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Il compito della Filosofia delle forme simboliche.

Capitolo Terzo Cassirer.

1. Il compito della Filosofia delle forme simboliche.

La definizione dell’uomo come animal symbolicum è probabilmente una tra le tesi più note di Ernst Cassirer e la si incontra nel volume An Essay on Man. An Introduction to a philosophy of human culture, pubblicato dall’autore nel 1944, con lo scopo di presentare al pubblico americano, in una forma più breve, i risultati della sua opera Filosofia delle forme simboliche. Nella prefazione Cassirer spiega le ragioni che lo indussero a scrivere questo nuovo libro, anziché procedere alla semplice traduzione in lingua inglese della sua opera più nota. Tale scelta viene motivata sia dal punto di vista del lettore, agevolato da una presentazione più breve (per le analisi più accurate Cassirer rimanda all’opera, che mantiene dunque tutta la sua validità agli occhi dell’autore) sia, cosa più interessante, dal punto di vista dell’autore stesso. Cassirer afferma, infatti, che a venticinque anni di distanza dalla pubblicazione della Filosofia delle forme simboliche, col procedere e approfondirsi della sua riflessione sui temi dell’indagine, era in grado di affrontare e considerare i problemi sotto una nuova luce. Dunque, questo libro non si presenta semplicemente come una riduzione o una panoramica dei temi dell’opera principale, ma presenta l’indagine stessa, compiuta da Cassirer negli anni 1923-1929, in una nuova prospettiva. In particolare vi si può riscontrare l’intento di far emergere dalla molteplicità delle direzioni di ricerca e delle tematiche trattate, che per la loro complessità spesso danno nell’opera maggiore un’impressione di dispersività, la convergenza nella direzione di un tema comune. Si tratta, quindi, di portare alla luce il punto centrale che connette le diverse vie di ricerca, laddove il reperimento e la determinazione di tale punto costituisce il compito vero e proprio della filosofia della cultura, così come egli si è sforzato di delinearla e pensarla nella Filosofia delle forme simboliche.

Già a partire da qui è possibile introdurre due considerazioni. In primo luogo, An Essay on Man può e deve essere letto in stretta connessione con la Filosofia delle forme simboliche, presentandosi come una revisione e un ampliamento, nel senso dell’esplicitazione di un compito, rimasto invece in ombra nelle dettagliate e diversificate analisi della Filosofia delle forme simboliche.

In secondo luogo, si dovrà considerare che tale compito, proprio di una riflessione sulla cultura che abbia in vista, con essa, la specificità umana e, perciò, il compito di

un’antropologia filosofica, di cui come si vedrà la filosofia delle forme simboliche è insieme propedeutica e disciplina296, si richiama immediatamente alla più celebre tesi di questo testo, che l’uomo vada inteso, e che soprattutto debba intendersi e realizzarsi, come animal symbolicum e che proprio la possibilità di comprendere l’uomo in questo senso sia il compito, non solo della Filosofia delle forme simboliche, ma anche di una filosofia della cultura in generale, che si ricolleghi e che culmini in una antropologia filosofica.

Il punto, dunque, da cui si vorrebbe partire in questa analisi dell’opera maggiore di Cassirer, in relazione alla sua ripresa e ripensamento nel testo del 1944 e in collegamento a quanto emerge nella panoramica testuale intorno al dibattito Davos, contemporaneo alla conclusione dell’opera della Filosofia delle forme simboliche, è che si possa considerare l’intera riflessione di Cassirer nella prospettiva di un compito.

Tale compito sembra superare e completare quello strettamente teorico-ricostruttivo, che in linea con il metodo trascendentale, porta l’indagine a risalire dal Faktum della cultura alle sue condizioni di possibilità, a risalire dunque dalle diverse prestazioni umane di carattere culturale e simbolico, consolidate nell’arte, nel mito, nel linguaggio, nella scienza e nella storia, alle condizioni di possibilità di queste prestazioni.

E non coincide unicamente nemmeno con quello che Cassirer definisce l’aspetto fenomenologico297 di tale approccio trascendentale alla cultura, basato sull’indagine delle

296In Ernst Cassirer, Nachgelassene Manuskripte und Texte, Band 1, Zur Metaphysik der symbolischen Formen

Meiner Verlag Hamburg 1995, trad.it. G. Raio, Metafisica delle forme simboliche, Sansoni Milano 2003 pg.53, Questa tesi, che verrà più oltre ripresa e ampliata si trova nel Konvolut 184b datato 1928. “Ora, dopo queste considerazioni generali preliminari, è possibile in primo luogo indicare in modo finalmente preciso il ruolo che potrebbe avere una Filosofia delle forme simboliche costruita sistematicamente per la fondazione di una antropologia filosofica. Essa potrebbe essere fruttuosa per quest’ultimo in un duplice riguardo: detto kantianamente, svolgerebbe altrettanto bene sia il ruolo di „propedeutica“ sia di „disciplina“. Essa preparerebbe il terreno e il fondamento e allo stesso tempo eviterebbe che l’antropologia filosofica lasci questo terreno sicuro, che si perda in speculazioni che non possono essere né confermate né confutate da nessuna „esperienza possibile”.

297

Quanto all’utilizzo del termine fenomenologia Cassirer sembra riferirsi tanto a Hegel quanto a Husserl. Per quanto riguarda la declinazione hegeliana si veda la trattazione che segue, ma che Cassirer intenda riferirisi anche a Husserl è non solo confermato da più luoghi testuali, ma anche da lui stesso manifestato nel secondo volume della Filosofia delle forme simboliche, dove insieme alla necessità di un ampliamento del campo d’azione dell’indagine fenomenologica, si riconosce ad Husserl il merito di aver iniziato un tale ampliamento. In Ernst Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen, Bd. II, Das mythische Denken, Gesammelte Werke, Band 12, Meiner Verlag, Hamburg 2002, trad.it. E. Arnaud Filosofia delle forme simboliche, Vol. II, Il pensiero

mitico, La Nuova Italia, Firenze 1964, pg. 16, “Al contrario una fenomenologia critica della coscienza mitica non

potrà prendere le mosse né dalla Divinità, intesa come primo dato di fatto metafisico, né dall’umanità, intesa come primo dato di fatto empirico, ma cercherà di cogliere il soggetto del processo spirituale, cercherà di cogliere lo spirito unicamente nella sua attualità pura, nella varietà delle sue attività formatrici, e di determinare la norma immanente che ciascuna segue. Solo nel complesso di queste attività si costituisce l’ “umanità” secondo il suo concetto ideale e secondo la sua concreta esistenza storica[…]” Op.cit. nota a pg. 14, “Uno dei meriti fondamentali della fenomenologia di Husserl è di aver, per prima, riportato l’attenzione sulla diversità delle forme strutturali dello spirito e di aver indicato per quanto concerne il modo di considerarle una via nuova che si scosta dalla problematica e dal metodo della psicologia” e pg. 18, “Risulta sempre più chiaro che il compito della fenomenologia come egli la intende non si esaurisce nell’analisi della conoscenza, ma che in essa debbono essere studiate le strutture di campi completamente diversi di oggetti, secondo il loro puro “significato” e senza che si

concrete prestazioni culturali umane, come si danno e si sono date nella storia, per risalire alle loro condizioni formatrici e spirituali.

Pur essendo presenti entrambi gli aspetti, essi non esauriscono per Cassirer l’intera prospettiva della Filosofia delle forme simboliche.

Oltre questo genere di analisi, che mostra non solo il funzionamento delle produzioni culturali ma anche la necessità stessa della cultura, come modo umano di stare al mondo, viene suggerita, infatti, anche l’idea di un compito propriamente umano rispetto alla cultura. All’uomo sarebbe, dunque, dato non solo di partecipare effettivamente ad un tale mondo, ma anche di comprenderlo come il proprio e di contribuirvi attivamente.

Appare qui il senso ampio che lo stesso Cassirer attribuisce all’idea di una impostazione fenomenologica. Non si tratta unicamente di rifarsi al significato moderno del termine fenomenologia ma di ricollegarlo all’originario senso hegeliano sulla scia di una processualità storica del divenire umano dell’uomo.

Questa accezione, particolarmente presente nel III volume della Filosofia delle forme simboliche, si mostra non solo nel processo di formazione dell’attitudine conoscitiva dell’uomo nel mondo, ma anche descrive l’intero lato costruttivo della Filosofia delle forme simboliche, che coincide con quel progressivo Menschwerden, che costituisce la struttura su cui si muove l’intera riflessione di Cassirer.

Perciò nella prefazione al III volume Cassirer afferma:

Parlando di fenomenologia della conoscenza non mi ricollego al moderno uso linguistico, ma risalgo a quel fondamentale significato di “fenomenologia” che Hegel ha fissato e che è stato dal lui motivato e giustificato dal punto di vista sistematico. Per Hegel la fenomenologia diventa il presupposto fondamentale della conoscenza filosofica, poiché attribuisce a quest’ultima l’esigenza di abbracciare la totalità delle forme spirituali e poiché questa totalità, secondo lui, non può diventare visibile se non nel passaggio da una forma all’altra. La verità è il tutto, ma questo tutto non può essere dato in una volta sola; deve invece essere progressivamente sviluppato.298

Dunque, tanto il termine fenomenologia ha il duplice significato di indagine delle strutture che costituiscono i diversi mondi simbolici e di indagine della processualità e delle relazioni, che legano tali diversi mondi, quanto la riflessione di Cassirer si muove su entrambi i fronti tenendo in vista la meta ultima di tale processualità.

Perciò compito della Filosofia delle forme simboliche è certamente sia quello di mostrare propedeuticamente il darsi delle concrete realizzazioni delle forme simboliche, quanto delle

tenga conto della “realtà”dei loro oggetti. Una ricerca di tal genere si dovrebbe estendere anche al mondo mitico[…]”.

298In Ernst Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen, Bd .III, Phänomenologie der Erkenntnis,

Gesammelte Werke Band 13, Meiner Verlag, Hamburg 2002, trad.it. E. Arnaud Filosofia delle forme simboliche, Vol.III, Fenomenologia della conoscenza, La Nuova Italia, Firenze 1966, pg. XII

loro condizioni di possibilità e delle relazioni che tra esse intercorrono, ma anche di intendere le diverse forme simboliche come “raggi”, che convergono verso un medesimo punto. Ma tale punto non va inteso solo e semplicemente come, richiamando un’espressione che lo stesso Cassirer utilizza per differenziare la propria posizione da quella di Heidegger, terminus a quo bensì come terminus ad quem. I diversi raggi delle diverse prestazioni simboliche convergono, dunque, verso un centro comune, l’uomo, il quale però non può essere indagato nel senso, per esempio, di una psicologia delle facoltà. Non si tratta di cercare perciò un originario punto comune delle forme simboliche nell’animo umano, considerato in sovrappiù come qualcosa di dato e sostanziale, o di accettare l’idea di una molteplicità di facoltà di produzione simbolica, ma di rovesciare la prospettiva. È necessario, come Cassirer spesso afferma in relazione allo spirito299, partire dall’opera in cui si estrinseca e ritrovarlo in essa. Ciò con cui abbiamo a che fare è l’opera della cultura rispetto a cui è necessario domandarsi che cosa è l’uomo, in modo tale che essere umano divenga il compito cui la cultura ci mette di fronte. In questo senso Cassirer parla di liberazione dell’uomo. Non dunque un’indagine genetico- psicologica della cultura, nel tentativo di risalire a certe o ad una facoltà umana, bensì un’indagine fenomenologico-strutturale (grazie alla vasta e precisa ricostruzione di Cassirer nei più diversi campi del sapere) del Faktum della cultura, che metta a capo al compito dell’essere umano.

Questo atteggiamento, per Cassirer, non significa considerare l’essere umano nella prospettiva di una essenza metafisica, di una sostanza o natura che debba essere portata alla luce300, né significa, considerando le forme simboliche a partire dalla loro attualità, considerare l’uomo come telos, secondo un’impostazione di filosofia della storia, a prescindere dal fatto che questo telos sia considerato come immanente alla storia stessa ( Hegel) o come trascendente ( teleologia religiosa).

E non significa, neppure, sposare quello che Cassirer, nel semestre estivo 1929, chiama “il moderno relativismo”, il quale considera lo sviluppo verso questo telos- lo scopo dell’umanità- come limitato ad una certa epoca, senza che si possa parlare di uno scopo

299Quest’idea si ritrova in più luoghi nei testi di Cassirer. Un esempio in Ernst Cassirer, Philosophie der

symbolischen Formen, Bd. I, Die Sprache, Gesammelte Werke Band 11, Meiner Verlag, Hamburg 2001, trad.it.

E. Arnaud, La filosofia delle forme simboliche , Vol. I, Il linguaggio, Sansoni, Milano 2004, pg. 24, “Il sistema delle molteplici manifestazioni dello spirito non può essere da noi colto se non per il fatto che seguiamo le varie tendenze della sua originaria facoltà immaginativa (Bildkraft). In quest’ultima noi scorgiamo riflessa l’essenza dello spirito, perchè questa si può presentare a noi solo in quanto si attua nell’elaborazione formale del materiale sensibile.”

dell’umanità in generale, se non compiendo un’indebita ipostatizzazione di un ideale che è invece momentaneo, spazialmente e temporalmente condizionato301.

Ciò che Cassirer, invece, intende compiere è, come lui stesso afferma, il passaggio attraverso lo Scilla del dogmatismo (ipostatizzazioni metafisiche) e il Cariddi dello scetticismo, per riacquisire la prospettiva di un compito positivo e di un risultato positivo per la filosofia della cultura302.

Per fare questo è necessario risalite, secondo il metodo ispirato a Kant, dal fatto della cultura alle condizioni di possibilità di essa.

Cassirer, nel semestre estivo 1929, concludendo afferma:

Solo ora possiamo rispondere chiaramente anche alla domanda, che avevamo posto, circa il soggetto della cultura, non troviamo tale soggetto finché rimaniamo con la domanda unicamente nel campo della spiegazione causale- poiché né l’uomo come essere empirico, come genere dell’homo sapiens è il creatore della cultura, né lo sono qualcosa come i singoli “Spiriti dei popoli”- ma piuttosto va detto tutto il contrario: che solo la cultura crea l’uomo, così come crea il popolo.[trad.mia]303

L’uomo è dunque creato dalla cultura, è in un certo senso lo scopo stesso della cultura, e questo va letto, da un lato, nel senso che, proprio questo essere dell’uomo un tutt’uno (in quanto ne è creato ed insieme la comprende) con la cultura fa dell’uomo un uomo ( distinguendolo dall’animale) e, insieme, sviluppa il mondo quale mondo proprio dell’uomo, dall’altro nel senso che l’uomo ha per compito questa possibilità tipicamente umana.

All’uomo è dato il potersi sollevare dall’esistenza animale e, per certi aspetti, anche dall’esistenza quotidiana per poter accedere al mondo propriamente umano. Questa possibilità va intesa però, appunto, come possibilità e compito, non già come qualcosa di dato e già realizzatosi una volta per sempre.

A sostegno di quest’ipotesi di lettura dell’opera di Cassirer, che si cercherà di consolidare, anche avvertendo e sottolineando i luoghi più problematici per una lettura di questo tipo, si considerino in via introduttiva due passi in cui Cassirer sembra prospettare proprio un tale compito per la sua intera riflessione.

301Ernst Cassirer, Nachgelassene Manuskripte und Texte, Band 5, Kulturphilosophie. Vorlesungen und Vorträge

1929-1941, Meiner Verlag, Hamburg 2004 pg. 7, “Il moderno relativismo obietta che qui si presuppone un

circolo. Può essere che questo telos possa essere lo scopo dell’umanità in una determinata e circoscritta epoca del suo sviluppo- ma è per questo lo scopo dell’umanità in generale. Certo ha in generale un senso parlare di un simile scopo universale. Prendiamo un ideale del momento, condizionato spazialmente e temporalmente e lo ipostatizziamo in un ideale assoluto, in una idea assoluta.[trad.mia]”

302Op.cit. pg. 8, “Dunque solo sulla via di una tale riflessione (di una tale generale riflessione su di se critico-

conoscitiva) possiamo sperare di sfuggire al duplice pericolo che oggi minaccia ogni impostazione della filosofia della cultura- possiamo sperare di scivolare attraverso lo Scilla del dogmatismo e il Cariddi dello scetticismo.[trad.mia]”.

Il primo, è tratto dalle lezioni che Cassirer tenne a Davos prima del dibattito con Heidegger, lezioni in cui si sforzò non solo di tenere in considerazione quanto Heidegger aveva detto nelle sue, ma anche di marcare la differenza rispetto ad esse.

Il secondo, è invece l’opera del 1944 e precisamente il punto in cui Cassirer introduce la tesi dell’animal symbolicum.

Le lezioni che Heidegger e Cassirer tennero a Davos, furono pubblicate dalla Davoser Revue del 15 aprile 1929 e si basavano, come nota Aubenque304, nel caso di Heidegger certamente sulle note da lui stesso redatte per le conferenze, e probabilmente anche nel caso di Cassirer. In tale relazione si riporta che:

Egli [Cassirer] ha mostrato che il mondo umano e, di qui, l’essere dell’uomo hanno, senza alcun dubbio, il loro punto di partenza (terminus a quo), il loro fondamento originale nel mondo dell’azione dettata dal bisogno [action besogneuse], nella relazione a ciò che è utilizzabile (zuhandenem Zeug), in breve, nell’esistenza quotidiana, ma essi non giungono al loro fine ( terminus ad quem) se non nel regno autonomo e libero dello spirito e là soltanto possono dispiegare il loro senso autentico. Tale regno dello spirito si costruisce solo nel superamento della sfera pragmatica (le dépassement de l’environnement pragmatique), nel passaggio dal “prendere” al “comprendere”, nella diversità delle forme simboliche e si costituisce come il mondo dell’organizzazione e della costruzione formatrice. Il movimento in cui si fonda questo regno dello spirito e delle forme simboliche, dell’espressione, della rappresentazione e della significazione, è un movimento duplice, in cui l’uomo si libera dal mondo dell’azione per trovare proprio in tale liberazione e distacco il modo di fare proprio tanto il mondo quanto la vita stessa e di afferrarlo come il suo proprio mondo e la sua propria oggettività. Cassirer ha delineato in seguito la distinzione di principio tra questa energia simbolica, formatrice e spontanea e una forza che sarebbe semplicemente vitale.[trad.mia]305

Qui, nel 1929, al termine della sua opera Filosofia delle forme simboliche e nel diretto ed esplicito confronto con Heidegger, Cassirer sembra sostenere la tesi dell’esistenza di un mondo peculiarmente umano a cui l’uomo stesso deve accedere, sollevandosi da quanto viene indicato come environnement pragmatique e ricomprendendo a partire da questo nuovo regno, a lui dischiuso, anche tale sfera d’azione.

L’appropriazione del mondo diviene, dunque, per Cassirer anche appropriazione di sé da parte dell’uomo, che deve divenire tale proprio in tale movimento di stacco e ricomprensione di quanto qui, nel confronto con Heidegger, va sotto il nome di vita, sfera pragmatica, dimensione originaria o in generale terminus a quo e che costituisce, nella riflessione di Cassirer, uno dei punti problematici e che, più di altri, mostra le difficoltà, che un’impostazione di ispirazione kantiana faceva sorgere in una riflessione di questo genere. Rimane, per ora, degno di nota come già nel 1929 sia presente questo cerchio concettuale in cui l’uomo si solleva ad un piano propriamente umano e spirituale, in cui elabora tanto il

304Ernst Cassirer- Martin Heidegger, Débat sur le Kantisme et la Philosophie ( Davos, mars 1929), (présentés par

Pierre Aubenque), Beauchesne, Paris 1972

mondo quanto se stesso, per così dire, umanizzandolo e umanizzandosi, e che ciò costituisce il fine e il punto di tensione non solo delle diverse energie formatrici ma anche della riflessione stessa che mira a coglierle nella loro convergenza verso tale terminus ad quem. Cassirer stesso, durante il corso di Davos e nel confronto col pensiero di Heidegger, sviluppa questo aspetto nella seconda lezione, dedicata al linguaggio.

Anche qui, il tentativo di mettersi in relazione con il pensiero di Heidegger, la volontà di comprenderlo a partire dalla propria prospettiva più che di criticarlo, volontà cui lo stesso Cassirer si richiamerà anche nella recensione a Kant und das Problem der Metaphysik306, fa sì che la sfera rispetto a cui l’essere umano debba sollevarsi, nell’accesso all’attività simbolica, coincida qui manifestamente con i risultati delle analisi heideggeriane, a differenza di quanto appare nella lettura dell’intera opera di Cassirer.

Questo tratto del pensiero di Cassirer- interpretato in relazione al dibattito di Davos come segno di debolezza teorica da alcuni, o come atteggiamento semplicemente conciliatorio da altri307- mostra il tentativo sempre perseguito di ricomprendere le posizioni dell’interlocutore nel proprio orizzonte di riflessione, si mostra qui pienamente dispiegato nei confronti di Heidegger. Cassirer, infatti, accetta e valorizza alcuni aspetti dell’indagine heideggeriana, che viene però al contemporanemente superata.

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