Premessa
Questa indagine mira a ricostruire la storia degli studi sulle miniature del Codice Gertrudiano, andando ad integrare quella redatta da Claudio Barberi in occasione della pubblicazione del facsimile del codice, avvenuta nel 2000. In quell’occasione Barberi si occupò solo parzialmente della letteratura critica del Codex Gertrudianus, per ovvie ragioni legate alla natura stessa dell’indagine incentrata sull’analisi del codice ottoniano. Di contro in questa sede tratterò principalmente degli “inserti gertrudiani” che costituiscono un aspetto fondamentale dell’intero Salterio e che non sempre la critica ha voluto mettere in luce, preferendo inglobarli nella componente ottoniana, più ricca e storicamente più rilevante. Più che un’integrazione terrei a qualificarli come un corpus vero e proprio, che ha saputo suscitare l’interesse degli studiosi per la sua finezza esecutiva, per la ricchezza ornamentale e per l’originalità iconografica.
Sino al XVIII secolo le fonti documentarie sul prezioso codice giungono esclusivamente dall’ambiente ecclesiastico; lo sono ad esempio Federico Altan, Gianfrancesco de Rubeis, Lorenzo del Torre e Michele della Torre. Tale considerazione non stupisce considerando che il Salterio è un testo liturgico che rimase in custodia del Capitolo del Duomo di Cividale del Friuli fin dal suo arrivo nel lontano 1229.
Nel XIX secolo l’ambiente culturale si laicizza, si vengono a formare nuove scuole di pensiero critico, direttori di musei, accademici e semplici studiosi contribuiscono a formare la moderna storiografia dell’arte con i suoi molteplici indirizzi. Ancora nell’’800 in ambito friulano, alcuni studiosi del territorio e della storia locale mantengono viva la coscienza storica del codice, menzionandolo nei loro inventari e repertori d’arte e talvolta, nell’intento di documentare semplicemente la presenza del libro nel museo archeologico cittadino, giungono comunque ad interessanti considerazioni critiche.
Nel 1901 viene pubblicato un importante trattato sul Salterio di Egberto, curato da Sauerland e Haseloff i quali, con rigorosa impostazione metodologica, analizzano il
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manoscritto ponendo particolare attenzione alla questione iconografica.
Il significato di memoria collettiva per il patrimonio culturale nazionale rivestito dal codice ottoniano, viene posto in risalto nella prima metà del ‘900 da alcuni studiosi tedeschi e nella seconda metà da altri appartenenti al mondo slavo, russi, polacchi e ungheresi.
I primi considerano l’opera un monumento dell’arte medievale tedesca, i secondi, riferendosi agli inserti gertrudiani inclusi nel manoscritto, la acclamano come il primo documento in latino della letteratura polacca. Nel contempo, in occasione di convegni internazionali sulla miniatura, tenuti in concomitanza di esposizioni dei manoscritti, il dibattito sul codice si amplia. Il conseguente confronto tra i critici, volto a definire le varie componenti culturali, conduce finalmente a puntuali indicazioni per la sua definizione formale.
Gran parte degli studiosi che si sono dedicati all’esame del Salterio nei secoli passati, ne hanno privilegiato gli aspetti storici e genealogici, ovvero hanno indagato le vicende del manoscritto prima che esso giungesse, nel XIII secolo, a Cividale. Di conseguenza possediamo una discreta conoscenza dei personaggi che ne sono venuti in possesso e le relative circostanze. Mancava dunque un’osservazione attenta al contenuto paleografico o alle componenti iconologiche, iconografiche e soprattutto ai modelli formali del corredo miniato che è stata poi oggetto della moderna critica d’arte, iniziata nel corso dell’Ottocento, ma pienamente sviluppata nel secolo successivo.
L’archivio del Museo Archeologico di Cividale conserva un manoscritto nel quale Giorgio Modana, nel 1742, aveva riportato numerosi inventari del Capitolo cividalese compilati tra il 1350 e il 172523. Due di questi elenchi costituiscono le prime testimonianze della presenza in loco del Salterio di Egberto. Il primo, del 1350, recita: «Item unum salterium habens literas capitales et quasdam ymagines deauratas et duas fibulas argenteas». Il secondo, del 1494, annota più palesemente: «unus liber dictus scte Gertrudis legatus cum tabulis copertis veluto rubeo armisino quod incipit».
Gianfrancesco Bernardo Maria de Rubeis24, Superiore provinciale dell’Ordine
23 G. MODANA, Raccolta di antichi inventari, vol. I, Cividale, Museo Archeologico Nazionale 1742, ff. 90 – 113r.
Laura Pani cita l’inventario quattrocentesco, riportato da Modana nel suo manoscritto del 1742, e ricorda che nel 1494 il Salterio di Egberto risultava collocato nel tesoro della chiesa cividalese: cfr. I codici della Biblioteca
Capitolare di Cividale del Friuli, a cura di C. Scalon, L. Pani, Firenze 1998.
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Domenicano dei Predicatori, è l’autore del più antico documento pervenuto nel quale vengono nominati gli illustri personaggi legati al Salterio cividalese25. Per l’appunto, si legge al capitolo LXIX: «Precum libellum servant Civitatenses Canonici, a Sancta Elisabeth, Pertoldi nepte, dono datum». È questa la prima testimonianza di un libretto di preghiere dato in dono da Santa Elisabetta a suo zio Bertoldo di Andechs, Patriarca di Aquileia. Più avanti è riportato un altro passo significativo: «Gertrudes, Pertholdi soror, matrimonio Andreae regi Hungariae juncta, prolem habuit Divam Elisabeth, quae Lantgravio Turingiae copulata fuit, anno 1207». Qui viene precisato che Elisabetta, figlia di Gertrude e Andrea II d’Ungheria, nel 1207 andò sposa a Langravio di Turingia. Infine, viene riportato il possesso del codice – completo di salmi, litanie e preghiere – da parte dei canonici di Cividale: «Codicem Psalmorum cum litaniis ac precibus, inauratis litteris pictisque imaginibus speciosissimum, possident Civitatenses Canonici, servantque in Archivo».
Federico Altan26 nella sua dissertazione De Calendariis in genere edita nel 175327, trascrive integralmente a stampa sia il Calendarium Getrudianum, ovvero il Calendario che introduce il Salterio di Egberto, sia le Litaniae Gertrudianae che la storiografia considera siano state inserite nel codice in epoca successiva. È questa la prima attestazione della componente gertrudiana del codice ottoniano. Alle pagine 109 e 110 del Calendario Gertrudiano Altan trascrive la dicitura relativa al mese di marzo: «KL. MAR. h. d. XXXI. L. XXX.» e riporta il 27 marzo quale giorno in cui cadeva la Pasqua nell’anno in cui fu redatto il calendario: «B. VI. K. Resurrectio Dni»28. Il contenuto storico e paleografico del Calendario non è stato tuttavia esaurientemente considerato dalla critica dell’Ottocento e del Novecento, eclissando così il contributo di quanti, come Lorenzo del Torre e il Grion, se ne sono occupati in modo specifico29.
Per l’appunto nel 1752 Lorenzo del Torre realizza un trattato dedicato ai due codici
Serenissima, è il maggiore cronista tra i friulani del XVIII secolo. La sua opera fu stampata in un grande volume a Venezia nel 1748, ma essendo in discussione la soppressione del Patriarcato aquileiese, reca la data del 1740. A tale proposito si veda: G. MARCHETTI,Il Friuli: uomini e tempi, Udine 1959, pp. 405 – 409.
25J.F.B.M. DE RUBEIS, Monumenta ecclesiae aquilejensis. Commentario historico-chronologico-critico. Illustrata cum appendice. In qua vetusta Aquilejensium Patriarcharum rerumque Forojuliensium Chronica, emendatiora quaedam, alia nunc primum, in lucem prodeunt, Argentinae 1740.
26 Federico Altan, nativo di San Vito al Tagliamento, (1714-1767), fu un sacerdote, uno storico e un poligrafo. Cfr. G. MARCHETTI, Il Friuli... cit. p. 739.
27 F. ALTAN, De calendariis in genere, et speciatim de calendario ecclesiastico dissertatio, cui adnectuntur complura pervetusta Hagiologia nunc primum edita, atque illustrata, index Martyrologicus nec non tres Epistolica Dissertationes alia sacra Monumenta exornantes, Venezia 1753, pp. 105 – 128, 305 – 320.
28 Ibidem, pp. 109 – 110.
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che egli presume siano stati donati da S. Elisabetta al Capitolo di Cividale: De duobus psalteriis Forojuliensibus dissertatio.30 Lo studioso, partendo dalla dissertazione di Altan sul Calendario Gertrudiano, elabora un proprio ragionamento che lo condurrà ad individuare la datazione del Salterio di Egberto. Nel Calendario, posto all’inizio del Salterio, la festa della Pasqua cade il 27 del mese di marzo ed è così riportata: «B. VI. K.»; ciò significa che a sei giorni dalle calende di aprile avviene la Resurrezione del Signore, indicando con la lettera B il giorno del Signore, la domenica. Del Torre dunque si interroga su chi potrebbe confutare che l’anno nel quale la festa di Pasqua venne celebrata il giorno 27 di marzo sia stato il 981 dalla nascita di Cristo. «Quis igitur inficias ierit, annum hunc fuiste a Christo nato nongentesimum octogesimum primum, quo Paschalia Festa hac ipsa die XXVII. Martii celebrata fuere?»31. Conclude citanto a supporto della propria riflessione il vescovo di Adria, Filippo del Torre32, il quale aveva ipotizzato che il codice fosse stato redatto negli anni tra il 979 e il 993. Lorenzo del Torre asserisce pertanto che il 981 fu l’anno di redazione del Salterio di Egberto.
Michele Della Torre33 nell’Illustrazione sopra il Codice Gertrudiano membranaceo34, conservato nel Museo Archeologico di Cividale, identifica Ruodpreht, «figura in tunicella, tiene il libro in mano in atto di offrirlo al vescovo in abito pontificale», nel Rudperto canonico del Duomo di Treviri ritenuto anche confessore della regina Gertrude e del re Pietro. Si afferma, erroneamente, che il codice fu realizzato per l’uso della regina (madre di Santa Elisabetta), assumendo così il nome di Gertrudiano. Viene definito come uno dei manoscritti più pregiati, per la bellezza e vivezza dei colori, per la vistosità e nitidezza dell’oro presente negli ornati, per i buoni e variabili disegni e per la bellezza e forma dei caratteri, tanto minuscoli quanto maiuscoli.
30L. DEL TORRE, De duobus psalteriis Forojuliensibus dissertatio, in Raccolta di opuscoli scientifici e filologici, a
cura di A. Calogerà, XLVIII, Venezia 1753, pp. 299 – 402.
31 Ibidem, pp. 310 – 311.
32 Filippo del Torre, cividalese di nascita, (1657-1717). Compiuti gli studi di giurisprudenza, nel contempo si dedicò all’archeologia e all’antiquaria, sue vere passioni che, insieme alla carriera ecclesiastica, avrebbero rappresentato le sue maggiori attività. Nell'autunno del 1680 prese i voti e subentrò nel canonicato di Cividale a suo zio, Lorenzo Del Torre. Tale carica gli consentì l'accesso all'archivio del capitolo di Cividale e lo studio delle carte medievali, sia ecclesiastiche che civili, in esso conservate. Fu nominato vescovo di Adria nel 1702. Cfr. E.
DE TIPALDO, Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo XVIII e de’ contemporanei, compilata da letterati italiani di ogni provincia, vol. X, Venezia 1845, pp. 156 – 162.
33 Michele Della Torre Valsassina (Pordenone 1757-Cividale 1844), fu canonico della Collegiata di Cividale; come archeologo iniziò gli scavi a Cividale. Cfr. G. MARCHETTI,Il Friuli ...cit., p. 785.
34 Di seguito riporto quanto il manoscritto reca in frontespizio: Illustrazione sopra il Codice Gertrudiano
Membranaceo. Mss. con miniature dorate Lavoro del X secolo. Possesso dal Capitolo dell’Insigne Collegiata di Cividale per dono di S. Elisabetta Langravia di Turringia dall’anno 1231, delucidato in alcuni punti oscuri, ed illustrato in ogni sua parte per opera e studio del Canonico Archivista della sopradetta Collegiata Michele C. Della Torre e Valsassina nell’anno 1819. Cfr. ms. nel Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli,
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Ne Il Codice Gertrudiano del 1836, Della Torre riprende i medesimi concetti espressi nel lavoro precedente35. Anche in questo caso il titolo fornito dallo studioso, Codice Gertrudiano, non riferisce ancora alla principessa polacca Gertrude Piast, colei che entrerà in possesso del codice ottoniano nel corso dell’XI secolo, bensì alla Gertrude madre di Elisabetta, regina d’Ungheria. Lo studioso riporta a p. 1, in nota, l’iscrizione inerente la donazione fatta da S. Elisabetta al Capitolo di Cividale; iscrizione che troviamo al foglio 15 del Salterio stesso e che Michele attribuisce a Filippo del Torre36. L’autore afferma che il codice fu donato insieme ad un altro che porta il nome della santa. È concorde con Filippo sul grande prestigio riservato al committente del manoscritto, l’arcivescovo di Treviri Egberto, figura di grande rilievo e uno dei tre Grandi Elettori ecclesiastici dell’impero. Il Della Torre, inoltre, cita come precedenti studiosi del Salterio in questione, il de Rubeis con il Monumenta Ecclesiae Aquilejensi, Lorenzo del Torre con il De Codice Evangeliario e Padre Giuseppe Bianchini con il De Quadruplice Evangeliario37. Infine, nell’inventario che redige sui tesori custoditi nel Museo Archeologico di Cividale, da lui personalmente fondato nel 1817 e diretto, annota al punto 9 l’acquisizione del Codice38.
Agli inizi della seconda metà dell’Ottocento, la critica tedesca, con la nascita degli studi volti alla valorizzazione del patrimonio storico e culturale del paese, ha rivolto particolare attenzione al Salterio di Cividale e nello specifico alla sua sezione ottoniana.
Nel 1857 lo storico dell’arte Rudolf Eitelberger von Edelberg39 pubblica un primo studio sui monumenti cividalesi. In quel frangente lo studioso esamina anche il manoscritto
35 M. DELLA TORRE, Il Codice Gertrudiano manoscritto con miniature a colori ed oro purissimo dal decimo all’undicesimo secolo posseduto dal Capitolo di Cividale, ms. nel Museo Archeologico Nazionale di Cividale
del Friuli, Della Torre, b. 5 fasc. 3, Cividale 1836.
36 Vedi supra nota 33.
37 Su Padre Giuseppe Bianchini (1704-1764) si veda: G. M. MAZZUCHELLI,Gli Scrittori d’Italia, cioè notizie storiche, e critiche intorno alle vite, e agli scritti dei letterati italiani, vol. II, parte II, Brescia 1760, pp. 1182 –
1185.
38 La descrizione così recita: «Cod. e mss. Membr. Psalterio di Salmi con miniature in oro fatto per uso della
Regina Gertrude sorella di S. Stefano Re d’Ongheria, e Moglie di Guglielmo di Borgogna Fratello di S. Sigismondo Re, e Maestà di Pietro Re d’Ongheria, successore di S. Stefano. Mss. del X sec. Lasciato al Capitolo da S. Elisabetta di Turingia figlia di Andrea II. Re d’Ongheria, come avuto da sua Madre la Regina Gertrude dei Duchi di Merania.» cfr. M. DELLA TORRE,Prospetto Delli Pezzi più ragguardevoli che esistono nell’Archivio dell’Insigne Collegiata di Cividale, ms. nel Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli, Della Torre, b.
3 fasc. 12, Cividale 1836.
39 Rudolf Eitelberger von Edelberg (1817-1885) fu uno dei più importanti membri dell’Imperial regia
commissione centrale per lo studio e la conservazione dei monumenti fin dalla sua fondazione nel 1850. Sulla
Commissione e i suoi primi anni di attività, nello specifico in Friuli – Venezia Giulia, si veda S. TAVANO, I monumenti fra Aquileia e Gorizia 1856-1918, Udine-Gorizia 1988, e V. FORAMITTI, Tutela e restauro dei monumenti in Friuli – Venezia Giulia 1850-1915, Udine 2004.
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cividalese sottolineandone l’importanza considerevole che esso riveste per la storia tedesca40. Eitelberger rileva la scomparsa della preziosa coperta, delle carte d’inizio e di quelle conclusive. Data il codice in base ad uno studio paleografico verso gli inizi del X secolo, escludendo i testi e le tavole definite “bizantine” che gli risultano annesse successivamente41. L’anno seguente Lorenzo D’Orlandi nella sua Guida di Cividale, e nello specifico al capitolo Archivio Capitolare, riporta nella sua descrizione dell’opera alcune riflessioni che già da tempo appartenevano alla storiografia locale di fine secolo42. Egli riferisce che il codice fu scritto per uso di Gertrude prima del Mille; dovrebbe trattarsi questa della prima menzione a Gertrude Piast, la principessa polacca che andò sposa ad Izjaslav Jaroslavič di Kiev; le miniature bizantine le reputa “antichissime”, ma null’altro aggiunge, mentre delle altre, relative alla parte ottoniana del salterio, afferma: «mostrano quanto fossero in decadimento a que’ tempi le arti belle in Europa.»43. Ai ritratti “scadenti”, secondo D’Orlandi, si contrappongono le decorazioni che adornano le iniziali, alquanto precise e variegate nel disegno e vivaci nei colori. Lo scriba è identificato con il canonico di Treviri. D’Orlandi riporta, infine, in nota la memoria di Filippo del Torre per quanto concerne l’acquisizione del codice: «Sancte Elisabeth Ungarie Regis filie Lantgravii Ducis Thuringie conjugis munus. Quod cum hortatu Pertoldi Patriarche Aquiliensis ejus avunculi, tum singulari in Deum […] dedit honestissimo canonicorum foroiuliensium collegio [...]».
Tre anni dopo, il Calendarium Gertrudianum viene menzionato da Giuseppe Valentinelli al punto 1169 della sua Bibliografia del Friuli44. Egli riporta che il Calendario apparteneva ad un codice dell’Archivio di Cividale che fu descritto da Federico Altan nel De Calendariis; forse una svista tipografica ha assegnato allo studioso l’intervento sull’intero codice, avvenuto invece sul solo calendario introduttivo.
Un breve accenno compare in Udine e sua Provincia. Illustrazione di Giandomenico Ciconi dove all’interno del capitolo Biblioteche e Musei si segnala la presenza del Codice
40 R. EITELBERGER VON EDELBERG, Cividale in Friaul und seine Monumente, in Jahrbuch der Kaiserlich-Königlichen Central-Commission, vol. 2, 1857, p. 233 – 258.
41 La storia degli studi della sezione ottoniana del Salterio di Egberto esula dalla presente trattazione. Per un quadro bibliografico esaustivo sull’argomento si veda per tutti: T. LABUSIAK, Die Ruodprechtgruppe der ottonischen Reichenauer Buchmalerei. Bildquellen, Ornamentik, stilgeschichtliche Voraussetzungen, Berlin
2009. Vedi infra nota 190.
42 Lorenzo de Orlandi o D’Orlandi (1798-1877), sacerdote, fu direttore del Museo romano-longobardo di Cividale del Friuli dal 1844 al 1877 e presidente della prima Commissione Archeologica pel Friuli istituita nel 1866. Si veda L. D’ORLANDI,Guida di Cividale, Udine 1858, pp. 43 – 45.
43 Tale giudizio si consoliderà a fine secolo e verrà condiviso dalla critica che tanto elogiava le iniziali decorate del Salterio di Egberto, tanto ne biasimava le “barbare” miniature.
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Gertrudiano tra gli oltre cento codici in possesso dell’Archivio Capitolare, aggiungendo che l’opera fu donata da S. Elisabetta nel 1230, insieme all’altra che porta il nome della santa45.
Nel 1875 la Deputazione Provinciale per il Friuli assegna al celebre critico Giovanni Battista Cavalcaselle il rilevante incarico di elencare e descrivere le opere d’arte presenti nella regione46. Nella catalogazione l’autore adotta criteri topografici suddividendo il territorio in quindici distretti geografici. Il capitolo Distretto di Cividale, annota nell’inventario al numero 61, Cividale-Archivio Capitolare, la presenza del Salterio di Egberto indicandolo quale «manoscritto del sec. X, in buono stato di conservazione, ornato di preziosissime miniature a piena pagina e di belle iniziali che, insieme al Salterio di santa Elisabetta, sarebbe il più importante libro miniato conservato in Friuli». Cavalcaselle successivamente associando cronologicamente il manoscritto ottoniano alla “parte gertrudiana” in seguito annessa, riferisce che il codice sarebbe stato scritto per uso di Gertrude, sorella di Stefano I, re d’Ungheria.
La critica ungherese si interessò per la prima volta al Salterio cividalese con Guglielmo Fraknói, rinomato storico, fondatore dell’Istituto Storico Ungherese di Roma47. Fraknói dedicò gran parte dei suoi studi storici e delle sue opere all’indagine e all’esposizione dell’epoca, nella quale il Rinascimento italiano esercitava il proprio fascino e la propria influenza anche sulla vita e sulla politica dell’Ungheria.
Nel 1882, nella rivista ungherese da lui fondata, Magyar Könyv-szemle, lo storico dedicherà un articolo al Libro di devozione di Santa Elisabetta48. Egli sostiene che sia la scrittura che la pittura del Psalterium Gertrudis, così “brillantemente disegnato”, risalgono all’epoca carolingia, ancora intrisa dell’influsso bizantino. Le miniature gertrudiane vengono qui citate esplicitamente per la prima volta in assoluto: «San Pietro, di fronte a uomini e donne riccamente vestiti in modo principesco. [...] la nascita di Cristo, Cristo sulla Croce, Cristo seduto su un trono». Così come mai prima d’ora si è accennato al significato delle orazioni latine: l’autore ne riporta un passo, «9 – 15. Intercède pro me famula tua gertruda ... Exaudi me miseram pro petro ad te clamantem ... pro petro filio meo unico et exercitu suo ...», del quale puntualizza che «una donna di nome principessa Gertrude prega per sé e per suo
45G. CICONI,Udine e sua Provincia. Illustrazione, Udine 1862, p. 413.
46 G. B. CAVALCASELLE,Vita ed opere dei pittori friulani dai primi tempi fino alla fine del secolo XVI, Udine
1876; La pittura friulana del Rinascimento, a cura di G. Bergamini, Vicenza 1973, p. 167.
47 Vilmos (Guglielmo) Fraknói (23 febbraio 1843 – Budapest 20 novembre 1924). Al riguardo si veda: A.
BERZEVICZ, Il Vescovo Guglielmo Fraknói, in “Corvina”, 4, 1924, v.8, pp. 5 – 6.
48V. FRAKNÓI, Árpád-házbeli Szent Erzsébet imádságos könyvei Cividaleban (= Il Libro di devozione di Santa Elisabetta arpadiana a Cividale), in “Magyar Könyv-szemle”, VI, 1882, pp. 175 – 180.
54 figlio chiamato Pietro».
Sabato 12 dicembre 1891 esce in prima pagina sul settimanale cividalese Forumiulii un articolo a quattro colonne, senza firma ed intitolato: Illustrazione di Cividale e suo territorio – Principali oggetti e codici esistenti nell’Archivio ex Capitolare in consegna al Municipio di Cividale49. L’anonimo articolista espone un elenco con i sette oggetti più preziosi di Cividale e pone al quarto posto il codice di Gertrude, indicandone l’ottimo stato di conservazione, malgrado sia mutilo del frontespizio; elogia il rivestimento in legno damascato e i fermagli d’argento, non rilevando l’assenza della coperta originale. Erroneamente annovera soltanto 18 miniature di corredo (quelle ottoniane), comprendendone anche alcune che definisce “bizantine”, ma senza entrare nello specifico.