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Il caso LTCM (Long Term Capital Management Fund)

1.4 I tre settori (Assicurativo, Servizi finanziari, Bancario)

1.4.2 I servizi finanziari

1.4.2.1 Il caso LTCM (Long Term Capital Management Fund)

LTCM era un fondo speculativo fondato nel 1994 da John Meriwether, il quale tra i gestori vantava premi Nobel del Calibro di Myron Scholes e Robert Merton, e l’ex presidente della Federal Reserve David Mullins. La peculiarità di questo fondo era la tecnica con la quale si investiva nel mercato finanziario: tale tecnica consisteva nell’unione di elementi di fisica quantistica e di classiche teorie finan- ziarie e prendeva il nome di “Convergence Trading”, la teoria della convergenza. Questa si basava sull’individuare le inefficienze di mercato tracciando le curve dei tassi d’interesse, andando così ad isolare tutti gli assets che si discostavano dai valori teorici. In questo modo si investiva nell’attività che si discosta dal suo valore teorico scommettendo sulla sua convergenza al valore reale. Naturalmen- te queste differenze consentivano guadagni limitati, ma con l’utilizzo estremo della leva da parte di LCTM i guadagni venivano incrementati esponenzialmen- te. Il fondo quindi faceva un elevato utilizzo di titoli obbligazionari e strumenti derivati per la copertura. La strategia era quella di puntare sull’acquisto di tito- li governativi di paesi che si ritenevano non adeguatamente prezzati, o di titoli

non liquidi di paesi emergenti come la Russia Si praticava quindi una strategia di arbitraggio, investendo circa 1200 miliardi di dollari che provenivano da un capitale di soli 4 miliardi, ma con uno spropositato utilizzo della leva finanziaria anche fino a 60 volte, si riusciva con complesse operazioni finanziarie a muovere una quantità abnorme di denaro. Nel 1996 il fondo aveva profitti oltre il 40% sul- le attività, incominciando ad attrarre sempre più investitori di spessore: banche centrali, grandi banche d’investimento ecc. Ma nel 1998 dopo aver raggiunto la sua massima affermazione avvenne un evento non prevedibile nemmeno dalle più sofisticate tecniche matematico - finanziarie: la crisi russa comportò una cor- sa sfrenata all’acquisto di titoli ritenuti sicuri come quelli tedeschi e statunitensi, creando così un aumento sempre più ampio dello spread tra quest’ultimi e quel- li nei quali il fondo aveva investito, in questo modo i valori non convergevano più a quelli teorici come il fondo stesso aveva scommesso, comportando per il fondo svalutazioni dell’attivo anche fino al 90%, inoltre a causa della dimensio- ne del fondo e dell’enorme utilizzo di strumenti derivati, il contagio nel sistema finanziario e nell’economia reale era inevitabile. Così la Federal Reserve decise di intervenire per il salvataggio seguendo la logica del “Too big to fail”: abbassò i tassi inondando il mercato di liquidità per permettere alle banche partecipanti al salvataggio di raccogliere il denaro necessario. Alla fine la Russia lentamen- te si riprese, permettendo al fondo di guadagnarci, ma ormai si presentava con un capitale ridotto di più di tre miliardi di dollari, circa 600 milioni di dollari, e con una svalutazione complessiva dell’attivo di circa il 44% Agli inizi del 2000 il fondo chiuse i battenti.

1.4.3 Il settore bancario

Dagli inizi degli anni Novanta ad oggi il settore bancario ha subito profonde trasformazioni: come per ogni situazione le novità portano con sè sia pregi che difetti, e alcuni di questi difetti hanno determinato le cause della crisi economico - finanziaria globale del 2008.

Si poteva riscontrare nel settore una spiccata concorrenza nelle tradizionali attività bancarie quali la raccolta del risparmio e l’erogazione del credito, il che

portava sicuramente ad una minor redditività per l’intero settore. Così per au- mentare i profitti, le banche commerciali e quelle d’investimento cominciavano a spingersi maggiormente all’interno dell’innovazione finanziaria. La vendita di prodotti molto strutturati e sofisticati andava sicuramente a colmare il gap crea- to dalla concorrenza nelle tradizionali attività generando profitti che andavano ben oltre le aspettative. Naturalmente, come detto in precedenza, questa novità portava con sè qualcosa di negativo: stava lentamente cambiando il modo di fa- re banca. Se prima le banche per concedere il credito si basavano totalmente su il merito creditizio, quindi sulla solvibilità di un impresa o di un soggetto, ora due importanti fattori stavano aprendosi la strada sul mondo bancario. Un pri- mo fattore consisteva nella possibilità da parte delle banche di acquisire vantag- gi competitivi offrendo ai clienti oltre i classici prodotti bancari ulteriori servizi finanziari molto sofisticati, il che portava le banche stesse a essere sempre più interessate ad allargare la quantità di clienti a prescindere dalle loro capacità di rimborso. Operando in questo modo, oltre allo stesso rischio diretto che le ban- che sopportavano, si andavano a creare asimmetrie informative in quella rete di informazioni che le banche tra di loro utilizzano per scambiarsi tra di loro infor- mazioni sul merito creditizio. Le informazioni risultavano spesso distorte perchè c’era una sempre più scarsa attenzione sulla qualità delle controparti.

Il fattore, però, che maggiormente ha cambiato l’operatività delle banche è stato il passaggio dal modello OTH (Originate to hold) al modello OTD (Origina- te to distribuite): in sostanza si è passati da una detenzione fino a scadenza delle attività00illiquide00come ad esempio dei mutui, ad un espulsione delle medesime

dal bilancio vendendole al mercato, attraverso il processo di cartolarizzazione, tramite strumenti come gli ABS8 (asset backed securities) e CDO (collateralized

debt obbligations). Il modello OTD consente ad una banca di generare profitti

8Le ABS (asset backed securities) sono strumenti finanziari emessi a fronte di operazioni di

cartolarizzazione, garantiti da attività come prestiti, obbligazioni, crediti su carte di credito, credi- ti commerciali, mutui, prestiti su automobili, canoni per la locazione di aeromobili, diritti musicali ecc. Esse sono simili alle obbligazioni con la differenza che il pagamento della cedola è correlato positivamente con le somme incassate su tutti questi crediti. Le ABS vengono divise in tranche con le rispettive seniority, e quando le attività sono rappresentate solo da mutui vengono definiti MBS (mortgage backed securities).

più rapidamente del vecchio sistema, basti pensare alla quantità di mutui che è possibile stipulare e poi immediatamente rivendere sul mercato con uno spread sui tassi sicuramente più favorevole alla banca stessa. Il lato oscuro di questo modello è la sua stessa forza, con questo sistema l’incentivo da parte dei mana- ger è di creare sempre più attività, trascurando la qualità stessa di quest’ultime. A tutto ciò, si deve aggiungere la scarsa regolamentazione in materia di requisiti patrimoniali e vigilanza riguardo ai nuovi strumenti finanziari: nel 2007 il cal- colo dei requisiti patrimoniali di Basilea II delle attività non tradizionali non era ancora stato assimilato del tutto. Il risultato di questo processo era uno scenario nel quale la maggior parte degli intermediari finanziari (comprese le banche) si trovavano sotto - capitalizzati. La scarsa adeguatezza patrimoniale e l’uso im- proprio di strumenti derivati senza il calcolo dei relativi rischi è stata una delle cause della crisi attuale.

Per capire il grado di rischiosià a livello sistemico delle banche è utile notare un dato proveniente dal FMI(Fondo monetario internazionale) il quale afferma che la perdita derivante dalla crisi fino al 2012 è di più di 3400 miliardi di dolla- ri, di cui circa 2800 provenienti da banche, sia commerciali che d’investimento. Circa l’80% delle perdite proviene dalle banche, quindi si intuisce quanto una regolamentazione efficiente di questo settore sia fondamentale per il mercato fi- nanziario e per l’economia reale. Prima di trattare di come la crisi ha investito il settore bancario mondiale si evidenziano i rischi tipici dell’attività bancaria:

• Rischio di liquidità: incapacità da parte dell’intermediario di fronteggiare le passività con la liquidità proveniente dagli assets;

• Rischio di credito: incapacità della controparte di far fronte ai propri impe- gni creditizi;

• Rischio di mercato: rischio che le oscillazioni di tassi di interesse, di cam- bio e prezzo delle materie prime, comportino movimenti sfavorevoli nelle posizioni di portafoglio;

• Rischio operativo: rischio di subire perdite derivanti dall’inadeguatezza o dalle disfunzioni di procedure , sistemi interni e risorse umane. Tra questi rischi rientra pure quello di legalità.

• Rischio di reputazione: rischio di subire perdite e di competitività, causa l’immagine negativa della banca stessa verso i suoi portatori di interessi; • Rischio strategico: rischio di competitività causato da scelte errate da parte

del management.

I rischi tipici durante la crisi sono stati percepiti in misure e fasi diverse, tra i pri- mi sicuramente quello di credito e quello di liquidità: dopo il rialzo dei tassi da parte della FED (Federal Reserve) nel 2006, si sono verificate le prime insolvenze sui mutui, provocando le prime perdite poi aumentate enormemente negli anni successivi. L’insolvenza della controparte ha comportato anche fortissime tensio- ni di liquidità, poi sfociate in crisi di liquidità a causa del rischio di reputazione nel mercato interbancario, dove nessuno più si scambiava liquidità. Con la crisi di fiducia nei mercati il valore delle attività è sceso causando ingenti perdite (ti- pico rischio di mercato), molte banche avevano sottovalutato il rischio di credito, non capitalizzandosi a sufficienza, dando per assodato che un default generale sarebbe stato alquanto improbabile, invece questa scelta errata è stata pagata a caro prezzo (rischio strategico).

Lo scenario che si presentava negli Stati Uniti ed in parte anche in Europa, era tragico: parte dei più grossi istituti di credito si trovava sull’orlo del default, l’ag- gravante di quella situazione era la fortissima connessione con l’economia reale, la crisi di liquidità era sfociata in un blocco quasi totale delle linee di credito ad imprese e famiglie interrompendo il circuito economico, causa fondamentale per il passaggio da una crisi finanziaria ad una economica. L’espulsione dai bilanci delle attività non liquide, come i famosi mutui subprime, ha provocato il contagio in tutti i mercati, poichè il rischio si era trasferito dalle banche a tutta l’economia. Il fallimento congiunto delle più importanti banche d’investimento avrebbe com-

portato un tracollo troppo grave per l’economia, così il salvataggio (camuffato) statale divenne inevitabile.

La scelta da parte del governo americano consisteva nel salvare solamente le banche considerate più sistemiche, operando di conseguenza una distinzione. Si citano alcuni casi reali di salvataggi:

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