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Il tema della libertà Riproposizione delle questioni.

Capitolo secondo: Heidegger 1 Destruktion.

3. Il tema della libertà Riproposizione delle questioni.

a. Libertà.

Da quanto finora mostrato e dall’ultima considerazione circa il motivo dell’interesse per Kant da parte di Heidegger si è mostrato il cuore della problematica heideggeriana, così come si annuncia in Sein und Zeit e si sviluppa, approfondendosi, negli anni successivi.

Come visto, Heidegger è alla ricerca del nucleo metafisico del Dasein, nucleo che si è mostrato interno allo stesso Da, come luogo in cui l’orizzonte temporale proprio dell’essere si converte in orizzonte di comprensione temporale dell’essere da parte del Dasein stesso e in questa conversione si rende possibile il manifestarsi dell’ente.

Questo è quanto Heidegger chiama tempo originario, come dimensione in cui e per cui si radica l’esistenza del Dasein.

In questa radicazione si esplicitano i vari strati di indagine che sono stati percorsi da Heidegger.

A partire dal Da si evidenziano, infatti, inizialmente finitezza e trascendenza, nel loro profilo più strettamente temporale, nella loro radicazione nel Da, da un lato, e nel loro slancio e apertura d’orizzonte, temporalmente profilato dall’altro. Successivamente, a livello dell’analitica esistenziale, questi caratteri si ritrascrivono in Geworfenheit ed Entwurf, che indicano la medesima collocazione e implicano il medesimo slancio d’apertura, pur non essendo immediatamente intellegibili nel loro portato temporale.

Questi snodi sono ripercorsi da Heidegger nel saggio Vom Wesen des Grundes in relazione al tema del fondamento e della libertà.

Il riproporsi della domanda sul fondamento non va considerato in contrasto con quanto si è evidenziato circa l’ancoraggio alla temporalità dell’esistenza del Dasein e, dunque, in contrasto con il tempo originario come origine dell’intera struttura che articola il Dasein e il suo essere-nel-mondo.

Va piuttosto intesa come uno sviluppo su un piano ulteriore, rispetto a quello della temporalità originaria, cosa che lo stesso Heidegger sembra suggerire in una nota a Vom Wesen des Grundes. Qui, infatti, in relazione alle considerazioni svolte, egli ricorda come

esse implichino la radicazione temporale, sebbene quest’ultima non sia nel saggio tematicamente affrontata.286

Datati 1929, i saggi Was ist Metaphysik? e Vom Wesen des Grundes si sviluppano, dunque, entrambi su un piano ulteriore, rispetto a quello dell’indagine temporale sottesa (piano da cui prendono avvio anche le analisi di Sein und Zeit) e mirano entrambi ad articolare, approfondendoli, i binomi che mantengono in tensione e in apertura l’esistenza del Dasein. In entrambi i saggi emerge, dunque, il tema della libertà, oltre all’approfondimento del binomio finitezza e trascendenza e della sua versione esistenziale di gettatezza e progetto. Ad ulteriore riprov della connessione che esiste, però, tra indagini temporali e quanto sviluppato nei due saggi del 1929, va tenuto presente anche quanto Heidegger dice a Davos. Ripetendo ora l’affermazione di Heidegger già presentata, siamo in grado di assegnarle un significato più preciso:

Il problema dell’essenza dell’uomo ha soltanto senso ed è soltanto giustificato dal fatto di essere motivato dalla problematica centrale della filosofia stessa che deve ricondirre l’uomo al di là di se stesso e nella totalità dell’essente per rendergli così manifesta, nonostante la sua libertà, la nullità del suo esserci; una nullità che non è motivo di pessimismo o di sconforto, ma stimolo a comprendere che c’è propriamente azione efficace là dove c’è resistenza e che la filosofia ha il compito di risospingere in una certa misura l’uomo nell’asprezza del suo destino, distogliendolo dall’aspetto pigro di un uomo che si limita ad utilizzare le opere dello spirito.287

Rileggendo ora quest’affermazione siamo in grado di coglierne le implicazioni con maggiore chiarezza.

Non si tratta solo della Destruktion della tradizione e della cultura per la riappropriazione di un piano più originario di considerazione dell’essere umano, ma anche dei motivi che impongono una simile riconsiderazione.

Essa è dettata dalla problematica delle filosofia stessa.

Si tratta di occuparsi del Dasein in quanto è il “qui” di ciò che interessa alla filosofia, ossia dell’essere e, questo, significa per Heidegger, in questo periodo, mettere in evidenza l’assetto temporale che lega il Da del Dasein al Sein.

Ma questo Da del Dasein viene ora caratterizzato nei tratti di libertà e nullità.

Questi caratteri sono esposti, in questi termini, in Vom Wesen des Grundes e Was ist Metaphysik? ma rimandano già ad una prima analisi ai binomi costitutivi del Dasein.

286

Martin Heidegger, Dell’essenza del fondamento in GA 9, Wegmarken, Klostermann, Frankfurt a.M. 1976. trad.it. F. Volpi, Segnavia, Adelphi, Milano 1994 pg. 123, “L’interpretazione temporale della trascendenza è interamente e intenzionalmente lasciata da parte in queste considerazioni.”

287Dibattito di Davos in In Martin Heidegger, GA 3. Kant und das Problem der Metaphysik, Klostermann,

Frankfurt a.M. 1991, trad.it. M. E. Reina, riveduta da V. Verra, Kant e il problema della metafisica, Laterza, Roma-Bari 2004, pg. 232

Nullità dice in primo luogo gettatezza e finitezza e, a partire da qui, anche trascendenza e progettualità, la libertà invece sembra seguire il movimento contrario, dicendo prima facie trascendenza e progetto e, analizzando meglio, anche gettatezza e finitezza.

Il punto, come sempre, è considerare e valutare il modo di stare assieme di tali caratteri e la loro relazione al resto delle analisi heideggeriane, temporalmente profilate. Questo è il centro del saggio Vom Wesen des Grundes.

Se in Was ist Metaphysik? è, come in parte menzionato, centrale la questione della nullità in cui il Dasein è gettato ed immerso e in questo essere immerso può ergersi oltre l’ente nel movimento di trascendenza288 e a partire, dunque, dalla nullità si giunge alla questione della libertà, in Vom Wesen des Grundes il collegamento in esame è quello tra fondamento e libertà, rimanendo il tema del nulla in ombra, almento inizialmente.

Si parte, dunque, dalla considerazione del tratto di trascendenza proprio del Dasein, richiama dall’idea del progetto in vista di se stesso, progetto che può progettarsi in quanto è già sempre oltre l’ente e il rapporto con esso, in un oltre, che è essere-nel-mondo.

Quest’aspetto è la prima definizione di libertà:

L’oltrepassamento verso il mondo è la libertà stessa. Ne consegue che la trascendenza non si imbatte nell’ “in vista di” come in un valore o in un fine per sé sussistenti, ma è la libertà proprio in quanto libertà a pro-porre a se stessa l’ “in vista di”. In questo trascendente autoproporsi l’ “in vista di”, l’esserci accade nell’uomo, cosicchè questi nell’essenza della propria esistenza piò essere boblligato a sé, cioè essere un sé stesso libero.289

Questa libertà che è la trascendenza, che è il progetto, è insieme fondamento del progetto stesso. La trascendenza e con essa il progetto possono darsi sul fondamento della libertà. In questo senso Heidegger dice che :

La libertà come trascendenza non è tuttavia solo una particolare “specie” di fondamento, ma l’origine del fondamento in generale.290

Ma questo è tuttavia un solo aspetto della questione, quello che riguarda il progetto e la trascendenza che dal fondamento si dipartono, fondamento che a sua volta si fonda sulla libertà. Esiste tuttavia un altro verso dal quale guardare la cosa.

Quello per cui nell’accadere del Dasein esso si trova in mezzo all’ente, coinvolto nell’ente. Questo coinvolgimento in cui il Dasein si trova gettato, fa sì che il Dasein si trovi in mezzo all’ente, prendendo terreno e dunque fondandosi in mezzo all’ente291.

288Martin Heidegger, Che cos’è Metafisica? in GA 9, Wegmarken, Klostermann, Frankfurt a.M. 1976. trad.it. F.

Volpi, Segnavia, Adelphi, Milano 1994 pg.70, “Esserci significa essere tenuto immerso nel niente. Tenendosi immerso nel neinte, l’esserci è già sempre oltre l’ente nella sua totalità. Questo essere oltre l’ente noi lo chiamiamo trascendenza.”

289Martin Heidegger, Dell’essenza del fondamento in GA 9, Wegmarken, Klostermann, Frankfurt a.M. 1976.

trad.it. F. Volpi, Segnavia, Adelphi, Milano 1994, pg. 120

Questa duplicità dello slancio oltre l’ente (trascendenza) e del ritrovarsi in mezzo all’ente (gettatezza) sono i due modi in cui si mostra il fondamento, il primo nella libertà del progetto e il secondo della radicazione nel mezzo dell’ente.

Questi due modi sono qui mostrati come due volti di una stessa cosa, in quanto:

Il progetto del mondo e il coinvolgimento nell’ente, appartengono ognora, come modi di fondare a quell’unica temporalità (Zeitlichkeit) alla cui maturazione (Zeitigung) essi contribuiscono […] Questa corrispondenza sussiste perché la trascendenza ha le sue radici nell’essenza del tempo cioè nella sua costituzione estatico orizzontale.

Questo accenno collega, quindi, quanto qui viene mostrato alle analisi temporali già svolte da Heidegger e sostiene così l’idea, che in questo saggio l’analisi si svolga su un altro piano, rispetto a quello della temporalità originaria, a cui comunque rimanda e sul quale è radicato. Questo significa, però, che Heidegger ha sempre in mente quello che è il significato del Dasein messo in luce anche grazie all’interpretazione di Kant, ossia di essere il luogo (Da) ove l’essere, nell’orizzonte della temporalità, è compreso dall’ente che si trova consegnato in mezzo all’ente come quel “qui”, grazie a cui l’ente si manifesta in quanto ente e l’essere viene inteso, più o meno, tematicamente.

Che lo stesso Heidegger avesse in mente un simile collegamento tra i due aspetti della questione è evidenziato, in un certo senso, da una nota al testo del 1929.

Qui Heidegger afferma:

I edizione 1929: Il salto nell’origine! (Esser-ci) origine-temporalità-libertà!; la finitezza dell’esserci non è identica alla finitezza dell’uomo, è da intendere diversamente: carattere d’origine.292

Si mostra così i collegamenti che Heidegger aveva in mente, a partire dall’idea stessa di esser- ci. Questo Ci, viene inteso come origine, che è origine della temporalità la quale implica quel movimento di trascendenza che è integrato in questo saggio dalla connotazione di libertà. Ma tutto questo avviene perché e in quanto tale Ci manifesta anche la finitezza radicale dell’esser-ci, una finitezza che è dunque del tutto diversa da quella usualmente pensata per l’essere umano, poiché si caratterizza primariamente nell’essere quel luogo ove la temporalità entra nel mondo e ove la struttura di possibilità (progetto) e insieme di condizionamenti (gettatezza) si colloca come origine.

La libertà si mostra così radicata al cuore della struttura binomiale del Dasein e nello stesso tempo sembra articolare con maggior profondità il tema della trascendenza.

291Op. cit. pg. 122, “Poiché la trascendenza comporta questo coinvolgimento nell’ente, l’esserci prende terreno

nell’ente e così trova fondamento.”

La libertà si è mostrata, infatti, come fondamento della trascendenza del Dasein e come progetto che struttura “in vista di” l’esistenza del Dasein stesso, ma tutto questo avviene in quanto il Dasein è insieme consegnato e rimesso a tale essere libero progetto sulla base delle possibilità all’interno delle quali egli si trova consegnato293.

La libertà possiede, dunque, quella duplicità di momenti che si incontravano nel Dasein. È, perciò, libertà finita.

In corrispondenza ai due modi di fondare, la trascendenza è ad un tempo uno slancio in avanti e una sottrazione. Il fatto che il progetto di un mondo, slanciandosi in avanti, acquisti forza e diventi un possesso solo nella sottrazione è una testimonianza trascendentale della finitezza della libertà dell’esserci. Ma qui, forse, non si annuncia l’essenza finita della libertà?294

Il motivo per cui Heidegger riconosce alla libertà il carattere di finitudine emerge chiaramente dalla conclusione del saggio Vom Wesen des Grundes.

Qui viene riconosciuto da Heidegger al tema della libertà quanto implicitamente è detto a Davos.

La libertà è fondamento per l’Esserci, il suo fondo abissale (Abgrund). Ossia, l’Esserci riconosce se stesso in quanto gettato progetto, in quanto finito- trascendente, come libero di una libertà che è qui detta Abgrund ma che altrove era riconosciuta come il niente, dinnanzi al quale ci conduce l’angoscia.

Il Dasein è, quindi, del tutto riconsegnato a se stesso e al proprio essere più proprio, ossia un Da ove la temporalità originaria entra nel mondo nella veste del progetto formante e della remissione a se stesso, che è il destino del Dasein.

Questo è detto al termine di Vom Wesen des Grundes in questi termini:

Il fatto che l’esserci sia in potenza un se stesso e che effettivamente di volta in volta lo sia in corrispondenza della sua libertà, il fatto che la trascendenza si maturi come accadere originario tutto ciò non è in potere di questa libertà. Ma tale impotenza (l’essere gettato) non è soltanto il risultato della pressione dell’ente sull’esserci ma determina l’essere dell’esserci come tale. Ogni progetto di un mondo è dunque progetto-gettato295.

Quello che Heidegger aveva in mente, pur nelle evidenti difficoltà di portare a fondo è un simile pensiero riguarda il Da del Dasein come origine, che è tale in quanto luogo d’entrata nel mondo della temporalità, strutturata secondo gli orizzonti estatici, un’origine del tempo, libera nel progetto trascendente, e finita in quanto riconsegnata alla potenza della temporalità che la struttura e la richiede.

Questo è ciò a cui, nel dibattito di Davos, egli intendeva con il riconsegnare l’uomo all’angoscia.

293Op.cit. pg. 123, “L’esserci fonda (istituisce) un mondo solo fondandosi in mezzo all’ente.” 294

Ibidem

Si trattava quindi di essere messi di fronte non solo alla nullità e alla libertà che nell’esistenza tale nullità implica ma a quello che è il fondo stesso dell’esistenza per ciascuno, l’essere riconsegnato alla temporalità, che attraverso noi stessi si dischiude rimettendoci al contempo alla morte e al pieno delle possibilità d’esistenza che la nostra libertà ci mette in grado di sostenere.

b. Ripresa e riconsiderazione.

Giunti a questo punto si devono dunque tirare le somme per quanto concerne le analisi sinora svolte e la loro relazione con il dibattito di Davos.

Si sono evidenziati due filoni del procedere heideggeriano, nel tentativo di sviluppare una riflessione sulla connessione tra essere e essere umano, che ne mettesse in luce il carattere originario, il senso di terminus a quo della riflessione filosofica.

In prima battuta, la progressiva scomposizione dell’idea stessa di essere umano in favore dell’idea di una determinazione, per così dire “locale” o “puntuale” di un nucleo metafisico interno allo stesso Dasein.

Quest’indagine, dalla portata propriamente metafisica, conduce attraverso Leibniz e Kant a scoprire nel Da del Dasein il luogo in cui la metafisica avviene e, per così dire, accede al mondo.

Infatti, se il Da è il luogo in cui si apre la strutturazione temporale, che è l’orizzonte di manifestazione dell’essere e l’orizzonte entro il quale si presenta l’ente, allora è il luogo ove si coglie il portato metafisico e strutturale del Dasein.

A questo risultato conduce l’analisi dell’opera kantiana, che in questo senso mostra il Kantbuch come vero e proprio proseguimento dell’indagine inaugurata da Sein und Zeit. Prima di questa linea argomentativi propriamente metafisica che ci conduce nel cuore del Dasein, Heidegger ha sviluppato però anche una seconda pista di ricerca, che analizza il modo in cui il Dasein apre l’orizzonte temporale e in esso si radica.

Questa seconda pista beneficia già, sebbene in modo non sempre evidente di quella rivoluzione nel modo di pensare l’uomo che è il portato più evidente dell’analisi metafisica precedentemente esposta. E ne beneficia in quanto su essa si fonda.

A questo livello, si tratta però di mostrare le implicazioni della caratterizzazione di finitezza e trascendenza che fanno sì che il Dasein, da un lato, apra l’orizzonte in cui l’essere si manifesta e dall’altro si radichi al centro di tale orizzonte.

In questo radicamento e insieme in questa apertura progettante, se davvero la si comprende, ci si trova posti innanzi al peso e all’impegno radicale dell’esistenza, che l’angoscia svela e la libertà dischiude.

In questo senso, l’intera riflessione di Heidegger si mostra, da un lato, come una continua opera di distruzione fino a giungere al fondo temporale del Dasein e, insieme, al fondo senza fondo dell’esistenza libera e finita e, dall’altro, come quel riportare innanzi l’uomo a questa dimensione originaria, dalla quale e per la quale l’esistenza acquisisce la propria autenticità.

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