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2. Il settore dei rifiuti

2.1 L’evoluzione del quadro normativo

2.1.2 Il Decreto Ronchi

Il D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, ha comportato profondi cambiamenti in materia dei rifiuti nel nostro ordinamento, mettendo in atto le direttive comunitarie emanate dal 1991. Qualche anno prima, nel 1987, si ebbe un’importante svolta a livello europeo con l’emanazione dell’Atto Unico Europeo, con il quale le tematiche ambientali divennero importanti e viste in prospettiva della coesione economica e sociale,

ponendo in primo piano l’azione preventiva99. In particolare con questo decreto, che

ha abrogato il D.P.R. 915/82, sono state recepite le seguenti direttive: a) La direttiva CEE 91/156 in materia di rifiuti;

b) La direttiva CEE 91/ 689 in materia di rifiuti pericolosi;

c) La direttiva CEE 94/62 in materia di imballaggi e rifiuti di imballaggi.

L’oggetto principale della normativa è sicuramente la gestione integrata dei rifiuti. la definizione di gestione ci viene fornitadall’articolo 6, lettera d, dello stesso decreto, che definisce gestione tutta una serie di attività quali “ la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni nonche' il controllo delle discariche e degli impianti di smaltimento dopo la

chiusura”100. All’articolo 2 del decreto, il legislatore afferma che la gestione dei

rifiuti costituisce attività di pubblico interesse e che viene disciplinata per assicurare “un’elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci, tenendo conto della

specificità dei rifiuti pericolosi”101. Per fare ciò, è prevista una gerarchia tra le diverse

fasi, secondo il seguente ordine102:

• Prevenzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti; • Recupero;

• Smaltimento finale.

In cima alla scala gerarchica si trovano le misure da mettere in atto per prevenire la produzione e la pericolosità dei rifiuti. Per realizzare questo,le autorità competenti devono fare uso di tecnologie pulite, che consentano un risparmio di risorse naturali, promuovere strumenti economici come ad esempio gli eco bilanci e promuovere accordi e contratti di programma e di nuove condizioni generali di appalto da parte

99Luciano Morselli e Roberto Marassi, I rifiuti, FrancoAngeli, Milano, 2002 100D. Lgs. 5 febbraio 1997, n.22, disponibile su www.gazzettaufficiale.it 101D. Lgs. 5 febbraio 1997, n.22, disponibile su www.gazzettaufficiale.it 102Luciano Morselli e Roberto Marassi, I rifiuti, FrancoAngeli, Milano, 2002

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della Pubblica Amministrazione103. Al secondo livello troviamo invece il recupero

dei rifiuti trattato in particolare, all’articolo 4,del decreto che raccomanda la riduzione della quantità di rifiuti da avviare allo smaltimento finale attraverso:

a) Il reimpiego ed il riciclaggio;

b) Le altre forme di recupero per ottenere materia prima dai rifiuti;

c) L'adozione di misure economiche e la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l'impiego dei materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;

d) L'utilizzazione principale dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia.

La fase residuale è lo smaltimento finale in discarica cui ricorrere solo quando nessun recupero è possibile e il tutto deve essere fatto comunque in maniera tale da garantire

la massima sicurezza e non arrecare alcun pregiudizio104. All’articolo 5 viene

proprio trattato lo smaltimento, che deve essere attuato facendo ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti che tenga conto delle tecnologie più perfezionate a

disposizione, e che non comportino costi eccessivi al fine di105:

1) Realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali;

2) Permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti; 3) Utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di

protezione dell'ambiente e della salute pubblica.

All’articolo 6 invece vengono date tutta una serie di definizioni come ad esempio quella di rifiuto: “qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di

disfarsi”106. Anche in questo caso, nella definizione, possiamo ritrovare elementi

oggettivi e soggettivi, così come si aveva nel D.P.R. 915/82: possiamo ritrovare ciò che è rifiuto nell’allegato A del decreto, che riporta il Catalogo Europeo dei Rifiuti

103Luciano Morselli e Roberto Marassi, I rifiuti, FrancoAngeli, Milano, 2002 104Luciano Morselli e Roberto Marassi, I rifiuti, FrancoAngeli, Milano, 2002 105D. Lgs. 5 febbraio 1997, n.22, disponibile su www.gazzettaufficiale.it 106D. Lgs. 5 febbraio 1997, n.22, disponibile su www.gazzettaufficiale.it

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(CER), adottato con decisione CEE 94/3, dove si specifica che un materiale figurante nello stesso non è in tutte le circostanze un rifiuto, ma solo quando esso ne soddisfa

la definizione107.A questo punto rimane da definire il criterio soggettivo, cioè

stabilire la corretta interpretazione del termine “disfarsi”. Nel termine “disfarsi”, secondo Morselli e Marassi, viene compreso il concetto di abbandono del rifiuto inteso come scarico occasionale di rifiuti: nonostante questo rimangono altri possibili

significativi da poter attribuire alla parola108.Sia la Corte Europea di Giustizia,

fornendo delle linee guida circa l’interpretazione del termine “disfarsi” ma più in generale sul termine di “rifiuto”, che il Ministero dell’Ambiente, attraverso una circolare del 28 giugno 1999, hanno tentativo di indicare delle linee guida ma la

problematicità continua a sussistere109.

All’articolo 7 viene illustrata la classificazione dei rifiuti in urbani e speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.

Vengono definiti rifiuti urbani110:

a) I rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione;

b) I rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualita' e quantita', ai sensi dell'articolo 21, comma 2, lettera g);

c) I rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;

d) I rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;

e) I rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali; f) I rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonche' gli altri rifiuti

provenienti da attivita' cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed e).

Sono invece considerati rifiuti speciali111:

a) I rifiuti da attività agricole e agro-industriali

107Luciano Morselli e Roberto Marassi, I rifiuti, FrancoAngeli, Milano, 2002 108Luciano Morselli e Roberto Marassi, I rifiuti, FrancoAngeli, Milano, 2002 109Luciano Morselli e Roberto Marassi, I rifiuti, FrancoAngeli, Milano, 2002 110D. Lgs. 5 febbraio 1997, n.22, disponibile su www.gazzettaufficiale.it 111D. Lgs. 5 febbraio 1997, n.22, disponibile su www.gazzettaufficiale.it

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b) I rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo;

c) I rifiuti da lavorazioni industriali; d) I rifiuti da lavorazioni artigianali; e) I rifiuti da attività commerciali; f) I rifiuti da attività di servizio;

g) I rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acquee dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;

h) I rifiuti derivanti da attività sanitarie;

i) I macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti; j) I veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti.

Per quanto riguarda invece i rifiuti pericolosi, questi vengono precisati nell’allegato D del decreto stesso, che riporta appunto l’elenco dei rifiuti pericolosi adottati con la

decisione 94/904/CE e che rappresenta in sostanza un sottoinsieme del CER112.

Quelli appena illustrati sono gli articoli più importanti della capo I del decreto denominato “principi generali”. Il capo II invece, intitolato “competenze”, illustra in maniera dettagliata le competenze rispettivamente in capo allo Stato, alle regioni, alle province, ai comuni. La terza parte, sempre del titolo I, è denominata “piani di

gestione dei rifiuti” e tratta i seguenti argomenti113:

1. Piani regionali;

2. Gestione dei rifiuti urbani in ambiti territoriali ottimali; 3. Contributo per lo smaltimento di rifiuti in discarica; 4. Accordi e contratti di programma e incentivi.

La quarta parte, invece, intitolata “autorizzazioni e iscrizioni”, è dedicata alle seguenti tematiche:

• Autorizzazione alla realizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti;

• Autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero; • Autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione;

112Luciano Morselli e Roberto Marassi, I rifiuti, FrancoAngeli, Milano, 2002 113 D. Lgs. 5 febbraio 1997, n.22, disponibile su www.gazzettaufficiale.it

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• Imprese sottoposte ad iscrizione.

Il titolo I si conclude con il capo V che fa riferimento alle procedure semplificate. Il decreto prevede poi altri quattro titoli che si occupano rispettivamente di: A. Gestione degli imballaggi;

B. Gestione di particolari categorie di rifiuti; C. Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani;

D. Sistema sanzionatorio e disposizioni transitorie e finali.