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ii.1 i contesti della duplicazione ii.1.1 I gemelli in contesto triangolare

ragioni di continuità, nonché di completezza, suggeriscono di affidare l’apertura del discorso sulla nuova tipologia alla storia che già forniva l’ab- brivo al capitolo sui “sosia”: è l’intricata vicenda di leonor, duchessa di normandia, impegnata nella relazione, in una volta sola, con un sosia e con un gemello mai conosciuti prima7. nell’analisi precedente la questione rela-

tiva all’apparizione del gemello era stata tralasciata al fine di circoscrivere l’attenzione, in maniera esclusiva, alla eccezionale somiglianza tra tristán e matías. l’anticipazione allora riguardante la presenza della coppia di ge- melli va ora integrata con l’informazione che segue: tristán è figlio illegitti- mo del duca di normandia, don gastón de Valoes y angulema, padre di leonor. Su di lui appunta il proprio odio la moglie del duca, tanto da desi- derarne la morte. Ciò induce lo stesso duca, timoroso del «ferocísimo inge- nio de la duquesa», a chiedere al fedele arnesto di assumere la custodia del fanciullo; questi, quindi, lo allontana prudentemente da casa per affidarlo al- le cure del viceré di Sicilia. per tristán, comunque, che dai racconti di ar- nesto è «parecido en extremo a su hermana», don gastón ha previsto che da adulto debba unirsi in matrimonio con sua nipote Blanca. Quando, ormai adulto, il giovane viene raggiunto dalla notizia dell’avvenuta morte di suo padre il duca, decide di rinunciare alla compagnia del Viceré e di tornare in normandia per rivendicare i diritti ereditari. la situazione nella quale si im- batte, appena giunto a destinazione, è nota dall’analisi precedente: matías, principe di Ungheria, ha preso il suo posto, presentandosi a leonor in veste di tristán, il fratello ritrovato. il vero tristán soccombe allo sconcerto pro- dotto dalla vista del proprio sosia ma, placata l’ira iniziale, ricorre a uno stratagemma: farsi amico del falso tristán, assumendo l’identità di rodulfo l’ungherese, al fine di guadagnarsi libero accesso a palazzo e verificare, co- sì, che matías non avanzi pretese su Blanca e che leonor non ne sia compli- ce. arriva, quindi, il momento dell’incontro fra i fratelli, al quale, però, leonor prende parte con l’errata convinzione che tristán sia rodulfo. l’in- contro è stato favorito proprio dal fratello usurpatore, in quanto matías ha incaricato tristán di recarsi da leonor e Blanca (quest’ultima, «esperança de tristán») per consegnare loro dei doni. il particolare della consanguineità sottaciuta rende ancora più sorprendente il raffronto fra gli identici:

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8 piña, Novelas exemplares y prodigiosas historias, p. 52. 9 piña, Novelas exemplares y prodigiosas historias, p. 53.

10 il fatto porterebbe a identificarlo come fenomeno di sdoppiamento-scissione dell’io, ma ap-

pare più aderente al caso parlare di ‘raddoppiamento’ in quanto, mentre per sdoppiamento s’intende che un personaggio scinde il proprio io assumendo una nuova identità, qui il soggetto finisce per duplicare se stesso, esercitando il proprio ruolo.

entró donde estaba leonor, cortés y gallardo; puso en él los ojos, y creyó el espejo en que se miraba, tal sentimiento hizo el coraçón, que le puso las manos a no verle en ellas, tanto se le parecía, que a no engañada por arnesto, tuviera por tristán a rodulfo8.

Così come per il bizzarro incontro tra i sosia, matías e tristán, la narra- zione sceglieva di seguire il punto di vista di uno solo dei personaggi intera- genti, quello di tristán, registrando l’impressione esercitata dall’incontro- confronto su uno solo di essi, sorprende e rammarica che anche qui la de- scrizione abbia ad oggetto l’azione di rispecchiamento della sola leonor, non potendo contare su un’informazione completa dei dati relativi al gemel- lo. e tuttavia, la scena non manca di esercitare il suo potenziale residuo su un altro degli astanti: proprio matías, nel vedere a confronto i volti di leo- nor e tristán, subisce lo sconcerto prodotto dall’immagine speculare, tanto che l’impressione ingenera in lui un sospetto che, nei giorni a seguire, lo condurrà alla verità:

entró el príncipe en rezelosa advertencia, cuydado preciso como el hado, que rodul- fo era hermano de leonor, y si no de tan rara belleza, era la diferencia muy poca; temió que, sin saber fuesse el príncipe de Ungría, tomasse vengança, le diesse la muerte. Valió- se de la sutil materia de estado, acarició y premió a tristán matías9.

a partire da questo momento, si instaura una certa simmetria nelle con- dotte dei sosia, alimentata dal reciproco sospetto e fondata su strategia, «materia de estado» (la diplomazia) ma anche, contemporaneamente, su una esibita complicità. la dissimulazione che i personaggi assumono a linea di condotta diventa, su un piano più esterno alla narrazione, l’espediente di cui si avvale l’autore per intensificare l’azione. il meccanismo di sovrapposi- zione delle false identità sembra regolato da una legge inversamente propor- zionale per la quale, quanto più simili risultano le apparenze, tante più sono le false identità prodotte dalla somiglianza. la manifestazione più diretta di tale logica è la disponibilità di tristán (come già avveniva per matías) a gio- care con la propria identità, scegliendo di fingere di essere se stesso10:

rezelava el príncipe, si bien mirava cuñado a rodulfo, si lo era, no se declarando le dio mayor cuydado que tenía, y prosiguió tristán: «príncipe y Señor mío, madama leo- nor admiró verme la primera vez; imaginó que le parecía, diome esta cadena, y mandó- me la viesse: tales maravillas haze el milagroso pincel, tan parecidos formó a los dos. tiene un hermano que dizen llamarse tristán y serla a sí muy parecido, y que le parezco yo, que viene a ser a quien Vuestra alteza dize aver imitado, y como si yo lo fuera holgó

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11 piña, Novelas exemplares y prodigiosas historias, p. 55. 12 Ibid.

13 Fra le realizzazioni più interessanti ci sono la Comedy of Errors (1592-93) di Shakespeare,

vero inauguratore di un filone cui attinsero in seguito régnard con Les Ménechmes, goldoni con I

due gemelli veneziani (1748), fino ai più recenti Les Jumeaux de Brighton (1939) di tristan Bernard

e Mon Double et ma moitié (1931) di Sacha guitry. in ambito italiano, poi, La Calandria (1513) del cardinale Bibbiena diede origine a tutta una discendenza che ha le sue punte di diamante ne Gli In-

gannati (1531), una commedia anonima prodotta dagli accademici intronati di Siena che ispirò an-

che Los Engañados (1566) del famoso commediografo spagnolo lope de rueda. ancora, si hanno l’Ipocrito (1542) dell’aretino, i Simillimi (1548) del trissino, Gli Eudemoni (1549) di giraldi Cin- zio, Gl’Inganni (1562) del Secchi e, omonima, Gli Inganni (1592) del gonzaga, che pare avere ispi- rato la Twelfth Night (1602) di Shakespeare, fino a I due fratelli simili (1603) del della porta che cede il passo all’exploit secentesco del motivo, fin troppo abusato, in forme ripetitive, dalla Com- media dell’arte. per una breve ma efficace ricostruzione della progenie plautina, si vedano: e. Frenzel, “doble”, in ead., Diccionarios de motivos, pp. 97-98 e n. FernándezBraVo, “double”, in Dictionnaire des mythes, ed. p. Brunel, pp. 491-93.

verme. Vuestra alteza puede lograr su viaje y hazerme un gran bien, diziendo a leonor que Vuestra alteza es el príncipe de Ungría, y yo hermano de leonor, dando traza como ésto, pues falta tristán, se persuada que lo soy, aunque bien echo de ver que estoy di- ziendo terribles disparates, que no se le han de dar a leonor tantos hermanos, siendo el número del signo del florido mayo.11

e difatti, per il poderoso e paradossale congegno retto dalla dissimulazio- ne e dalla menzogna, «pues falta tristán», leonor si ritrova ad avere non due («el número del signo del florido mayo», artificiosa perifrasi barocca) come sostiene tristán, ma ben quattro gemelli: il fratello impersonato da matías, quello che si spaccia per rodulfo, quello che rodulfo dovrebbe fin- gere di essere e quel «tristán verdadero» dato per assente. tutto ciò consen- te, pur percorrendo in forma obliqua la linea che collega il desiderio all’og- getto, di manifestare le reali intenzioni dei singoli:

si bien presumo, madama leonor desea que yo, y no Vuestra alteza, sea su hermano, sino su esposo, que siendo príncipe de Ungría, tiene leonor el mayor bien que pudo imaginar; yo lo seré de Blanca, que no le pesó verme a sus pies con la joya que enrique- zieron sus bellas manos, que si después viniere el tristán verdadero, buscará muger»12.

la struttura narrativa dell’episodio appena riferito s’impernia sulla suc- cessione di due macrosequenze concettuali: separazione alla nascita dei ge- melli – ricerca, da parte di uno, del fratello lontano – e ricongiungimento della coppia. é uno schema narrativo che richiama immediatamente alla memoria il modello soggiacente, costituito dai Menaechmi di plauto (206 a.C.), e che è alla base delle innumerevoli riformulazioni del motivo in am- bito letterario13. tuttavia, com’è rilevabile da una visione d’insieme della

produzione a cui si fa riferimento qui, la narrativa spagnola pare ancorarsi al modello italiano, particolarmente sensibile alle innovazioni, fra gli altri, di Boccaccio e di Bandello, piuttosto che a quello plautino il quale può, inve-

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14 gli esempi di adesione pedissequa all’originale plautino in terra spagnola, la Comedia de

Amphitrion e la Comedia de los Menemnos di Juan de timoneda, l’editore delle commedie del de

rueda, sono, per stessa ammissione dell’autore, mere traduzioni dell’originale, prive dell’accompa- gnamento di letture personali del motivo, contrariamente a quanto invece aveva fatto Shakespeare. inoltre, si tratta ancora una volta di una commedia teatrale, ciò che conferma che la narrativa segue un corso diverso. Un buono studio delle forme in cui, dalla formazione dell’archetipo, il mito passa alla letteratura e sui rapporti che il motivo intesse tra teatro e narrativa, specialmente in testi cinque- centeschi italiani, è il lavoro di a. gUidotti, Specchiati sembianti. Il tema dei gemelli nella lettera-

tura, milano, Francoangeli, 1992.

ce, contare su un seguito più fedele in ambito teatrale14. nel contendere il

motivo gemellare al teatro, la narrativa, teoricamente la sede più adatta ad accogliere vicende avventurose, sembra invece rinunciare alla versione ‘iti- nerante’ del motivo, che prevede una serie di peripezie destinate a conclu- dersi con il ricongiungimento finale dei gemelli, per preferirle una versione per così dire ‘stanziale’, nella quale i personaggi, cresciuti assieme, non vi- vono il trauma della scoperta del gemello e, tuttavia, si ritrovano inviluppati nel groviglio di confusioni generato dalla somiglianza. proprio sugli equi- voci che seguono ai molteplici scambi di persona sembra spostare l’accento la produzione narrativa, specie novellesca e specie, quanto alle epoche, a partire dalla svolta rinascimentale in avanti.

lo testimonia il caso contenuto nel romanzo Los amantes andaluzes (1633) di Castillo Solórzano. l’opera si apre con l’incontro che avviene in prigione tra due vecchi amici, don Félix e don Fernando, i quali, nei primi due dei sei libri che compongono l’opera, riferiscono – con rispettive narra- zioni analettiche – le ragioni della loro detenzione. il secondo libro è occu- pato dal racconto di don Fernando: nella città di tarragona, dove è ospite di un parente, egli si è invaghito di Felicia, la giovane figlia di don ramón eril, un nobile del luogo. Ha cominciato a corteggiarla, favorito dall’azione di mediazione del vecchio garcerán, quando un malinteso è intervenuto a incrinare i loro rapporti e, in conseguenza di ciò, la dama lo ha licenziato, anche se a malincuore e solo per orgoglio. lui ha quindi deciso di punirla allontanandosi dalla città e tornando per un periodo a Barcellona, dove deve attendere a impegni familiari. nel frattempo, uno dei suoi fratelli, più giova- ne di Fernando ma straordinariamente somigliante a lui, di rientro da ma- drid, e diretto anch’egli a Barcellona, decide di fermarsi a tarragona per far visita allo zio, don dalmau. di lì, l’inevitabile scompiglio:

en este tiempo un hermano mío y el tercero de mi casa, vino de madrid donde estaba a Barcelona, y fue su camino por tarragona adonde quiso detenerse ocho dias holgándo- se con mi tío don dalmau; éramos los dos tan parecidos, que en esto se vio un raro mila- gro de la naturaleza: pues si no fuera por los vestidos no había ninguno que afirmase con certeza ser yo don Fernando, ni el otro don Hugo (que así se llamaba) sino que muchas veces nos tenían al uno por el otro: pues como don Hugo pasease la ciudad, fue visto de las ventanas de doña Felicia, con cuya vista se alegró sumamente, embió luego a llamar

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15 alonSo delCaStilloSolórzano, Los amantes andaluzes, ed. dell’istituto di lingua e let-

teratura Spagnola e ispano-americana dell’Università di pisa, Hildesheim-new york, georg olm- sVerlag, 1973. Cit. ai ff. 62v.-63v. e r.

16 CaStilloSolórzano, Los amantes andaluzes, f. 64r.

a garcerán que no había sabido la venida de mi hermano, y díjosela; él que sabía estar yo en Barcelona, y tener carta mía reciente, no se podía persuadir a creer tal. Finalmente, por asegurarse de esto, fue en casa de don dalmau a certificarse, y encontró con mi her- mano, a quien fue a abrazar, con muestras de mucha alegría. Como mi hermano no le co- nociese, luego cayó en que venía engañado, teniéndole por mí, y así le dijo: señor mío, yo no soy quien pensáis, si bien como hermano suyo me corren las obligaciones de esti- mar a quien le hace merced; quedóse garcerán suspenso y entendiendo que le burlaba dijo: señor don Fernando, ¿de garcerán hacéis donaire que no os lo merece? reciba yo vuestros abrazos, o dadme esa mano, para que os la bese, que aunque es ceremonia de rey, siéndolo vos para mí en hacerme mercedes, cumplo con daros así la obediencia, y haceros esta submisión; íbale a besar la mano con mucha risa de don dalmau que estaba presente, el cual le dijo: amigo garcerán el señor don Hugo es hermano menor que don Fernando, y tan parecido a él como veís, que se ha hecho a muchos este engaño […] apartóse de allí garcerán, y parecióle con la similitud de mi hermano, dar un picón a do- ña Felicia15.

la strabiliante somiglianza tra i fratelli, si è visto, sconcerta chi non ha conoscenza previa del fenomeno. eppure, superata la sorpresa iniziale, la persona coinvolta nello “strano caso” può immediatamente intuirne il poten- ziale d’impiego: garcerán, ad esempio, pensa al modo di sfruttare l’eccezio- nale evento ed escogita di usare il gemello di Fernando per «dar un picón» – fare dispetto – alla dama sdegnosa:

viéndose con mi hermano le dijo: señor don Hugo, la similitud en rostro que tenéis con el señor Fernando ha importado ahora, para que supla por él cuando está ausente, y en breves razones le dio cuenta de mis amores16.

le affermazioni di garcerán traducono verbalmente gli assi concettuali della questione gemellare: alla «similitud en rostro» consegue che l’uno «supla por él [l’altro] cuando está ausente», in maniera tale che alla duplica- zione delle fattezze fisiche corrisponda la duplicazione dei tratti della perso- na, la sua funzione sociale, il ruolo che esercita nella comunità, proprio in virtù del nome che lo designa. difatti, don Hugo si ritrova impegnato a so- stenere la relazione con Felicia la quale sollecita, per lettera, un incontro de

visu, essendo determinata a informarlo circa il matrimonio che suo padre sta

disponendo per lei con un cugino. don Hugo, con l’accordo di don dalmau, decide di sostitursi al fratello, non senza, comunque, informare questi del caso:

admiróse don Hugo de ver la resolución de la dama, y por ver cuánto me importaba dio cuenta del caso a don dalmau, el aprobó el empleo, y así con pareceres de los dos, se partió un criado por la posta, para avisarme de lo que pasaba, y que viniese luego sin di-

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17 CaStilloSolórzano, Los amantes andaluzes, ff. 64r. e v.

latarlo un punto, y esa tarde don Hugo, acompañado de garcerán, fue al monasterio a verse con doña Felicia, instruído del viejo de lo que había de hacer, habiéndole dicho cuánto me había pasado con ella […]. recibió mi dama a don Hugo con mucho gusto, y él se le mostró como si fuera yo mismo: pues allí había de substituir mi persona17.

l’alternanza con la quale i verbi «substituir» e «suplir» ricorrono più vol- te (ancora, più avanti: «aquí mi hermano suplió bien por mi persona») sug- gerisce qualcosa che emergeva già dall’analisi relativa alla categoria del so- sia, vale a dire, che la prospettiva con cui si guarda al binomio somiglianza- sostituzione, ritenendo la seconda conseguenza della prima, vada rovescia- ta: la somiglianza, funzionale alla sostituzione, ha un valore più ridotto, gre- gario, rispetto all’azione sostitutiva che, invece, è il vero nerbo della narra- zione, come di tutta la questione delle identità doppie.

tornando all’episodio, una volta sopraggiunto Fernando, il vero amante, il fratello impostore è costretto a ritirarsi («llegué a tarragona, y para no dar sospecha, convino que mi hermano se retirase y no pareciese, hasta que nuestro negocio se concluyese»), affinché l’originale possa essere reintegra- to nelle proprie funzioni. naturalmente, alla dama dev’essere svelato l’in- ganno, cosa a cui Fernando provvede sin dal primo incontro; a questo pun- to, però, interviene un elemento che sul fronte tematico costituisce una ra- rità, almeno nella produzione qui considerata, se non nella tradizione lette- raria più lontana dove, al contrario, esso pare abbondantemente attestato: è la ‘riprova dell’identità’, l’azione di verifica al cui esito viene sospesa la de- finitiva riabilitazione di un personaggio sulla scena romanzesca. Si segua l’evoluzione dell’incontro tra Fernando e Felicia:

bien mío y dueña de mi alma, repliqué yo: no tengo de encubriros nada, con quien ha- blastes en aquel monasterio no fue conmigo. ¿Qué decís? (dijo ella), ¿queréis burlar de mí? esto es lo cierto, dije, que fue con un hermano mío: no lo creeré dijo ella, sino me desengaño con veros juntos […] y así la dije: para veros en una graciosa confusión quie- ro que os desengañéis: apartéme de su presencia, y bajando adonde mi hermano y garce- rán estaban, subimos los dos sin ferreruelos, porque habiéndome visto el mío, que era de color, y con alamares de oro no me conociese; puestos en la presencia de la dama la dijo garcerán: ahora señora doña Felicia habréis de escoger entre estas dos similitudes cuál es don Fernando, y creer que él os ha dicho verdad; quedó la dama absorta sin pestañear ni hablar palabra, notando en cada uno ser traslado del otro, y admirada de ver tal prodi- gio, dijo: ahora conozco cuan maravillosas obras hace la naturaleza, pues ésta ha sido con tanta igualdad, que confieso que dudaré quién de los dos sea don Fernando a quien tengo eligido por dueño y esposo mio; con todo, dijo garcerán, habéis de señalar a uno de los dos por él, ved cuál ha de ser […] y llegándose a mi hermano, dijo: este es don Fernando a quien estimo y quiero; la risa de todos fue grande, con que a la dama le salie- ron hermosos colores al rostro, que acrecentaron su hermosura, y dijo: decidme si he