L’attenzione alla diffusione del fenomeno mobbing nel mondo sanitario è abbastanza recente ed è stata di molto preceduta dall’interesse per sindromi in un certo senso analoghe quali il burn out e lo stress lavorativo. La letteratura è ricca di studi su tali concetti che, anche se qualitativamente differenti dal mobbing, sono accomunati tra di essi dalla presenza di una situazione di difficoltà che induce ad una reazione adattativa
nel soggetto coinvolto ed infine conduce alla sua trasformazione in una sindrome specifica. Burn out, stress e mobbing possono rappresentare percorsi ipotetici cui molti operatori sanitari vanno incontro nella loro esperienza lavorativa e che presentano conseguenze sul soggetto molto simili. Benché molto simili da un punto di vista sintomatologico, tali fenomeni hanno la loro origine in cause diverse individuabili, a seconda dei casi, nel coinvolgimento emotivo e nella fatica fisica, nelle condizioni fisiche dell’ambiente lavorativo, nella gestione del lavoro e nella burocratizzazione, nel ruolo e nelle relazioni lavorative. La natura delle suddette variabili deve essere necessariamente accertata per ben identificare il problema e le relative strategie di prevenzione e gestione terapeutica.
Il burn out è una sindrome di esaurimento emozionale che può presentarsi in chi per professione si occupa di persone che sperimentano situazioni problematiche e/o di sofferenza. A rischio di burn out sono quindi tutte le professioni che implicano il costante contatto con la sofferenza, in cui il coinvolgimento emotivo può essere tanto forte da rivelarsi a un certo punto insostenibile. Gli infermieri, per la peculiarità della loro attività professionale svolta a stretto e continuo contatto con i pazienti, sono tra le categorie maggiormente interessate dal burn out.
Tra gli ambienti lavorativi più favorevoli al verificarsi di situazioni mobbizzanti gli ospedali e le scuole (Leymann e Gustafsson, 1996). Rintraccia in questi ambiti, tra i fattori favorenti, condizioni organizzative estremamente precarie e sistemi gerarchici complessi e a volte poco ben identificabili. Le condizioni di lavoro degli infermieri sono paradigmatici di queste situazioni: in ospedale sono sottoposti a due linee gerarchiche distinte: da una parte quella medica, responsabile delle decisioni diagnostico-terapeutiche, dall’altra quella infermieristica (caposala, capo dei servizi, ecc.) più direttamente responsabile della qualità assistenziale. Il mobbing può essere dunque essere esercitato da più categorie di superiori per motivi diversi che vanno dalla volontà di controllo e sfruttamento alla paura di perdere potere nella struttura gerarchica. Inoltre, non sempre le decisioni prese dalle gerarchie mediche ed infermieristiche sono tra di loro congruenti e i rapporti favorevoli. Ciò causa inevitabili incertezze, disorientamenti e conflitti cui spesso si associano situazioni di forte appesantimento dei compiti derivate dalla mancanza di personale sufficiente e da criteri organizzativi poco ottimali. In questo clima può capitare che persone con particolari
caratteristiche di creatività o competenza soffrono maggiormente per le difficoltà crescenti che incontrano e che possano subire un emarginazione progressiva per la diversità dei punti di vista e dei comportamenti adottati. Per gli infermieri, ai dati sul mobbing, si affiancano anche quelli relativi alla violenza più generale subita dal contatto con il pubblico. Uno studio effettuato nel 1997 dal South Australian Working Women’s Centre (Bullies down under http://www.caitrin.mtx.net/nursing.htm - ottobre 2001) rivela che, tra i lavoratori australiani, infermieri e personale insegnante sono tra i lavoratori maggiormente esposti a violenze fisiche e verbali. Anche il rapporto ILO del 1998 sulle violenze lavorative considera alcune categorie più esposte di altre e tra queste vengono appunto indicate le categorie dei lavoratori sanitari e sociali, gli insegnanti, i taxisti e coloro che svolgono lavori in contesti isolati. Particolarmente esposti risultano essere gli infermieri che erogano assistenza a domicilio del paziente. Esistono differenze di distribuzione dei fenomeni di violenza lavorativa rispetto al sesso. Le donne sembrano essere le più colpite soprattutto per il tipo di lavoro che svolgono: la professione infermieristica, così come quella degli insegnanti sono professioni svolte prevalentemente da donne.
La diffusione delle violenze fisiche e verbali tra il personale infermieristico è rivelata anche da una recente indagine del Nursing Times 15 che fornisce dati allarmanti sul fenomeno: quasi la metà delle infermiere inglesi hanno subito aggressioni fisiche durante la loro vita lavorativa e almeno 8 infermiere su 10 sono oggetto di violenze verbali. Sono dati che destano preoccupazioni particolari tra gli infermieri inglesi già colpiti da una notevole carenza di personale e si teme che gli abusi in ambito lavorativo possano costituire un ulteriore causa di abbandono della professione.
In un articolo di Spring 16 vengono discusse le ragioni che espongono il personale infermieristico a mobbing e violenze fisiche e verbali in ambiente lavorativo.
La diffusione non sarebbe casuale: l’autrice indica almeno tre caratteristiche della professione infermieristica che favorirebbero al suo interno l’aumento delle vittime di atteggiamenti persecutori e violenti.
Prima di tutto un’attenzione molto spiccata per i bisogni umani dei pazienti e dei loro familiari che espone gli infermieri ad un rapporto non sempre ricambiato da comportamentali cortesi, sensibili e positivi. Il secondo elemento è individuabile nell’ inevitabile esposizione alle relazioni lavorative con numerose categorie professionali
che possono essere fonte di ingiustizie e calunnie e con cui non sempre è possibile far valere le proprie ragioni. Il terzo elemento è rintracciabile nel fatto che la professione infermieristica è una professione prevalentemente femminile, alla continua ricerca di una propria forza culturale e contrattuale non ancora del tutta raggiunta.
Statisticamente il mobbing è un fenomeno discendente (dall’alto) quindi è più facile trovare ad esempio un coordinatore mobbizzare l'infermiere piuttosto che un infermiere mobbizzare il coordinatore.
Le aziende pubbliche sono un aggregazione sociale dove si relazionano molteplici variazioni all’interno della scala gerarchica e capita spesso (ma non sempre) che l'infermiere mobbizzato, che magari è stato per anni la vittima prediletta del mobber, quando sale nella scala gerarchica aziendale sarà spontaneamente in grado di mobbizzare a sua volta gli ex colleghi che prima difendeva dal mobber, perché assorbe i sistemi di comando imposti dai comportamenti ripetuti e considerati “normali” da chi ricopre quel dato livello di comando.
Il problema del mobbing risiede spesso nel sistema che trasforma le persone in un unico stereotipo e che pretende un determinato comportamento secondo il livello di comando occupato all'interno della scala gerarchica.
Particolarmente incisiva è la dichiarazione del Prof. M. Di Fresco precedentemente citato in relazione al mobbing strategico “ L'azienda vive grazie al mobbing cioè
l'organizzazione interna del datore di lavoro non può esistere se si rispettano i valori costituzionali, essa, invece, esiste grazie ad un sistema che lega rigidamente le risorse umane in modo da annullare ogni valore della persona che rientra in una precisa categoria. Un esempio lampante è il demansionamento. Se l'infermiere non viene sfruttato, l'ospedale chiude.
”
Secondo alcuni studi circa il 26.6% degli infermieri è vittima di comportamenti ostili sul lavoro almeno una o più volte a settimana. Il rischio di mobbing tra gli infermieri è più alto di circa sette volte rispetto ad altri settori lavorativi [49]. Numerosi studi hanno
esaminato le conseguenze del mobbing sugli infermieri i quali, oltre a condividere con altre figure professionali le conseguenze negative sul piano della salute psicofisica, subiscono un notevole peggioramento della performance lavorativa con un aumento degli errori e conseguenti ripercussioni sul livello d'assistenza fornito ai pazienti[50].
sulla società intera. Gli attori del mobbing non includono solo il mobber e la vittima, ma anche i cosiddetti “spettatori”. Secondo un’indagine del National Health System inglese (NHS), il 42% del personale sanitario assiste ad atti di violenza senza riportarlo alle autorità competenti[51].
Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Nursing i comportamenti di mobbing più frequentemente riscontrati dagli infermieri sono[52]:
❏ essere rimproverati in modo denigratorio in presenza di altre persone; ❏ essere accusati di cose delle quali non si ha responsabilità;
❏ sentirsi sotto pressione, come se qualcuno li stesse controllando.
Nell’intervento si ricorda che diversi studi segnalano che nel contesto infermieristico “il mobbing trova una diffusione particolarmente elevata con riflessi che spaziano dalla riduzione della qualità assistenziale erogata, alla diminuzione del livello di soddisfazione dell’utenza e finanche alla compromissione dell’immagine aziendale quando il fenomeno diviene di dominio pubblico”[53].
Il dirigente Infermieristico
Il lavoro dei leader potrebbe essere definito come gestione di energia. Loro compito principale è creare un ambiente nel quale questa energia non vada sprecata in lotte intestine e giochi di potere...." 7
La nascita del dirigente infermieristico è stata legiferata solo nel 2000 con la Legge n.251 (art.7). Il professionista dirigente, secondo la legge n. 43 del 2006 (art. 6) è un professionista in possesso della laurea specialistica/magistrale di cui al D.M. 2 aprile 2001 che abbia esercitato l’attività professionale con rapporto di lavoro dipendente per almeno cinque anni. "Contribuisce alla definizione della mission, vision e dei valori guida dell'azienda e persegue il loro raggiungimento attraverso il razionale uso delle risorse umane e materiali disponibili. Fà in modo che sia erogata un'assistenza efficace, efficiente, di qualità, contribuisce alla formazione continua e all'aggiornamento del personale di competenza. E' costantemente sotto controllo e viene valutato per i risultati ottenuti sia economici sia sanitari" 8
Di certo però non è la posizione a creare il ruolo, ma sono coloro che la esercitano, e non è il titolo di studio universitario ad insegnare ad essere un leader.
7 Kets de Vries Leader, giullari, impostori. 1998 8 La dirigenza infermieristica C.Calamandrei
Ognuno ha delle caratteristiche personali, valori, percezioni ed esperienze peculiari che incidono notevolmente sull'efficacia della sua azione di conseguenza non sarà raro veder cambiare le dinamiche interne a seconda del nuovo o vecchio dirigente.
Ed è proprio per questo motivo che il dirigente infermieristico ha il compito di considerare la possibilità della presenza del fenomeno mobbing.
Anche se, in verità,il dirigente non è a stretto contatto con il personale, ha il dovere di considerare e valutare saltuariamente la situazione di clima ambientale.
Il coordinatore o il RID ha l’obbligo di condividere con il dirigente le avvisaglie di molestie subite o viste subire nei suoi contesti e, come gruppo dirigente, di intervenire per porre fine o per prevenire danni ai lavoratori.
L’infermiere coordinatore
La figura del Coordinatore Infermieristico (“ex caposala”) è cruciale per il collocamento organizzativo intermedio tra la direzione aziendale/ infermieristica e il team di lavoro .
E in quest’ambito “lo stile di leadership è riconosciuto essere uno dei più importanti fattori antecedenti del mobbing, in grado di contenerne l’insorgenza o comunque di moderarne gli effetti confermando l’esistenza di una relazione tra lo stile di leadership adottato dal Coordinatore Infermieristico e l’insorgenza di rischio di mobbing nel personale infermieristico”.
Conferma all’ipotesi secondo la quale, alla presenza di un modello direzionale di tipo partecipativo, è significativamente minore la diffusione di ‘azioni negative’ tra gli infermieri.
In questo senso lo stile direzionale esercitato dal Coordinatore assume pertanto un ruolo di attenuazione dell’insorgenza di fenomeni di mobbing e intervenire su variabili organizzative, come lo stile di leadership. Permette di ridurre il disagio lavorativo e, di conseguenza, i fattori ad esso correlato che incidono sulla qualità assistenziale erogata. L’infermiere coordinatore è la figura che è a diretto contatto giornaliero con i collaboratori infermieri ed è colui che può intercettare subito il fenomeno mobbing. quando nel suo gruppo avvisa un problema di tipo relazionale ha il dovere, morale e legale di promuovere interventi atti a intercettare ed isolare subito le azioni ritenute vessatorie attraverso la supervisione e il coinvolgimento di tutti.
Un coordinatore competente conosce la gestione delle relazioni e dei conflitti ma soprattutto conosce la sua responsabilità sulla vigilanza e l’obbligo di garanzia della salute dei lavoratori.
Deve agire tempestivamente quando riconosce e riscontra azioni mobbizzanti o premobizzanti anche perchè tali condotte sono previste anche nel codice disciplinare del C.C.N.L.Comparto Sanità e se anche viene punito il mobber, il coordinatore sarà chiamato a rispondere per la sua indifferenza, rischiando di perdere l’incarico.
Lo stesso coordinatore può essere un mobber ma può essere anche uno spettatore che si gira dall’altra parte ma che potrebbe considerato lui stesso mobber e causa delle azioni negative che ha visto subire.
Il coordinatore deve essere irreprensibile, svolgere la sua attività nel pieno rispetto delle regole affinché in caso di mobbing strutturale non sia a sua volta vittima del sistema.46
L’OSS
E’ molto raro la realizzazione di un mobbing dal basso cosiddetto discendente ma non impossibile.
La figura dell’operatore di supporto, potrebbe arrivare a fare azioni vessatorie e mobizzanti nel momento in cui solleva ed incorre in un conflitto di mansioni con l’infermiere che rivendicando la sua autonomia e professionalità, se non sostenuto, diventa un nemico per l’OSS.
E’ necessario e fondamentale che il coordinatore non si presti a questo gioco e ripristini i giusti ruoli.
Fare i letti e le attività igienico-domestico-alberghiere spettano all’OSS e non è sostituendo l’OSS con l’infermiere che si ripianano le criticità della mancanza di personale.
Attivare una procedura demansionante porterebbe il coordinatore a schierarsi come mobber assieme all’OSS.
Il medico
Oggi il medico assume una posizione diversa dal passato, non ricopre più un ruolo di superiorità gerarchica verso l’infermiere che ha una sua filiera gerarchica ben definita. Dal 1999 l’infermiere ha una sua autonomia e professionalità distinta che lo vede in una posizione di collaborazione. l’unità di cura è oggi composta da diverse professionalità con una loro ben chiara posizione e per questo motivo riscontriamo che ormai il mobber
medico ha una piccola cerchia di protagonisti. Nei casi di medici mobber si adduce la responsabilità spesso all’infermiere che annulla l’effettività dei proprii diritti subendo i soprusi in silenzio.
Anzi i medici da mobber del passato stanno allargando la schiera dei mobbizzati e reagiscono in maniera più energica ai soprusi come dimostra la giurisprudenza.
Gli infermieri sono meno ricorrenti per paure antiche, incertezze, e alcune false leggende che costituiscono un terreno fertile per la paura.
È così che la giurisprudenza registra molti casi di medici che denunciano i medici e i loro superiori e richiedono danni perlopiù per mancato sviluppo professionale con 9
3) La Ricerca.
Questa ricerca nasce per la volontà di scoprire quanti, quanto e chi sono gli infermieri che si percepiscono mobbizzati e chi avvertono come mobber.
Offrendo uno spunto di riflessione al lettore e alle organizzazioni, uno stimolo ed un consiglio per prevenirlo.