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› La nobildonna entra e la principessa si mostra gelosia.

III: 6, 7 III.7 aria di rimpiazzo «Siete barbari a me, dardi d’Amore»

Nel caso di Flora due dei quattro nuovi interventi con registro mutato sono aggiunte concepite appositamente per la partitura del Carceriere di sé medesimo:

1. il recitativo «Già l’italico cielo» è una semplice modifica del recitativo di Adimari «Per l’italico ciel già vola il grido», contenente persino il nome di Sicardo (la vittima dell’omicidio di Roberto);

2. l’endecasillabo «Cessa di sospirar, da’ tregua al dolo» racchiude in un verso il significato dell’aria di Adimari che rimpiazza: «Non ti doler, no, no».

Lo stesso non si può dire delle due arie «Finalmente ha ceppi in seno» e «Siete barbari a me, dardi d’Amore». Ritengo che queste arie appartenessero a qualche opera preesistente e non siano state scritte per la revisione del Carceriere dato il basso grado di coerenza drammatica col testo di Adimari.

Ecco a confronto la prima aria di Adimari sostituita e il suo rimpiazzo:

aria di Adimari aria di rimpiazzo di MO

Flora L’omicida dispietato finalmente si trovò; già rimane incatenato chi di vita lo privò.

Flora Finalmente ha ceppi in seno, cadde l’empio, il traditor, e chi tolse a me il sereno non andrà senza rigor.

Finalmente ha ceppi in seno, cadde l’empio, il traditor.

Là dove Adimari fa cantare alla dama di Isabella la soddisfazione per la cattura dell’«omicida di- spietato» (Roberto) che ha tolto la vita al principe Sicardo («chi di vita lo privò»), nella partitura modenese troviamo un’aria dal carattere simile ma meno aderente al contesto. Roberto, che ha semplicemente ucciso il suo sfidante in un torneo, non è «traditor», così pure il particolare coinvol- gimento di Flora per l’omicidio di Sicardo espresso dal verso «e chi tolse a me il sereno» appare molto forzato, visto che Flora, parlando della vittima con Isabella nella scena I.9, riesce a cantare: «Non ti doler, no, no, | bella non pianger più: | troppo crudel ti fu | quell’ingrato, quel rio che già spirò.».

Il caso della seconda aria sostituita (III.7) è ancora più chiaro:

aria di Adimari aria di rimpiazzo di MO

Flora Non presuma aver vittoria chi s’oppone al dio d’amor. Due begli occhi che risplendono son due soli che pretendono saettar lampi d’ardor: ogni sguardo alfin si gloria di voler ferito un cor.

Non presuma aver vittoria chi s’oppone al dio d’amor.

Tema pur le sue perfidie chi nemico Amore avrà.

Chiome d’or che al ciel s’aggirano son catene che sospirano

di legar chi sciolto va: mille nodi e mille insidie tesse all’alme la beltà.

Tema pur le sue perfidie chi nemico Amore avrà.

Flora Siete barbari a me, dardi d’Amore, siete troppo a me severi,

al ferir‹e› troppo alteri, date morte a questo cor‹e›.

Adimari mette in bocca alla dama Flora un’aria sul tema dell’invincibilità di Amore, riferendosi evidentemente al fatto che Isabella ama Roberto sebbene sia venuta a conoscenza del fatto che le

ha ucciso il fratello. In MO invece appare la tipica aria d’amore che mal si sposa con il personaggio di Flora e la sua condizione sentimentale di cui mai si accenna all’interno del dramma.

L’ultimo personaggio il cui registro cambia da tenore a soprano a seconda della fonte e del pun- to della partitura è Ottavio, subalterno di Roberto. Egli è sì un semplice scudiero, ma canta circa il doppio delle scene rispetto agli altri subalterni, e il suo ruolo è importantissimo all’interno del dramma. La modifica del suo registro acquisisce inoltre una particolare importanza, non solo per la sua estensione, ma anche per la qualità degli interventi.

Offro qui di seguito un elenco dei punti in cui Ottavio canta e di quelli in cui il suo registro è modificato. Per il primo atto si sovrappongono le tre fonti di modo da rendere più visibili le con- cordanze e discordanze tra le scene e il registro in cui vengono cantate. Il numero della scena o dei singoli passaggi presenta un fondino grigio per indicare la modifica da tenore a soprano.

Ottavio

fonti scene (s), arie (a), duetti (d) e recitativi (r)69 Atto I

PA 2s 3s 15s 16s16*r 17s BO 2s 3s 15s 16s 16r* 17s 17a* MO 2s 3s 15s 16s 16r* 17s 17d* Atto II PA, BO, MO 10 11 12 14 15 16

Atto II PA, BO, MO 2 18

MO 3 aria di rimpiazzo: «S’avvezzi ognora a piangere»

MO, BO 16r* recitativo non modificato (mezzo verso): «Oh Dio, taci, signora» BO 17a* aria (in PA cantata da Enrico): «Respira, mio seno»

MO 17d* duetto di Enrico e Ottavio aggiunto, con testo dell’aria originale: «Respira, mio seno»

Come appare in questa tabella Ottavio in PA è sempre tenore e così pure nel secondo e terzo atto delle altre due fonti. È l’atto primo che salta all’occhio per il gran numero di passaggi dal teno- re al soprano, stavolta sia nella partitura bolognese sia in quella modenese. Qui la modifica delle scene I.2, I.15, I.16 e I.17 è integrale, riguarda tanto le arie quanto i recitativi: in un antigrafo co- mune di BO e MO si stava operando un trasporto di tutta la parte di Ottavio, forse in vista della sua esecuzione a mezzo di un castrato, ma il cambio di cast deve aver bloccato l’operazione di mo- difica, mantenendo così inalterato il testo musicale negli atti rimanenti.

In entrambe le fonti scampa alla modifica il mezzo verso di recitativo di Ottavio in I.16 «Oh Dio, taci, signora» (in tutte le fonti è in chiave di tenore). Nella scena I.17, là dove Ottavio canta in BO l’aria per tenore solo «Respira, mio seno» (in PA attribuita erroneamente – lo rivelano i libretti del 1681 – a Enrico), MO presenta un duetto per Enrico e Ottavio “a due tenori” composto sullo stesso testo dell’aria originale. L’ultimo caso riguarda l’aria per tenore «Le sue luci avvezzi a piange- re» (comune a PA e BO), che viene sostituita in MO dall’aria per soprano «S’avvezzi ognora a piangere». Quest’ultima sostituzione assomiglia più al succitato fenomeno di riscrittura della musi- ca piuttosto che a una sostituzione integrale; infatti l’aria di rimpiazzo, così come mostrato qui di

seguito, oltre a condividerne la struttura bistrofica, contiene le stesse parole e le stesse immagini di quella di Adimari:

aria di Adimari aria di rimpiazzo di MO

Ottavio Le sue luci avvezzi a piangere chi d’Amor prigion si fa,

né col vanto d’un sol pianto speri mai di poter frangere di quel dio la crudeltà.

Le sue luci avvezzi a piangere chi d’Amor prigion si fa.

Non pretenda, no, di ridere chi d’Amor ferito ha il sen, che l’infido dio di Gnido

vuol piagando ogn’alma uccidere con l’ardor del suo velen.

Non pretenda, no, di ridere chi d’Amor ferito ha il sen.

Ottavio S’avvezzi ognora a piangere chi duce Amor si fa:

ferisce un bel viso, tormenta un sorriso con forza d’incanto, né stilla di pianto speri già mai di frangere l’orgoglio alla beltà.

Non speri, no, di ridere chi porta amor in sen: lusinga e inamora, conforta e avalora tiranna beltade. Poi senza pietade

si vede ogn’alma uccidere col dolce del velen.

IV.3.3 Le parti degli archi

Come già accennato prima, nell’evoluzione del testo musicale del Carceriere di sé medesimo, la par- titura ha subìto un gran numero di rimaneggiamenti alle parti degli archi; ecco qui di seguito le ti- pologie d’intervento riscontrate al confronto tra PA, BO e MO:

1. Modifica dell’innesto tra i ritornelli strumentali e le strofe (e viceversa)

In PA le strofe e i ritornelli strumentali si succedono sempre senza soluzione di continuità, mentre in BO e MO, per motivi di spazio, o semplicemente per proporre una visione più chiara della struttura dell’aria, capita spesso che il copista isoli l’attacco del ritornello dalla fine della strofa o viceversa, eliminando i nodi di connessione tra il tessuto della parte can- tata e quello dell’intervento strumentale.

2. Mantenimento/soppressione/aggiunta dei ritornelli strumentali.

Questo dato dipende strettamente dal numero di strofe riportate in ciascuna fonte. In ge- nerale si può affermare che PA espone per esteso tutte le strofe di ciascuna aria e, assieme a BO, è la fonte che presenta il maggior numero di ritornelli strumentali, là dove MO soli-

tamente riporta la dicitura «Rittor. ut sup.a», anche se in un caso70 presenta un ritornello as- sente in entrambe le altre fonti.

3. Variazione dei ritornelli strumentali di chiusura

Vi sono tre casi in cui in BO il ritornello strumentale finale viene ripetuto uguale a quelli interni all’aria, mentre PA ne presenta uno inedito o comunque variato.71 Ritengo sia pro- babile che PA rifletta in questi punti un livello testuale molto vicino all’originale, in cui la ripetizione del ritornello strumentale a fine pezzo era stata riscritta per essere variata, così come, senza tra l’altro la necessità di alcuna modifica in partitura, avveniva nella parte del canto. In un solo caso PA, sebbene non si tratti di un ritornello già sentito nel corso dell’aria, presenta un ritornello che sembra essere una riscrittura variata di quello di BO.72 4. Mantenimento/soppressione delle parti degli archi facenti parte dell’intero tessuto musicale

dei pezzi chiusi

Nei processi di copiatura che conducono dal livello testuale di PA a quello di BO e MO si verifica in alcuni punti della partitura l’elisione delle parti degli archi inseriti nel tessuto dell’intero pezzo chiuso. A volte si tratta di singole battute cassate, mentre in due casi av- viene che in MO il pezzo per canto basso e tre parti strumentali si riduce a semplice com- posizione per canto e basso.73

5. Inversione delle parti tra violini I e II.

Al confronto tra le fonti le parti dei violini primi e dei violini secondi risultano invertite in vari punti. Ciò non avviene secondo un criterio stabile e condiviso: se in qualche aria può sembrare che una fonte inverta i violini I e II di modo da impedire che si incrocino, in altri punti si comporta in maniera totalmente opposta, il che mantiene vivo il dubbio sulla gene- si e la funzione di questo tipo di modifica.

70 Aria di Don Girone «Occhi belli, se bramate», scena II.10.

71 Aria di Odoardo «Se l’ardir d’amante cuore», scena III.1; aria di Roberto «D’un bel sen l’almo candore», scena III.17 (arie assenti in MO); e aria del Re «La gioia del petto», scena III.3 (presente in PA, BO, MO).

72 Aria di Odoardo «Non, mio cuor, che non dovrai», scena III.2.

73 Aria di Flora «Con ragion m’è forza stridere», scena I.6; passo in 3/4 di Isabella «Gli astri erranti del ciel», scena II.9.

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