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I ritardi di pagamento nelle transazioni commercial

Nel documento Le relazioni asimmetriche tra imprese (pagine 121-128)

CAPITOLO SECONDO IL TERZO CONTRATTO

D) La recente sentenza della Corte di Cassazione, sez III civile, n 18186, del 25 agosto

2.2.2. I ritardi di pagamento nelle transazioni commercial

Si passi ora all’analisi del secondo referente normativo per la teorica del

“terzo contratto”121

.

Con la direttiva 2000/35/CE, attuata in Italia attraverso il decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, il Parlamento Europeo ed il Consiglio erano intervenuti con l’obiettivo di introdurre, in tutti gli Stati membri, efficaci strumenti giuridici dissuasivi contro i ritardi nei pagamenti di crediti commerciali.

Tale direttiva, era ispirata principalmente all’esigenza di tutelare le piccole e medie imprese, gli artigiani, i lavoratori autonomi, quali protagonisti deboli del mondo economico, dai rischi legati a termini contrattuali eccessivamente

lunghi122. L’intervento comunitario era giustificato non solo dalla

considerazione delle esigenze dell’impresa, ma anche dalla constatazione del grande divario esistente tra gli Stati europei sui termini contrattuali di pagamento, con le conseguenti difficoltà sul buon funzionamento del mercato

interno e i problemi legati alle distorsioni della concorrenza123.

121

Tuttavia alcuni ritengono che dal decreto legislativo n. 231 del 2002 non possano essere tratti argomenti a favore della costruzione della figura dell’imprenditore debole. La direzione della normativa, infatti, si fonda sulle ragioni dell’economia, piuttosto che sull’esigenza di fornire protezione all’imprenditore debole. Il legislatore comunitario ha ritenuto che il ritardo dei pagamenti costituisce un intralcio sempre più grave per il successo del mercato unico e delle operazioni economiche transfrontaliere. Ciò si traduce nell’amplissimo campo di applicazione soggettivo della normativa che, per quanto fondata sull’esigenza di dare protezione alle piccole e medie imprese rispetto ai ritardi dei pagamenti, è tuttavia applicabile anche alle grandi imprese e agli esercenti le libere professioni. Per tali riflessioni, E. RUSSO,

Imprenditore debole, imprenditore-persona, abuso di dipendenza economica, “terzo contratto”, in Contratto e Impresa, 2009, 1, 120.

122

D. DI BENEDETTO, La disciplina della subfornitura, in Rassegna di diritto civile, 1, 2006, 1.

123

Per un approfondimento, C. CHESSA, Il potere giudiziale di ristabilire l’equità

Si trattava di una normativa che muoveva da un capovolgimento di prospettiva rispetto all’impostazione tradizionale. Questa poneva al centro della protezione giuridica la figura del debitore, mentre il creditore veniva considerato come il soggetto forte del rapporto obbligatorio.

Una valutazione economica moderna ha, invece, rilevato che bisognosa di protezione giuridica è la figura del creditore, che presta la propria attività e non può ricevere il corrispettivo in denaro in ritardo, e comunque oltre un certo termine. Il ritardo nel pagamento incide sulle ragioni dell’economia, provocando difficoltà nel bilancio complessivo soprattutto nelle medie e

piccole imprese124.

Nel nostro ordinamento, così, la nuova disciplina del ritardo dei pagamenti è stata localizzata alle transazioni commerciali, ossia ai contratti di qualsiasi tipo intercorrenti tra imprese fra loro, o tra imprese e pubblica amministrazione e non prende in considerazione il contenuto complessivo del contratto, ma soltanto un’obbligazione pecuniaria, e precisamente l’obbligazione di pagamento che costituisce il corrispettivo della consegna di

particolare, l’Autore puntualizza che, nonostante la dichiarata finalità della lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, nell’analisi dei considerando (soprattutto dal 7 al 10) della direttiva, si desume che l’obiettivo principale della disciplina comunitaria coincide in realtà con l’intento di ridurre la lunghezza eccessiva dei tempi di pagamento presenti in alcuni Paesi membri (riconducibili all’area mediterranea) la cui prassi imprenditoriale ostacola il buon funzionamento del mercato comune e diverge nettamente dai termini medi di adempimento praticati, di regola, nei Paesi scandinavi, germanici e anglosassoni. Quanto alla

ratio della disposizione di cui all’articolo 7, comma 3, del decreto legislativo n. 231/2002,

l’Autore precisa che la previsione dell’intervento giudiziale potrebbe acquistare la funzione di introdurre una corretta prassi commerciale a metà strada tra le pratiche negoziali correnti, frutto di un generalizzato abuso della libertà contrattuale, e i termini legali, giudicati troppo svantaggiosi per il debitore.

124

Per una disamina della questione, E. RUSSO, Imprenditore debole, imprenditore-persona,

abuso di dipendenza economica, “terzo contratto”, in Contratto e impresa, 2009, 1, 120.

Secondo l’Autore, la normativa si dirige soprattutto verso la pubblica amministrazione, tradizionalmente identificata come cattivo pagatore, anche per ragioni burocratiche.

beni o della prestazione di servizi. Il potere di controllo del giudice si esercita, dunque, unicamente sulla determinazione temporale, potendo sostituire all’accordo privato i termini legali di pagamento, oppure quelli che ritiene congrui secondo una valutazione equitativa.

La direttiva 2000/35/CE è stata abrogata con effetto dal 16 marzo 2013, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno e di applicazione ed è stata sostituita con la direttiva n.

2011/7/UE del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di

pagamento nelle transazioni commerciali (rifusione).

Al fine di comprendere la portata innovativa di tale direttiva, soprattutto con riferimento alla tutela dell’imprenditore debole, occorre considerare quanto indicato nei considerando numeri 6, 12 e 28.

In primo luogo, nel considerando numero 6, si fa cenno alla comunicazione

della Commissione Europea del 25 giugno 2008 dal titolo “Una corsia

preferenziale per la piccola impresa — Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la piccola impresa (un “Small Business Act” per l’Europa)”125

. In tale sede la Commissione ha sottolineato la necessità di

125

Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 25 giugno 2008 intitolata “Una corsia preferenziale per la piccola impresa”. Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la Piccola Impresa (uno “Small Business Act” per l’Europa) [COM(2008)394 def.]. Lo “Small

Business Act” per l’Europa (SBA) definisce le grandi linee della politica europea a favore delle

piccole e medie imprese (PMI), promuove lo spirito imprenditoriale e ancora il principio “Think small first” nell’azione legislativa e politica per rafforzare la competitività delle PMI. Basato su dieci principi e articolato in diverse azioni politiche e legislative, attuative di tali principi, lo SBA è uno strumento che intende dar modo alla Commissione ed agli Stati membri di superare gli ostacoli che frenano il potenziale di sviluppo e di creazione di posti di lavoro delle PMI.

agevolare l’accesso al credito per le piccole e medie imprese126

e di creare un

contesto giuridico ed economico che favorisca la puntualità dei pagamenti

nelle transazioni commerciali, precisando che, in tale ambito, alle pubbliche amministrazioni spetta una particolare responsabilità.

Successivamente, nel considerando numero 12 viene specificato che “i ritardi

di pagamento costituiscono una violazione contrattuale resa finanziariamente attraente per i debitori nella maggior parte degli Stati membri dai bassi livelli dei tassi degli interessi di mora applicati o dalla loro assenza e/o dalla lentezza delle procedure di recupero”.

Considerato ciò, la direttiva si propone di divulgare una cultura dei pagamenti rapidi, in cui l’esclusione del diritto di applicare interessi di mora sia sempre considerata una clausola o prassi contrattuale gravemente iniqua, come anche l’esclusione del diritto al risarcimento dei costi di recupero. Solo adoperandosi verso questa direzione e introducendo disposizioni specifiche sui periodi di pagamento e sul risarcimento dei creditori per le spese sostenute è possibile disincentivare i ritardi di pagamento.

Da ultimo, assume un’importanza fondamentale il considerando numero 28 che sancisce il principio secondo il quale “la presente direttiva dovrebbe

proibire l’abuso della libertà contrattuale a danno del creditore”. L’abuso in

questione si configura ogniqualvolta una clausola contrattuale o una prassi

Consulta:http://europa.eu/legislation_summaries/enterprise/business_environment/et0001_it.ht m..

126

Nel considerando numero 6 viene altresì precisato che i criteri per la definizione di piccole e medie imprese sono contenuti nella raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese.

relativa alla data o al periodo di pagamento, al tasso di interesse di mora o al risarcimento dei costi di recupero non sia giustificata sulla base delle condizioni concesse al debitore, o abbia principalmente l’obiettivo di procurare al debitore liquidità aggiuntiva a spese del creditore. Ne deriva che, conformemente al progetto accademico del Draft Common Frame of

Reference (cui si è fatto cenno nel primo capitolo e di cui ci si occuperà nella

seconda parte del presente lavoro), qualsiasi clausola contrattuale o prassi che si discosti gravemente dalla corretta prassi commerciale e sia in contrasto con il principio della buona fede e della correttezza deve essere considerata iniqua per il creditore. In particolare, l’esclusione esplicita del diritto di applicare interessi di mora dovrebbe essere sempre considerata come gravemente iniqua, mentre l’esclusione del diritto al risarcimento dei costi di recupero dovrebbe essere presunta tale.

Va precisato, infine, che la direttiva n. 2011/7/UE, seguendo la scia della

precedente direttiva, si applica ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni che comportano la fornitura di merci o la prestazione di servizi. Lo scopo è dunque quello di lottare contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, al fine di

garantire il corretto funzionamento del mercato interno, favorendo in tal modo la competitività delle imprese e in particolare di quelle piccole e medie. E’ evidente quindi che la presente direttiva aggiunge definitivamente una tessera al mosaico della tutela dell’imprenditore debole nel quadro europeo.

L’Italia ha recepito la direttiva in questione con il decreto legislativo n. 192/2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 267 del 15 novembre 2012, che modifica e integra il decreto legislativo n. 231/2002, che, come detto, aveva recepito a sua volta la direttiva 2000/35/CE. Tale decreto è entrato in vigore il 30 novembre 2012 e si applica alle transazioni commerciali concluse a decorrere dall’ 1 gennaio 2013.

In particolare, si fa riferimento ai “contratti, comunque denominati, tra

imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo”. Gli esercenti libera professione sono

inclusi nella definizione di imprenditore, mentre i contratti con i consumatori sono esclusi dalla sfera di applicazione del decreto.

Conformemente a quanto disposto nella direttiva, le clausole contrattuali che disciplinano termini di pagamento, saggio degli interessi moratori e risarcimento dei costi di recupero, in termini differenti rispetto alla disciplina legale di cui al decreto legislativo n. 192/2012, sono nulle se gravemente inique ai danni del creditore. Il decreto, inoltre, fissa alcuni criteri guida per il giudice che deve valutare se una clausola contrattuale di deroga possa essere considerata gravemente iniqua ai danni del creditore. Ad esempio, rileva, ai fini della valutazione, se la clausola di deroga rappresenta un grave

scostamento rispetto alla prassi commerciale127 in contrasto con il principio di

127

La portata regolatoria della norma prevista dall’articolo 7 del decreto legislativo n. 231/2002, tipica dei mercati regolamentati e tradizionalmente eversiva del tradizionale diritto

buona fede e correttezza, la natura dei beni o servizi oggetto del contratto, l’esistenza di motivi oggettivi per derogare alla disciplina legale. Infine, la clausola che esclude l’applicazione degli interessi di mora si considera gravemente iniqua in danno del creditore e, conseguentemente, è nulla, mentre la clausola che esclude il rimborso dei costi di recupero si presume gravemente iniqua in danno del creditore, ma la parte interessata potrà fornire prova contraria.

dei contratti, risulta ancora più chiaramente se si considera che la tipica azione a tutela della concorrenza, finalizzata alla condivisione delle risorse, consiste proprio nell’intervento sul versante del prezzo (come dimostrano le politiche antitrust in tema di essential facilities). Sul tema delle essential facilities, Corte di Giustizia, (Sixth Chamber), 26 novembre 1998, C-7/97, Oscar Bronner GmbH & Co. GG c. Mediaprint Zeitungs – und Zeitschriftenverlag GmbH &Co. KG, Mediaprint Zeitungsvertriensgesellschaft mbH &Co. KG, Mediaprint Anzeigengesellschaft mbH &Co. KG.

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