in AMATUCCI (diretto da) Trattato di

presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a euro 150.000,00 per ogni periodo di imposta.

Si tratta, come evidente, di reato proprio che riprendeva una fattispecie già presente nella legge cosiddetta “manette agli evasori”.

La condotta penalmente rilevante era, altresì, limitata al caso in cui le ritenute fossero state effettuate dal datore con relativo rilascio della certificazione al dipendente, ciò, secondo autorevole dottrina, in ragione della particolare rilevanza che detta documentazione riveste nel rapporto tributario, atteso che il sostituito, solo a seguito del rilascio della certificazione, è liberato dalla propria obbligazione tributaria nei confronti del Fisco, che potrà rivalersi solo sul sostituto29.

Anche in ragione di ciò, nella vigenza della formulazione originaria di tale fattispecie si era fatto strada un orientamento giurisprudenziale di legittimità30 in forza del quale la prova dell’elemento costitutivo del reato in questione - il cui onere incombe sull’accusa - non poteva essere costituita dal solo contenuto della dichiarazione del

      

diritto tributario, Padova, 1994; BASILEVECCHIA, Sostituzione tributaria, in Digesto/comm., Torino, 1998, XV; PROFITI, Omesso versamento di ritenute certificate, la nuova disciplina del reato del sostituto di imposta ex art. 10-bis D.lgs. 74/00, in Rass. Trib,. 2006; MASTROGIACOMO, Il nuovo delitto di omesso versamento delle ritenute certificate, in Fisco I, 2004.

29 MUSCO E.-ARDITO F., Diritto penale tributario, cit., 278.

30 Da ultimo, Cass. Pen., sez. III, 9 ottobre 2014, n. 10475; Cass. Pen., sez. III, 15 ottobre 2014 n. 11335; Cass. Pen., sez, III, 8 aprile 2014, n. 40526.

modello cosiddetto 770 proveniente dal datore. Dunque, sulla scorta di tale indirizzo, non era sufficiente, ai fini della configurabilità della fattispecie in questione, che l’accusa dimostrasse che le ritenute erano state effettuate in quanto contenute nella dichiarazione suddetta, ma era necessario produrre dimostrazione del rilascio delle certificazioni al lavoratori sostituiti. Diversamente la condotta sarebbe stata punibile solo come illecito amministrativo.

La novella operata dal D.lgs. n. 158 del 2015 incide proprio su tale aspetto della formulazione della norma, in quanto la punibilità viene espressamente estesa, oltre che alle "ritenute certificate" alle "ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione", riformulando contestualmente la rubrica (ora: "omesso versamento di ritenute dovute o certificate").

In base a tale modifica, sembrerebbe quindi che, ad oggi, la prova della ritenuta (di cui è contestato il mancato versamento) potrebbe prescindere dalle certificazioni rilasciate al sostituito, potendo in ipotesi bastare che essa risulti dalla dichiarazione.

La riforma è anche intervenuta innalzando la soglia di punibilità, che è stata sostanzialmente triplicata, passando da 50.000 a 150.000 euro, per ciascun periodo d'imposta. In questo senso, quindi, la novella, pur mantenendo ferma la punibilità di mere condotte omissive del contribuente,

seleziona solo quelle che assumono maggiore rilievo sul piano della lesione del bene giuridico tutelato.

Tale modifica - così come quella prevista in tema di omesso versamento di IVA - esplicherà da subito effetti dirompenti sui procedimenti in corso, costituendo una vera e propria abolitio criminis rispetto alle condotte sotto soglia, i quali dovranno concludersi con una declaratoria di non punibilità per non essere il fatto più previsto dalla legge come reato.

L'art. 10-ter, relativo all'omesso versamento di IVA, riproduce, quanto alla propria struttura ed agli elementi costitutivi, lo schema già analizzato in ordine al delitto di cui all’art. 10-bis, con le ovvie distinzioni connesse alla tipologia del tributo.

Presupposto per l’applicabilità della norma - che, anche in questo caso costituisce un reato proprio punibile semplicemente a titolo di dolo generico - è che il contribuente abbia presentato una dichiarazione a fini IVA valida e che poi non abbia provveduto al saldo dell’imposta dovuta risultante dalla dichiarazione medesima entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo.

Anche sul piano sanzionatorio viene ripresa la forbice edittale (reclusione da sei mesi a due anni) già prevista per il precedente articolo.

La riforma del 2015 è intervenuta anche su tale disposizione eliminando, da una parte, il richiamo diretto alla fattispecie di cui all’art. 10-bis e provvedendo ad una formulazione autonoma dell’illecito in parola; dall’altro, ha modificato, innalzandola, la propria soglia di punibilità, giungendo addirittura a 250.000 euro, per ciascun periodo d'imposta.

Pur sollevando alcune perplessità la discrepanza esistente tra le due soglie di punibilità, pur a fronte di fattispecie strutturalmente analoghe, viene ulteriormente ridotto anche in questo caso l'ambito di rilevanza penale della fattispecie, lasciando residuare l'esclusiva operatività delle sanzioni amministrative per una cospicua parte di condotte illecite, in relazione alle quali il legislatore - evidentemente - ha ritenuto che la forza deterrente della pena non fosse (più) necessaria. Insomma, una decisa depenalizzazione a cui - peraltro - non si accompagna un aggravamento del trattamento sanzionatorio delle residue fattispecie incriminate.

Nel documento LUISS GUIDO CARLI L (pagine 141-146)