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La ritenzione convenzionale

Autorevole dottrina(102), qualificando la ritenzione come una modalità di rafforzamento del credito che si sostanzia in un potere del creditore su una determinata cosa del debitore che viene trattenuta fino a soddisfacimento della pretesa creditoria, ritiene che si tratti di un tipico diritto di garanzia. Partendo da un tale assunto si dovrebbe

legge non sembra che possa essere ammessa successivamente al fallimento una efficacia della ritenzione semplice nei confronti del curatore, la quale contrasterebbe con la finalità dell’istituto del fallimento di realizzare la par condicio creditorum».

(100) SATURNO, op. ult. cit.,30.

(101) In tal senso BIANCA, op. ult. cit., 301.

(102) BIANCA, op. ult. cit., 300, ove richiama anche la dottrina francese che,

ugualmente, sposa questa classificazione: MAZAUD ET CHABAT, Sûretés, 187, che indicano la ritenzione quale garanzia “imparfaite”.

Il diritto di ritenzione nella prospettiva storico comparatistica

ritenere, a rigor di logica, la ritenzione caratterizzata da tutti quei connotati tipici dei diritti reali, tra i quali la tassatività ed il numerus clausus, che di per loro escludono la possibilità di un’applicazione analogica ovvero pattizia dell’istituto de quo. Tuttavia, la stessa dottrina(103) che annovera il diritto di ritenzione tra quelli di garanzia, in virtù della sua capacità di rafforzare il credito cui inerisce, ritiene possibile ipotizzare una forma di ritenzione convenzionale. La questione che verte sull’ammissibilità di una forma convenzionale di ritenzione non rappresenta un mero problema di scuola, costituendo invece un utile spunto di riflessione anche nell’ottica di un’estensione della rilevanza di tale istituto. Così facendo, infatti, la ritenzione valicherebbe i confini dell’eccezionalità del mezzo di autotutela dove finora era

(103) BIANCA,op. ult. cit., 309 che, a sostegno del proprio assunto richiama un

recente orientamento giurisprudenziale Cass. 7 luglio 1975, n. 2643 in Foro It., 1976, I, 401 con nota di Pozzi: «nella clausola della locazione che accordi al locatario la facoltà, dopo la scadenza del contratto, di differire la restituzione della cosa fino al conseguimento del rimborso di spese erogate per conto del locatore, deve ravvisarsi una valida previsione convenzionale di diritto di ritenzione». Inter alia si vedano sul punto anche: BASSO, op. cit., 45 ove riferisce che: «Se, dunque, il codice prevede espressamente e disciplina la compensazione volontaria quale istituto affine alla ritenzione convenzionale ed ispirato alla medesima ratio, non è accettabile l’impostazione consueta che prende le mosse da un postulato preconcetto di diffidenza e di inammissibilità della seconda sulla base di una (altrettanto ingiustificata) tassatività delle fattispecie. Un esatto approccio al problema, dovrebbe, invece, al contrario, porre a carico di chi sostiene l’esistenza del divieto l’onere di ricercare le ragioni per cui l’Ordinamento impedirebbe alle parti di pattuire la ritenzione convenzionale laddove, invece, offre alle stesse parti istituti di identica ratio.»; BIGLIAZZI GERI, op. cit., 139; SATURNO, op. cit., 190.

stata relegata. Naturalmente come già qualcuno(104) aveva osservato in un non lontano passato l’ammissibilità di una ritenzione convenzionale rappresenterebbe un’ipotesi possibile esclusivamente in relazione ai diritti c.d. disponibili.

In contrapposizione a questo orientamento è doveroso segnalare l’opinione di chi(105) nega, invece, tale possibilità sulla base del principio per cui sono mal viste forme private di autotutela non espressamente autorizzate dalla legge.

In relazione, poi, all’opponibilità ai terzi di tale forma pattizia di ritenzione, in dottrina troviamo un orientamento pressoché unanime(106) che, pur ammettendo una forma convenzionale di ritenzione, ritiene che il contenuto meramente obbligatorio dell’accordo lo rende del tutto inopponibile ai creditori ed ai terzi e quindi nega un risvolto erga omnes dell’istituto. Pertanto, l’argomentazione su cui si fonda l’inopponibilità erga

(104) MESSINEO, op. cit., 171.

(105) BETTI, sub voce «Autotutela (dir. priv.)», in Enc. del dir., IV, Milano, 1959,

532; CHIRONI, Trattato dei privilegi, delle ipoteche e del pegno, Torino, 1917-1918, I, 219 ove si legge che la ritenzione convenzionale è «in contrasto con l’ordinamento sociale della giustizia»; D’AVANZO, op. cit., 1969, 170 che osserva: «L’ammissibilità di una generale rilevanza dell’autotutela convenzionale basata sul fatto che essa attuerebbe una regolamentazione di privati interessi non può essere accolta perché l’autonomia privata […] incontra dei limiti soggettivi ed oggettivi, imposti e dalla salvaguardia delle ragioni dei terzi e dalla necessità – richiesta dall’interesse pubblico – che i conflitti tra i singoli siano composti attraverso una procedura la quale escluda, se non sopraffazioni, certo la prevalenza della parte più forte rispetto all’altra più debole».

(106) BIANCA, op. ult. cit., 310; CONTRA soloAL MUREDEN, op. cit., 208 che ritiene

Il diritto di ritenzione nella prospettiva storico comparatistica

omnes della ritenzione convenzionale fa leva sul principio di cui all’art. 1372 cod. civ., secondo cui i rapporti derivanti dal contratto hanno efficacia limitata alle parti contraenti salvi i casi stabiliti dalla legge.

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APITOLO

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E FATTISPECIE LEGALI DI RITENZIONE PRESENTI NEL CODICE CIVILE

SO M M A R I O: 1. La ritenzione e le fattispecie possessorie – 2. La ritenzione e i diritti reali su cosa altrui – 3. La ritenzione e i diritti reali di garanzia rectius il pegno. Con particolare riferimento al patto commissorio – 4. Riflessioni in merito al rapporto tra il diritto di ritenzione ed i principali contratti tipici (contratto di trasporto, mandato, deposito, locazione e contratto d’opera intellettuale) – 5. Brevi cenni sul diritto di ritenzione in capo al proprietario del fon do

1. La ritenzione e le fattispecie possessorie: il possessore di