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Il confronto internazionale. La competitività del marchio Paese

2. Turismo competenza distintiva

2.3. Il confronto internazionale. La competitività del marchio Paese

Il World Economic Forum colloca l’Italia tra gli ultimi Paesi al mondo per capacità di attrarre turisti attraverso azioni di marketing.

È un dato che merita un ulteriore approfondimento. È giunto alla nona edizione il Country Brand Index, indicatore elaborato dall’agenzia di marketing internazionale FutureBrand che prende in esame i brand di 118 paesi nel mondo e ne analizza la percezione rispetto a una serie di variabili, dalla qualità della vita, all’ambiente, del quadro economico e culturale al turismo. L’indicatore è realizzato attraverso 3.600 interviste condotte su opinion leader di 18 paesi.

Nella graduatoria stilata a fine 2015, ultima disponibile, l’Italia occupa la 18esima posizione, tre posti in meno rispetto alla classifica del 2013, otto in meno rispetto alla classifica 2011. Al primo posto il Giappone, seguito da Svizzera e Germania.

Complessivamente il posizionamento dell’Italia in termini di immagine e reputazione non è disprezzabile. Tuttavia, se si scompone l’indice globale nelle singole voci costituenti, accanto ai tradizionali punti di forza (competenze distintive) del nostro Paese emergono gravi criticità.

Country Brand Index. Posizionamento dell’Italia per le principali voci

LEADER NELLA MEDIA IN RITARDO

Turismo Bellezze naturali Legalità

Cultura e monumenti Spiagge Attenzione all’ambiente

Storia Offerta struttura ricettiva Sicurezza

Arte e cultura Autenticità Opportunità di lavoro

Cibo/Enogastronomia Paese dove piacerebbe vivere Clima favorevole investimenti

Attrazioni Qualità della vita

Shopping Libertà espressione

Vita notturna Tolleranza

Fonte: FutureBrand, Country Brand Index 2014-15

Gli opinion leader intervistati collocano l’Italia al vertice della classifica per quanto riguarda il patrimonio artistico-culturale e per il turismo. La reputazione italiana scende e non di poco se la valutazione riguarda altri aspetti, da quelli legati al livello di civismo a quelli connessi alla qualità del sistema economico e sociale: trentanovesimi per opportunità di lavoro, trentottesimi per la voce “clima favorevole agli investimenti”, trentacinquesima per attenzione all’ambiente. Per tutti gli aspetti che concernono il sistema di valori, la qualità della vita e l’attrattività economica l’Italia non rientra tra i 15 Paesi più virtuosi, spesso nemmeno tra i primi 30.

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Ciò che emerge con forza da questo studio è che l’immagine e la reputazione dell’Italia tiene solamente grazie al suo patrimonio culturale-artistico e al turismo. Nonostante tutto siamo la prima destinazione dove si vorrebbe andare in vacanza, non solo per le bellezze storiche e naturali ma anche per la qualità enogastronomica (primi) e del made in Italy: siamo il terzo Paese dove si vorrebbe andare per fare shopping (preceduti da Stati Uniti e Francia). L’Italia è fonte di attrazione anche per quanto riguarda la vita notturna – ottava, anche se Francia (terza) e Spagna (sesta) sono davanti a noi – e per le spiagge, dodicesimi nel mondo ma secondi in Europa, preceduti solo dalla Grecia.

La graduatoria, relativa al 2016 e diffusa nel 2017, per quanto riguarda le posizioni di vertice sostanzialmente conferma quelle di FutureBrand, in testa Svezia, Canada e Svizzera, Paesi che FutureBrand collocava tra i primi 5. L’Italia si colloca al quattordicesimo posto, in discesa rispetto al dodicesimo del 2013. Ancora una volta la percezione dei consumatori premia l’Italia per il patrimonio artistico-culturale, per lo stile di vita, per l’accoglienza dei suoi abitanti e per la qualità delle produzioni (riconoscibilità dei marchi aziendali). A penalizzare il nostro Paese sono gli aspetti che rendono difficile svolgere un’attività economica, dal clima istituzionale alla scarsa efficacia delle politiche economiche e sociali compreso l’inefficiente uso delle risorse pubbliche, dalla formazione al basso livello tecnologico.

Godere di una buona reputazione, essere credibili e attrattivi nella percezione dei consumatori rappresenta – oggi ancor più che in passato – una leva competitiva fondamentale, l’immagine influisce sulla capacità di attrarre turisti, investimenti e talenti dall’estero, nonché sulla capacità di stringere accordi commerciali ed esportare beni e servizi.

Posizionamento dell’Italia per le principali voci reputazionali.

LEADER IN RITARDO

Bellezza del Paese Clima favorevole agli affari

Piacevolezza del Paese Qualità clima istituzionale

Stile di vita Politiche economiche e sociali

Accoglienza Partecipazione internazionale

Il Reputation Institute ha tentato anche di misurare il legame tra reputazione turistica e risultati economici, mettendo in luce una forte correlazione tra la percezione (reputazione) che si ha di un Paese e l’intenzione di visitarlo, così come vi è correlazione tra l’intenzione di visitarlo e le entrate effettive del turismo.

La presenza di una forte correlazione significa che a un basso posizionamento nell’indice di reputazione corrisponde un indice di competitività deludente, viceversa a un marchio Paese riconosciuto si associano risultati economici positivi.

Tuttavia, vi sono alcuni Paesi che mostrano uno scostamento significativo tra percezione dei consumatori e dati reali, nello specifico Israele e alcune nazioni asiatiche (Cina, Emirati Arabi, Taiwan, Corea del Sud, Tailandia) presentano un posizionamento nell’indice di competitività migliore rispetto a quello reputazionale.

A determinare lo scostamento possono essere aspetti specifici di quei Paesi percepiti negativamente dai consumatori, in alcuni casi la reputazione potrebbe migliorare attraverso strategie di comunicazione mirate.

La situazione opposta vede un posizionamento positivo nell’indice di reputazione turistica, negativo in quello di competitività. Solo tre Paesi rientrano in questa casistica: Portogallo, Spagna e Italia. Godere di buona reputazione ed essere scarsamente competitivi si presta a differenti chiavi di lettura: innanzitutto l’occasione mancata, cioè non riuscire a trarre vantaggio – come avviene negli altri Paesi – del traino del marchio Paese. Italia Spagna e Portogallo godono (ancora) di un’immagine positiva all’estero grazie al turismo e al proprio patrimonio artistico-culturale, aspetti che non riescono a fungere da volano per l’intera economia.

La scarsa correlazione tra marchio Paese e risultati economici pone per l’Italia un altro interrogativo: per quanto tempo una nazione con risultati sociali ed economici deludenti e che gode di scarsa credibilità come sistema Paese riuscirà a essere ancora una meta desiderabile nell’immaginario del turismo straniero? In altre parole, quanto la poca competitività potrà penalizzare la reputazione e, conseguentemente, il turismo?

C’ è un terzo aspetto che pare importante sottolineare.

Nella quasi totalità dei Paesi la percezione interna, cioè quella espressa dai residenti, è più elevata rispetto a quella esterna manifestata dai consumatori stranieri. Tra i Paesi europei solo due presentano una situazione opposta, Spagna e, soprattutto, Italia. Significa che italiani e spagnoli hanno una percezione del proprio Paese peggiore rispetto a quella che si registra all’estero.

Certo che se siamo noi italiani i primi a essere scettici e a non credere nel marchio Italia e alle sue potenzialità, diventa poi difficile convincere gli altri.

Sono tanti gli spunti di riflessione offerti dalle ricerche sulla reputazione e sul marchio Paese. Nelle considerazioni finali gli estensori del rapporto FutureBrand affermano: “I cambiamenti globali non sono solo il risultato

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della reputazione economica o della potenza politica delle nazioni, ma anche della percezione dei consumatori. A partire dalle politiche progressiste che promuovono un senso di apertura e libertà, un Paese ben sintonizzato sui desideri e bisogni dei suoi cittadini non può che vedere prosperare l’immagine del proprio brand. Come le attività del settore privato, un Paese che sappia gestire in modo efficace il proprio brand può creare una connessione emotiva potente, capace di spingere i consumatori e le organizzazioni a investire nel suo futuro”.

Un’affermazione condivisibile, supportata dai numeri, che sembra non trovare corrispondenza nel nostro Paese. Abbiamo un capitale distintivo – composto da turismo, cultura, arte, bellezza, accoglienza, enogastronomia – universalmente riconosciuto come unico, un patrimonio sul quale facciamo poco o nulla per valorizzarlo adeguatamente. La quasi totale assenza di strategie e politiche specifiche, come evidenziato dal World Economic Forum, segnala come ancora sfugga il forte legame tra la valorizzazione di questo capitale distintivo e il resto dell’economia, si ignora l’effetto leva che l’industria turistica e culturale è in grado di generare sugli altri comparti, da quelli manifatturieri a quelli del terziario.

2.4. Il confronto internazionale. Il contributo dell’industria turistica alla formazione del