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Il dibattito sulla natura del diritto di ritenzione

Il diritto di ritenzione, nel nostro ordinamento, risulta privo di una disciplina organizzata avendo preferito il

nostro legislatore operare per una regolamentazione “caso per caso”. Ciò probabilmente è in parte dovuto anche all’assenza di univocità in merito alla qualificazione della natura giuridica di tale istituto giuridico. A tal proposito appare utile chiarire i termini della querelle interpretativa che vede l’istituto retentorio conteso tra la possibilità di essere sussunto fra i diritti reali ovvero fra quelli personali, naturalmente con un precipitato pratico di conseguenze non del tutto trascurabili(68). Se si volesse ragionare in termini di realità della ritenzione, ne conseguirebbe la valenza erga omnes. A tal fine sarebbe utile indagare sui poteri sulla cosa che effettivamente sorgerebbero in capo al creditore ritentore: egli risulta privo di pretese proprie sulla cosa ritenuta, anzi di tutta evidenza riconosce la titolarità della res nei confronti di un altro soggetto – il debitore per l’appunto – inoltre, il retentor appare privo anche della facoltà di godere e disporre della cosa. Alla luce di tali osservazioni e della non trascurabile impossibilità ad annoverare il diritto di ritenzione tra il numerus clausus dei diritti reali di godimento, appare logico concludere nel senso di una mancata configurabilità di un profilo realistico di tale istituto. Si potrebbe, dunque, optare per una possibile presenza accanto ai diritti reali di garanzia, soprattutto

(68) Cfr. CARUSI, Ritenzione (diritto di), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1991, 8;

DE MARTINI, Diritto di ritenzione e fallimento, in Foro it., 1957, I, 40; GARDANI, op. ult.

cit., 67; SATURNO, L’autotutela privata. I modelli della ritenzione e dell’eccezione d’inadempimento in comparazione col sistema tedesco, Napoli, 1995, 368. La questione ricorre anche tra i romanisti: per tutti si veda NARDI, op. cit., 746 che ipotizza che tale dibattito sulla natura dello ius retentionis rifletta una trasformazione dei tratti strutturali della figura attraverso le varie epoche.

Il diritto di ritenzione nella prospettiva storico comparatistica

richiamando il pegno. A ben vedere, tuttavia il ritentore non essendo dotato di ius sequelae risulta privo dello ius praelationis, né è dotato dello ius distrahendi rispetto alla cosa oggetto di ritenzione, né peraltro può fare propri i frutti della cosa a sconto del credito vantato. Quindi appare agevole concludere nel senso di una assoluta mancanza dei requisiti affinché si possa assimilare il diritto di ritenzione ai diritti reali di garanzia.

Ora dando conto della querelle in merito alla natura giuridica della ritenzione non si può omettere di dare conto di chi(69) consideri la ritenzione espressione di un principio generale di equità e di buona fede nell’esecuzione del rapporto obbligatorio, e così facendo, ravvisi nella ritenzione un istituto giuridico al di là delle fattispecie tipicamente previste e suscettibile di applicazione analogica. Tutto ciò, naturalmente, implica degli importanti precipitati pratici che ipotizzano, ammettendola, la possibilità di pattuire il diritto di ritenzione anche in via convenzionale( 70 ), ciò implicherebbe, da un lato, l’estensione dell’importanza dell’istituto di cui si discorre; e dall’altro, una

(69) BASSO, Il diritto di ritenzione, Milano, 2010, 31.

(70) BASSO, op. ult. cit., 31 ove si legge che appare lecito «ad avviso di chi scrive,

pattuire il diritto di ritenzione in relazione a singole obbligazioni di genesi contrattuale, così facendo assistere la certezza del loro corretto ed equilibrato adempimento della garanzia connessa alla possibilità di ritenere una cosa in attesa della controprestazione. Tutto ciò porta ad affermare che il diritto di ritenzione deve considerarsi figura unitaria suscettibile di modificazioni applicative in relazione ai contingenti interessi delle parti mentre appare inesatto ravvisare, invece, una pluralità di diritti di ritenzione quante sono le (varie e numerose) fattispecie tipiche rinvenibili nel codice civile e nelle leggi speciali».

rivisitazione del concetto di eccezionale mezzo di autotutela.

Ritornando alla querelle in merito alla dibattuta natura del diritto di ritenzione si richiama l’orientamento della dottrina( 71) più recente che propende per l’esclusione dell’assimilazione del diritto di ritenzione tra i diritti reali, dal momento che la ritenzione quale mera eccezione opponibile a chi reclama la restituzione della cosa implica l’assenza, per il retentor, di un effettivo potere sulla cosa. Secondo tale opinione dottrinale, quindi, la ritenzione consisterebbe in un potere di eccezione personale, nonostante sia dotato di un’efficacia in rem in base alla quale può essere opposto nei confronti dei terzi aventi causa, come qualsiasi altro diritto di godimento.

In contrasto con tale orientamento troviamo chi(72) ritiene, invece, che al retentore spetti certamente un potere sulla cosa, che consiste proprio nella sua facoltà di trattenere presso di sé la cosa in contrapposizione al debitore che la reclama. Tuttavia, la dottrina che abbraccia tale orientamento finisce con il riconoscere che, pur essendovi opinioni(73) in merito che farebbero derivare il carattere della realità del diritto di ritenzione, e nello specifico dalla su richiamata facoltà del retentor di trattenere presso di sé la cosa, ammette che non può trattarsi di diritto reale dal momento che la ritenzione è

(71) In tal senso BARBA, op. cit., 1383; COMPORTI, Diritti reali in generale, in

Trattato Cicu – Messineo, Milano, 2011, 280. (72) BIANCA, Diritto civile, cit., 303.

(73) CHIRONI, op. cit., 30 ove osservava: «l’insistenza sulla cosa, il potere di non

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priva dell’assolutezza, che rappresenta una caratteristica fondamentale dei diritti reali. Tale mancanza viene così ravvisata nella circostanza per cui effettivamente il diritto di ritenzione non risulta essere tutelato autonomamente contro i terzi, ma solo attraverso una protezione che il retentor può far valere nella sua qualità di possessore- detentore.

Alla luce delle suesposte considerazioni è opinione di chi scrive ritenere che il diritto di ritenzione non potendo assimilarsi né alla categoria dei diritti reali di godimento per le osservazioni note, né fra i diritti personali, occorre considerarlo per ciò che è, vale a dire una facoltà del creditore che rifiutando legittimamente la restituzione della cosa al debitore fino a quando non risulta essere pienamente soddisfatto del proprio credito e delle spese ad esso connesse, opera mediante una sorta di coazione psicologica sul debitore allo scopo di soddisfare le proprie pretese creditorie. In tale comportamento del creditore- ritentore, altro non si vede che una forma di autotutela perfettamente legittima solo laddove espressamente prevista dal legislatore nelle apposite fattispecie che rintracciamo in modo satellitare nell’impianto codicistico.