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LA RICERCA E I METODI UTILIZZAT

RACCOLTA DATI NAZIONALE “MONITORAGGIO CARRIERE E INDIVIDUAZIONE DEI BISOGNI LAVORATIVI DI STUDENTI/ESSE E LAUREATI/E CON DISABILITÀ”

3. Il confronto con altre Università sui dati ottenut

La relazione con i dati ottenuti dal questionario è stata inviata a tutte le Università partecipanti alla ricerca con la specificazione della possibilità di effettuare un confronto tramite video conferenza. In particolare, i referenti di 3 delle 15 Università collaboranti alla ricerca si sono resi disponibili alla discussione dei dati: l’Università di Camerino, di Genova e di Modena-Reggio Emilia. Le video conferenze sono state effettuate in due giorni diversi: il 13 settembre 2016 è avvenuto il confronto con la delegata alla disabilità dell’Università di Genova, prof.ssa Zanobini, mentre il 15 settembre 2016 hanno partecipato il dott. Guaraldi e la dott.ssa Magnani del Servizio Disabilità dell’Università di Modena Reggio Emilia e la dott.ssa Zecchini, responsabile del Servizio Disabilità dell’Università di Camerino. In entrambi i casi si sono passati in rassegna i dati principali, soffermandosi e discutendo quelli più significativi e chiarendo eventuali dubbi emersi. Di seguito si riportano le principali riflessioni emerse dai due incontri.

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Un primo dato su cui si è molto discusso in entrambe le occasioni è stato quello relativo al servizio di orientamento professionale offerto dalle Università: dalla raccolta dati è, infatti, emerso che questa opportunità sia poco sfruttata dagli/dalle studenti/esse e laureati/e con disabilità (2,76% pond) e più generale da tutti gli universitari, e si è riflettuto sulle cause, se ciò sia dovuto a una scarsa conoscenza del servizio o a altri fattori, sottolineando al contempo l’importanza dell’orientamento, del lavoro di consapevolezza su di sé, di conoscenza delle proprie risorse e dei propri limiti, soprattutto perché molti studenti con disabilità portano avanti con successo il percorso universitario, superando gli esami, per poi rendersi conto concretamente che la strada professionale intrapresa non è adatta alle proprie caratteristiche e alla propria disabilità in sede di tirocinio o nel primo incontro con la pratica della professione. Leggendo insieme i dati relativi al tasso di occupazione/disoccupazione dei/delle laureati/e con disabilità, la discussione si è soffermata, in maniera più esplicita nella video-conferenza con la referente dell’Università di Camerino, ma in modo più sfumato anche con la prof.ssa dell’Università di Genova, sul dato dell’attivazione di borse lavoro (3,57% pond.) il quale ha portato a una riflessione generale sulla legge 68, su quanto questa abbia delle buone premesse teoriche ma come poi ci sia uno scarto nell’applicazione pratica della legge. Successivamente si è discusso sulla percentuale dei non rispondenti, che è stata differente a seconda delle domande poste, e di come questa, in particolare, sia stata elevata per la domanda relativa alla specificazione degli anni fuori corso nel conseguimento del titolo di studio e, quindi, su come ci sia difficoltà da parte del campione a fornire tale informazione. Questa riflessione si è connessa ad un’altra, ovvero alla reticenza di molto laureati con disabilità nei confronti della firma da apporre alla liberatoria che alcune Università fanno firmare, come quella di Modena Reggio Emilia, per fornire nominativi e dati alle aziende interessate a inserire persone appartenenti alle categorie protette per mezzo della legge 68/99: è stato riferito dai referenti dell’Università di Modena Reggio Emilia che molti di essi non danno il consenso per non essere riconosciuti come persone con disabilità ma come questo sia controproducente in quanto poi le aziende non riescono a inserire personale con lo specifico profilo professionale ricercato.

Oltre alle riflessioni riportate, dal confronto con queste Università sono emersi anche spunti e idee per effettuare degli specifici incroci dei dati che sono stati riportati direttamente sopra, nella descrizione degli stessi.

4. Conclusioni

I dati raccolti portano a riflettere su come la disabilità sia un concetto dinamico e multidimensionale, essendo una condizione stabile o momentanea che tutte le persone possono sperimentare in una fase

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della vita e che dipende in larga parte dall’interazione con un ambiente sfavorevole, così come definito dall’ICF (2001).

La quota di laureati con disabilità che lavora è molto più bassa di coloro che sarebbero in grado di farlo, senza necessità di apportare, nella maggioranza dei casi, grandi cambiamenti o aggiustamenti all’ambiente di lavoro. Sebbene molti di essi siano inseriti con contratto a tempo indeterminato, solo alcuni sono riusciti a trovare lavoro per mezzo della Legge 68/99, che sembra funzionare solo in parte. A questo dato si aggiunge la scarsa conoscenza della Convezione Onu da parte degli studenti e laureati con disabilità: solo il 29,63%, infatti, ha dichiarato di conoscerla, nonostante questa rappresenti un documento fondamentale nel cammino dei diritti e delle conquiste delle persone con disabilità, anche dal punto di vista dell’inserimento lavorativo. A ciò si aggiunge il mancato sfruttamento dei servizi di orientamento e placement offerti dalle Università. D’altro canto, i dati evidenziano che le persone con disabilità sono proattive nella ricerca del lavoro, ricorrendo a canali che richiedono iniziativa da parte del candidato, come la presentazione autonoma del proprio cv o il networking. Tuttavia, nonostante l’ottenimento del titolo di laurea in una determinata branca, le risposte degli intervistati evidenziano che per quasi la metà del campione occupato il lavoro svolto è poco o completamente incompatibile con il percorso di studi intrapreso. A ciò si aggiunge il fatto che spesso alcuni di loro hanno dovuto rinunciare a delle offerte di lavoro per incompatibilità di queste con la specifica disabilità presentata o fare esperienza di contesti di lavoro direttamente o indirettamente discriminativi, a causa della scarsa conoscenza del mondo della disabilità da parte di aziende e di loro impiegati. Gli stessi intervistati con disabilità si sono mostrati reticenti nel rispondere ad alcune domande, come quella sugli anni fuori corso o su eventuali aggiustamenti/tecnologie necessari per un inserimento lavorativo in connessione al tipo di disabilità presentata, evidenziando come essi stessi per primi non si sentano liberi nel dichiarare i propri limiti/difficoltà o come non ne siano molto consapevoli. L’area del questionario “Bisogni connessi al mondo del lavoro” ci ha mostrato come gli studenti/laureati con disabilità vedano nel lavoro l’obiettivo della realizzazione di sé, la possibilità di crescere in termini di competenze, di professionalità, l’approdo, per quanto possibile, a un determinato livello di indipendenza e di auto- determinazione. In ambito lavorativo, quindi, può e deve essere chiesto ai soggetti con disabilità ciò che è in relazione alle loro capacità e competenze.

Dal punto di vista dell’orientamento al lavoro delle persone con disabilità assumono dunque importanza tutte quelle azioni che possano consentire di raggiungere una consapevolezza delle proprie capacità/abilità, sia da parte del soggetto, sia da parte dell’azienda in cui potrebbe utilmente essere inserito un lavoratore con disabilità. È necessario focalizzarsi sulle capacità lavorative potenziali, oltre che su quelle residue, al fine di individuare la compatibilità tra le capacità

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lavorative di un soggetto e un ventaglio di diversi ambiti lavorativi, individuando così anche, laddove necessario, le forme di sostegno più opportune. Un sostegno alla costruzione di una identità consapevole e realistica non può che essere il primo vero passo da compiere, accanto a tutte quelle azioni di carattere culturale e sociali utili ad abbattere le rappresentazioni sociali scorrette e pregiudizievoli circa le persone con disabilità. È partendo, infatti, da un lavoro di consapevolezza sulla persona stessa con disabilità che sarà poi possibile creare contesti aziendali maggiormente preparati e ricettivi a includere queste stesse persone.

I dati raccolti costituiscono le basi per la predisposizione di un percorso di auto-orientamento online, quale strumento di supporto alla missione orientativa delle persone con disabilità, sostenendo i processi di auto-riflessione sulla propria identità e valorizzando il ruolo attivo della persona stessa nella sua autodeterminazione. L’ipotesi è che tale riflessione permetterà, attraverso un successivo contatto dialogico con un esperto, di ottenere una visione ancora più chiara della propria identità professionale, progettando così a mano a mano le iniziative di inserimento lavorativo e la loro concreta attuazione. L’idea è che questo processo orientativo possa consentire, infatti, non solo di scegliere in maniera efficace il proprio futuro professionale, ma anche di svolgere un ruolo attivo negli ambienti di lavoro e di studio. Accanto al lavoro di consapevolezza del candidato, ciò che è necessario a un inserimento lavorativo di successo, e che non è inserito nella nostra ricerca, è la mappatura delle caratteristiche, delle esigenze e degli obiettivi delle imprese. La conoscenza e l’esplicitamento delle capacità/competenze da entrambi i lati, quelle che il candidato presenta e quelle che l’azienda richiede, favorirà l’incontro di esigenze che cercano di convergere. L’orientamento e l’inserimento lavorativo per le persone con disabilità non può seguire solo un sistema di norme, codici e di tutela: questi, infatti, rischiano di rimanere solo aride carte se non si riesce a farli diventare parte del vissuto quotidiano dei singoli e del mondo del lavoro nel suo complesso (Leocata et al., 2015). Assumendo quest’ottica, sarà possibile trasformare l’assunzione delle persone con disabilità da obbligo legislativo a risorsa da valorizzare e rendere produttiva: il lavoratore con disabilità può rappresentare infatti una risorsa chiave sia nel mondo del lavoro come nella stessa comunità.

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CAPITOLO 4

LA SPERIMENTAZIONE DEL PERCORSO DI AUTO-ORIENTAMENTO: I DATI