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I requisiti di validità del marchio (segue)

CAPITOLO I: IL CASO BARILLA CONTRO ITALY FASHION

CAPITOLO 2 : Marchio, Marchio noto e marchio di forma di fatto

2.1 Marchio: nozione e funzioni

2.1.2 I requisiti di validità del marchio (segue)

Affinché il marchio possa godere della tutela giuridica all’interno dello Stato, o in caso di marchio della UE all’interno di quest’ultima, è necessario che esso sia dotato di tre

76 In questo caso il soggetto richiedente deve presentare domanda di registrazione presso l’ufficio dell’

Armonizzazione del Mercato Interno: Tale procedura presenta costi più elevati. Il marchio comunitario è disciplinato dal regolamento 207 del 2009.

77 V. art. 2570 cod. civ.; art 11 c.p.i..

78 CAMPOBASSO, op.cit., 176;VANZETTI,DI CATALDO, op. cit., 297, 298, 299.

79 Esempi si ritrovano nei prodotti tipici del settore Agrifood come il marchio collettivo Marlene e

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fondamentali requisiti e la mancanza anche di uno di essi, sia in fase preliminare di registrazione o successiva, comporta la nullità80 dello stesso come esplicitato anche

dalla Direttiva UE n. 2436 del 16 dicembre 201581.

I tre requisiti vengono enunciati agli artt. 12, 13 e 14 del c.p.i., rispettivamente come:

novità, capacità distintiva e liceità.

Il primo dei tre articoli, si riferisce alla novità del segno che il soggetto. Si tratta di una novità intesa come diversità rispetto alla totalità degli altri marchi già presenti ed usufruiti nel mercato di riferimento, ossia una diversità nei confronti dei soggetti terzi che abbiano già utilizzato il medesimo segno anteriormente a tale momento, secondo il principio di relatività. L’articolo 12 c.p.i. elenca un “catalogo” di ipotesi in cui il segno non è ritenuto nuovo: nelle lettere a e b è collegato ad un c.d. dato sostanziale, mentre nelle lettere seguenti c ,d ed e ad uno formale. Le prime due lettere enunciano la fattispecie sostanziale in cui sul mercato è già presente (rispetto al momento del deposito della domanda di registrazione) “di fatto” un segno noto al consumatore come marchio o un altro segno utilizzato da altri imprenditori per prodotti dello stesso genere82.

Nelle altre ipotesi, il dato formale è riferito alla situazione che si caratterizza per la preesistenza di una o più domande di marchio depositate da altri per prodotti dello

stesso genere (o per prodotti diversi) cui abbia susseguito la registrazione83.

Considerata l’impronta negativa della norma, si può constatare come nei casi citati il segno distintivo andrebbe a “contrastare” un segno già utilizzato84 e/o registrato

producendo un rischio di confusione sul mercato.

La capacità distintiva è invece richiamata dall’articolo 13 c.p.i. che sancisce l’impossibilità di costituire oggetto di registrazione per i segni che consistono

esclusivamente in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio, prosegue specificando che essi non devono essere costituiti

dalle denominazioni generiche di prodotto o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono85. Il legislatore, con tale norma esprime la necessità che il marchio sia

80 V. art. 25 c.p.i..

81 V. art. 4, Direttiva UE n. 2436 del 16 dicembre 2015, richiama i c.d. “impedimenti alla registrazione o

motivi di nullità”.

82VANZETTI,DI CATALDO, op.cit., 186. 83VANZETTI,DI CATALDO, op.cit., 186.

84 V. art. 2571, cod.civ., che si riferisce alla circostanza del preuso. 85 V. art. 13, comma 1, b, c.p.i.

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idoneo ad identificare agli occhi del consumatore una species di prodotto o di servizio all’interno di un genus86. Parole come “super”, “iper”, “extra”, “standard”, “lusso”, e in

genere tutti i suffissi. Dai divieti imposti dall’articolo sopracitato si evince la ratio volta ad impedire l’acquisto di posizioni di monopolio su simboli che nella terminologia comune individuano genericamente quel tipo di prodotto87.

La liceità e l’esistenza di diritti di terzi, descritti dall’art. 14 c.p.i., enuncia una serie di casi che evidenziano una serie di circostanze illecite o illegittime che ne escludono la registrazione; il suddetto enunciato, costituito da 2 punti e da differenti lettere (a,b,c,) afferma che non possono costituire oggetto di registrazione i segni contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume88; i segni idonei ad ingannare il pubblico,

chiamati anche decettivi, con particolar riferimento alla provenienza geografica e sulla natura dei servizi erogati o prodotti proposti sul mercato89; ed infine esclude la

possibilità di registrare un segno il cui uso costituirebbe una violazione di un altrui diritto di autore, proprietà industriale o altro diritto esclusivo di terzi soggetti90. Tra

gli esempi di segni contrari all’ordine pubblico o al buon costume, è opportuno citare tutti i segni che evochino fatti e/o situazioni riportanti a fatti immorali all’interno di una data comunità, infatti non è possibile ottenere la registrazione di un segno raffigurante la svastica propria del periodo Nazista, lo stemma a cinque stelle delle Brigate Rosse o i simboli evocanti il ventennale fascista italiano. La definizione di “segni contrari alla legge” è molto più complessa ed articolata di quanto detto con riguardo ai segni contrari al buon costume o all’ordine pubblico. In questo caso rientrano i segni che violano norme dell’ordinamento giuridico, come ad esempio la dichiarazione di nullità di un marchio denominato “I grandi veggenti d’Italia”91 poiché

è sancito il divieto di attività di “cartomante veggente” 92 .

Al secondo comma del medesimo articolo, si identificano i casi in cui il marchio d’impresa possa decadere, per essere venuto meno i requisiti di conformità alla legge. Il marchio perde la propria funzione ed il titolare perde i diritti derivanti da esso,

86VANZETTI, DI CATALDO, op. cit., 175; SARTI, Segni distintivi e denominazioni d’origine, in AA.VV., La

proprietà intellettuale, Giappichelli, Torino, 2011, 40 e ss.

87 CAMPOBASSO, op. cit., 178.

88 V. art 14, comma 1, lettera a, c.p.i. 89 V. art. 14, comma 1, lettera b, c.p.i. 90 V. art 14, comma 1, lettera c, c.p.i.

91 Cfr. Trib. Milano, 14 febbraio 2005, in GADI, 2005, 4854/3.

92 V. art. 121, Testo Unico Leggi Pubblica Sicurezza (T. U. L. P. S. Regio decreto 1816/31, n. 773)

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qualora il segno sia divenuto idoneo ad indurre in inganno il pubblico (a tal ragione il postulato precisa l’inganno inerente alla qualità, provenienza e la natura del prodotto, in virtù della funzione distintiva e di certificazione di provenienza propria del marchio), se sia divenuto contrario alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume o per omissioni di attività concernenti il “mantenimento del marchio” come i controlli previsti dal regolamento in caso di marchio collettivo93.

Il procedimento amministrativo inerente al deposito e alle fasi successive finalizzate all’ottenimento della titolarità del marchio o di un altro segno distintivo, sono definiti dall’articolo 147 c.p.i e ss. e dalle norme contenute nel Decreto Ministeriale 13/01/2010 n.33, denominato Regolamento di attuazione del Codice di Proprietà Industriale avente l’obiettivo di definire e ridurre la complessità della registrazione e a garantire una tutela stabile e concreta a tutti i titoli di proprietà industriale.