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Il mondo dell’uomo Mito, linguaggio, arte e scienza.

Capitolo Terzo Cassirer.

3. Il mondo dell’uomo Mito, linguaggio, arte e scienza.

a. Soggetto e oggetto. Uomo e mondo. Was ist Subjektivismus?

In An Essay on Man, Cassirer afferma che ciò che distingue e definisce l’uomo nel mondo, non è né una sua presunta essenza, intesa quale natura metafisica, né la sua natura fisica come tale, ma è piuttosto la sua opera, che gli permette di vivere in una nuova dimensione della realtà379.

Questa convinzione, che matura in lui già a partire dall’epoca della stesura della Filosofia delle forme simboliche, si ritrova espressa ed ampliata nei seminari del periodo americano, che coincidono con la stesura di An Essay on Man.

Qui Cassirer afferma:

L’essenza dell’uomo va trovata da nessuna altra parte, se non nella sua opera - in quelle fondamentali attività umane su cui si basa la vita sociale e culturale. Non abbiamo altro attendibile accesso alla conoscenza della natura umana se non l’esplorazione della natura del linguaggio, dell’arte, della scienza, della religione, della moralità 380

È nelle diverse forme di mondo, quindi, per Cassirer che l’uomo intanto sviluppa se stesso, in quanto sviluppa il mondo. Le diverse forme simboliche vengono, perciò, intese come modalità di tale duplice sviluppo e, insieme, la filosofia delle forme simboliche si propone come indagine su ciò che fa dell’uomo un uomo, occupandosi delle diverse formazioni di mondo, che accompagnano la vita stessa dell’uomo381.

È possibile seguire in Cassirer entrambe le direzioni.

379Ernst Cassirer, An Essay on Man. An Introduction to a Philosophy of Human Culture, Gesammelte Werke

Band 23, Meiner Verlag, Hamburg 2006, trad.it. C. D’Altavilla, Saggio sull’uomo, Roma 1968, pg. 79, “Facendo un confronto con gli animali si rileva che l'uomo non soltanto vive in una realtà più vasta ma anche per così dire in una nuova dimensione della realtà.”

380Ernst Cassirer, Nachgelassene Manuskripte und Texte, Band 6, Seminar on Symbolism and Philosophy of

Language. Vorlesungen New Haeven 1941/1942, Meiner Verlag, Hamburg 2004, pg. 62, “L’essenza dell’uomo

non va ritrovata da nessun’altra parte al di fuori della sua opera- nelle fondamentali attività umane sulle quali è basata la vita sociale e culturale. Per comprendere l’uomo non abbiamo altra via che indagarlo nelle sue attività. Non abbiamo altro credibile accesso alla conoscenza della natura umana che non sia l’esplorazione della natura del linguaggio, dell’arte, della scienza, della religione e della moralità.”

381Ernst Cassirer, An Essay on Man. An Introduction to a Philosophy of Human Culture, Gesammelte Werke

Band 23, Meiner Verlag, Hamburg 2006, trad.it. C. D’Altavilla, Saggio sull’uomo, Roma 1968, pg. 374, “Nella cultura, presa nel suo complesso, si può osservare il processo di una progressiva autoliberazione dell'uomo. Il linguaggio, l'arte, la religione e la scienza sono tante fasi di questo processo. In esse l'uomo scopre e dimostra un nuovo potere, il potere di costruirsi un mondo proprio, un mondo “ideale”. La filosofia non può rinunciare alla ricerca dell’unità fondamentale di questo mondo ideale, badando però a non scambiare ciò che è uno con ciò che è semplice. Essa non dimentica le tensioni e gli attriti, i forti contrasti e i profondi conflitti fra le varie facoltà dell'uomo le quali non possono venir riportate ad un comune denominatore. La loro attività si svolge in diverse direzioni e obbedisce a diversi principi. Però questa molteplicità e disparità non attestano una discordia o una disarmonia. Tutte le funzioni si completano e si integrano a vicenda. Ognuna dischiude un nuovo orizzonte e mostra un nuovo aspetto dell'umanità.”

La prima tratta e mostra come la distinzione e la relazione tra l’uomo e il mondo avvenga e si attui in ciascuna delle forme simboliche, le quali appaiono tra loro intrecciate o contrapposte proprio nell’opera di distinzione dell’uomo e del mondo.

Una seconda direzione è invece rintracciabile nel tentativo di formulare in senso generale questa relazione, di mettere in luce nelle diverse forme, in cui essa si presenta, una costante relazionale. Per quanto riguarda il primo lato della questione, andranno considerate le diverse forme simboliche e le loro relazioni, mentre nel secondo si prenderà in considerazione la teoria degli Urphänomena elaborata, ma non pubblicata, da Cassirer nel 1940 e ora presente in Zur Metaphysik der symbolischen Formen.

Ma prima di procedere nell’esaminare la formazione della distinzione e della relazione uomo- mondo nelle diverse forme simboliche, è necessaria una precisazioni. Infatti, va inteso in che senso la relazione uomo-mondo non coincida, se non in parte, con la relazione soggetto- oggetto, che ne rappresenta solo un aspetto e, spesso, anziché chiarirla, la irrigidisce, impedendone così una reale comprensione.

Questa tesi è presentata da Cassirer nella conferenza Was ist subjektivismus?

Il discorso si apre con le considerazioni di Cassirer circa la relazione tra il suo pensiero e il neokantismo e tra il suo pensiero e quel soggettivismo, che in un certo senso, poteva essere ravvisabile in alcune forme di neokantismo. Cassirer procede, in proposito, su due fronti. In primo luogo egli rifiuta l’etichetta di neokantiano e sottolinea, in un secondo tempo, la necessità di mettere in evidenza i tratti fondamentali della sua concezione, dal punto di vista teoretico- conoscitivo, prima di interrogarsi su un presunto o possibile soggettivismo.

Queste due mosse, il rifiuto dell’etichetta di neokantiano e l’idea di contestualità che deve precedere la problematica del soggettivismo, vanno lette in relazione a quanto detto a proposito del dibattito di Davos.

Si è già menzionato come Heidegger, all’inizio del dibattito, annoveri all’interno della corrente neokantiana anche Cassirer e, in questo, sottolinei in particolare due questioni. In primo luogo Heidegger sostiene che la stessa prospettiva neokantiana, ovvero quella prospettiva che, in relazione all’opera di Kant, privilegia erroneamente un’interpretazione legata all’epistemologia e alla filosofia della conoscenza382, e in secondo luogo egli ritrova in tale lettura l’assenza di problematizzazione del tema del soggetto, che entra nella critica sul

382Dibattito di Davos in Martin Heidegger, GA 3. Kant und das Problem der Metaphysik, Klostermann,

Frankfurt a.M. 1991. trad.it. M. E. Reina, riveduta da V. Verra, Kant e il problema della metafisica, Laterza, Roma-Bari 2004, pg. 275, “Per neokantismo intendo quella concezione della critica della ragion pura secondo la quale la parte della Ragion pura che porta fino alla dialettica trascendentale si spiega come teoria della conoscenza in rapporto alla scienza naturale. A me importa mostrare che per Kant non era essenziale quello che qui viene evidenziato come teoria delle scienze. Kant non voleva affatto dare una teoria della scienza della natura, ma voleva mettere in luce la problematica della metafisica e, precisamente, dell’ontologia.”

terminus a quo mossa a Cassirer. La critica di Heidegger al neokantismo, dunque, può essere riassunta nella sottolineatura di una duplice e irriflessa restrizione, operata da tale corrente. Una restrizione tematica e una problematica. Non solo ci si interroga, infatti, unicamente sulle condizioni della conoscenza teoretica, cioè, in Kant, della conoscenza della natura in senso fisico-matematico, ma anche la questione della condizioni non problematizza a fondo il punto fondamentale, ossia la soggettività, che di tale condizioni di conoscenza è a sua volta condizione.

A prescindere dalla questione sulla correttezza di queste critiche circa il neokantismo in generale, quello che risulta interessante è la posizione di Cassirer, così come è esposta a Davos e come viene invece presentata in questa conferenza.

La differenza, che può essere rilevata tra queste due posizioni, ha portato Krois a darne l’interpretazione di tipo storico già menzionata383, ma al di sotto di tale differenza la continuità della riflessione di Cassirer si mostra evidente. Se cambia, infatti, la sua posizione circa i propri rapporti col neokantismo, non si trasforma quella circa il tema della relazione tra uomo e mondo.

Che Cassirer già nel 1929, indipendentemente da quanto effettivamente dica in proposito a Davos, non intendesse limitare né la propria riflessione personale, né la propria riflessione su Kant, agli aspetti gnoseologici è provato non solo dall’intera opera Filosofia delle forme simboliche, ma anche dalle considerazioni presenti in Kants Leben und Lehre. Qui, Cassirer mostra, infatti, come la riflessione su Kant debba prendere in considerazione proprio l’intreccio delle varie possibilità della ragione, sia nel campo dell’essere (aspetto teoretico) sia in quello del dover-essere (aspetto morale), mantenendo insieme l’unità di tale ragione. E va ricordato che proprio tale intreccio egli contrappone a Davos e nella recensione a Kant und das Problem der Metaphysik alla lettura heideggeriana, concentrata sulla prima critica.

In Kants Leben und Lehre egli commenta, in questo senso, un passo kantiano tratto dall’ Allgemeine Naturgeschichte und Theorie des Himmels. Qui Kant osserva come le possibilità più nobili dell’uomo, la contemplazione del cielo e la considerazione della moralità umana, possano condurre all’astrologia la prima, e al fanatismo e alla superstizione la seconda. Cassirer commenta:

Solo la critica della ragione teoretica e di quella morale può preservare dagli entrambi gli errori, cioè impedire che noi si attribuisca la rotazione dei corpi celesti a forze spirituali e a intelligenze direttrici invece di spiegarla in termini matematici e meccanici, e che dall’altro lato noi si cerchi di descrivere in immagini sensibili le pure leggi del dovere e l’ordine intelligibile che in esse si dischiude. Insistere su questa distinzione, su questo “dualismo” tra

idea e esperienza, fra dovere e essere e insieme affermare- in essa e con essa- l’unità della ragione, si profila a questo punto come il compito più generale del sistema critico.384

Non è, dunque, in un certo e delimitato campo di analisi, che la riflessione di Kant desta il maggior interesse, ma nella convivenza di più piani di lettura, che corrispondono nella riflessione di Cassirer ai diversi modi di stare al mondo dell’uomo.

Perciò Cassirer e la sua riflessione, non solo avevano già all’epoca di Davos preso le distanze dagli approcci più restrittivi della lettura neokantiana, ma anche la riflessione di Cassirer aveva trovato le sue possibilità più feconde proprio dall’ampliamento della prospettiva kantiana.

È piuttosto Heidegger, agli occhi di Cassirer, a operare una simile restrizione e a limitarsi alla lettura e all’interpretazione della prima Critica, così come gli viene fatto notare a Davos385. L’idea di Cassirer di un ampliamento della prospettiva rimane, invece, costante ed è il centro del suo intero percorso filosofico, mentre appare variare la sua opinione circa le relazioni con il neokantismo. Se a Davos egli afferma, infatti, che non è possibile parlare di un vero e proprio “distacco da Cohen”386 e da Natorp, nello sviluppo della sua riflessione e nella conferenza di Stoccolma questa continuità è messa in crisi.

Qui infatti si dice:

Io stesso sono stato spesso indicato come “neokantiano” e suppongo che ciò avvenga nel senso che tutto il mio lavoro in campo di filosofia teoretica presuppone le basi metodiche, gettate da Kant nella Critica della ragion pura. Ma molte delle teorie, che nella lettura filosofica contemporanea sono scritte al neokantismo, non mi sono solo estranee, ma sono diametralmente opposte alla mia propria concezione. [trad. mia]387

Qui vengono, dunque, prese le distanza da un certo tipo di neokantismo, presumibilmente quello più rigidamente impostato su questioni strettamente epistemologiche, ma non dalla

384

Ernst Cassirer, Kants Leben und Lehre, Gesammelte Werke Band 8, Meiner Verlag, Hamburg 2001, trad.it. G.A. De Toni, Vita e dottrina di Kant, La Nuova Italia Firenze 1979, pg. 320.

385Dibattito di Davos in Martin Heidegger, GA 3. Kant und das Problem der Metaphysik, Klostermann,

Frankfurt a.M. 1991, trad.it. M. E. Reina, riveduta da V. Verra, Kant e il problema della metafisica, Laterza, Roma-Bari 2004, pg. 221, “Nella critica della ragion pratica emergono nuovi problemi e il punto di partenza costituito dallo schematismo viene certamente tenuto fermo da Kant, ma anche ampliato. Kant ha preso le mosse dal problema di Heidegger ma l’ambito di questo problema gli si è ampliato.”

386Op.cit. pg. 275, “Si intende correttamente Cohen soltanto se lo si considera da un punto di vista storico e non

soltanto come teorico della conoscenza. Io non considero lo sviluppo del mio pensiero come un distacco da Cohen. Naturalmente, nel corso del mio lavoro ci sono stati per me altri incontri fecondi e soprattutto è vero che ho riconosciuto l’importanza della scienza naturale matematica, ma penso che possa costituire soltanto un paradigma non la totalità del problema. Lo stesso vale per Natorp.”

387

Ernst Cassirer, Was ist Subjektivismus?, in Ernst Cassirer, Aufsätze und kleine Schriften (1936-1940), Gesammelte Werke Band 22, Meiner Verlag, Hamburg 2006, pg. 114, “Io stesso sono stato spesso definito „Neo-kantiano“ e intendo questa definizione nel senso che tutta la mia opera nel campo della filosofia teoretica presuppone quella fondazione metodica, che Kant ha sviluppato nella Critica della Ragion pura. Ma molte delle teorie che nel panorama filosofico attuale sono ascritte al neokantismo non solo mi sono estranee ma sono anche diametralmente opposte alla mia posizione. [trad. mia]”

fondamentale relazione con Kant, che anzi diviene l’occasione di un ampliamento della riflessione, così come viene intesa dalla Filosofia delle forme simboliche. È dunque presente questa differenza di posizione in Cassirer circa la sua relazione col neokantismo e, tuttavia, più profonda è la linea di continuità con la lettura di Kant, che non si limita alla considerazione in chiave gnoseologica della prima critica ma coglie di Kant stesso l’idea profonda di rendere ragione non tanto dell’essere, quanto del modo in cui l’essere ha senso per l’uomo388. E in questa prospettiva va inquadrata anche la questione del soggetto. Infatti:

La sola “soggettività” di cui qui si tratta è l’iniziare dalla natura specifica della funzione conoscitiva, per definire in essa la natura specifica dell’oggetto conosciuto. Come l’insieme complessivo dei numeri si deduce dal “principio” del numerare, così l’ordinamento degli oggetti nello spazio e degli eventi nel tempo si deduce dai principi e dalle condizioni della conoscenza empirica, dalle “categorie” della causalità e dell’azione reciproca- e così in un altro ambito di questioni, la forma degli imperativi etici sui quali si regge per noi ogni dovere (Sollen), si rende intelligibile a partire dalla fondamentale certezza con cui ci si dà l’idea della libertà. Confondere questa soggettività della ragione con la soggettività dell’arbitrio o dell’ “organizzazione” psicofisica non è più possibile: la prima viene assunta e mostrata proprio per togliere e neutralizzare la seconda.389

E così per Cassirer anche l’intelletto:

Non è affatto da intendere nel senso empirico, come facoltà empirica umana del pensare, ma nel senso puramente trascendentale, come totalità della cultura spirituale. In un primo tempo esso sta per quel complesso che noi indichiamo col nome di “scienza”, e per i suoi presupposti assiomatici, ma poi in senso ampliato sta per tutti quegli “ordinamenti” di natura intellettuale, etica o estetica, che si possono presentare nella ragione e che dalla ragione sono attuabili 390

Una spiegazione per quanto riguarda la differente valutazione della relazione col neokantismo è data, come già detto, da Krois. Quello che però, qui, interessa è riconoscere la linea di continuità al di sotto della valutazione del neokantismo. Ciò che importa è l’ampliamento della prospettiva, la possibilità dell’uomo di vivere in sfere relazionali di mondo molteplici, che non possono essere ridotte a quella matematico-conoscitiva, che tuttavia appartiene a pieno titolo all’insieme di esse. Il campo dell’esperienza è, dunque, per Cassirer ampio e

388

In Ernst Cassirer, Kants Leben und Lehre, Berlin 1918, Meiner Verlag Band 8 Hamburg 2001, trad. it.G.A. De Toni, Vita e dottrina di Kant, La Nuova Italia Firenze 1979, pg 174-175, “Così è già annunziato il primo caratteristico contrasto che divide la dottrina di Kant dai sistemi del passato. La vecchia metafisica era ontologia: cominciava senz’altro con determinate convinzioni generali sull’essere e a partire da queste cercava di addentrarsi nella conoscenza delle determinazioni particolari delle cose. […] A questo punto si inserisce la prima perplessità di Kant e la sua prima esigenza. L’altero nome dell’ontologia, la quale si arroga il diritto di dare nozioni universalmente valide e necessarie delle “cose in generale” in una dottrina sistematica, deve far posto al modesto titolo di una semplice analitica dell’intelletto puro. Mentre nell’una si domandava in primo luogo che cosa è l’essere, per poi mostrare come esso “venga all’intelletto”, ossia come si rappresenti e si esprima in concetti e nozioni, qui all’opposto si deve cominciare con lo stabilire che cosa significhi in generale la domanda intorno all’essere; mentre nel primo caso l’essere valeva da punto di partenza, qui figura come problema o come postulato.”

389

Op. cit. pg. 182

stratificato, quanto lo sono le possibili e diverse performace simboliche dell’uomo, il quale a sua volta pensa e concepisce se stesso solo in tali aperture contestuali. In questa prospettiva l’idea della soggettività viene ad essere, dunque, del tutto interna alle diverse sfere simboliche. In questo senso, Cassirer dice che l’unica premessa a questo genere di considerazioni è una premessa di tipo negativo. Non si tratta, infatti, di postulare né una soggettività trascendentale e legislatrice, né una natura o un’entità psicofisica, ma di tenere in considerazione una premessa negativa, dalla quale poi derivare le possibili conseguenze per la relazione tra soggetto ed oggetto.

Con ciò ci è data una prima, sebbene solo negativa, condizione per il nostro problema. La nostra domanda chiede cosa significa il concetto di oggetto in connessione e nell’intero della conoscenza dell’esperienza. Per rispondere non abbiamo bisogno di cercare un mondo al di là dell’esperienza e dietro di essa. Un simile mondo “dietro l’esperienza” non ci può mai dare la risposta; dobbiamo piuttosto estrarla dal sistema dell’esperienza stesso. Questo sistema poggia su certi principi; e solo questi principi, non qualcosa ad essi del tutto estraneo e da essi totalmente diverso, ci possono dare la determinazione di ciò che è oggetto di esperienza e di ciò che non lo è. Per dirlo in tutta chiarezza, ora non abbiamo più bisogno di perderci in qualche speculazione sull’essere assoluto. Si tratta qui non di un compito metafisico, ma di un compito critico-analitico. [trad. mia]391

La premessa ricalca dunque il riconoscimento di quel fatto, quella totalità concreta, che qui appare nella forma di “sistema dell’esperienza”.

Per questo, a partire proprio dalla considerazione dell’intero sistema dell’esperienza, la domanda si rivolge all’uso delle categorie correlative di soggetto e oggetto e mette in luce la mobilità di tali concetti, che non possono coincidere con una determinazione sostanziale. In proposito, nella conferenza Was ist Subjektivismus? Cassirer mostra, mediante alcuni esempi, la mobilità contestuale della relazione tra soggetto-oggetto. Il primo è quello del sogno e della veglia, i quali possono essere ritenuti soggettivi o oggettivi a seconda del circolo esperienziale in cui li si considera392. Un altro è quello del bastone nell’acqua, che appare

391Ernst Cassirer, Was ist Subjektivismus?, in Ernst Cassirer, Aufsätze und kleine Schriften (1936-1940),

Gesammelte Werke Band 22, Meiner Verlag, Hamburg 2006, pg.115, “Così è data una prima, sebbene solo negativa, condizione per il nostro problema. Ci domandiamo cosa significa il concetto di oggetto in relazione e nell’intero della conoscenza esperienziale. Per fissare questo concetto non abbiamo bisogno di cercare un mondo al di là dell’esperienza o dietro di essa. La risposta non potrà mai darci un simile mondo dietro l’esperienza, dobbiamo piuttosto desumerlo dal sistema dell’esperienza stessa. Questo sistema si appoggia su determinati principi e solo questi principi, e non qualcosa a loro totalmente estraneo e da essi completamente diverso, possono fornirci la determinazione di ciò che è l’oggetto della conoscenza e di cosa non lo è. Per giungere alla massima chiarezza a riguardo, non abbiamo più alcun bisogno di smarrirci in qualche astratta speculazione sull’essere assoluto. Qui non si tratta di un compito metafisico bensì di un compito critico e analitico. [trad.mia]”

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