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2.2) L’immagine dell’Infermiere ogg

Nel documento il dirigente infermieristico e il mobbing (pagine 42-44)

Una professione non è in gran parte ciò che è socialmente visibile e percepito?

Nella letteratura internazionale diversi studi stanno indagando nella popolazione la percezione della figura dell’infermiere. Tale immagine risulta sempre fortemente influenzata dalla cultura specifica di appartenenza e varia a seconda del contesto socio culturale e delle politiche di salute prevalenti [47]​. Parallelamente è importante capire se

la professionalità degli infermieri dimostrata sul campo è più forte dei luoghi comuni e degli stereotipi ancora presenti nel sentire collettivo comune. In Italia, un recente sondaggio promosso dalla federazioni IPASVI chiedeva agli iscritti di esprimersi su quale fattore pesa di più sull'immagine sociale dell'infermiere, le risposte con i relativi punteggi in percentuale sono:

❏ Influenza dei mass media (16,3) ❏ Stereotipi del passato (57,8) ❏ Capacità di autopromozione (11,0) ❏ Relazione con l'assistito (14,9)

A prescindere che il sondaggio non ha, ovviamente, un valore statistico in quanto si tratta di una rilevazione aperta a tutti gli utenti del portale Ipasvi, non basata su un campione elaborato scientificamente, risalta senza ombra di dubbio il fatto che l’immagine del passato è viva e vegeta. Questa immagine è quella di subordinazione, prevista e normata dal R.D. 26 Maggio 1940, n. 1310 e successive modifiche realizzate con il D.P.R. 14 marzo 1974, n. 225 (Mansionario). Poco importa che già in passato questa subordinazione era spesso vanificata per varie cause e gli infermieri erano chiamati ad assumersi, in modo autonomo, tutte le responsabilità clinico/assistenziali legate al caso. Poco importa l’evoluzione della figura sia da un punto di vista legislativo con abolizione del mansionario e la definizione di un profilo professionale in cui si è4 5 cambiata la denominazione da “Professione sanitaria ausiliaria“ a “Professione

4 legge del 26 febbraio 1999, n. 42 5 D.M. n. 739 del 1994

sanitaria”. Poco importa se la formazione si è evoluta a rango universitario , se è 6 possibile fregiarsi del titolo di dottore e proseguire un percorso accademico sino al dottorato di ricerca. L’avanzamento dell’immagine professionale delineata nei provvedimenti legislativi non è ancora evidente nei luoghi di lavoro. L’infermiere ha ancora molte difficoltà a trovare spazi di autonomia e a utilizzare risorse umane e materiali per promuovere una maggiore qualità delle cure infermieristiche.

Spesso egli è ancora coinvolto in situazioni in cui è chiamato a dipendere da altre figure: l’infermiere dal medico, la caposala dal primario, il direttore dei servizi infermieristici dal direttore sanitario ed amministrativo. L’organizzazione dei servizi sociosanitari non è ancora pronta a recepire i nuovi profili professionali ed a definire nuove posizioni funzionali in cui si renda possibile l’espressione di professionalità infermieristiche specializzate. Gli stessi infermieri, divisi al loro interno per le tante storie diverse vissute a livello formativo e professionale, spesso contribuiscono ad alimentare conflitti, stress e demotivazione. Ci vorrà ancora tempo e sostanziali cambiamenti a livello di politica sociosanitaria per poter dare a tutte le professioni della salute, compresa quella infermieristica, opportuni spazi di visibilità e decisionalità nei contesti operativi, in un’ottica di proficua collaborazione ed integrazione. Poco è cambiato anche per i limiti legislativi in termini di “chiarezza” gli infermieri continuano ad essere esposti come in passato ad un profondo disagio psicologico, riconducibile al dilemma del fare o non fare, cioè scegliere se agire tempestivamente in modo da salvaguardare la salute del paziente o non agire ed aspettare il medico per ottenere indicazioni scritte. Liberi dal vincolo del mansionario e avvalendosi della propria competenza ed esperienza professionale, alcuni infermieri si avventurano in quel “mondo di mezzo” dove la legge “sbiadita” crea frequenti conflitti con i medici nonché all’interno dello stesso gruppo professionale nel momento in cui le scelte operative di ciascun infermiere, dettate da livelli diversi di competenze e professionalità, si differenziano l’una dall’altra. Questi ed altri fattori hanno contribuito a delineare un’immagine della professione poco chiara, con aspettative incerte, divisa al suo interno ed esposta ad azioni scorrette e fortemente limitanti da parte di altre categorie professionali nelle varie realtà lavorative.

Ancora oggi si possono osservare negli ospedali quei comportamenti descritti dell’intervento del Prof. M. Di Fresco alla camera dei deputati nel 2011 in cui si vedono pazienti che si rivolgono all’infermiere dandogli del tu (non con tono amichevole, ma di non considerazione, di importanza, di valore, come per dire tu non conti niente, non hai potere decisionale sulla mia salute); impiegati della stessa amministrazione ospedaliera che trattano in maniera superficiale e con tracotanza gli infermieri, e, cosa ancor più grave, direttori sanitari o generali che usano terminologie diverse nei provvedimenti amministrativi secondo la tipologia dei destinatari (es. gli infermieri ​devono ... dei reparti; i signori medici ​sono pregati di ​chiudere ….). Anche l’accesso alle informazioni ed alla cultura è visto in maniera diversa secondo la categoria che ne beneficia: non è strano vedere un medico che, durante l’orario di lavoro, usa il computer per aggiornarsi, ma quando lo fa l’infermiere, immediatamente, la stessa caposala, lo riprende dicendogli: “Non sei pagato per stare sul computer”, oppure “Dai alzati, fai qualcosa!”. Gli stessi medici ed anche gli stessi colleghi dell’infermiere, lo giudicano come uno scansafatiche. L’infermiere non è visto come un professionista al pari del medico, ma come un operaio, uno che deve faticare, deve fare e non pensare perché per pensare ci sono altre persone. L’infermiere si deve muovere e deve eseguire gli ordini. Anche la terminologia è importante. Del medico si dice che è “un luminare”, “uno scienziato”, “in gamba”, “preparato”. Dell’infermiere si dice che è “umano”, “affezionato”, “un gran lavoratore”, “non si ferma mai”, “risponde a tutti i campanelli”. Per valutare la professionalità di un medico si contano i pazienti guariti; per valutare quella di un infermiere si vede la pulizia e la brillantezza del carrello.

Un tale quadro può contribuire ad individuare, rispetto all’intera categoria professionale, cause o elementi predisponenti ad azioni di mobbing.

Nel documento il dirigente infermieristico e il mobbing (pagine 42-44)

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