• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 2: Gli Epicurei di prima generazione e la politica

2.4. Mitre, Idomeneo e l’impegno politico attivo

2.4.2. Idomeneo

L’altro grande personaggio politico e amico fidato di Epicuro fu Idomeneo. Come già ricordato164, Idomeneo apparteneva a una ricca famiglia aristocratica165 e rivestì ruoli

160 Fr. 15 Angeli =fr. 134 Us. =Plutarch., Adv. Col., 1127D.

161 Di parere diverso sono Westman, 1955, pp. 189-192 e Roskam, 2007a, p. 49, n. 50, secondo i

quali νόμος va inteso come tradizione e non come legge. In questo modo il frammento

potrebbe essere interpretato diversamente e andrebbe inteso come una raccomandazione per vivere al riparo dai possibili danni causati da altre persone.

162 Cfr. infra, pp. 115-116.

163 Cfr. Πραγματεῖαι, col. XXXI, ll. 1 ss. Militello = PHerc. 310, fr. 2 ab Militello.

164 Cfr. supra, pp. 35 ss.

113

politici importanti, diventando anche ministro alla corte di Antigono Monoftalmo166. Idomeneo nacque probabilmente intorno al 325 a.C.167 e incontrò Epicuro a Lampsaco nel 310/309 a.C. quando era ancora giovane168, nel momento in cui Epicuro si trasferì lì dopo aver lasciato Mitilene. Idomeneo, quindi, divenne discepolo di Epicuro in giovane età e, quando il Maestro partì alla volta di Atene, lasciò nelle sue mani e in quelle di Leonteo la gestione del cenacolo lampsaceno, con il quale Epicuro mantenne costanti rapporti attraverso una fittissima corrispondenza epistolare.

Il ruolo di rilievo di Idomeneo nel circolo epicureo di Lampsaco è innegabile, ma questo non gli impedì di intraprendere una carriera politica. Su questa scelta pesarono sicuramente le inclinazioni di Idomeneo stesso, che probabilmente per natura era attratto da un certo tipo di impegni, ma anche la sua appartenenza a una famiglia che occupava una posizione di un certo rilievo nella gestione amministrativa della città di Lampsaco. A testimonianza del fatto che effettivamente entrò in politica, si può citare il testo di una lettera che Epicuro probabilmente gli scrisse agli inizi della loro amicizia169 e che è stato

riportato in un’epistola senecana, in cui il Maestro tentava di dissuadere il suo amico dal cercare la gloria nella vita politica, asserendo che è la filosofia a dare la vera fama e la vera felicità, non certo la carriera politica:

«Studia te tua clarum et nobilem efficient. Ut exemplum Epicuri referam : cum Idomeneo scriberet et illum a uita speciosa ad fidelem stabilemque gloriam reuocaret rigidae tunc potentiae ministrum et magna tractantem: si gloria, inquit, tangeris notiorem te epistulae meae facient quam omnia ista, quae colis et proper quae coleris. Numquid ergo mentitus est? Quis Idomenea nosset, nisi Epicurus illum litteris suis incidisset? Omnes illos megistanas et satrapas et regem ipsum, ex quo Idomenei titulus petebatur, obliuio alta suppressit… Quod Epicurus amico suo potuit

166 Cfr. Momigliano, 1975; Angeli, 1981, pp. 43-45.

167 Cfr. Angeli, 1981, p. 43.

168 Cfr. fr. 12 Angeli = fr. 57 Arrighetti = Theon., Prog., 169.

114

promittere, hoc tibi promitto, Lucili: habebo apud posteros gratiam, possum mecum duratura nomina educere»170.

“(Epicuro) scrivendo a Idomeneo e cercando di richiamarlo da una vita fastosa a una gloria durevole e stabile, lui che era ministro di un potere allora duro e che si occupava di affari importanti, dice: «Se sarai attento alla gloria, ti renderanno più famoso le mie lettere che non tutte queste cariche, che tu hai in onore e per le quali vieni onorato». Forse egli mentì? Chi avrebbe conosciuto Idomeneo, se Epicuro non avesse inciso il nome di lui nelle sue lettere? Tutti quei magnati e satrapi e lo stesso re, cui Idomeneo chiedeva la carica, tutti costoro eliminò un profondo oblio… Ciò che Epicuro poté promettere al suo amico, questo io prometto a te, Lucilio: io avrò fama presso i posteri: posso innalzare con me nomi destinati a durare” (trad. Angeli).

Sebbene fossero questi gli ammonimenti che il Maestro del Giardino rivolgeva a Idomeneo, egli rimase sempre un membro fondamentale del cenacolo lampsaceno e uno degli amici più stretti di Epicuro. Epicuro, per esempio, lo citò nel Simposio per confutare la definizione di retorica sofistica intesa come attività metodica, di cui Filodemo parla nella Rhetorica171 e lo mostra sempre come un allievo attivo nel dialogo filosofico172 e capace di parlare liberamente173. Un’epistola che dimostra che gli ammonimenti di Epicuro non sono volti a condannare l’azione politica di Idomeneo, ma solo ad ammonirlo, è trasmessa sempre da Seneca:

«Epicuri epistulam ad hanc rem pertinentem lege, Idomeneo quae inscribitur, quem rogat, ut quantum potest fugiat et properet, antequam aliqua vis maior interveniat et auferat libertatem recedendi. Idem tamen subicit nihil esse temptandum, nisi cum apte poteri tempestiveque temptari. Sed cum illud tempus captatum diu venerit

170 Sen., Ep., 21, 3 = fr. 13 Angeli.

171 Cfr. fr. 7 Angeli = Epicur., fr. 21.4 Arrighetti = PHerc. 1672, coll. X 21-XI 13 Longo Auricchio.

172 Cfr. fr. 8 Angeli = PHerc. 1672, col. XIV 10-19 Longo Auricchio.

115

exiliendum ait. Dormitare de fuga cogitantem vetat et sperat salutarem etiam ex difficillimis exitum, si nec properemus ante tempus nec cessemus in tempore»174. “Leggi la lettera di Epicuro che riguarda questo argomento e che egli indirizza ad Idomeneo, al quale chiede di affrettarsi a fuggire, per quanto può, prima che qualche forza maggiore intervenga e gli tolga la libertà di ritirarsi. Il medesimo aggiunge ancora che non bisogna tentare nulla se non quando si potrà farlo in circostanze adatte ed opportune. Ma, quando quel momento lungamente atteso sarà giunto, egli afferma che si deve saltar via. Non ammette che indulga al sonno chi pensa alla fuga e lascia sperare anche da una situazione molto difficile una via di salvezza, se né ci affrettiamo prima del tempo né desistiamo dall’agire nel momento opportuno” (trad. Angeli).

Il consiglio di Epicuro in questo estratto non riguarda tanto la questione del non entrare in politica, quanto piuttosto la preoccupazione dei rischi cui si potrebbe incorrere quando si è esposti ai risvolti della fortuna. Una volta fatta propria questa consapevolezza e presa coscienza dei rischi, è meglio sposare una scelta di vita più congeniale alla propria natura, anche se implica l’uscita da una vita ritirata, piuttosto che la privazione di ciò che la propria natura comanda, senza, tuttavia, rendersi schiavi delle leggi e delle false opinioni175, sebbene questo non significhi che si debbano trasgredire queste leggi.

Idomeneo, inoltre, è il destinatario di un’altra lettera ben più importante e nota, ossia quella che Epicuro gli scrisse in punto di morte e che è inserita nell’opera di Diogene Laerzio176: qui il fondatore del Giardino afferma che riesce a sopportare i dolori atroci di cui è preda, grazie al ricordo delle loro conversazioni filosofiche e, inoltre, raccomanda al discepolo lampsaceno di prendersi cura dei figli di Metrodoro:

«Ἤδη δὲ τελευτῶν γράφει πρὸς Ἰδομενέα τήνδε ἐπιστολήν˙ Τὴν μακαρίαν ἄγοντες καὶ ἅμα τελευταίαν ἡμέραν τοῦ βίου ἐγράφομεν ὑμῖν ταυτί. στραγγουρικά τε παρηκολούθει καὶ δυσεντερικὰ πάθη ὑπερβολὴν οὐκ ἀπολείποντα τοῦ ἐν ἑαυτοῖς

174 Fr. 14 Angeli = fr. 133 Us. = Sen., Ep., 22, 5-6.

175 Cfr. fr. 15 Angeli = fr. 134 Us. = Plutarch., Adv. Col., 1127D. Cfr. supra, pp. 112.

116

μεγέθους. ἀντιπαρετάττετο δὲ πᾶσι τούτοις τὸ κατὰ ψυχὴν χαῖρον ἐπὶ τῇ τῶν γεγονότων ἡμῖν διαλογισμῶν μνήμῃ. σὺ δ’ ἀξίως τῆς ἐκ μειρακίου παραστάσεως πρὸς ἐμὲ καὶ φιλοσοφίαν ἐπιμελοῦ τῶν παίδων Μητροδώρου»177.

“In punto di morte scrive a Idomeneo questa lettera: In questo giorno beato che è insieme l’ultimo della mia vita, vi scrivo queste righe. I dolori derivanti dalla stranguria e dalla dissenteria non mi hanno lasciato mai né hanno mai sminuito la loro intensa violenza. Ma a tutti questi mali resiste la mia anima, lieta della memoria dei nostri colloqui del passato. Occupati dei figli di Metrodoro, in modo degno della generosa disposizione spirituale che sin da giovinetto mostrasti verso me e la filosofia” (trad. Angeli).

Secondo Cicerone, quest’epistola era indirizzata a Ermarco in quanto nel Testamento178 Epicuro affida a lui i figli di Metrodoro179. In realtà, è probabile a Ermarco sia stata

affidata la guida spirituale dei figli di Metrodoro, in quanto egli ebbe il compito di sostituirsi a Epicuro nella gestione del Giardino; mentre forse Idomeneo, oltre a diventare una guida filosofica, doveva provvedere alla loro cura economica, non solo per la sua estrazione sociale, ma anche in quanto fratello della moglie di Metrodoro180. Questa epistola, inoltre, quasi certamente era stata scritta per rendere note al circolo lampsaceno le ultime volontà di Epicuro, dato che non vi è menzione delle loro sorti nel Testamento181. Epicuro, quindi, scrisse direttamente a Idomeneo, sopravvissuto alla morte di Leonteo e unico Epicureo rimasto a capo del circolo di Lampsaco. Significativo è anche il commento finale che viene fatto su Idomeneo, del quale Epicuro dice che è sempre stato ben disposto verso il suo Maestro e verso la filosofia. Questo ancora una volta dimostra come non sia vero che per essere Epicureo si dovesse necessariamente vivere lontani dagli affari della politica e che Epicuro, nonostante gli ammonimenti fatti a Idomeneo non ha messo in

177 Fr. 23 Angeli = Diog. Laert., X 22 = fr. 138 Us.

178 Cfr. Diog. Laert., X 19-20.

179 Cfr. Cic., Fin., II 30, 96 = fr. 5 Longo Auricchio. 180 Cfr. Angeli, 1981, pp. 91-92.

117

dubbio, neanche in punto di morte, la sua dedizione alla filosofia e la sua capacità di raggiungere il fine etico della scuola.