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IL FALLIMENTO DEL TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE

Nel documento Trieste, l'Austria e la Cortina di Ferro (pagine 88-97)

XIV. A general association of nations must be formed under specific

1.8. IL FALLIMENTO DEL TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE

Da quanto visto finora, emerge chiaramente il ruolo chiave del Governatore per far funzionare il Territorio Libero di Trieste, ma soprattutto per farlo partire. Senza un Governatore le truppe alleate sarebbero rimaste nelle rispettive zone e avrebbero continuato a occuparsi dell’amministrazione, non avrebbero avuto luogo le elezioni per l’Assemblea Costituente e quindi non sarebbe stata redatta alcuna costituzione, non avrebbero potuto formarsi gli organi legislativo, esecutivo e giudiziario, né tantomeno avrebbe potuto partire il Porto Franco, in mancanza del suo Direttore. Questa situazione così problematica purtroppo si verificò perché fu impossibile il raggiungimento di un accordo per la nomina del Governatore e la questione fu discussa dal Consiglio di Sicurezza fino al 1977 (De Castro Vol. 1 1981: 645-46).

Nel 1978 fu desecretato un rapporto redatto dalla CIA nel 194864, riguardante la

situazione del Territorio Libero di Trieste, che a mio avviso offre una prospettiva molto interessante sulla questione. Esso innanzitutto ritiene che la ragione per la quale l’area di Trieste era diventata un “punto caldo” fosse costituita dall’emergere della Guerra Fredda, a cui contribuirono i nazionalismi italiani e slavi che la resero oggetto di una contesa di difficile soluzione. Già questa affermazione è molto importante, perché per molto tempo da parte italiana e non solo, si è teso a guardare la questione da un punto di vista principalmente nazionale e in parte influenzato da teorie irredentiste, dimenticando che la causa principale di tutto ciò che fu deciso in quel periodo era frutto del confronto tra il blocco occidentale e quello comunista, in cui potenze come l’Italia e la Jugoslavia avevano solo un ruolo strumentale. Il rapporto inoltre prosegue spiegando come le pretese dei due stati non fossero fondate su un reale bisogno di ottenere Trieste per ragioni economiche e commerciali: la Jugoslavia aveva l’importante porto di Fiume a servirla già adeguatamente, mentre il commercio italiano si era già spostato verso Occidente, quindi il porto di Trieste avrebbe avuto sicuramente minore utilità rispetto ad altri porti della penisola (come è infatti avvenuto dopo che l’amministrazione della Zona A fu affidata all’Italia nel 1954). Anche la produzione industriale di Trieste non era particolarmente significativa.

Per gli americani Trieste non ha una particolare importanza strategica, ma decidono di frapporsi tra i contendenti impegnandosi a mantenere la pace nella regione fino a che non sarà trovata una soluzione definitiva. La ragione di ciò è da ricercare nel fatto che un’eventuale cessione di Trieste agli jugoslavi avrebbe implicato una vittoria del blocco orientale e l’incapacità da parte degli Stati Uniti di mantenere il proprio ruolo di scudo contro l’avanzata comunista. Il Territorio Libero di Trieste era stato approvato, come già detto, in quanto unico compromesso accettabile per tutte e quattro le Potenze, anche se la sua messa in pratica era considerata problematica dagli USA, perlomeno finché essi e l’URSS non avessero raggiunto un accordo. Dopo che le truppe britanniche

64http://www.foia.cia.gov/sites/default/files/document_conversions/89801/DOC_0000258341.pdf,

nel 1945 convinsero gli jugoslavi a ritirarsi da Trieste, ebbe inizio l’occupazione provvisoria della Zona A (ad ovest della linea Morgan) da parte degli anglo-americani e da parte degli jugoslavi della Zona B (a est della linea Morgan) e per risolvere il problema di Trieste fu creato il T.L.T. Dal momento che per far partire il nuovo stato sarebbe stata necessaria la nomina del Governatore da parte del Consiglio di Sicurezza, le due Zone che nel frattempo erano andate a costituire il Territorio Libero di Trieste continuarono ad essere amministrate dagli eserciti a cui erano state provvisoriamente assegnate. Un accordo su un nome tuttavia tardava a materializzarsi e nel frattempo la situazione all’interno del nuovo fragile stato si stava deteriorando a tal punto che anche se fosse stato nominato un Governatore, l’area era ormai totalmente ingovernabile. La ragione per cui non si riusciva a raggiungere un accordo, secondo tale rapporto, è che si erano formate due fazioni contrapposte che avevano desideri totalmente divergenti: vi erano gli anglo-americani da una parte, che erano a favore di un Governatore filo-occidentale e anti-comunista, mentre dall’altra, i sovietici rifiutavano qualsiasi candidato che non avesse idee di sinistra. La consapevolezza che il raggiungimento di un accordo fosse altamente improbabile, viste le premesse, portò alla Dichiarazione Tripartita del 1948 (immediatamente precedente alla redazione del rapporto), con cui il Regno Unito, la Francia e gli Stati Uniti raccomandarono il ritorno del T.L.T. all’Italia. Le tre Potenze pensavano veramente di poter raggiungere una soluzione con questo atto? In realtà no, e sarebbe stato abbastanza ingenuo da parte loro credere una cosa simile. Lo scopo della Dichiarazione Tripartita era quello di smuovere la situazione stagnante che si era venuta a creare, per evitare che la regione diventasse territorio jugoslavo. Tale preoccupazione era anche dovuta al fatto che vi era una percentuale molto preoccupante di comunisti anche nella Zona A, sebbene la stragrande maggioranza della popolazione fosse italiana. Il partito comunista a Trieste non era molto numeroso, perché non tutti i comunisti della città vi erano iscritti, tuttavia era comunque pericoloso perché sostenuto finanziariamente dal partito comunista jugoslavo e sotto il suo diretto controllo. L’elemento vincente dei partiti comunisti di tutto il mondo è principalmente

l’organizzazione, elemento che mancava agli anti-comunisti presenti a Trieste e che faceva temere un’infiltrazione lenta ma inesorabile negli apparati di governo creati dall’amministrazione militare alleata. In ogni caso, finché le truppe Alleate fossero rimaste nel Territorio Libero di Trieste, un colpo di mano sarebbe stato evitato. La Dichiarazione Tripartita aveva anche lo scopo di indebolire la posizione comunista nell’area, risollevando gli animi degli anti-comunisti. A complicare lo stato delle cose vi era però la situazione economica, che non era affatto buona e continuando a peggiorare favoriva l’elemento comunista, portando disordine e disagio sociale. Quando gli Alleati avevano pensato alla creazione del T.L.T., erano ancora convinti che Trieste potesse recuperare il prestigio che deteneva prima della guerra e che potesse quindi diventare economicamente autosufficiente grazie all’istituzione di un porto internazionale. Purtroppo nel 1947 il volume degli affari era calato drasticamente (quasi della metà rispetto al 1938), e perciò dovettero intervenire gli americani con aiuti economici. Gli aiuti purtroppo non erano sufficienti a far uscire l’economia triestina dalla stagnazione, perché la situazione economica in Europa in generale era alquanto disastrosa e solo se ci fosse stato un miglioramento complessivo anche Trieste si sarebbe risollevata. Nel frattempo solo gli aiuti stranieri potevano tenerla in vita. Non era per pura generosità che questi aiuti erano erogati, infatti gli Alleati erano ben consci del fatto che se l’economia avesse continuato a deteriorarsi ben presto non sarebbero più stati in grado di controllare la situazione nella regione, che sarebbe divenuta preda facile di colpi di mano comunisti. Nondimeno, anche se gli aiuti potevano essere un buon palliativo, era necessario un risollevamento dell’economia europea, che anche se fosse avvenuto forse non sarebbe valso a molto, poiché la maggioranza dei paesi europei era caduta vittima del comunismo e in particolare quei paesi che costituivano i principali partner commerciali di Trieste. Ora che erano sotto influenza comunista, avrebbero senz’altro preferito stabilire relazioni commerciali con il porto jugoslavo di Fiume, il che avrebbe condannato Trieste ad una stagnazione economica senza via d’uscita. Questa inquietante prospettiva, unita al timore di un imminente colpo di mano jugoslavo prostrava ancora di

più l’economia cittadina a causa dell’irrefrenabile fuga di capitali. Di fronte a queste circostanze gli anglo-americani potevano fare ben poco. Fu approvato nel 1949 lo US Foreign Aid Program for Trieste, tramite il quale furono stanziati 20 milioni di dollari per impedire all’economia di retrocedere ulteriormente, ma ormai non vi era più la speranza di poter vedere la regione un giorno economicamente auto-sufficiente. Anche se Trieste fosse divenuta italiana, per la difficile posizione in cui si trovava in ambito sia economico che strategico-politico, sarebbe stato molto arduo cambiare lo stato di cose attuale: l’Italia avrebbe dovuto impegnarsi a fondo per migliorare la situazione economica e allo stesso tempo dimostrare di essere in grado di contrastare infiltrazioni e colpi di mano comunisti, due fattori che andavano di pari passo. L’unico modo per riportare la città al benessere economico risiedeva nel settore industriale e manifatturiero, che necessitava di un potenziamento (e quindi fondi), perché i volumi di affari del porto dell’anteguerra erano ormai un’utopia. Anche se dal contenuto della Dichiarazione Tripartita può sembrare che gli Stati Uniti siano realmente disposti a consegnare Trieste all’Italia, da quanto precedentemente affermato, la verità risulta un’altra. Gli americani inoltre sapevano bene di non poter intraprendere una simile azione senza il consenso dei sovietici e tale consenso non lo avrebbero ottenuto. Finché non si fossero tenute le elezioni in Italia nell’aprile del 1948, secondo la CIA era assai improbabile che l’URSS si muovesse. Se vi fosse stata una vittoria comunista, a quel punto Trieste non avrebbe più avuto la stessa importanza strategica e ai sovietici sarebbe bastato il ritiro delle truppe anglo-americane e quindi avrebbe riconsiderato le proposte delle altre tre Potenze.

Diego De Castro riporta che dopo il 20 marzo 1948, data della Dichiarazione Tripartita, tuttavia, vi fu un primo colpo di scena con una protesta di Tito nei confronti di Molotov, che diede il via all’insubordinazione jugoslava e portò al rifiuto da parte del Maresciallo a partecipare al Cominform il 20 giugno di quell’anno, dopo essere stato accusato da Stalin di praticare una politica anti-sovietica. Questo atto segnò la rottura tra Jugoslavia e URSS, un evento inaspettato da parte occidentale, per quanto vi fosse il dubbio che i rapporti tra Tito e Stalin non fossero propriamente eccellenti. Se questo

colpo di scena fosse avvenuto anche solo 4 mesi prima, probabilmente la Dichiarazione Tripartita non sarebbe nemmeno stata necessaria. Essa infatti era stata il frutto di una escalation di eventi preoccupanti, in particolare il colpo di stato a Praga il 24 febbraio del 1948, che fece temere per le sorti di Trieste65.

Per quanto ci si potesse aspettare che l’insubordinazione di Tito avrebbe portato la situazione del T.L.T. fuori da una stagnazione senza speranze, in realtà non fu affatto così. La Russia continuò ad appoggiare la Jugoslavia, probabilmente temendo un suo passaggio al campo occidentale se si fosse comportata diversamente. Tito non poteva permettersi di perdere la Zona B, altrimenti il suo regime avrebbe perso credibilità interna, quindi pur di non correre questo rischio, secondo Stalin, si sarebbe rivolto agli Occidentali e avrebbe definitivamente abbandonato il blocco comunista (ciò che Stalin meno auspicava). Intanto la rottura tra Tito e l’URSS aveva portato una ventata di speranza in Occidente e gli USA erano divenuti più bendisposti nei confronti della Jugoslavia. Oltre al fatto che era stata il primo satellite a ribellarsi alla Russia e il cui esempio poteva essere d’ispirazione per gli altri, essa era divenuta una zona neutra che divideva il blocco sovietico dall’Adriatico e prometteva la tanto auspicata soluzione delle tensioni che albergavano in quella regione. Grazie a questo insieme di circostanze particolarmente complesso, Tito riuscì mirabilmente a mantenere una posizione di non allineamento che gli permise di ottenere quello che voleva66. Successivamente, quando i

russi iniziarono ad appoggiare ancora più strenuamente la creazione del T.L.T., assunsero una posizione chiaramente sfavorevole alla Jugoslavia e che fece pensare agli occidentali che ormai Tito non avrebbe più tentato alcun colpo di mano strumentalizzato dall’URSS67. Altra mossa adottata dalla Russia, nel 1950, fu quella di dichiarare ad una

Conferenza dei Ministri Esteri socialisti a Vienna, che non avrebbe concluso alcun

65De Castro Vol. 1 1981: 259-61 66De Castro Vol. 1 1981: 264-67 67De Castro Vol. 1 1981: 648

trattato riguardante l’Austria finché la situazione di Trieste non fosse stata risolta (con chiari fini propagandistici)68.

Nel 1953 tale situazione internazionale risultò nella cosiddetta Dichiarazione Bipartita, inviata l’8 ottobre 1953 a Roma e a Belgrado dal governo britannico e quello americano. Il contenuto di questa dichiarazione, segreta, era la loro intenzione di ritirare le truppe stazionate nella Zona A, che sarebbe stata concessa in amministrazione all’Italia. Non si trattava di un documento che richiedeva l’impegno di Jugoslavia ed Italia ad accettare la proposta in via definitiva, ma voleva piuttosto essere uno spunto per delle trattative tra Italia e Jugoslavia, volte a risolvere la situazione. L’immediata reazione degli jugoslavi fu quella di minacciare un’azione armata e il raggiungimento di un accordo tra le due parti parve quanto mai lontano. Dopo un anno di trattative, tuttavia, anche grazie all’aiuto americano, i due paesi giunsero a siglare un Memorandum d’Intesa a Londra, il 5 ottobre del 1954. Esso fu solo siglato e neppure firmato perché avesse la minore risonanza possibile in quanto si temeva di incorrere in una violazione del Trattato di Pace69. Questo accordo consegnò di fatto la Zona A all’amministrazione italiana e la

Zona B all’amministrazione jugoslava, ma non si parlò di sovranità. Per risolvere la disputa sul confine tra le due zone fu creata una Commissione apposita, il cui risultato fu un confine che seguiva abbastanza fedelmente la linea Morgan e manteneva il porto franco a Trieste70. Tito era riuscito ad ottenere quello che voleva e non aveva mai fatto

un passo indietro sulle proprie pretese territoriali, ora più che mai visto che gli Stati Uniti erano interessati all’entrata della Jugoslavia nella NATO, volta a creare un sistema difensivo completo nei confronti dell’URSS. La sua posizione di non allineamento dunque poneva Tito in una condizione di favore rispetto all’Italia71.

68De Castro Vol.1 1981: 714 69De Castro Vol. 1 1981: 274-279 70Sluga 2001: 152

Nel 1975 fu poi firmato il Trattato di Osimo72, che entrò in vigore nel 1977 in

seguito allo scambio degli strumenti di ratifica a Belgrado73. Il trattato fu registrato

dall’Italia presso le Nazioni Unite nel 1987 e in esso sono stabilite le frontiere tra l’Italia e la Jugoslavia, diversamente da quanto previsto dal Trattato di Pace con l’Italia del 1947. Nel documento i due stati dichiarano, in nome dei rapporti di buon vicinato e del rafforzamento della pace e della sicurezza in Europa, che le nuove frontiere saranno stabilite negli Allegati I e III e che il Memorandum di Londra del 1954 cesserà di essere in vigore tra l’Italia e la Jugoslavia. Essi inoltre stabiliscono che sarà concluso insieme al trattato sulle frontiere anche un Accordo di Cooperazione Economica, in vista del miglioramento delle condizioni di vita della popolazione dell’area di frontiera.

Nel 1977, quindi, trent’anni dopo il Trattato di Pace che segnò la nascita del Territorio Libero di Trieste, un altro Trattato, molto controverso, entrò in vigore e ne segnò la fine senza che questo progetto avesse mai potuto divenire realtà.

72https://treaties.un.org/doc/Publication/Monthly%20Statement/1987/07/monstate.pdf, ultima

consultazione 15/02/2014 h 17:23

73https://treaties.un.org/doc/Publication/UNTS/Volume%201466/v1466.pdf, ultima consultazione

2. L'AUSTRIA

Nel documento Trieste, l'Austria e la Cortina di Ferro (pagine 88-97)