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I soggetti che rendono le prestazioni esenti

CAPITOLO TERZO

3.4. Il nuovo regime IVA delle prestazioni di servizi rese da consorzi, società consortili e società cooperative con funzioni

3.4.1. Ambito soggettivo di applicazione della norma

3.4.1.1. I soggetti che rendono le prestazioni esenti

Come agevolmente desumibile dal disposto normativo, l’operatività del nuovo regime di esenzione è subordinata a specifiche condizioni, di carattere soggettivo ed oggettivo, di seguito illustrate.

3.4.1. Ambito soggettivo di applicazione della norma.

3.4.1.1. I soggetti che rendono le prestazioni esenti

Sotto il profilo soggettivo, la prima condizione cui l’art. 10, comma 2 del d.P.R. n. 633 subordina l’applicazione del nuovo regime di

      

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Si segnala al riguardo che il D.L. n. 112 ha introdotto rilevanti modifiche anche in relazione all’obbligo di registrazione dei contratti di locazioni immobiliare che, ai fini IVA, beneficiano del regime di esenzione di cui all’art. 6 della L. n. 133 ovvero di quello individuato dall’art. 10, comma 2 del d.P.R. n. 633. In particolare, il comma 14 dell’art. 82 del citato D.L. n. 112 ha modificato l’art. 5, comma 2 e l’art. 40, comma 1 del d.P.R. 30 aprile 1986, n. 131, imponendo l’assoggettamento all’obbligo di registrazione, con conseguente applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale, per le locazioni infragruppo di immobili esenti da IVA ai sensi dell’art. 6 della L. n. 133 e dell’art. 10, comma 2 del d.P.R. n. 633. Occorre evidenziare, al riguardo, che anteriormente alle predette modifiche, tali contratti, essendo considerati soggetti ad IVA, sebbene in regime di esenzione, in virtù del principio di alternatività IVA/registro non erano soggetti a registrazione (se non in caso d’uso) e, ove registrati, scontavano comunque l’imposta di registro in misura fissa (168 Euro). A seguito del predetto intervento legislativo, per contro, anche le locazioni di immobili in questione sono state inserite tra le operazioni che si considerano non soggette a IVA e, conseguentemente, soggette al pagamento dell’imposta in misura proporzionale. 

esenzione è che la prestazione di servizi sia resa da un consorzio ovvero, una società consortile o una società cooperativa con funzioni consortili.

Volendo operare una sintetica ricognizione del regime civilistico di tali istituti, va preliminarmente osservato che la disciplina dei consorzi è recata dal capo II del Titolo X del Libro V del codice civile.

Come rilevato in dottrina, il consorzio può definirsi come un’associazione di persone fisiche o giuridiche, liberamente creata o coattivamente imposta, per la realizzazione in comune di un interesse proprio di questi soggetti. Conseguentemente “con il consorzio non si crea artificiosamente una comunione di interessi che abbia una finalità sua propria, ma si realizza in comune un interesse che è già proprio di coloro che al consorzio partecipano: in definitiva, funzione del consorzio è essenzialmente quella di prestare un servizio nell’interesse dei singoli consorziati con la conseguenza che l’attività del consorzio si risolve in una serie di atti i cui risultati si acquisiscono direttamente alla sfera giuridica dei singoli partecipanti al consorzio. L’organizzazione comune si pone, cioè, essenzialmente come uno strumento per la realizzazione di interessi propri di ciascun consorziato che non potrebbero essere realizzati a quelle condizioni economiche singolarmente considerate”116.

Questo aspetto del consorzio è stato particolarmente accentuato dalla L. 10 maggio 1976, n. 377, che ha apportato incisive modifiche alla disciplina codicistica in tema di consorzi ed ha introdotto la figura delle società consortili.

In particolare, la nozione di consorzio originariamente delineata nell’art. 2602 cod. civ. – e che ricomprendeva esclusivamente i contratti tra imprenditori esercenti una medesima attività economica o attività

      

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connesse, che avessero per oggetto la disciplina delle attività stesse e cioè il coordinamento della produzione e degli scambi – è stata sostituita da una nuova nozione, concernente un fenomeno più ampio e diversamente caratterizzato, in base alla quale “con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina e per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese”. Coerentemente con tale nuova nozione, la dottrina ha enucleato la fondamentale distinzione tra (i) consorzi con attività esterna e (ii) consorzi con mera attività interna, individuando il discrimine tra tali due categorie nella circostanza che l’organizzazione comune, nell’ambito dei consorzi con attività interna svolge la propria attività esclusivamente nei confronti dei consorziati, mentre all’interno dei consorzi con attività esterna provvede a gestire una o più fasi imprenditoriali comuni ai consorziati, svolgendo attività anche verso terzi nei confronti dei quali assume obbligazioni.

Con specifico riguardo ai consorzi con attività esterna, la citata Legge n. 377 del 1976 ha provveduto ad introdurre un’apposita disciplina, dettata dagli artt. 2612-2615 del cod. civ., avente carattere speciale rispetto alla disciplina generale dei consorzi con attività interna recata dagli art. 2601-2611 del cod. civ.

Gli aspetti più significativi di tale disciplina speciale attengono al regime di responsabilità per le obbligazioni del consorzio e alla sua struttura organizzativa.

In particolare, per quanto concerne il primo profilo, a seguito delle modifiche apportate dalla Legge n. 377/1976, l’art. 2615, cod. civ. nel disciplinare la responsabilità verso i terzi, pone una distinzione tra (i) le obbligazioni assunte in nome del consorzio dalle persone che ne hanno la

rappresentanza, per le quali è stata prevista, in luogo della responsabilità solidale ed illimitata di tali soggetti, la responsabilità esclusiva del consorzio, stabilendo che i terzi possano far valere i propri diritti esclusivamente sul fondo consortile e (ii) le obbligazioni assunte per conto dei singoli consorziati, relativamente alle quali è prevista una responsabilità solidale fra il fondo consortile ed i singoli consorziati.

Per quanto riguarda invece la struttura organizzativa, è espressamente previsto che l’organizzazione consortile possa assumere oltre che quella propria del consorzio, anche la struttura propria dei singoli tipi societari. Ed infatti la Sezione II bis del Capo II, Titolo X, del codice civile prevede espressamente la categoria delle società consortili, stabilendo, nell’art. 2615 ter che le società previste nei capi III e seguenti del Titolo V possono assumere come soggetto sociale gli scopi indicati nell’art. 2602 cod. civ..

Con riferimento, invece, alle società consortili, si rileva come le stesse, pur possedendo la struttura organizzativa tipica di uno dei tipi societari di cui, ai capi III e seguenti del Titolo V (vale a dire, società in nome collettivo, in accomandita semplice, società per azioni, società in accomandita per azioni società a responsabilità limitata), la utilizzano per la realizzazione della funzione tipica del consorzio, vale a dire lo svolgimento, da parte di soci imprenditori ed in forma mutualistica, di una o più fasi dell’attività delle imprese consorziate.

Più nel dettaglio, le società consortili sono società commerciali nelle quali convivono l’oggetto sociale tipico dei consorzi con attività esterna ed uno scopo mutualistico; seguono, in via di principio, le norme applicabili al tipo di società prescelto per la sua costituzione; ricevono dai soci i conferimenti previsti per il tipo di società prescelto, nonché,

ove previsto dall’atto costitutivo o da una delibera assembleare, contributi periodici; redigono i bilanci secondo le norme delle società commerciali di capitali. Norme particolari regolano, tra l’altro, il controllo giudiziale, l’ingresso di nuovi soci, il trasferimento della partecipazione sociale, l’esclusione o il recesso di soci.

Infine, quanto alle società cooperative con funzioni consortili, la relativa disciplina è contenuta nel Titolo VI del Libro V del cod. civ.

Al riguardo ed in via di estrema sintesi, si evidenzia che la riforma del diritto societario attuata dal D.Lgs. n. 6/2003 ha introdotto una nuova nozione di società cooperativa, definendola in termini di “società a capitale variabile con scopo mutualistico”117.

Come agevolmente evincibile da tale definizione, dunque, caratteristica della società cooperativa e quindi essenziale per la sua esistenza è la presenza del fine mutualistico, tale per cui la società “deve offrire beni, servizi ed occasioni di lavoro ai propri soci a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, consentendo ad essi di realizzare un risparmio di spesa o un aumento di retribuzione”118.

Come anticipato, tuttavia, l’art. 10, comma 2, del d.P.R. n. 633, nel delineare l’ambito applicativo soggettivo del nuovo regime di esenzione da IVA introdotto dalla Legge n. 244/2007, richiede espressamente che le società cooperative svolgano funzioni consortili.

Potranno beneficiare del nuovo regime, pertanto, esclusivamente le prestazioni rese ai propri soci da società cooperative utilizzate per la realizzazione della funzione propria del consorzio, come sopra delineata:

      

117 Cfr. l’art. 2511 del cod. civ.. 

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Cfr. in tal senso BASSI, sub art. 2511, in La riforma del diritto societario, BUONOCORE, a cura di, 2003. 

ne discende che i soci stessi dovranno essere imprenditori e che l’oggetto sociale dovrà consistere nello svolgimento, in forma mutualistica, di una o più fasi delle imprese consorziate119.