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Identificazione degli acidi grassi tramite GC

6 Tecniche analitiche utilizzate nella caratterizzazione della frazione lipidica della

6.3 Caratterizzazione delle classi lipidiche

6.3.1 Caratterizzazione della composizione acidica

6.3.1.3 Identificazione degli acidi grassi tramite GC

I metodi più comunemente utilizzati per la determinazione del contenuto in acidi grassi presenti nelle matrici di origine naturale sono le tecniche gascromatografiche (GC) o di cromatografia liquida (LC).

La gascromatografia è una tecnica cromatografica in cui la fase mobile è un gas permanente (detto carrier o gas di trasporto) che fluisce attraverso una colonna in cui è posta la fase stazionaria la quale può essere un solido granulare poroso oppure un liquido. All‘uscita della colonna un rivelatore segnala il passaggio dei diversi componenti della miscela a un sistema di elaborazione dei segnali (Figura 6.6).

Figura 6.6 - Schema di un gascromatografo.

Quest‘ultimo fornisce il cromatogramma, in cui la quantità di sostanza eluita è diagrammata in funzione del tempo che la sostanza ha impiegato per attraversare la colonna detto tempo di ritenzione (RT).

I meccanismi di separazione e le prestazioni della tecnica gascromatografica sono determinati dalle caratteristiche chimico-fisiche della fase stazionaria e dalla forma con cui questa è presente nella colonna (particelle granulari eventualmente ricoperte da un liquido di ripartizione oppure un semplice film fatto aderire sulle pareti interne di un capillare).

Con questa tecnica è possibile analizzare campioni gassosi, liquidi o solidi, purché siano opportunamente solubilizzati e possano essere evaporati.

Una prima classificazione delle tecniche gascromatografiche fa riferimento allo stato fisico della fase stazionaria e distingue così fra:

 Cromatografia di adsorbimento gas-solido (Gas Solid Chromatography, GSC);

 Cromatografia di ripartizione gas-liquido (Gas Liquid Chromatography, GLC).

La cromatografia di adsorbimento (GSC) fa uso di colonne con materiale impaccante che possiede siti attivi e di un gas di trasporto, in questo caso i soluti vengono separati durante lo sviluppo cromatografico per interazione dei singoli componenti della miscela con il solido di riempimento.

I singoli componenti da separare migrano con velocità diverse perché le interazioni di adsorbimento possiedono una loro specificità.

La cromatografia di ripartizione (GLC) è una tecnica che utilizza una fase stazionaria liquida in cui le specie da separare si sciolgono, ed il gas di trasporto non dà alcuna interazione né con il soluto né con la fase stazionaria.

Una seconda classificazione prende in considerazione sia la geometria della colonna sia la collocazione della fase stazionaria in essa:

 GC su colonne ―impaccate‖: in cui la fase stazionaria è formata da un solido granulare poroso o di un liquido supportato da particelle porose e inerti; la colonna è costituita da vetro o acciaio è lunga da 1 a 6 m con un diametro interno di 0.75-4 mm.

 GC su colonne ―capillari‖: (80% delle colonne per GC vendute) in cui la fase stazionaria è sotto forma di film sottile (0.1-5 μm) adeso alle pareti inerti del capillare caratterizzato da un diametro interno di 0.1-0.75 mm e da una lunghezza che va da 15 a 100 m, (in essa il contatto carrier /fase fissa è migliore).

La classificazione in cui si considera come si presenta la fase stazionaria prevede:

6. TECNICHE ANALITICHE UTILIZZATE NELLA CARATTERIZZAZIONE DELLA FRAZIONE LIPIDICA DELLA CARNE 112

 GC colonne aperte con rivestimento supportato (SCOT): come le WCOT ma supportate da materiale granulare poroso fine.

 GC colonne aperte con rivestimento poroso (PLOT): la fase stazionaria è costituita solo da particelle porose fatte aderire alle pareti.

Oggigiorno sono impiegate quasi esclusivamente colonne capillari. Le colonne maggiormente utilizzate nell‘identificazione degli esteri metilici sono colonne apolari la cui fase stazionaria è costituita in genere da cianopropil-polisilossano. La separazione dei metilesteri avviene in base al numero di atomi di carbonio della catena e, a parità di lunghezza della catena, in base al grado di insaturazione. La ritenzione gascromatografica aumenta in funzione del numero dei doppi legami, con una discriminazione determinata dalla posizione dei doppi legami (gli acidi grassi insaturi sono tanto più trattenuti quanto più il doppio legame si allontana dal metile terminale della catena alifatica) e dalla loro configurazione (si osservano tempi di ritenzione maggiori per gli isomeri in configurazione cis rispetto a quelli con configurazione trans. Le colonne rivestite con cianopropil- polisilossano sono adatte alla separazione degli isomeri cis/trans dei metil esteri degli acidi grassi, non lo sono invece le colonne rivestite con fasi polari quali polietilenglicole.

Se sono presenti acidi grassi a catena ramificata, l‘ordine di eluizione, nelle colonne in cianopropil-polisilossano, prevede, dopo il corrispondente acido a catena lineare, l‘uscita dell‘isomero il cui metile sostituente è sul carbonio che precede il gruppo terminale (iso) e successivamente quella dell‘isomero con il sostituente sul secondo atomo di carbonio prima del metile terminale (anteiso). Le colonne con fase tipo cianopropil-polissilossano, in caso di significative variazioni della programmata di temperatura del forno, potrebbero evidenziare modificazioni importanti nella sequenza di eluizione dei composti, dovute all‘elevata affinità di questa fase stazionaria per i composti insaturi.

Per l‘analisi degli esteri metilici da matrici alimentari, vengono normalmente utilizzate colonne capillari della lunghezza di 100 metri.

Le prestazioni di un sistema gascromatografico vengono valutate in base a fattori quali:

 Selettività; capacità di eluire due sostanze in tempi diversi, dipende sia dalla temperatura che dalla fase stazionaria, ed è leggermente più elevata per le colonne capillari;

 Efficienza, la capacità di eluire una data sostanza in una banda stretta. La maggior differenza tra impaccata e capillare sta nel fatto che le capillari hanno un numero di piatti teorici tra i 50000 e 150000 e per le impaccate è dell‘ordine di 4000, ne deriva che a parità di lunghezza le colonne capillari sono di poco più efficienti delle impaccate, e l‘efficienza delle capillari si mantiene quasi inalterata all‘aumentare del

flusso del carrier per diminuire i tempi di lavoro. Per ottimizzare l‘efficienza di una colonna si può agire su :

 Lunghezza;

 diametro delle particelle,

 liquido di ripartizione (poco viscoso, bassa tensione di vapore),  temperatura,

 diametro interno (per le impaccate è meglio piccolo),  carrier (dipende dal tipo di rivelatore),

 flusso.  Risoluzione,  Tempi di lavoro;

 Asimmetria dei picchi e capacità, una buona separazione non deve presentare fenomeni di tailing (presenza di una coda) e fronting (eccessiva estensione del fronte del picco). Le cause più probabili di assimetria sono:

 una scorretta introduzione del campione,

 particolari caratteristiche chimico-fisiche della fase stazionaria o sua sovrassaturazione.

Per ottenere la massima efficienza si può iniettare piccole quantità di campione compatibili con i limiti di rilevabilità. Le colonne impaccate hanno una capacità maggiore delle capillari.

Come detto all‘inizio del paragrafo lo strumento che consente la separazione, il riconoscimento e la quantificazione dei componenti di una data miscela è il gascromatografo. Esso è costituito essenzialmente da quattro parti: la sorgente del gas di trasporto, la zona d‘iniezione e vaporizzazione della miscela in esame, la colonna cromatrografica (contenuta in una camera termostatata) ed il rivelatore (detector), collegato ad un sistema di acquisizione ed elaborazione dei dati (computer).

La fonte del gas di trasporto, di per sé, non è parte integrante del GC ma ha comunque una funzione fondamentale per tutto il dispositivo. In genere si usano bombole di acciaio di capacità diversa secondo il tipo di gas. Il gas di trasporto normalmente usato è elio o idrogeno per colonne capillari, mentre per quelle impaccate è azoto o elio.

La zona di iniezione il cui compito è quello di assicurare l‘istantanea vaporizzazione del campione è corredata da un sistema di resistenze variabili attraverso le quali è possibile fissare la temperatura ritenuta più adatta per la vaporizzazione della miscela. L‘introduzione del campione viene effettuata con una iniezione su un apposito disco di gomma al silicone, posto tra una ghiera metallica e il dispositivo di attacco alla colonna.

6. TECNICHE ANALITICHE UTILIZZATE NELLA CARATTERIZZAZIONE DELLA FRAZIONE LIPIDICA DELLA CARNE 114 Le colonne sono alloggiate in una camera termostatica, in genere a circolazione di aria calda, con questo sistema viene assicurata una buona stabilità di temperatura. Un dispositivo permette all‘operatore di fissare la temperatura, la quale può essere mantenuta costante per tutta la durata dell‘analisi (isoterma) oppure fatta variare (programmata).

I dispositivi in grado di rivelare la presenza di una sostanza estranea nel gas di trasporto, a valle della colonna, possono dividersi in universali e selettivi. I primi consentono di individuare tutti i componenti di una miscela, i secondi rivelano solo particolari categorie di composti.

Attualmente i rilevatori più usati sono di tipo differenziale, ossia forniscono una linea di base piatta quando dalla colonna esce solo il carrier, mentre danno un picco più o meno simmetrico in corrispondenza di una banda di eluizione. I rilevatori più utilizzati sono:

 Rivelatore a cattura di elettroni (ECD);  Rivelatore a termoconducibilità (HWD);  Rivelatore a ionizzazione di fiamma (FID).

Nel caso della determinazione degli esteri metilici il detector utilizzato è il FID (FID, Flame Ionizzation Detector). Questo tipo di rivelatore consente l‘individuazione di tutti i componenti di una miscela con una sensibilità più o meno elevata e – nel caso dei FAME – in linea di principio costante. Il FID è un detector di tipo distruttivo, in quanto le sostanze separate vengono bruciate e portate allo stato di ioni in fase gassosa. Il flusso ionico determina un incremento di corrente proporzionale al numero di atomi di carbonio presenti nella molecola combusta.

Il FID è un rivelatore poco selettivo, quasi universale. Infatti sono poche le sostanze con potenziale di ionizzazione così alto da non poter essere ionizzate nelle condizioni di esercizio dei rivelatori. Poiché non rivela l‘acqua , è adatto anche per analisi di soluzioni acquose e, nel caso di gas, non risente della presenza di umidità.

Il FID è un rivelatore molto sensibile. In condizioni ottimali il limite di rivelabilità, può arrivare a circa 10-9 ÷ 10-12 g con dinamiche di risposta lineare di 106 ÷ 108. E‘ molto robusto e può sopportare un esercizio continuo per tempi lunghi assicurando comunque prestazioni soddisfacenti.

L‘identificazione dei singoli esteri metilici avviene per confronto dei tempi di ritenzione degli analiti con quelli di opportuni standard.

6.3.1.4 Identificazione degli acidi grassi tramite cromatografia liquida ad alte prestazioni