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Nota all’edizione del libretto

SCENA DECIMA

OTTAVIO,ROBERTO,ENRICO,DON GIRONE,ISABELLA

965 970 OTTAVIO ROBERTO ENRICO DON GIRONE OTTAVIO DON GIRONE

A Roberto ‹a parte›. Tu qui, signore, e come? A Ottavio ‹a parte›. Taci, non mi scoprire. A Don Girone.

La principessa è questa.

La principessa è questa.Io l’ho ben caro. Perché non le favelli?

Parli vosignoria,

che sa meglio di me quel ch’io mi sia. ‹Ottavio non favella.›

Tu non fiati, canaglia? Dite: da quando in qua

son fatto il podestà di Sinigaglia? Ma per far come devo il fatto mio, già che tace costui, parlar vogl’io.

91 post v. 977, Wi02: seconda strofa (aggiunta e segnalata tra virgolette) «Svolazzando dolcemente» dell’aria di DON GIRONE «Occhi belli, se bramate» (4 vv., cfr. Apparato IV).

92 Didascalia tratta da Bo97.

975 por quest’alma in servitù, Occhi belli, se bramate basta sol che zimbelliate due momenti e poi non più.91

980 985 990 995 1000 1005 1010 ISABELLA DON GIRONE OTTAVIO DON GIRONE ISABELLA DON GIRONE ENRICO DON GIRONE ROBERTO DON GIRONE ENRICO DON GIRONE OTTAVIO DON GIRONE ISABELLA DON GIRONE ISABELLA DON GIRONE OTTAVIO DON GIRONE Perfido, dispietato, così dunque presumi render vano il mio sdegno, e del mio sangue asperso

senza timor di pena ardisci, e tenti

raddoppiar nei tuoi scherzi i miei tormenti? ‹A Ottavio.›

Scudiere, a chi dic’ella? Teco, signor, favella. A me così severa? A te, mostro inumano. ‹A Ottavio.›

Se le parlavi tu questo non era. È forza compatirla:

l’uccidesti un fratello. Un fratello le uccisi? Del seguito ne sono manifeste le prove.

‹Ad Ottavio, indicando Roberto.› Come c’entra costui? È noto ancora a lui.

Ditemi almen fra tutti: e quando, e dove? In giostra.

In giostra.In giostra? Orsù,

siasi ver quel che fu, saper mi basta che a colpa sì leggiera

per ragion non si deve né forca, né galera. Ah, cuor vile e negletto, prencipe affatto indegno del titolo di grande. Or se prencipe io sono, e tu negar nol puoi, perché trattar mi vuoi

con maniera sì brutta ed arrogante, come fossi un birbante?

Tu prencipe?

Tu prencipe?Sì bene. Prencipe di…

Prencipe di…[Di] Sicilia. ‹Ad Ottavio.›92

A tempo, in tua buonora tu me l’hai ricordato, che in quanto a me, per ora,

93 Si tratta di una striscia di cuoio stretta al muso o alle corna di un animale per condurlo a mano o legarlo. Cfr. Accademia della Crusca, Vocabolario degli Accademici della Crusca cit. (prima edizione), p. 167. Online all’indirizzo: <www.lessicografia.it>.

94 Didascalia tratta da Bo97.

1015 1020 1025 1030 1035 1040 1045 ISABELLA DON GIRONE OTTAVIO DON GIRONE ISABELLA ROBERTO

quel nome di Sicilia era scappato.

Tu prencipe? Tu grande? Ah no, codardo, frena l’audace lingua,

che le bassezze tue ti fan bugiardo. Mi rassembri ben tu la mia cavezza,93

un tantin mal creata e peggio avvezza. Ottavio, a me rispondi:

non son io quel Roberto prencipe di Sicilia

che un dì, seguendo l’orme d’un terribil cignale, la bestia maladetta a me si rivoltò?

Quel che poi ne seguisse io non lo so! Presso a mortal periglio

stiè la tua vita in forse,

ed io non men tra gli altri ebbi l’onore d’esserti difensore.

‹Ad Isabella.›94

Or guarda se gli è vero: lo scudiere il conferma

e lo dico pur io che allor non v’ero. Perdo la sofferenza.

Delmiro io parto; alla tua nobil fede il prigionier consegno

e, già che la fortuna gli diè regio natale, tu servirlo procura

qual più conviensi al grado suo regale. ‹Parte con Enrico.› Su la mia fé prometto

con giuramento espresso di custodir Roberto quanto farei me stesso.

SCENA UNDICESIMA

DON GIRONE,ROBERTO,OTTAVIO,‹Guardie›

1050

DON GIRONE

ROBERTO

DON GIRONE

OTTAVIO

Dove son le mie stanze? Son queste a noi vicine. E quel letto, che vedo morbido e spiumacciato, per chi sta preparato? Per te, qualor t’aggrada prender grato riposo.

1055 D

ON GIRONE O piume beate,

l’intere giornate con voi passerò; se il sonno m’inganna, la ninna, la nanna dormendo farò.

95 vv. 1079-1085, MO, Bo97: desunt (aria di ROBERTO «Fra la tema e la speranza»).

96 post v. 1085, Wi02: strofa (aggiunta e segnalata tra virgolette) «Or confido, ed or pavento» dell’aria di ROBERTO «Fra la tema e la speranza» (4 vv., cfr. Apparato IV).

97 vv. 1093-1113, Fi81a-b, PA, BO, Re84, MO, Wi02: recitativo di OTTAVIO «Al prencipe Odoardo» ] Bo97: recitativo di OTTAVIO «Vado al prence Odoardo» (11 vv., cfr. Apparato III).

1060 1065 1070 1075 ROBERTO DON GIRONE ROBERTO DON GIRONE ROBERTO DON GIRONE ROBERTO Se il disagio sofferto a riposar t’invita, ben tosto partiremo. Dormirei volentieri, ma tu, bestia da giogo, dimmi se gli è dovere

mandarmi a letto, e non parlar di bere. Da ber non mi chiedesti.

Le persone discrete argomentar ben sanno

che dove è la stanchezza è ancor la sete. Ammenderò l’errore.

A riposar men vado; intanto il cuoco metta all’ordin da cena,

che quando ho da magnare io dormo poco. ‹Parte.› Il tutto esequirò.

E voi, guardie, partite dietro l’usata scorta

del regio albergo a custodir la porta. ‹Partono le guardie.›

SCENA DODICESIMA

ROBERTO,OTTAVIO

1080

1085

ROBERTO Fra la tema e la speranza95

si confonde il mio pensiero, né può dir se vincerà l’empietà del Ciel severo, o il valor di sua costanza.

Si confonde il mio pensiero fra la tema e la speranza.96

1090 1095 1100 OTTAVIO ROBERTO OTTAVIO

Roberto, al Ciel tu devi e libertade e vita, mentre con dolce frode t’invola alla prigione ed al rigor dei lacci

preparàti al tuo piede altri s’oppone. Ma tu, come qui sei?

Al prencipe Odoardo97

drittamente n’andava, allor che, circondato dalle genti nemiche,

prigion rimasi, e per maggior cordoglio congiurando ancor essa,

mi scoprì tuo messaggio

la mia sventura e la tua carta istessa. Giunto a’ piedi regali

non men per altra via giunse il funesto avviso

98 vv. 1114-1119, Bo97: desunt (prima strofa dell’aria di ROBERTO «A un lampo splendente»).

99 vv. 1114-1125, Fi81a-b, PA, BO, Wi02: aria di ROBERTO «A un lampo splendente» ] Bo97: prima strofa deest ] Re84, MO: aria di ROBERTO «Mai più ai lampi d’un sol guardo» (5 vv., cfr. Apparato II).

100 vv. 1126-1156, Bo97: scena II.13 interamente cassata.

1105

1110

della tua prigionia; ma, nel veder ben tosto

ch’altri dei ceppi tuoi portava il peso, di secondar mi piacque

l’inganno inaspettato, e in guisa tale persuasi il balordo,

che il povero animale s’indusse a darmi fede, ed in sua mente il vero

prencipe di Sicilia esser si crede. 1115

1120

1125

ROBERTO A un lampo splendente 9899

del sol rilucente non mai crederò: già il polo mostrò turbato il suo velo,

né basta un raggio a far sereno il cielo. Il riso d’un fiore

promette al mio cuore che april spunterà, ma il verno dirà con lingua di fuoco

ch’a portar primavera un fiore è poco. ‹Partono.›

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