3. Turismo e territorio. Misurare l’industria turistica
3.6. Il valore aggiunto turistico in Italia e nelle regioni
Nel 2016 il valore aggiunto turistico italiano è stato pari a 182,8 miliardi di euro, il 12,2 per cento del valore aggiunto complessivo. Gli addetti coinvolti direttamente o indirettamente nel turismo sono quasi due milioni e mezzo, il 13,4 per cento circa dell’occupazione complessiva.
Le imprese che operano nel turismo sono circa 654mila, il 12,7 per cento del totale.
Il dato è confortante, in quanto il risultato finale, ottenuto con una metodologia innovativa, risulta allineato alle stime elaborate dai principali Istituti di ricerca.
Le modesti differenze tra la stima di Unioncamere Emilia-Romagna e quella degli altri Istituti di ricerca – in alcuni casi per eccesso, in altri per difetto – sono da attribuire, oltre al differente riferimento temporale, sia alla diversa metodologia, sia ai criteri seguiti nell’individuazione delle attività turistiche. Inoltre il dato è calcolato rapportandolo al valore aggiunto (il prodotto interno lordo non è quantificabile a livello provinciale) che, a livello nazionale, risulta di poco inferiore al PIL.
Un esempio può aiutare a chiarire ulteriormente la diversità del percorso metodologico seguito. Alcuni studi considerano come comparto turistico l’intero settore della ristorazione, in questa analisi si è cercato di attribuire pesi differenti alle attività di ristorazione riconducibili a una clientela potenzialmente turistica, come i bar e i ristoranti, da quelle rivolte ad altre categorie di consumatori, come le mense aziendali, scolastiche od ospedaliere. Inoltre, come ricordato, la quota della ristorazione, così come per tutte le altre attività, riconducibile al turismo varia da provincia a provincia.
Se seguissimo la metodologia di altri studi di ricerca e attribuissimo al turismo tutto quanto attiene all’alloggio, alla ristorazione e alle altre attività prettamente rivolte ai turisti (tour operator, stabilimenti termali, gestione di stabilimenti balneari,…) senza effettuare nessuna ponderazione per vocazione turistica dei territori e senza considerare tutte le ricadute indirette sugli altri settori, il valore aggiunto del comparto turistico così definito risulterebbe pari a 171 miliardi di euro, l’11,4 per cento del valore aggiunto nazionale.
Si tratta di un altro modo di calcolare l’incidenza turistica, una metodologia che ha l’indubbio pregio di una maggior semplicità di calcolo e che non introduce fattori di ponderazione nel processo di stima. Tuttavia, sconta una minor capacità di cogliere ciò che effettivamente è turismo, attribuendo eccessiva incidenza ad alcuni comparti, in particolare alla ristorazione, e sottovalutando se non escludendo totalmente altre attività.
I quasi 183 miliardi di valore aggiunto possono essere ripartiti in contributo diretto, il “core business” turistico, e contributo indiretto.
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Il contributo diretto - generato dalle attività dell’alloggio, della ristorazione e delle altre attività turistiche - è pari 94 miliardi, il 6,3 per cento del valore aggiunto nazionale e rappresenta il 51,5 per cento del valore aggiunto complessivo.
Il contributo indiretto, prossimo agli 89 miliardi, è in larga parte ascrivibile ad attività commerciali (shopping), ai trasporti, ad attività culturali e ricreative, ma anche a “pezzi” legati alla filiera del costruire-abitare, al comparto agroalimentare, a molti dei settori che ruotano attorno alla sfera del wellness.
Il rapporto tra contributo diretto e indiretto determina un moltiplicatore pari a 1,94. Significa che ogni 100 euro di valore aggiunto diretto se ne aggiungono 94 indirettamente attraverso l’attivazione produttiva e di reddito. Le analisi del Ciset, anche se i dati non sono completamente raffrontabili, stimano in 1,93 il valore del moltiplicatore, quelle del WTTC salgono ad un valore di 2,43.
Valore aggiunto, addetti e imprese dell’industria turistica. Valori assoluti e incidenza percentuale.
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna
Con circa 23 miliardi di euro Veneto e Lombardia sono le regioni che, in termini assoluti, contribuiscono maggiormente alla creazione del PIL turistico nazionale, diretto e indiretto. Tre regioni si collocano sopra i 16 miliardi di euro di valore aggiunto turistico, Toscana, Lazio ed Emilia-Romagna, due oltre i 10 miliardi, Trentino Alto-Adige e Campania.
Se si guarda all’incidenza del valore aggiunto turistico su quello complessivo di ciascuna regione, Trentino Alto-Adige e Valle d’Aosta sono le regioni dove l’incidenza è maggiore, con quote abbondantemente superiori al 30 per cento. Sono percentuali elevate, in larga parte determinate dal contributo diretto, per entrambe le province superiore al 20 per cento. Per avere
un ordine di grandezza il Trentino Alto-Adige contribuisce alla formazione del PIL turistico nazionale per il 7,6 per cento, mentre in termini di presenze turistiche la quota della regione è pari all’11,6 per cento.
Valore aggiunto, addetti e imprese dell’industria turistica. Valori assoluti e incidenza percentuale.
Fonte: elaborazione Centro studi Unioncamere Emilia-Romagna
Ad ogni abitante italiano corrispondono tremila euro di valore aggiunto turistico. Come visto per le presenze per abitante si tratta di un indicatore, molto approssimativo, della capacità attrattiva di un territorio, a valori più elevati corrispondo aree a maggior vocazione turistica.
In testa alla graduatoria regionale con oltre 10mila euro di PIL turistico per abitante si staccano Valle d’Aosta e Trentino Alto-Adige, forti della combinazione molti turisti-pochi abitanti.
Valori attorno ai 5mila euro per abitante per Liguria e Toscana, sotto i 2mila euro il Piemonte e molte regioni del mezzogiorno. Tra queste anche Puglia e Sicilia, dato che si presta a molteplici chiavi di lettura, alcune centrate sulle tante potenzialità inespresse di questi territori, altre che si focalizzano sui limiti delle statistiche nello scattare una fotografia dell’andamento turistico locale. Anche l’incrocio di dati provenienti da fonti diverse sembra restituire un’immagine parziale
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dell’industria turistica, in particolare per quanto riguarda le regioni meridionali. Probabilmente entrambi i modi di leggere i dati sono corretti, i numeri non raccontano completamente quello che avviene nei territori, tuttavia la loro narrazione è sufficiente per evidenziare da un lato le tante opportunità offerte dalle dinamiche turistiche e, dall’altro, la difficoltà di alcune aree nel cogliere tali opportunità.