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Reato proprio e concorso di persone

Nel documento LUISS GUIDO CARLI L (pagine 75-80)

Stando alla formulazione normativa dei delitti tributari, «chiunque» potrebbe qualificarsi come autore di uno dei fatti descritti e puniti nel D.lgs. n. 74/00.

A ben vedere, però, al di là della genericità espressiva utilizzata dal legislatore delegato, è passibile di rimprovero penale ai sensi del medesimo decreto solo colui che sia tenuto all’adempimento di uno degli obblighi tributari la cui violazione è punita dalle fattispecie de quibus.

È a dire che i delitti tributari sono classificabili come reati propri e ciò anche laddove la condotta tipica non sia incentrata sulla falsa (ovvero sull’omessa) presentazione di una delle dichiarazioni fiscali espressamente previste dalle diverse disposizioni, ma si sostanzi nella mancata emissione di un documento avente valenza fiscale (ad esempio, nell’ambito dell’art. 8 D.Lgs. n. 74/00) oppure nel compimento di un atto fraudolento che sia comunque prodromico all’esposizione dei propri dati fiscali (art. 10). Merita evidenziare che fronte della novella legislativa introdotta con il D.lgs. n. 158 del 2015 all’art. 1 lett. C) del D.lgs. n. 74/00, tra gli autori tipici del reato tributario è stato inserito ufficialmente, oltre al soggetto direttamente obbligato alla prestazione in favore dell’Erario, anche il sostituto di imposta.

Il fatto che il solo intraneo possa qualificarsi come autore proprio dell’illecito penal-tributario, non vuol dire certo

che sia esclusa a monte l’ipotesi del concorso dell’extraneus secondo il consueto paradigma penalistico. A ben vedere, il decreto del 2000 menziona espressamente, all’art. 9, l’ipotesi del concorso di persone solo per esprimere un principio in deroga all’art. 110 c.p., ossia escludere la punibilità a titolo di concorso del responsabile del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti con l’autore del delitto di cui all’art. 2 e, dall’altro lato, in maniera speculare, la punibilità di chi si avvale delle fatture false - non solo annotandole in contabilità ma esponendole nelle relative dichiarazioni20 -, in concorso con chi le ha emesse.

La ratio è quella di evitare la doppia punibilità per un medesimo fatto21 di uno stesso soggetto che, secondo l’esempio tipico che la norma tende ad evitare, abbia, allo stesso tempo, istigato un ente o una persona ad emettere una fattura per operazioni inesistenti in proprio favore e, successivamente, se ne sia avvalso inserendola nella propria dichiarazione a fini IVA.

Esclusa, quindi, la rilevanza di tale ipotesi di concorso tra le fattispecie di cui agli artt. 2 e 8 del D.lgs. n. 74/00, resta

      

20 In questo senso, Cass. Pen., sez. III, 12.10.11 n. 1894, in De Jure, nonché Cass. Pen., Sez. IV, 26.1.11 n. 16550 e Cass. Pen., sez. III, 17.3.10, n. 14862.

21 Vale la pena segnalare che, nonostante l’espressa esclusione dell’operatività dell’art. 110 c.p. nei casi suindicati, la giurisprudenza della Suprema Corte abbia adottato un orientamento molto restrittivo circa l’applicazione dell’art. 9 D.Lgs. 74/00 nei casi delle cosiddette frodi carosello o di ricorso a fatture irregolari infragruppo, in cui l’emissione e l’utilizzo delle fatture inesistenti sia comunque riconducibile allo stesso soggetto, quale l’amministratore di due o più società collegate tra di loro. In tal senso Cass. Pen., Sez. III; 8.3.12 n. 19247, Cass. Pen., sez. III, 20-12-12, n. 19025, Cass. Pen., sez. III, 6.10.11, n. 47862, Cass. Pen., sez.

ferma la possibilità che i delitti tributari vengano realizzati in forma plurisoggettiva, secondo gli ordinari principi dettati dal codice penale in tema di agevolazione morale e materiale del fatto illecito dell’intraneo da parte del concorrente esterno.

È infatti sempre ammesso il concorso nel reato proprio da parte di colui che non è in possesso della qualifica richiesta ai fini della integrazione della fattispecie, allorché sia comprovata l’incidenza causale della condotta dell’extraneus, nonché la sua consapevolezza del fatto illecito e dell’altrui qualifica22, con il limite costituito dal fatto che, nell’ambito dei cosiddetti reati di mano propria, è necessariamente l’intraneo a dover tenere la condotta tipica. Tali generali considerazioni in tema di concorso nel reato tributario devono ritenersi applicabili anche all’ipotesi in cui sia il consulente del contribuente, in astratto, a concorrere con quest’ultimo nella realizzazione dell’illecito, considerando che, grazie al ricorso alla figura del dolo eventuale, la compartecipazione di quest’ultimo all’attività di evasione del proprio cliente può assumere connotati di estrema ampiezza23.

      

22 Si veda, in generale, sul tema del concorso dell’extraneus nel reato proprio, MEZZETTI E., Diritto penale, Casi e materiali, Torino, 2015.

23 Si tratta, invero, di una problematica affrontata, sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza, soprattutto con riferimento ai reati fallimentari. Tra le pronunce più recenti si segnalano Cass. Pen., sez. V, 27.6.12, n. 29287 e Cass. Pen., sez. V, 15.2.08 n. 10742. In dottrina, sul punto, si vedano DE FRANCESCO G.A.,

Dogmatica e politica criminale nei rapporti tra concorso di persone ed interventi normativi contro il crimine organizzato, in Riv. It. Dir. e Proc. Pen., 1994,

Pertanto spetterà all’interprete stabilire, volta per volta, se il contributo del consulente abbia assunto natura istigatoria o materialmente agevolativa rispetto alla determinazione del contribuente a realizzare l’illecito, (ad esempio, suggerendo meccanismi illeciti ai fini di evasione, fornendo consigli tecnici indispensabili per la realizzazione di operazioni illecite ovvero assistendo materialmente il medesimo nel compimento dell’operazione o nella presentazione della dichiarazione mendace) ovvero se l’attività dello stesso sia rimasta nell’alveo dell’ambito consulenziale per cui il professionista ha ricevuto mandato (ad esempio, nel caso in cui il consulente prospetti al proprio cliente, tra le possibili soluzioni adottabili in ordine ad una problematica di natura fiscale, prospettandone le relative conseguenze sul piano penale).

Non è, infine, mancato in dottrina chi abbia ritenuto che il problema della responsabilità del consulente non debba essere risolto mediante il ricorso all’istituto del concorso dell’extraneus nel reato proprio, bensì invocando le scriminanti dell’esercizio di un diritto o dell’adempimento di un dovere di cui all’art. 51 c.p24, di talché la condotta del predetto sarebbe, di norma, lecita e priva di rilievo penale in quanto riconducibile ad una delle due esimenti (esercizio

      

tecnico come forma di compartecipazione dell’estraneo nei reati propri, in Riv. Trim. dir. pen. economia, 2003.

24 In tal senso si è pronunciato LANZI A., ALDROVANDI P., Diritto penale

tributario, Padova, 2014, 138 e seguenti, richiamando sul punto SPAGNOLO G., Gli elementi soggettivi nella struttura delle scriminanti, Padova, 1980 e SCHIAFFO

F., Le situazioni quasi scriminanti nella sistematica teleologica del reato.

di una professione riconosciuta dall’ordinamento ovvero adempimento di un dovere contrattuale nei confronti del cliente).

Solo quando si fuoriesca dall’ambito di applicazione dell’art. 51 c.p., circostanza accertabile utilizzando quale criterio guida la finalità cui è volta l’attività del consulente - quando, ad esempio, il consiglio qualificato muti in una vera e propria spinta del cliente verso l’opzione criminosa - sarebbe, invece, ipotizzabile un ipotesi di concorso, da qualificarsi, anche in questo caso, alla stregua della tipologia del contributo da questi effettivamente fornito rispetto all’attività dell’intraneo.

Ad ogni buon conto, ove si dovesse riconoscere nel caso specifico il coinvolgimento del professionista nella condotta adottata in violazione delle norme penali tributarie, a quest’ultimo potrà essere applicata, sussistendone i presupposti, la circostanza aggravante recentemente introdotta al co. 3 dell’art. 13 bis del D.lgs. n. 74 del 200025.

      

25 La novella anche in questo caso è avvenuta attraverso il D.lgs. n. 158 del 2015 ed ha determinato un aumento di pena fino alla metà “se il reato è commesso dal compartecipe nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l’elaborazione

4. Delega di funzioni e responsabilità penale all’interno

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