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Il diritto antidiscriminatorio dell’Unione Europea

Capitolo III. I possibili sviluppi in Unione Europea: una nuova era?

1. La competenza UE in materia di retribuzioni

1.1. Il diritto antidiscriminatorio dell’Unione Europea

dell’Unione Europea, si rileva immediatamente come uno dei suoi articoli più corposi tocchi esplicitamente la materia della retribu-zione: si tratta dell’articolo 157 TFUE, relativo al principio di pa-rità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile che svolgono “uno stesso lavoro, o un lavoro di pari valore”.

Tale principio era già contenuto nei Trattati di Roma del 1957, all’articolo 119: come è noto, esso fu originariamente introdotto per evitare che i paesi della Comunità Economica Europea le cui legislazioni nazionali già sancivano la parità di retribuzione tra uomo e donna fossero posti in una posizione di svantaggio com-petitivo rispetto agli Stati Membri che non disponevano di tali nor-mative, i quali avrebbero potuto di conseguenza disporre di ma-nodopera femminile a basso costo.20

Malgrado la sua ratio originaria, eminentemente legata a ragioni di mercato, tale articolo ha finito per assumere un significato molto più ampio, costituendo oggi la base giuridica per l’intero settore del diritto antidiscriminatorio europeo che vieta le differenziazioni tra i lavoratori basate sul loro genere.

Tale legislazione inizia infatti a svilupparsi già dagli anni ‘70, attra-verso numerose direttive concernenti non solo la parità salariale tra uomo e donna, ma anche la parità di trattamento nelle condi-zioni di lavoro, la parità nei regimi di previdenza sociale e molto altro:21 i principi relativi al divieto di discriminazione fondata sul

20 A.C.L.DAVIES, EU Labour Law, 2015.

21 Per una disamina più completa, si rinvia a M.V. BALLESTRERO, G. DE

SIMONE, M. NOVELLA, Diritto Del Lavoro. 3, Giappichelli, ed. riveduta e ag-giornata settembre 2017, p. 283.

genere sono oggi contenuti per l’intero nella direttiva 2006/54/CE (Refusion).

Il principio di parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e femminile ha quindi origini molto più risalenti nel tempo rispetto a quello relativo all’esclusione della competenza dell’UE in materia salariale, introdotto quasi quarant’anni dopo, e sembra essere in contraddizione con lo stesso anche per quanto riguarda la ratio legis: se il primo è stato originariamente introdotto nei Trattati per non offrire un indebito vantaggio concorrenziale a taluni paesi a scapito degli altri, il secondo è stato invece interpretato come uno strumento utile a far sì che gli Stati Membri, mantenendo la com-petenza nazionale in tema di retribuzione, se ne possano servire proprio come mezzo “da utilizzare nella concorrenza tra gli stessi”.22

Tuttavia, come rilevato da alcuni autori,23 la contraddittorietà tra i due principi è stata negata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Eu-ropea in svariate pronunce aventi ad oggetto proprio il diritto de-rivato in materia di non discriminazione, che, è opportuno speci-ficare, oggi non concerne unicamente le discriminazioni tra i lavo-ratori fondate sul loro genere, ma altresì quelle determinate da una pluralità di ulteriori fattori, elencati all’articolo 19(1) TFUE.

Per avere un quadro piuttosto completo della posizione della Corte di Giustizia in merito alla compatibilità tra i due principi ci-tati è utile consultare la sentenza Impact del 2008, in particolare nella parte in cui la Corte risolve una questione pregiudiziale retiva all’interpretazione di una clausola dell’Accordo quadro sul la-voro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE.

22 D.GOTTARDI, “Vuoti” e “pieni”: la retribuzione e la parità di trattamento nell’or-dinamento dell’Unione europea, in Lavoro e diritto, 2011, n. 4.

23 E. MENEGATTI, op. ult. cit., p. 30.

Tale clausola sanciva che “per quanto riguarda le condizioni di im-piego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato”: la Corte di Giustizia fu adita poiché il Governo britannico e quello irlandese ritenevano che nelle “con-dizioni di impiego” citate non potessero essere ricomprese le re-tribuzioni, data l’incompetenza dell’Unione Europea in materia.24 La sentenza Impact è particolarmente rilevante ai fini di questo scritto poiché, nel confutare l’interpretazione appena esposta, la Corte delinea l’effettiva portata del divieto contenuto all’articolo 153(5) TFUE (al momento della causa, sancito dall’art. 137, n. 5, CE) richiamando numerose sentenze precedenti della stessa Corte, le quali mettono in luce come la mancanza di competenza dell’UE in tema di retribuzioni, in quanto derogante alle norme previste dai precedenti paragrafi dello stesso articolo, debba essere inter-pretata restrittivamente,25 non potendosi quindi estendere “a ogni questione avente un nesso qualsiasi con la retribuzione”,26 ma solo a quelle che “implicherebbero un’ingerenza diretta del diritto co-munitario nella determinazione delle retribuzioni in seno alla Co-munità”.27

Tra le questioni aventi le caratteristiche da ultimo indicate la sen-tenza cita esplicitamente, seppur a titolo di esempio, l’istituzione di un salario minimo comunitario: si segnala come nel redigere il Consultation Document del 14 gennaio 2020 la Commissione Eu-ropea si sia mostrata ben consapevole dell’opinione della Corte di

24 Corte di giustizia dell’Unione europea, sent. 15 aprile 2008, Impact c. Mi-nister for Agriculture and Food e altri, causa C-268/06, ECLI:EU:C:2008:223, punto 120.

25 Corte di giustizia dell’Unione europea, C-268/06, punto 122.

26 Corte di giustizia dell’Unione europea, C-268/06, punto 125.

27 Corte di giustizia dell’Unione europea, C-268/06, punto 124.

Giustizia, citando più volte tale passaggio del caso Impact e clas-sificandolo esplicitamente come un “limite” a una possibile azione europea in materia.28

Nello stesso documento, la Commissione peraltro ribadisce che le direttive aventi ad oggetto il contrasto alle discriminazioni sul po-sto di lavoro29 costituiscono a tutti gli effetti un esempio di “ini-ziativa dell’Unione Europea avente un impatto indiretto sulla re-tribuzione”.30

1.2. La direttiva 96/71/CE e la relativa giurisprudenza