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La “chiave tematica salvifica” e il tessuto delle citazioni biblico-liturgiche nelle miniature gertrudiane

4.1 L’immagine frontespizio del Codex Gertrudianus

4.1.1.4 L’esaltazione della Santa e Vivificante Croce

Spatharakis puntualizza come nelle scene di dedicazione possano figurare dei santi (solitamente patroni del committente) in qualità di protettori. L’esempio dell’Iviron 5 dell’Athos è quantomeno significativo: al cospetto di Cristo assiso in trono, la Vergine “presenta” il ktetor Giovanni tenendolo per mano, mentre san Giovanni Crisostomo, omonimo del donatore, si interpone tra i due gruppi di figure352.

In un manoscritto proveniente da San Pietroburgo, il Petrop. gr. 291, parte del Vangelo Sinait. gr. 172, redatto nel 1067, riscontriamo l’iconografia (per quanto rara) di un santo che conduce un vivente per mano: sul foglio di sinistra Cristo stante è colto nell’atto di benedire il patrikios Teodoro Gabras, mentre sul foglio di destra è raffigurata la sua prima

352 L’Iviron 5, come puntualizza Spatharakis, appartiene stilisticamente ad un gruppo di manoscritti quali il

Tetravangelo Cod. 118, il Garett 2 e il Ms. Par. gr. 54; la loro datazione è alquanto controversa: Weitzmann fa

risalire la loro esecuzione agli anni 1230/1240, mentre per Lazarev appartengono all’ultimo terzo del XIII secolo. Cfr. I. SPATHARAKIS, The portrait in Byzantine Illuminated Manuscripts… cit., pp. 84 – 87, figg. 53 – 54; A. CUTLER,Byzance médiévale 70-1204, Paris 1996, figg. 258, 259. K. WEITZMANN,Constantinopolitan Book Illumination in the Period of the Latin Conquest, in “Gaz. Beaux-Arts”,25, 1944, pp. 193 – 214.

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moglie Irene tenuta per mano dalla Vergine che con la destra accenna ad un gesto di presentazione353.

Nel nostro caso il figlio è il solo a tendere in alto le braccia supplichevoli verso Pietro, mentre la figura in vesti regali postagli accanto le tiene più basse, assimilabili a quelle di una Deisis354, assumendo pertanto il ruolo di mediatrix al cospetto dell’apostolo. La posa scelta per Jaropolk a braccia levate manifesta chiaramente il suo atto di supplica, si presenta dunque quale destinatario privilegiato delle orazioni gertrudiane, mentre quell’“immagine protettiva” tanto desiderata da Gertrude, lo precede (Fig. 30). In questo modo viene a delinearsi visivamente un movimento ascensionale, indirizzato a San Pietro, dato dalla diversa postura delle braccia, che traduce figurativamente le umili invocazioni di protezione nel lungo cammino verso la Salvezza eterna.

Quale figura poteva assurgere a tale ruolo protettivo?

Nel nostro caso, studiosi come Nikodim Kondakov355 e Iohannis Spatharakis356 (che parla di un eventuale gesto di “introduzione”), tra gli altri, hanno avanzato l’ipotesi che possa trattarsi di Sant’Irene, patrona della consorte di Jaropolk, data la forte somiglianza proprio con l’omonima santa raffigurata al f. 10v, alle spalle di Cunegonda.

Sándor Szili, di contro, specifica ragionevolmente che Irene non viene mai citata nelle preghiere, così come la festa che la commemora (9 agosto) non è inclusa nel Calendario ad inizio salterio; bensì, aggiunge lo storico ungherese, proprio le orazioni dedicate a sant’Elena (nn. 15-18) presenti nei Folia Gertrudiani, nonché la sua festività (21 maggio secondo i menologi ortodossi) inserita nel Calendario, Helene Matris Constantini imperatoris, lo inducono a supporre si tratti della madre dell’Imperatore Costantino il Grande, in qualità di santo intercessore357. Szili purtroppo non approfondisce la questione, non supportandola con adeguati confronti iconografici. Elena, infatti, raramente è raffigurata sola, senza il figlio Costantino e ciò fa dubitare sulla sua possibile presenza accanto a Jaropolk; l’esempio più

353I. SPATHARAKIS, The portrait in Byzantine Illuminated Manuscripts… cit., pp. 59 – 60, figg. 27 – 28; Mother of God. Representations of the Virgin in Byzantine Art, Exhibition Catalogue, edited by M. Vassilaki, Athens,

Benaki Museum, 20 october 2000-20 january 2001, Milano 2000, p. 162, fig. 104.

354 Smirnova sostiene che i giovani principi (riconoscendo nella figura femminile la consorte di Jaropolk) non siano raffigurati nella tradizionale contenuta posa della contemplazione, ma in atto di supplica per la Salvezza: le loro mani levate ricordano i giusti nelle composizioni del Giudizio Universale e i morti che risorgono dai sepolcri nelle composizioni della Discesa agli Inferi. Cfr. E. S. SMIRNOVA,Le miniature del libro di preghiere della principessa Gertrude, in Facsimile… cit., p. 94.

355N. P. KONDAKOV, Izobrazsenyija russzkoj knyazseszkoj szemji v minyiatyurah XI veka… cit., p. 108.

356I. SPATHARAKIS, The portrait in Byzantine Illuminated Manuscripts… cit., pp. 42 – 43.

357 S. SZILI, A Codex Gertrudianus datálása. A rózsa mint keresztény szimbólum a 11, századi keleti szláv

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prossimo al quale possiamo attingere è l’affresco campito nella galleria meridionale della cattedrale di Santa Sofia a Novgorod, della seconda metà dell’XI secolo, raffigurante per l’appunto i Santi Costantino e Elena ai lati della croce (Fig. 31), secondo l’iconografia che li identifica358.

Tuttavia il terzo fascicolo che segue il bifoglio in cui è collocata la miniatura in esame, contiene, all’orazione n. 12 (f. 7v), un primo accenno alla santa croce affinchè la sua protezione possa cacciare tutte le insidie: «[…] Quesumus Deus noster ut per auxilium sancte crucis filii tui ad conterandas adversariorum meorum insidias nos in tue protectionis securitatis constituas […]».

Il Calendario ad inizio salterio commemora, infatti, il giorno 14 settembre l’Exaltacio sanctae crucis, la festa dell’universale Esaltazione della Preziosa e Vivificante Croce, la cui celebrazione termina con la deposizione della reliquia della croce su un tetrapodion al centro della chiesa, mentre il clero e tutti i fedeli le rendono omaggio con il gesto della proskynesis359.

Il tema del ritrovamento della santa Croce del quale fu artefice l’Imperatrice Elena, madre di Costantino il Grande360, appare per la prima volta nella preghiera n. 15 (fol. 7v) e viene sviluppato intensamente nelle preghiere 16 (f. 7v), n. 17 (f. 8r), n. 18 (f. 8r)361, rivolte proprio alla figura della christianissima regina. L’Inventio sanctae crucis viene commemorata il 3 maggio ed è riportata, infatti, nel Calendario ad inizio salterio.

Gertrude prega Elena in quanto madre che è riuscita a guadagnarsi la piena fiducia del figlio, a indurlo all’obbedienza, facendo in modo che l’angelo del Signore vegliasse su di lui negli avversi frangenti: «Sancta Helena que Dominum rogasti quod angelum suum mitteret

358V. N. LAZAREV, L’arte dell’antica Russia. Mosaici e affreschi, a cura di G. I. Vzdornov, Milano 2000, fig. 43. 359 Nel V secolo la festa veniva celebrata il 13 settembre, anniversario della dedicazione delle basiliche costantiniane. A Roma nel VI secolo si festeggiava l’Esaltazione il 3 maggio, poi verso la metà del VII secolo si iniziò a proporre alla venerazione del popolo il legno della croce il 14 settembre nella Basilica Vaticana. Papa Sergio I (687-701) trasferì un frammento della Croce dal Vaticano al Laterano; da allora, narra il Liber

Pontificalis: questo frammento fu baciato e adorato da tutto il popolo cristiano nel giorno dell’Esaltazione della

Santa Croce. Da quel periodo la festa venne contraddistinta da una processione che partiva da Santa Maria Maggiore per giungere in Laterano a venerare la Croce prima di dare inizio alla liturgia. La riconquista della Croce da parte dell’Imperatore Eraclio (610-641) nel 631 non fece che accrescere e consolidare un culto già ampiamente diffuso. Le chiese di tradizione bizantina annoverano la festa del 14 settembre tra quelle del Signore (despòtiche) e fra le dodici grandi feste liturgiche. Cfr. G. PASSERELLI,Icone delle dodici grandi feste bizantine,

Milano 1998, pp. 49 – 56.

360 La prima fonte che riferisce alla scoperta della Croce è ascrivibile a Cirillo, vescovo di Gerusalemme (315 – 386). Nella sua Catechesi (IV, 10) riferisce alla presenza di frammenti del lignum crucis, affermando che il mondo ne è colmo: «“lignum, inquit, crucis testatur ad hodiernum diem apud nos apparens, et apud eos qui

secundum fidem ex illo capientes, hinc universum orbem fere jam replerunt”». Cfr. CYRILLUS HIEROSOLYMITANUS, Catecheses, PG, XXXIII, Paris 1857, col. 1239.

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filio tuo constantino et eum admoneret quod totum vellet et perficeret quod animus tuus desideravit et volutas tua fuit […]»362.

Ella ne invoca l’intercessione affinchè il Signore possa inviare il suo angelo anche al figlio: «[…] te ego peccatrix deprecor et volo certissime te a Deo mihi impetrare quod angelum suum mittat […]»363.

Ed ancora: «[…] Sancta Helena christianissima regina […] te oro humiliter per inventionem sancte crucis ut cor famulorum tuorum cum pace et caritate et dilectione ad me convertere digneris sicut dominus noster Ihesus Christus cor imperatoris tui memoria re servavit et amore complevit […]»364.

Rivolgendosi ad Elena, Gertrude istituisce un’analogia diretta fra Costantino e suo figlio: aiutare il cuore del principe Jaropolk affinchè possa rivolgersi con misericordia a sua madre, così come quello di Costantino si rivolse ad Elena.

Gertrude implora colei che è degna del Signore, che ha illuminato con il suo amore il “legno santissimo” – speranza e rifugio del mondo – che ad ella sola si rivelò: «[…] intercede pro me famula tua, Gertruda ad dominum Deum, ut per crucem sanctam domini nostri eiusque genitricis intercessionem sanctorum omnium nec non perpetuam successionem mihi famulum tuum, Petrum omnemque faciat se ***** pro Pietrus […]»365.

Ma è la figura di Ciriaco, passata in secondo piano a molti, che mi induce a fare un’ulteriore considerazione. Gertrude non si limita a dedicare quattro orazioni ad Elena, sviluppa in almeno due orazioni, la 15 e la 18, in apertura e chiusura, il tema del ritrovamento della santa Croce del quale ella fu artefice per mezzo del sancti Quiriaci martiris.

Giuda-Ciriaco, l’inventor crucis, l’ebreo gerosolimitano che accolse il sacramento del battesimo in seguito al ritrovamento del lignum preciosissimum366, assumendo il nome di Ciriaco, l’“uomo del Signore” o “consacrato al Signore”367: «[…] per illam gratiam quam mirabiliter et misericorditer super eum ostendisti cum ante baptisma eius cor Spiritus Sancti gracia illuminasti, et eius orationi lignum preciosissimum per tempora multa sanctos et electos plurimos latiturum declarasti, ab eoque inveniri concessisti atque sub eius manibus

362 Orazione n. 16.

363 Ibidem.

364 Orazione n. 17.

365 Orazione n. 18.

366 Sul tema del ritrovamento della Croce da parte di Ciriaco, si veda l’esauriente lavoro di B. BAERT, A Heritage of Holy Wood: the Legend of the True Cross in the Text and Image, Leiden, Boston 2004.

367 All’interno del Calendario Ciriaco non è menzionato nel giorno della sua festa (4 maggio), ma viene ricordato

Ciriaci martiris cum sociis suis, il giorno 8 agosto, nell’anniversario della traslazione delle sue reliquie ad

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mortuum suscitando et vivificando virtutem crucis publicare voluisti baptizatoque clavos sanctos per illum reperiri voluisti, et per intercessionem Sancte Marie genitricisque tue, et sancte Helene, et istorum et omnium sanctorum tuorum, et per tuam sanctam ac venerabilem crucem […]»368.

Ed ancora all’orazione n. 18: «[…] per sanctum Quiriacum crucem sanctam illam denotavit, ipsumque per merita tua credere et baptizari fecit et per illam gratiam quam super te enucleavit, cum cor constantini filii tui ad te clementer et amabiliter convertit, illumque tibi misericordem et delectabilem semper egit […]»369.

Il battesimo è il sacro strumento per eccellenza per perseguire la Salvezza; non dimentichiamo che attraversare la porta di un battistero significava valicare la porta del Paradiso, pronti per ricevere il messaggio di Salvezza370; come sappiamo dalle raffigurazioni del Giudizio Universale è proprio Pietro a guidare il corteo dei santi che incedono verso la Salvezza in direzione delle porte del paradiso.

Tali riferimenti esprimono ad ogni modo un concetto assolutamente attinente ad un contesto (quello visivo rappresentato, come vedremo, dal progetto iconografico dell’intero Codex Gertrudianus) in cui si stimolasse la preventiva adesione al progetto salvifico fondato innanzitutto sul pentimento e la conversione.

Chi meglio della principessa Olga, nelle vesti di Santa Elena di Russia, la prima fra tutti i russi ad accogliere il battesimo, poteva assumere il ruolo di protettrice per il giovane principe? Olga è riconosciuta come la patrona della dinastia Rurik dalla fine del XIII secolo (la madre di tutti gli zar russi), della sacra Rus’ e dell’ortodossia degli Slavi orientali371. Lei “la più saggia fra tutti” accettò la Cristianità dalle mani di un imperatore bizantino. Ricevette per prima il battesimo a Costantinopoli (il cui soggiorno viene differentemente datato dalla letteratura tra il 954 e il 957372) dall’Imperatore Costantino VII Porfirogenito (945-959) e dal

368 Orazione n. 15.

369 Orazione n. 18.

370 cfr. E.M. ANGIOLA, “Gates of Paradise” and the Florentine Baptistery, in “Art Bull”, 60, 1978, pp. 242 – 248.

371 Circa lo sviluppo del culto di Olga si veda M. HOMZA,St. Olga. The Mother of all Princes and Tsars of Rus’,

in “Byzantinoslavica”, 63, 2005, pp. 131 – 141.

372 Il problema circa il soggiorno di Olga a Costantinopoli e del suo battesimo sono discussi in numerose pubblicazioni. Tra gli altri si vedano: D. OBOLENSKY, Olga's Conversion The Evidence Reconsidered, in “HUS”,

vol.12-13 (1988-1989), pp. 145 – 158; J. FEATHERSTONE, Ol'ga's Visit to Constantinople, in “HUS”, vol. 14, n. ¾, December 1990, pp. 293 – 312; A. POPPE, Once again concerning the Baptism of Olga, Archontissa of Rus’,

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Patriarca (Teofilatto o Polieucto), assumendo il nome di Elena, madre dell’imperatore Costantino.

Mentre il De Ceremoniis Costantini Porfirogeniti, che ci offre un resoconto dettagliato del soggiorno di Olga a Costantinopoli, cita la principessa esclusivamente con il suo nome pagano “Ελγα”373, l’Adalberti Continuatio Reginonis del tardo sesto del X sec., riporta all’anno 959: «[…] Legati Helenae Reginae Rugorum, quae sub Romano imperatore Constantinopolitano Constantinopoli baptizata est, ficte ut post claruit, ad regem venientes episcopum et presbiteros eidem genti ordinari petebant […]»374.

Ma è nella Povest’ vremennych let, la principale fonte russa che si ritiene compilata all’inizio del XII secolo, che Olga viene presentata come Elena di Russia375: «[…] Andò Olga dai Greci, e arrivò a Costantinopoli. Era allora imperatore Costantino, figlio di Leone. […] ella allora, avendo compreso, disse all’imperatore: “Io sono pagana, se vuoi battezzarmi, battezzami tu stesso; altrimenti non mi battezzerò”; e l’imperatore la battezzò con il vescovo. […] e la istruì il patriarca sulla fede, e le disse: “Sii benedetta tra le donne russe, perché tu ami la luce, e la tenebra hai rigettato.” […] inchinandosi al patriarca disse: “Con le preghiere tue, o vescovo, sia io difesa dalle insidie diaboliche”. Fu battezzata con il nome di Elena: questo era stato anche [il nome] della vegliarda imperatrice, madre di Costantino il Grande […]»376.

Sarà nel 988, con il battesimo ufficiale del Principe Vladimir, suo nipote, (e con esso di tutta la Rus’), che il culto di Olga trova una sua ragion d’essere nei secoli a venire. La Lode del monaco Iakov al principe Vladimir (Pochvala kniaziu Vladimiru mnicha Jakova) di metà XI secolo, ci trasmette il momento dell’elevatio e della traslatio delle sue reliquie corporee all’interno della cattedrale di Santa Sofia a Kiev377. «[…] Dio glorificò il corpo della sua

373 Cfr. CONSTANTINE PORPHYROGENITUS, De caerimoniis aulae byzantinae… cit., pp. 594 – 598; Constantin VII

Porphyrogénète. Le livre des cérémonies… cit., pp. XXVI – XXVIII.

374 Cfr. Reginonis Abbatis Prumiensis Chronicon cum continuatione Treverensi, in MGH, SS rer. Germ. L, a cura di F. Kurze, Hannoverae 1890, p. 169 – 170.

375 Gli studiosi ritengono che il nome cristiano assunto fosse per omaggiare l’Imperatrice Elena Lecapena, consorte di Costantino VII Porfirogenito.Cfr. Racconto dei tempi passati... cit.

376 Eadem,pp. 34 – 36.

377 Cfr. J. MNICH,Pamjat’ i pochvala knjazju Vladimiru (= La memoria e la lode del principe Vladimir), in

“Kratkije soobščenija Instituta slavjanovedenija”, vypusk 37, Moskva 1963, pp. 65 – 75; E. A. FET,Pamjat’ i pochvala knjazju Vladimiru (= La memoria e la lode del principe Vladimir), a cura di D. S. Lichačev, Slovar’ knižnikov i knižnosti Drevnej Rusi, I, Leningrad 1987, pp. 288 – 290.

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Helena […] e lì nella tomba c’è il suo solenne corpo intatto fino ad oggi […] nella cattedrale della Santa Maria di Dio fondata dal Benedetto Principe Vladimir […]»378.

Verso la metà dell’XI secolo, con l’obiettivo di facilitare il processo di canonizzazione di Olga e del nipote Vladimir, venne redatto il Discorso sulla legge e sulla grazia (Slovo o zakone a blagodati)379, attribuito ad Ilarione di Kiev (metropolita dal 1051 al 1053); trattasi di una compilazione erudita che esalta l’opera di cristianizzazione del principe Vladimir Monomach, ispirato dalla Grazia, nella quale Olga e il nipote sono comparati ad Elena e Costantino e il pellegrinaggio di Olga a Costantinopoli viene paragonato a quello di Elena a Gerusalemme. Venne creata così una coppia kieviana “all’altezza degli apostoli” e che si allinea sapientemente a quella di Gertrude e Jaropolk. Non solo, Ilarione ci tramanda che Olga, come nuova Elena, e suo figlio, come nuovo Costantino, portarono proprio dalla città santa la Croce a Kiev: in questo modo la figura di Olga si associa a quella della reliquia gerosolimitana.

Olga accogliendo il battesimo acquisisce la saggezza necessaria per ricevere Dio, diventa in questo senso l’incarnazione e la personificazione della Sapienza russa; a mio parere è colei che deve suggerire, come Sapienza di Dio (intesa come timore di Dio)380, a Jaropolk.

Olga appare la sola, dunque, ad essere legittimata ad intercedere per Jaropolk presso san Pietro. Ella, come incarnazione della Sapienza russa, diventa prototipo di Sophia-Sapienza di Dio e Gertrude come madre non avrebbe potuto scegliere figura migliore che potesse consigliare il figlio su come agire e sconfiggere le forze avverse. È opportuno ricordare come le uniche immagini di Olga siano quelle raffigurate nel Codex Matritensis gr. Vitr. 26-2, che riporta la Sinossi della Storia (Σύνοψις Ἱστοριῶν) di Giovanni Skylitzès (XII sec.), con La principessa Olga a Costantinopoli (f. 135v) (Fig. 32), e nella Cronaca di Radziwill con la scena del Battesimo della principessa Olga (f. 31v) di tardo XV secolo (Fig. 33).

La prima miniatura che vede appunto Jaropolk rivolgere ad un maestoso san Pietro le sue preghiere, con l’intercessione di una figura protettiva e la prostrazione di Gertrude, trova

378J. MNICH,Pamjat’ i pochvala knjazju Vladimiru… cit. p. 69.

379 L’opera è considerata la prima opera originale della letteratura russa.Si tratta di un componimento solenne, tramandato da più di cinquanta codici. Esalta l'opera di cristianizzazione del principe Vladimir, che fu dettata dalla Grazia Non si tratterebbe di un componimento oratorio, bensì di una narrazione. Il principe Vladimir viene celebrato come cristianizzatore, arricchendo così' l'opera di formule agiografico-liturgiche. Cfr. Il sermone di Ilarion sulla legge e sulla grazia, a cura di I. P. Sbriziolo, Napoli 1988.

380J. MEYENDORFF, Wisdom – Sophia. Contrasting approaches to a complex Theme, in “DOP”, 41, 1987, pp. 391

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una sua collocazione temporale ideale proprio in questo spaccato politico e culturale messo in atto dalla Riforma nel corso dell’XI secolo.

Per quanto l’immagine dell’apostolo Pietro fosse in parte legata alla radicata devozione nei suoi confronti (viene scelto infatti dal giovane Jaropolk quale santo patrono), essa, tuttavia, aveva l’obiettivo di visualizzare l’apostolicità del ruolo papale (Gregorio VII come Pietro) e la sua sacralità. L’adorazione di Gertrude era, infatti, nei confronti dell’istituzione papale attraverso Pietro primo vicario di Cristo.

Non solo, il programma decorativo che interessa lo spazio introduttivo del Codex, richiama concetti inerenti la conversione, il pentimento e la scena miniata si troverebbe in suggestiva sintonia con i destinatari del messaggio figurato, cioè il figlio (nonché tutti i suoi cari), accompagnato da un’immagine protettiva esemplare.

Sul piano squisitamente figurativo è interessante notare che l’iconografo che progettò la decorazione fece principalmente riferimento a tematiche praticate nel contesto rituale bizantino le quali, prese sia singolarmente che nella loro interazione semantica, risultarono particolarmente adatte ad accompagnare il peccatore nelle diverse fasi dell’iniziazione cristiana, verso il raggiungimento della Salvezza. Questa sorta di frontespizio, con i suoi richiami testuali e figurativi, consente a Gertrude di fornire al lettore dati aggiuntivi per una sorta di registrazione degli eventi familiari più rilevanti. Gertrude intese trasmetterne il ricordo alle persone a lei più care. In questo caso, dunque, il codice probabilmente non era destinato esclusivamente all’uso personale del suo committente, ma alla dotazione libraria di una famiglia elitaria, e pertanto doveva essere trasmesso ai successori quale memoria storica.

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